Un Cardinale di Santa Romana Chiesa processato a Hong Kong-Cina

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.09.2022 – Vik van Brantegem] – Come abbiamo riferito un mese fa [Fra un mese il Cardinal Zen alle sbarre a Hong Kong-Cina], presso la Corte di West Kowloon a Hong Kong andranno a processo il Vescovo emerito di Hong Kong, il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun e cinque noti esponenti del fronte democratico (il noto avvocato Margaret Ng, la cantante-attivista Denise Ho, l’ex parlamentare Cyd Ho (in prigione per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata), l’accademico Hui Po-keung e l’attivista Sze Ching-wee).

Il processo molto atteso contro il Cardinal Zen e gli altri cinque imputati, annunciato per ieri, 19 settembre, è stato posticipato, ma dovrebbe andare avanti questa settimana a Hong Kong, avviando un procedimento controverso che potrebbe concludersi con pesanti multe o con il carcere, e che è stato ampiamente criticato in quanto un attacco alla democrazia. Lo scrive Elise Ann Allen, il corrispondente di Crux a Roma.

L’accusa – dopo che Pechino nel giugno 2020 ha imposto a Hong Kong una draconiana legge sulla sicurezza nazionale – è di non aver registrato correttamente il fondo umanitario 612 di cui erano amministratori fiduciari. Fino alla sua chiusura nell’ottobre 2021, il Fondo 612 ha assistito migliaia di manifestanti pro-democrazia coinvolti nelle proteste del 2019. Poco dopo l’arresto, il 90enne e lucidissimo Cardinale Zen Ze-kiun era stato rilasciato dietro cauzione e da allora si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione e adesso va alle sbarre. Contemporaneamente la Repubblica Popolare Cinese e la Santa Sede stanno per annunciare il rinnovo dell’accordo provvisorio segreto sulla nomina dei vescovi cattolici nella Cina continentale [Il caso Zen-Indice].

Uno dei fumetti incriminati mostrato alla stampa dalla polizia di Hong Kong.

Normale amministrazione per la Cina comunista, questo processo, come dimostra la condanna a 19 mesi di 5 terapisti di Hong Kong per «fumetti sediziosi». La notizia è di alcuni giorni fa, raccontato dall’editorialista e corrispondente da Pecchina, Guido Santevecchi su Il Punto, la newsletter del Corriere della Sera del 12 settembre 2022: «Diciannove mesi di carcere per la pubblicazione di libri sediziosi dedicati ai bambini di Hong Kong. I condannati sono cinque terapisti infantili dell’Associazione hongkonghese di ortofonia, la disciplina medica che si occupa di curare le alterazioni della voce e del linguaggio. I cinque avevano distribuito una serie di fumetti ai loro piccoli pazienti, con favole su lupi cattivi venuti da fuori per dare la caccia a candidi agnelli asserragliati nel loro villaggio. Apparentemente materiale innocuo, utile solo ai bambini con difficoltà di linguaggio, chiamati durante la terapia a leggere le avventure ad alta voce.

Ma la giustizia di Hong Kong, che nel luglio del 2021 aveva fatto arrestare i cinque (tutti giovani tra i 25 e i 28 anni) ha sentenziato che le pubblicazioni nascondevano un messaggio sovversivo diretto a esaltare le proteste di piazza che avevano scosso la City nel 2019. Si tratta di una trilogia. Titolo della prima storiella: «I guardiani del villaggio delle pecore». Secondo l’accusa, le pecorelle erano la rappresentazione a fumetti dei cittadini del fronte democratico che nel 2019 si sono scontrati con i poliziotti-lupi che assediavano il loro villaggio, vale a dire Hong Kong. Altro titolo incriminato e condannato: «I 12 coraggiosi del villaggio»: un gruppo di agnelli che parte in barca per sfuggire all’assedio e continuare la resistenza in esilio. Un riferimento chiaro al caso di 12 attivisti arrestati mentre cercavano di raggiungere Taiwan su un motoscafo.

Secondo la Corte, gli autori dei fumetti hanno cercato di «attizzare l’odio, in particolare quello dei bambini, contro il governo e la giustizia di Hong Kong, seminando il seme dell’instabilità e incoraggiando la violenza». Gli imputati non hanno negato che il loro lavoro includesse un significato politico: «Le nostre erano storie raccontate dal punto di vista della gente, volevamo aiutare i bambini a comprendere il significato di ingiustizia». Il giudice ha osservato che si è trattato di un tentativo di «lavaggio del cervello» e ha concluso che “leggendo quei libretti, i ragazzini sarebbero indotti a credere che il governo della Repubblica popolare cinese voglia rovinare la bella vita di Hong Kong”.

