Tempo di “carestia della pace”. La Santa Sede rilancia la mediazione per la pace in Ucraina. Pace possibile, speranza, disarmo

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.11.2022 – Vik van Brantegem] – Oggi, Solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo: a Lui solo il potere, la gloria e la maestà negli infiniti secoli dei secoli. Ascoltiamo la voce del nostro re e salvatore, per essere nel mondo fermento del suo regno di giustizia e di pace. Papa Francesco, alla recita dell’Angelus al termine della Santa Messa nella Cattedrale di Asti, ha nuovamente esortato a darci da fare e di pregare per la pace: “Il nostro tempo sta vivendo una carestia di pace: stiamo vivendo una carestia di pace. Pensiamo a tanti luoghi del mondo flagellati dalla guerra, in particolare alla martoriata Ucraina. Diamoci da fare e continuiamo a pregare per la pace!”.

Stiamo vivendo una carestia di pace
La pace di Cristo e la pace del mondo
Se si chiede cosa desiderano gli uomini di più per se stessi e per il mondo, la maggioranza risponde: la pace. Come affermava Sant’Agostino in De civitate Dei, la pace è “un bene così nobile che, anche tra le cose mortali e terrene, non c’è niente di più gradito all’orecchio, né di più dolce al desiderio, né di superiore in eccellenza”. Nostro Signore Gesù Cristo ha detto: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Giovanni 14, 27).
Quindi, quale è la pace che Cristo ci dà e che il mondo non può offrire? Sant’Agostino la definisce come “la tranquillità dell’ordine”. Questi due elementi sono praticamente inseparabili. Se dissociati, diventare una caricatura di se stessi. L’ordine, la retta disposizione delle cose secondo la loro natura e il loro fine, deve favorire la tranquilla libertà delle parti. In una nazione nella quale i cittadini sono costantemente sorvegliati e dove l’osservanza della legge si realizza sotto l’ombra della paura e del terrore, c’è un ordine violento e instabile, che non genera pace, perché manca la tranquillità.
La vera tranquillità è la quiete e la calma dell’uomo che si compiace della situazione in cui si trova, non per indolenza, compiacenza o stallo, ma perché in essa compie la sua finalità. È quello che succede con l’intelligenza quando conosce la verità, con la volontà quando possiede il bene. Per costituire una pace autentica, la tranquillità deve provenire dal vero ordine. Altrimenti, si cerca la tranquillità in funzione di se stessi, che spesso si trova la tranquillità nel disordine. È una sicurezza spuria, una tranquillità ingannevole, la falsa pace di cui parlano le Scritture: quella dei peccatori ostinati che non sentono più il morso dei rimorsi (cfr. Salmi 73, 4-9) ed esclamano “Pace, pace!” quando non c’è la pace (cfr. Geremia 6, 14). La pace autentica, quindi cristiana, può essere compresa solo alla luce della Rivelazione. La Chiesa di Cristo ha sempre ricordato l’esistenza dei frutti dello Spirito Santo, menzionati da San Paolo: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5, 22).
Lo sappiamo, che la vita dell’uomo sulla terra è una lotta costante in una valle di lacrime, la cui battaglia principale si svolge dentro di noi. Le passioni ci fanno la guerra e, spesso, non facciamo il bene che desideriamo, ma il male verso cui ci sentiamo trascinati. Dio si fa presente dentro di noi con la grazia e ci avverte attraverso la voce della coscienza. Le leggi dello spirito e della carne si combattono dentro di noi. Condurre questa battaglia è impossibile senza la Grazia di Dio. Quando l’uomo pecca e perde la Grazia, stabilisce per sé una brutta fine, non il destino che Dio ha stabilito. Sulla strada del peccato l’uomo non trova pace, solo rimorso e frustrazione.
Perciò, San Tommaso conclude che “senza la Grazia santificante non ci può essere una vera pace, ma solo una pace apparente”, poiché è la Grazia del Signore che porta l’amicizia con Lui. “Ma gli empi sono come il mare agitato, quando non si può calmare e le sue acque cacciano fuori fango e pantano” (Isaia 57, 20). Il malvagio, che disprezza il Signore e si fa nemico, non può godere della vera pace. Il pensieri del malvagio sono come “un mare agitato” in cui si tramano tradimento, errore e infamia. E nel suo cuore, sporcato dalla malvagità dei suoi crimini, ci sono “fango e pantano”.
