Disobbedienza civile per garantire il falso diritto alla illegalità. Resistenza antifascista o forse istigazione a delinquere?

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Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Consulta (con un editoriale su la Repubblica) e Concita De Gregorio, la pasionaria nelle folte file del giornalismo progressista (con un editoriale su La Stampa), incitano alla disobbedienza. Quando la maggioranza è di destra il rispetto delle leggi non è importante. Si tratta di innalzare il livello dello scontro, trascinandolo oltre gli slogan fino all’azione diretta. La sinistra politica e mediatica ha voglia di clandestinità, illegalità, rave party, occupazioni e copertura ai spacciatori e ai violenti. Esortazione alla ribellione: «La disobbedienza alle leggi, quando sono in questione valori essenziali, non è illegalità, ma virtù repubblicana» (Gustavo Zagrebelsky). La sanatoria delle occupazioni illegali: «Moltissimi edifici occupati fanno da ammortizzatore a ingiustizie sociali che le istituzioni non sono in grado di sanare» (Concita De Gregorio).

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.11.2022 – Renato Farina] – Nel giro di tre giorni l’opposizione al governo Meloni ha elaborato la propria strategia: resistenza attiva al regime liquidato come neo-fascista. La legalità da insegnare come primo valore civico? Basta così. Al diavolo la legalità se la maggioranza è di destra. Concita De Gregorio con un commovente editoriale di ieri sulla Stampa ha spiegato perché è bene praticare l’occupazione delle case e delle scuole, i picchetti fuori dalle fabbriche, il tutto per sfidare il decreto anti-rave party. Questa è la versione popolar-populista della faccenda, un programmino niente male per i giovani ma anche per maturi scavezzacollo. De Gregorio – lo sappiamo – è la pasionaria nelle folte file del giornalismo progressista. In quel bell’ambientino devono aver digerito malissimo l’ammirazione sperticata espressa dall’ex Direttrice dell’Unità per Giorgia in merito al suo intervento alla Camera del 28 ottobre: «Lei è di destra. Certo, che ha fatto un discorso di destra. Impeccabile, convinto, competente, appassionato, libero, sincero. Avercene, si dice a Roma». Poi c’è stato il decreto, e l’autodafé pubblico della signora pisana. Non ce l’ha con la Meloni ma con sé stessa, e si punisce intestandosi le fesserie che tra poco dettaglieremo meglio. Fin qui siamo ancora a un tragico cabaret, ma ben altro peso ha l’editoriale uscito su la Repubblica. La quadratura ideologica e giuridica delle pratiche illegali sfidando questo governo ha la firma di Gustavo Zagrebelsky. C’è voluto poco tempo al giureconsulto supremo del pensiero progressista per buttare nella pattumiera la legalità repubblicana.

Falsi diritti

Qui conviene raccontare le mosse della sinistra politico-mediatica a partire dal 31 ottobre. Appena diffuso il decreto per vietare i rave party, sono partite le dichiarazioni scalmanate e gemelle di Enrico Letta e Giuseppe Conte: Stato di polizia! Il crescendo furbescamente emotivo, in realtà deciso a freddo, si è preso tutta la prima pagina di Repubblica: «La notte dei diritti». Quali? Quello di arrivare a migliaia da tutta Europa per occupare un immobile pericoloso e, in fin dei conti, una proprietà privata? Quello di smerciare ogni tipo di droga? Fino a un attimo prima erano tutti preoccupati a sinistra per questa povera gioventù in balia di messaggi distruttivi. Adesso vogliono tutelare non solo i messaggi distruttivi ma la loro applicazione, quasi sia un diritto il coinvolgere le folle nel sabbah dove capita ad alcuni di far soldi e ad altri di morire. Un anno fa all’analogo raduno di Viterbo ci furono due morti e non si sa quanti contagi. A Modena, grazie all’evidente volontà politica del governo di impedire lo scempio di quel che resta della civile convivenza, il rave party si è sciolto senza danni.

Per montare sul cavallo di uno Stato di polizia che non c’è, la sinistra politica e mediatica ha finto e simula di non conoscere la ratio della legge contenuta nella relazione illustrativa che accompagna il testo: «L’intervento normativo mira a rafforzare il sistema di prevenzione e di contrasto del fenomeno dei grandi raduni musicali, organizzati clandestinamente (c.d. rave party)».