La giustizia della City continua a saldare i conti con gli esponenti dell’opposizione democratica, due anni dopo l’introduzione della Legge sulla sicurezza nazionale cinese. La sedizione è un reato previsto da una legge lasciata in eredità dall’Impero britannico all’ex colonia restituita alla Cina nel 1997. Ha contorni vaghi. Ma da allora non era mai stata utilizzata. Ora viene usata in alternativa alla nuova Legge sulla sicurezza nazionale cinese. Il risultato è lo stesso: arresto e condanna».

All’inizio di luglio, il Parlamento Europeo ha condannato l’arresto del Cardinal Zen, definendolo “un attacco alle libertà garantite nella Legge Fondamentale di Hong Kong, inclusa la libertà di religione o di credo”. La risoluzione non vincolante insisteva anche affinché i Paesi dell’Unione Europea forniscano più visti di emergenza e asilo temporaneo agli attivisti e ai leader politici di Hong Kong, contro l’oppressione comunista cinese. Per il Parlamento Europeo, la detenzione del Cardinal Zen era la dimostrazione che il Capo dell’Esecutivo di Hong Kong, John Lee Ka-chiu, ha l’intenzione di reprimere le voci critiche.

E cosa fanno gli attenti vaticanisti al riguardo? Ne parla il sito Silere non possum in un articolo, da cui riportiamo uno stralcio:

La sconcertante situazione dei giornalisti
Silere non possum, 16 settembre 2022


Sono tantissime le persone che all’interno dello Stato [della Città del Vaticano] lamentano l’atteggiamento della stampa in merito a questo Pontificato. Sembra che gli unici a non rendersi conto di quanto è imbarazzante la situazione sono solo i giornalisti. Moltissimi hanno fatto finta di nulla e non hanno dato spazio alle preoccupazioni dei cardinali durante il Concistoro. In merito a ciò che avviene all’interno dello Stato, nessuno osa scrivere nulla perché hanno paura di perdere l’accreditamento. Altri sono subdoli e vogliono continuare a dare una immagine irrealistica di questo pontificato. Si tratta degli stessi giornalisti servi che nella Conferenza stampa sull’aereo di ieri [*] non hanno posto alcuna domanda sensata al Sommo Pontefice. Passiamo da chi rimugina sulla questione della guerra per poter estrapolare poi qualche frase e piazzarla in prima pagina il giorno seguente, a giornalisti che sono stati recentemente piazzati da Padre Spadaro nelle peggiori redazioni italiane che tentano di tirare per la giacchetta il Papa in merito alla politica italiana. Questo è il livello di chi oggi fa “informazione”. L’unica giornalista degna di questo titolo, che ha posto una domanda sensata e coraggiosa, è stata la giornalista Elise Allen del quotidiano Crux, la quale non ha avuto paura di chiedere conto al Papa della vicenda del Cardinale Zen e soprattutto della preoccupante questione della libertà religiosa in Cina. Non dimentichiamoci che il Papa non è mai intervenuto sulla vicenda del cardinale cinese. Difatti, la risposta è stata allucinante. Perché si continua a dire che le domande sono libere ma è chiaro che non è così e il Papa ha dimostrato in più occasioni che risponde a ciò che vuole lui. Alla domanda risponde: “Per capire la Cina ci vuole un secolo, e noi non viviamo un secolo (il Pontefice ride)”. Poi continua: “Per capire noi abbiamo scelto la via del dialogo, aperti al dialogo. C’è una commissione bilaterale vaticano-cinese che sta andando bene, lentamente, perché il ritmo cinese è lento, loro hanno un’eternità per andare avanti: è un popolo di una pazienza infinita”. In sostanza il Papa glissa, non risponde ed evita il punto. “Qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento, perché è un Paese così complesso… sì è vero che ci sono cose che a noi sembrano non essere democratiche, quello è vero. Il cardinale Zen andrà a giudizio in questi giorni, credo. E lui dice quello che sente, e si vede che ci sono delle limitazioni lì”. In sostanza, c’è un suo cardinale che è imputato in un procedimento che è chiaramente strumentale, e il Papa risponde, ridendo, che ci vuole un secolo per capire la Cina? Zen dice quello che sente? Zen dice la Verità! Francesco non ha idea di cosa sia la Verità. La rifiuta chiaramente dicendo che preferisce il dialogo. Questo non è il compito del Papa. Il dialogo può avvenire solo e soltanto mettendo sul tavolo la Verità, scoprendo tutte le carte. Mentre Francesco dimentica quale sia il suo compito di Vicario di Cristo sulla Terra, le Nazioni Unite, che lui ha più volte criticato, hanno fatto passi più coraggiosi di lui. Sì, perché il fatto che la Cina non è democratica emerge non solo dalla persecuzione dei cattolici ma anche da ciò che stanno facendo nello Xinjiang ai danni della minoranza di etnia turcofona di religione islamica: gli uiguri.