Il Signore degli eserciti è categorico nell’affermare che “non c’è pace per i malvagi” (Isaia 48, 22). Invece, l’uomo giusto gode della vera pace anche in mezzo ai tormenti e alle difficoltà. Questo è motivo di dispiacere e di invidia per i suoi nemici, perché non capiscono come possa godere di tanta tranquillità. “Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace” (Sapienza 3, 1-3).
Nostro Signore Gesù Cristo è il vero Autore della pace perché, come afferma il Catechismo al numero 2305: “La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il «Principe della pace» (Is 9,5) messianica. Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto in se stesso l’inimicizia, ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell’unità del genere umano e della sua unione con Dio. « Egli è la nostra pace » (Ef 2,14). E proclama: « Beati gli operatori di pace » (Mt 5,9)”.
Inevitabile, quando ci si propone di trattare della pace, si finisce per ricorrere all’idea della guerra. Due avversari lottano per l’egemonia nel cuore dell’uomo: da un lato, Nostro Signore Gesù Cristo propone l’unica e vera pace; dall’altro, il mondo, con le sue menzogne e con le sue illusioni, cerca di ingannarlo presentandogli una caricatura della pace. Tuttavia, entrambi i contendenti differiscono non solo nel dono che offrono, ma anche nei mezzi che impiegano per raggiungere il loro intento.
«La pace che le società vogliono, non importa quale pace sia, è una pura tranquillità di fatto, mantenuta a qualunque prezzo e indipendentemente dalle basi su cui poggia» (Étienne Gilson). La pace non è assenza di guerra.
“Ma giunsi anche in un luogo pacifico, in una città pacifica. Qui si erano riuniti i delegati di tutti i popoli inquieti da tutte le parti inquiete del mondo, per discutere in quale modo si dovesse ristabilire la quiete nel mondo. In altre parole: non intendevano affatto la vera quiete del mondo, ma la dominante condizione di inquietudine che appariva loro come una condizione di pace e di quiete. Questi delegati dei diversi popoli non volevano portare la vera pace nel mondo, ma la discordia, che regnava nel mondo, in modo tale da rendergli familiare che il mondo cominciasse a credere che essa fosse la vera pace. In questo si può riconoscere che i loro spiriti erano davvero confusi. L’Anticristo aveva talmente confuso i loro spiriti che essi prendevano la discordia per la pace e che si impegnavano a consolidare la prima” (L’Anticristo di Joseph Roth).
[Riflessioni tratte da La pace di Cristo e la pace del mondo di Ney Henrique Meireles, Rivista Cattolica]
«Da quando è scoppiata la tremenda guerra in Ucraina, con l’invasione del 24 febbraio da parte russa, la Santa Sede ha lavorato, talvolta tra difficoltà insormontabili, per allacciare un dialogo tra i due paesi in lotta. (…) Il ritiro da Kherson è sembrato segnare una svolta, concomitante con le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti; da allora anche dal Cremlino, pur con mille contraddizioni, hanno preso a giungere intermittenti ma non ignorati segnali di una prima abbozzata disponibilità. (…) [Il Papa e il Segretario di Stato] hanno rilanciato un’ipotesi di mediazione che, non troppe settimane fa, appariva impossibilitata dagli eventi e dai reciproci dinieghi. (…) la Santa Sede è disponibile a fare tutto il possibile per mediare e porre fine al conflitto in Ucraina», scrive Nicola Graziani per AGI, sulla mediazione della Santa Sede per la pace in Ucraina. Da quella parte, però, rimane il divieto per legge, imposto dal Presidente Zelensky, di trattative con la Russia. Su questo fronte riportiamo una nota dal Canale Telegram di Laura Ruggieri, riferendo che Kiev ha fatto pressioni su alcuni paesi confinanti con la Russia per aprire un “secondo fronte”. Se questo vuol dire pace?