Escalation

Fa niente. Si ignorano queste formulazioni scritte e sottoscritte da Mattarella, che non ha ravvisato alcuna volontà di violare le libertà costituzionalmente sancite. Il 2 novembre sul quotidiano fondato da Scalfari compare a caratteri di scatola la parola identificativa del nemico: «No alla legge manganello». E siamo a ieri, 3 novembre, alla coppia piuttosto improbabile, una settimana fa, di Concita e Gustavo. Si tratta di innalzare il livello dello scontro, trascinandolo oltre gli slogan fino all’azione diretta. Che fare? Com’è che si fa resistenza al giorno d’oggi? Precedenza alle signore: Massimo Giannini, brioso direttore de La Stampa sceglie un titolo minimalista: «Se la Destra riesuma l’adunata sediziosa». Si chiama apodosi (premessa) la prima parte del periodo ipotetico, e nel nostro caso è parecchio reticente. La protasi (conseguenza) è invece un monumento alla chiarezza, e scusate se vi coinvolgo nelle mie ripetizioni di grammatica. «Le occupazioni… sono correttori di ingiustizie sociali». Sono momenti educativi forti: «Sono vivai di pensiero e di azione». Un programmino di illegalità basato sui sentimenti, su vecchi amori giovanili della giornalista che riesce ad attribuire alla Meloni il recondito intento di impedire «persino un addio al nubilato». Ma è Zagrebelsky a far spavento quando esorta alla ribellione, e se la prende con «gli imbelli» che lasciano fare. Lui non è emotivo, ma geometrico. Usa l’artifizio della domanda retorica per sollecitare la rivolta: «L’obbligo di ubbidire alla legge vale anche quando lo Stato di diritto si trasforma in “Stato di arbitrio” o “di delitto”, secondo la celebre espressione che Hannah Arendt ha usato a proposito di certi regimi dell’Europa tra le due guerre?». Insomma: resistenza antifascista o forse istigazione a delinquere?

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

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«Basta con la realtà capovolta. Abbiamo bisogno di una normalità normale» (Max Del Papa) – 3 novembre 2022

Corollario

«È interessante notare che coloro che oggi ululano contro le restrizioni per i rave party, gridando all’attentato alla libertà personale e democratica, sono esattamente gli stessi che hanno gioito per gli idranti che hanno cacciato i manifestanti da Trieste o per le cariche violente e i modi inumani di parte delle forze dell’Ordine il 9 ottobre 2021 a Roma.
Sono gli stessi che hanno letteralmente adorato la messa in arresti domiciliari dell’intera popolazione italiana, che hanno goduto nel vedere forze dell’ordine che interrompevano le Messe o fermavano chi portava il padre in ospedale per un’operazione urgente o si faceva il bagno nel mare da solo.
Sono gli stessi che hanno cacciato le persone dai ristoranti, dai bar, dai mezzi pubblici, dai posti di lavoro, togliendo loro lo stipendio e distruggendo la piccola imprenditoria.
Sono gli stessi che volevano, e vogliono, imporre la sierizzazione di massa ripetuta sine die nonostante le reazioni avverse e spesso mortali del siero; sono gli stessi che hanno preteso che tutti gli Italiani venissero marchiati di un passaporto verde per vivere.
Ora si lamentano per il blocco di una follia collettiva, figlia del nichilismo liberal-giacobino, che porta i giovani alla morte intellettiva e morale quando non fisica.
Sono i cultori della morte. Morte della civiltà, della società, dei corpi e delle anime.
Sono gli schiavi del globalismo liberal-comunista. E sono ovunque.
L’unica risposta è nella pienezza dell’essere radicati della fede cattolica vera e piena, nella Tradizione classica, nelle radici della nostra plurimillenaria civiltà.
Ciò che stiamo facendo ogni giorno. In pochi, ma sempre meno pochi» (Massimo Viglione).

I reparti mobili della polizia nell’area esterna al capannone dove era in corso un rave party nella zona nord di Modena, 31 ottobre 2022 (Foto ANSA).

