Mons. Toso: “L’Humanae vitae ha messo in luce il problema della tecnica, oggi il principale problema della nostra società”

Humanae Vitae, quarantacinque anni dopo. Era il 25 luglio 1968 quando Paolo VI diffuse quella che sarebbe stata la sua enciclica più contestata. Ci si aspettava che il Papa avrebbe aperto alla contraccezione, perlomeno per le coppie sposate, seguendo la maggioranza degli esperti. E invece Paolo VI riaffermò che non bisogna separare le due finalità dell’unione coniugale, la fecondità e l’amore. E il dibattito sembra, in 45 anni, essersi fermato al mero tema della contraccezione. Ma quello che fa dell’Humanae Vitae una enciclica incredibilmente attuale, anche a distanza di quasi cinquanta anni, è – sottolinea Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – “il tema della tecnica, il quale è di una rilevanza sociale tale che può essere considerato il principale problema della nostra cultura e della nostra società”.
Rileggere l’enciclica Humanae Vitae attraverso le lenti della Dottrina Sociale della Chiesa non è un’operazione peregrina. Nella Caritas in Veritate, l’enciclica di Paolo VI (insieme all’Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II, di certo più esplicita nel collegare tematiche della vita alla Dottrina Sociale della Chiesa) è definita un “documento particolarmente importante per delineare il senso pienamente umano dello sviluppo proposto dalla Chiesa”.
Nell’Humanae Vitae viene delineato quello che è il problema alla base dell’uomo contemporaneo. Spiega Mario Toso: “Il problema della tecnica, considerato soprattutto nell’ambito del rapporto con la natura e in quello della manipolazione della vita, travalica oggi questi stessi due ambiti e si pone come problema sociale globale”.
Il centro della questione dell’Humanae Vitae non riguarda, dunque, meramente il problema della contraccezione. Riguarda la natura stessa dell’essere umano. E si può dire con ragione che i temi sviluppati nell’enciclica di Paolo VI sono alle radici del concetto di sviluppo umano integrale, uno dei capisaldi della Dottrina Sociale della Chiesa.
D’altronde la Caritas in veritate, l’enciclica sociale di Benedetto XVI, pone i temi dell’Humanae Vitae come una base fondamentale per l’etica sociale, per lo sviluppo integrale ed inclusivo. Ma – ricorda il segretario di Giustizia e Pace – “anche il Compendio della dottrina sociale della Chiesa considera il problema della tecnica all’interno del rapporto uomo-natura e delle biotecnologie”. E lì, in quel concentrato di dottrina cristiana applicato al sociale voluto con forza dal cardinal François Xavier Nguyen van Thuan, viene sottolineato come “il discorso della tecnica va ampliato ben oltre il tema della natura, quando lo collega al problema della cultura (n. 461), della povertà (n. 482) o all’ecologia umana (n. 464)”.
Questo porta Toso ad affermare che “oggi l’utilizzo della tecnica è la vera e propria questione sociale”.
I temi proposti dall’Humanae Vitae, sottolinea Toso, “sottolineano due aspetti da non trascurare”. Il primo è il tema della tecnicizzazione della procreazione, perché – nota il vescovo – “trasformando il figlio generato in prodotto, questa tecnicizzazione priva la coppia di una delle finalità fondamentali della famiglia, quella di costituire il luogo umano dell’accoglienza”. Il secondo è il problema della differenza sessuale, affrontato e “combattuto” dalla filosofia del gender.
Benedetto XVI ha affrontato questo tema nel suo ultimo saluto natalizio ai membri della Curia, il 21 dicembre 2012. In quell’occasione, il Papa stigmatizzò che secondo la filosofia del gender “il sesso non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi”. E affermò che questo porta l’uomo a negare “la propria natura e decidere che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela”.
Il vescovo Toso sottolinea che “si comincia dal pensiero del gender a minare la struttura sociale, e soprattutto a minare il concetto di essere umano”. Dietro la promozione delle politiche gender oriented a livello internazionale “si nasconde un progetto per sovvertire l’ordine sociale della società, che mette in discussione lo stesso essere umano”.
Si manifestano qui le radici del relativismo, che portano ad un effetto a cascata. In fondo, se la sessualità si sceglie, anche lo stesso concetto di famiglia si svuota di contenuto, diventando indifferente se questa è formata da un uomo e una donna e aperta alla procreazione o se questa deriva solo da un contratto.
Ma – afferma Toso – “se l’uomo non riesce a cogliere la famiglia come vocazione naturale, come potrà accogliere l’appartenenza alla più vasta famiglia umana come un’altra vocazione naturale da assumere responsabilmente?”
Sono questi i frutti del pensiero relativista assoluto. Come fare per contrastarlo? “Benedetto XVI – risponde Toso – nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2013 sottolinea che ‘precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma.’”
E per questo “la missione di smantellare la dittatura del relativismo deve avvenire in ogni ambito della vita sociale e tutti i cristiani sono chiamati a questo urgente e importante compito”.