La Santa Sede rilancia la mediazione per la pace in Ucraina
di Nicola Graziani
AGI, 19 novembre 2022
Quasi le stesse parole, ripetute a meno di ventiquattro ore di distanza, non costituiscono una prova, ma forse un indizio sì. Una traccia, per lo meno, di un movimento che sembrava esaurito nelle settimane passate e magari oggi, con il murare della situazione, rinvigorito.
Da quando è scoppiata la tremenda guerra in Ucraina, con l’invasione del 24 febbraio da parte russa, la Santa Sede ha lavorato, talvolta tra difficoltà insormontabili, per allacciare un dialogo tra i due paesi in lotta.
Qualche volta con gesti che non sono stati ben compresi, come quando Francesco volle che due ragazze, ucraina l’una e russa l’altra, reggessero insieme la croce del Venerdì Santo. Pazienza e speranza, speranza e pazienza. Intanto volavano i razzi, novanta in un sol giorno ancora questa settimana, e si addensavano oscure minacce atomiche. Il mondo che temeva l’Armageddon come non era più successo dai missili di Cuba del ’62.
Il ritiro da Kherson è sembrato segnare una svolta, concomitante con le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti; da allora anche dal Cremlino, pur con mille contraddizioni, hanno preso a giungere intermittenti ma non ignorati segnali di una prima abbozzata disponibilità.
Al tempo stesso il Governo Biden ha retto bene lo stress del caso dei razzi caduti in Polonia, tenendo a freno chi scalpitava e avrebbe voluto risposte rapide quanto irreversibili.
Insomma, seppur sul campo continua l’orrendo macello, si affacciano le ragioni per immaginare l’inizio di una svolta e la Santa Sede sente rinvigorirsi, per l’appunto, la speranza. Presto per dire che sia qualcosa di più, intanto in meno di ventiquattro ore parole ben ponderate vengono ripetute quasi pedissequamente, e il particolare vorrà pur dire qualcosa.
Il primo a intervenire è stato il Segretario di Stato, il Cardinal Pietro Parolin. L’uomo che la disponibilità della Santa Sede a mediare l’aveva offerta pubblicamente fin dall’inizio dell’estate, trovando animi esacerbati e oltranzismi granitici. Ma ieri ha celebrato una messa inusualmente pubblicizzata per i trent’anni delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Kiev, ed è stato chiaro.
Premessa necessaria: di fronte a lui, in una basilica di Santa Maria Maggiore rimasta con soli posti in piedi, 80 tra ambasciatori e rappresentanti diplomatici e buona parte della nutrita comunità ucraina di Roma. Insomma, orecchie attente e spettatori interessati.
Parolin è stato chiaro. La lettura era quella di Isaia, in cui il profeta narra di deserti che possono tornare a essere giardini e giardini che possono sviluppare foreste. Una terra che da desolata può rigenerarsi con il dono della pace.
Facile immaginare quale terra sia venuta in mente agli astanti. A questo punto il Segretario di Stato ha commentato: in Ucraina “a dispetto degli sforzi umani che falliscono” la pace è possibile, ma “Dio chiede la nostra disponibilità”. Perché se è vero “che la violenza e l’ingiustizia procurano non solo un danno esterno, ma anche interno” e “di qui nascono i rancori”, bisogna “tutelare un bene ben maggiore”, e porgere l’altra guancia non è altro se non realizzare la giustizia.
“Mentre l’umanità sembra andare verso lo sfacelo” e “quando si tocca il fondo” è allora che “si leva l’annuncio”, ha aggiunto. Un annuncio che non è fatto di “parole vaghe” perché “non c’è situazione così compromessa in cui lo Spirito di Dio non faccia risorgere”. Quindi “fiducia” anche se si assiste al fallimento dei tentativi di pace. E, “incoraggiati”, è il momento di “levare la supplica per la pace, la giustizia” e la sicurezza.
Ben sapendo che “Dio chiede la nostra disponibilità” in quella che è “una richiesta esplicita e diretta”. Dio infatti “non chiede cose impossibili o ingiuste” e non è impossibile “rompere il circolo vizioso” della violenza. E se “è legittimo difendersi, è doveroso difendersi interiormente” dalla logica dello scontro.