Lettere al direttore
Per i rave party serve una legge ad hoc, diceva Lamorgese
di Emanuele Boffi
Tempi.it, 4 novembre 2022


Si fa un gran parlare del rave party bloccato a Modena perché non “autorizzato”. I raduni con tanti avventori, specialmente giovani, dovrebbero avvenire in luoghi sicuri e garantiti. Ci vogliono capienza adeguata, impianto anti incendio, porte di sicurezza, uscite di sicurezza, servizi igienici, perfino i defibrillatori… I vigili del fuoco devono dare l’assenso. Per questo bloccarli se non autorizzati è giusto per la sicurezza e l’incolumità delle persone, specialmente se abituate allo “sballo”.
Abbiamo sotto gli occhi la disgrazia di Seul con 156 giovani morti nella calca e la mancanza di sicurezza. Ricordiamo anche la notte dell’8 dicembre 2018, presso la discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, nelle Marche, dove era previsto un concerto del rapper italiano Sfera Ebbasta, poco prima dell’arrivo dell’artista alcuni individui spruzzarono nella sala dello spray al peperoncino causando panico tra la folla presente, che, anche a causa della chiusura di una delle due uscite d’emergenza, si diresse in massa verso quella posta sul retro del locale. Durante la fuga la balaustra del ponte cedette facendo precipitare numerose persone nel fossato, molte delle quali rimasero schiacciate e altre calpestate dalla folla.
Secondo gli investigatori, al momento della sciagura, nella sala erano presenti circa 1.400 persone, nonostante la capienza massima autorizzata fosse di 469 persone. Morirono 6 giovani.
Ci vuole “buon senso” come ha affermato Bonaccini, il presidente della Regione Emilia Romagna.
Gabriele Soliani, Reggio Emilia


Sì, concordo. Oltre al buon senso, serviva dare un segnale politico (e questo il governo lo ha fatto col decreto) e servirebbe un po’ di “senso educativo”, se mi passa l’espressione.
Servirebbe anche smetterla di urlare al fascismo, parlando di “decreto manganello”. Che occorresse fare qualcosa lo diceva anche Luciana Lamorgese. Riporto qui di seguito un estratto dell’intervista che l’ex ministro degli Interni rilasciò al Messaggero nel novembre 2021.
***
A distanza di pochi mesi dal rave di Viterbo, la scena si è ripetuta a Torino, e prima ancora è mancata la prevenzione nella manifestazione del 9 ottobre a Roma. Quali le difficoltà?
«I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro alla fabbrica ex Viberti di Nichelino. E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe. Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi».
Cosa si può fare in Italia?
«Non può certo essere ignorata la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 incentrata sulla non punibilità degli organizzatori degli eventi non indetti nell’ambito di una attività imprenditoriale. I casi che si sono sinora verificati hanno riguardato raduni organizzati con un passaparola clandestino attraverso il web e soprattutto i social network, in particolare tramite canali privati e coperti come Telegram».
Mancano prevenzione o leggi ad hoc?
«Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando ad un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi. Sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più. Su queste ipotesi ci sarà un confronto con il ministero della Giustizia».

Foto di copertina: alcuni partecipanti al rave party di Halloween in una fabbrica abbandonata di Modena. Sono stati circa 4mila i giovani, provenienti da tutta Europa, che hanno occupato la struttura. Sul posto sono intervenuti i reparti antisommossa della Polizia.
Dopo lo sgombero, il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si era congratulato con le forze dell’ordine intervenute tempestivamente e per spiegare la ratio dell’intervento del Viminale: “Esprimo grande soddisfazione per la sollecita e positiva soluzione della vicenda a Modena. Un grande lavoro di squadra per il quale ringrazio le Forze di polizia, il Capo della Polizia, il Prefetto di Modena, l’Autorità giudiziaria, i vigili del fuoco e le autorità locali”.

Poi, esprime un chiarimento cruciale che anche in questo caso la sinistra ha strumentalmente ignorato, preferendo sventolare la bandiera della anarchia confusa con la libertà: “Si doveva intervenire e si doveva risolvere velocemente la vicenda. Le manifestazioni e gli spettacoli devono essere organizzati rispettando le norme, in particolare quelle sulla sicurezza, a tutela degli stessi partecipanti. Basti pensare che a Modena per lo svolgimento del rave party è stato utilizzato un capannone a rischio crollo. Dunque, chi ha messo in piedi l’evento ha posto in gravissimo pericolo tutti i partecipanti oltre ad arrecare danni ai proprietari delle aree, alla circolazione e al tessuto economico e commerciale. Esiste inoltre una industria dell’intrattenimento fatta di tante imprese che non possono subire una illegittima concorrenza da parte chi opera in spregio a tutte le regole”.

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