Nelle settimane passate, l’Alto Commissario per i diritti umani uscente, Verónica Michelle Bachelet Jeria, ha fatto pubblicare un documento che mette nero su bianco la responsabilità della Repubblica Popolare Cinese in merito a quello che può essere definito un genocidio. L’ONU afferma che può essere definito un crimine contro l’umanità.

Francesco ha appena terminato un viaggio in cui ha firmato una Dichiarazione che parla della libertà religiosa e condanna le persecuzioni per motivi religiosi, ed ora tace su queste gravi violazioni? Per quale motivo? Per rinnovare un accordo che in questi anni non ha garantito nulla? Un accordo segreto? Il Papa ha dimenticato che non vi può essere dialogo se non vi è Verità. Se non si capisce questo si fanno semplicemente gli interessi politici ed economici del momento. E questo non è il compito del Vicario di Cristo in Terra.

Poi, ieri abbiamo letto una ottima Franca Giansoldati in gran spolvero (immaginiamo che il viaggio in Kazakstan le è andato bene, senza troppo spifferi in fondo all’aereo papale…):

Il cardinale Zen a giorni in tribunale per essere la spina nel fianco della Cina, silenzio e imbarazzo in Vaticano
di Franca Giansoldati
Il Messaggero, 19 settembre 2022

Mentre il Vaticano tace (probabilmente per non irritare la Cina), il Cardinale cinese Zen Ze-kiun – strenuo difensore dei diritti umani e del principio della libertà religiosa – viene portato a processo in questi giorni assieme ad altri attivisti ad Hong Kong. Era stato arrestato all’inizio di maggio in base alla nuova legge sulla sicurezza nazionale con l’accusa di collusione con le forze straniere. Le autorità cinesi ritengono questo anziano porporato responsabile di avere creato un fondo per pagare le spese legali agli studenti e agli altri attivisti che durante le proteste nel 2019 chiedevano a Pechino garanzie democratiche e costituzionali.

Poco dopo l’arresto il cardinale – che ha 90 anni ma è lucidissimo – era stato rilasciato dietro cauzione e da allora si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione. Zen è conosciuto in tutto il mondo per la sua autorevolezza e il suo rigore e il governo cinese lo ha sempre considerato come una spina nel fianco. Le sue parole libere e la sua resistenza passiva hanno sempre dato parecchio filo da torcere a Pechino.

In Vaticano a suo favore finora non si sono levate tante voci a difesa. Anche durante il Concistoro – avvenuto due settimane fa – non si sono registrate prese di posizione da parte del collegio cardinalizio, come invece avvenne nel passato per analoghe vicende quando durante la guerra fredda i sovietici arrestarono alcuni cardinali. Per Zen nessuna dichiarazione ufficiale e solenne, né tantomeno un comunicato. Solo il Cardinale Gerhard Müller in una intervista al Messaggero era stato l’unico, in quei giorni, a riportare i riflettori sul caso giudiziario che si sta consumando a Hong Kong in sordina. Qualche tempo prima si era mosso per condannare l’arresto di Zen anche il Cardinale Maung Bo, Presidente delle Conferenze Episcopali Asiatiche. In un comunicato aveva ricordato che Hong Kong è sempre stata un faro per la democrazia mentre ora è stata trasformata in uno stato poliziesco, senza libertà di espressione, di stampa, di associazione. «Come può essere considerato un crimine aiutare nella difesa degli attivisti?».