Facile, visto per l’appunto chi era seduto sulle panche di Santa Maria Maggiore, scorgere dietro queste parole un invito nemmeno troppo velato ad uno sforzo di pace anche da parte di chi ha tutte le ragioni per sentirsi colpito, e colpito ingiustamente. Un invito a non chiudersi in un atteggiamento inutilmente di chiusura, perché anche una vittoria sul campo (che gli Usa intanto definiscono difficile da ottenere) non sarebbe di per sé garanzia di una successiva pace duratura.
Il gesto di Santa Maria Maggiore diviene ancora più significativo se si considera che nelle ore in cui Parolin parlava, Papa Francesco rilasciava un’intervista a La Stampa, in vista del suo viaggio alla radici della Famiglia Bergoglio, in provincia di Asti.
Gli viene chiesto: c’è una speranza di pace per l’Ucraina? Risposta: “Sì, ho speranza. Non rassegniamoci, la pace è possibile. Però bisogna che tutti si impegnino per smilitarizzare i cuori, a cominciare dal proprio, e poi disinnescare, disarmare la violenza”.
Pace possibile, speranza, disarmo. Tre concetti identici, come quasi identico è il vocabolario. Di più: “Dobbiamo essere tutti pacifisti. Volere la pace, non solo una tregua che magari serva solo per riarmarsi. La pace vera, che è frutto del dialogo. Non si ottiene con le armi, perché non sconfiggono l’odio e la sete di dominio, che così riemergeranno, magari in altri modi, ma riemergeranno”.
È chiaro come tra Pontefice e Segreteria di Stato ci sia un’azione più che coordinata: unica. E se Parolin ha parlato agli Ucraini della comunità di Roma e agli ambasciatori, il Papa si è rivolto direttamente alle cancellerie e al governo di Kiev, nonché alla forte comunità greco-cattolica d’Ucraina. E in questo modo l’uno e l’altro hanno rilanciato un’ipotesi di mediazione che, non troppe settimane fa, appariva impossibilitata dagli eventi e dai reciproci dinieghi.
Qualora sussista qualche dubbio, ecco l’ulteriore aggiunta di Bergoglio: “Come confermiamo da mesi, e come ha dichiarato più volte il Cardinale Segretario di Stato Parolin, la Santa Sede è disponibile a fare tutto il possibile per mediare e porre fine al conflitto in Ucraina”.
Repetita iuvant, insegnano i docenti di latino, E il latino resta pur sempre la lingua della Chiesa.
Kiev ha fatto pressioni su alcuni paesi confinanti con la Russia per aprire un “secondo fronte”
«L’Ucraina ha tentato di spingere la Georgia a entrare in guerra contro Mosca, sostiene il Primo Ministro georgiano Irakli Garibashvili. La Georgia avrebbe potuto essere trasformata in un campo di battaglia se i leader dell’opposizione fossero riusciti a prendere il controllo del Paese, sostiene Irakli Garibashvili.
In un discorso al parlamento venerdì, il Primo Ministro ha affermato che i tentativi ucraini di aprire un “secondo fronte” contro la Russia in Georgia non sono “un’interpretazione, né una leggenda”, ma una “citazione diretta” di quanto detto in una conferenza stampa. “Queste persone [l’opposizione georgiana] sono alleate del governo ucraino. Immaginate se queste persone fossero state alla guida del governo georgiano oggi”, ha detto Garibashvili.
Tbilisi si è finora astenuta dal partecipare alle sanzioni occidentali imposte alla Russia per la sua operazione militare in Ucraina e Garibashvili ha dichiarato ad aprile che il suo Paese non avrebbe preso parte al conflitto in quanto ciò sarebbe andato contro gli interessi nazionali della Georgia.
Poco dopo il lancio dell’operazione militare da parte della Russia a fine febbraio, alcuni funzionari di Kiev, tra cui il Segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, Aleksey Danilov, hanno invitato diversi Paesi, tra cui Giappone, Polonia, Moldavia e Georgia, ad aprire una serie di “secondi fronti” attaccando la Russia e conquistando regioni di confine come le isole Kuril e Kaliningrad. Finora nessun Paese ha accolto la richiesta di Kiev» (Laura Ruggeri).
Foto di copertina: Papa Francesco e il Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin (Foto di Pierpaolo Scavuzzo/AGF/AGI).