La ragione del silenzio vaticano sulla vicenda giudiziaria di Zen è da collegare al rinnovo dell’accordo diplomatico tra Santa Sede e Cina per la nomina dei vescovi. Per non mettere a repentaglio il lavoro diplomatico con le autorità cinesi anche il Papa – durante il volo di ritorno dal Kazakhstan [*] ha preferito glissare sulla questione. Rispondendo ai giornalisti disse che non se la sentiva di dare giudizi negativi sulla Cina, che ormai ha scelto la via del dialogo con Pechino e che continuerà a sostenerlo, aggiungendo che non è facile comprendere la mentalità cinese. Di conseguenza aveva sorvolato sul caso Zen, definendolo solo «un uomo anziano che dice quello che sente».

L’unica frase che stamattina in Vaticano si è ascoltata è un laconico auspicio da parte del Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi che si è limitato ad un augurio. «Che il Cardinale Zen ne esca».

Zen è stato vescovo di Hong Kong dal 2002 e nel 2006, con una cerimonia in Vaticano, è stato nominato cardinale da Papa Benedetto. Zen si è battuto per sostenere la riforma democratica e per dare alla popolazione di Hong Kong più voce in capitolo. Ha così organizzato una “maratona” per il suffragio universale, Messe in ricordo della repressione di Piazza Tienanmen, ha visitato la sede di Occupy Hong Kong per dare sostegno morale alle migliaia di persone che si erano riunite lì.

[*] Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Kazakhstan (13-15 settembre 2022)
Incontro del Santo Padre con i giornalisti ammessi al Volo Papale durante il volo di ritorno
Volo Papale – Giovedì, 15 settembre 2022


Elise Harris Allen, Crux: Salve, Santo Padre. Grazie di stare con noi questa sera. Ieri al Congresso Lei ha parlato dell’importanza della libertà religiosa. Come sa, lo stesso giorno è arrivato in città anche il Presidente della Cina, dove da tanto tempo ci sono grandi preoccupazioni su questo tema, soprattutto ora con il processo che sta andando avanti proprio in questi giorni contro il Cardinale Zen. Lei considera il processo contro di lui una violazione della libertà religiosa?
Papa Francesco: Per capire la Cina ci vuole un secolo, e noi non viviamo un secolo. La mentalità cinese è una mentalità ricca e quando si ammala un po’, perde la ricchezza, è capace di fare degli sbagli. Per capire, noi abbiamo scelto la via del dialogo, aperti al dialogo. C’è una commissione bilaterale vaticano-cinese che sta andando bene, lentamente, perché il ritmo cinese è lento, loro hanno un’eternità per andare avanti: è un popolo di una pazienza infinita. Ma dalle esperienze avute prima – pensiamo ai missionari italiani che sono andati lì e che sono stati rispettati come scienziati; pensiamo anche oggi, tanti sacerdoti o gente credente che è stata chiamata dall’università cinese perché questo avvalora la cultura –, non è facile capire la mentalità cinese, ma va rispettata, io rispetto sempre. E qui in Vaticano c’è una commissione di dialogo che sta andando bene. La presiede il Cardinale Parolin e lui in questo momento è l’uomo che più conosce della Cina e il dialogo cinese. È una cosa lenta, ma sempre si fanno passi avanti. Qualificare la Cina come antidemocratica, io non me la sento, perché è un Paese così complesso, con i suoi ritmi… Sì, è vero che ci sono cose che a noi sembrano non essere democratiche, questo è vero. Il Cardinale Zen, anziano, andrà a giudizio in questi giorni, credo. Lui dice quello che sente, e si vede che lì ci sono delle limitazioni. Più che qualificare, perché è difficile, e io non me la sento di qualificare, sono impressioni; più che qualificare, io cerco di appoggiare la via del dialogo. Poi nel dialogo si chiariscono tante cose e non solo della Chiesa, anche di altri settori. Per esempio, l’estensione della Cina: i governatori delle province sono tutti diversi, ci sono culture diverse dentro la Cina. È un gigante, capire la Cina è una cosa gigante. Non bisogna perdere la pazienza, ci vuole, ci vuole tanto, ma dobbiamo andare con il dialogo. Io cerco di astenermi di qualificarla perché, sì, può darsi, ma andiamo avanti.

Elise Harris Allen, Crux: E Xi Jinping?
Papa Francesco: Lui aveva la visita di Stato lì, ma io non l’ho visto.

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