La “formazione di massa”. Una ricostruzione logica e lucida della mala tempora currunt. Vivere o sopravvivere?

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2022 – Vik van Brantegem] – Un libro importante e un’intervista interessante per aiutare a capire in cosa si è trasformata la nostra società e per comprendere i meccanismi assurdi di tante persone attorno a noi.

Consigliamo di ascoltare con attenzione l’intervista integrale [QUI] di Elisa Satta del 6 luglio 2022 a Matthias Desmet, che spiega i punti salienti di Psicologia del totalitarismo (La Linea 2022, 232 pagine, euro 25), il suo ultimo dirompente saggio sulle nuove forme di totalitarismo e la differenza con le dittature, che di seguito presentiamo. Sembra che nel corso degli ultimi due anni, la stragrande maggioranza della gente sia realmente caduta sotto una sorta di incantesimo. Ovviamente, nella realtà non esistono incantesimi, e il Professore Matthias Desmet dimostra come nel momento storico che stiamo vivendo, si sta manifestando una “formazione di massa”, come risposta psicologica non diversa dall’ipnosi, all’incessante e focalizzata campagna di paura a cui siamo tutti sottoposti.

Professore Matthias Desmet.

«La massa per me non è altro che un gregge di pecore, finché non è organizzata. Non sono affatto contro di essa. Soltanto nego che essa possa governarsi da sé. Ma se la si conduce, bisogna reggerla con due redini: entusiasmo e interesse. Chi si serve solo di uno dei due, corre pericolo. La massa ama gli uomini forti, la massa è donna» (Benito Mussolini).

Lo studioso fiammingo Matthias Desmet è docente di Psicoterapia psicoanalitica presso il Dipartimento di Psicoanalisi e Consulenza Clinica della Rijksuniversiteit (Università Statale) di Gent. La ricerca presso questo Dipartimento ha un forte focus clinico e orientato alla pratica. Il Professor Desmet lavora lui stesso come psicologo clinico in uno studio privato. Nel suo programma di ricerca si concentra sui processi e gli esiti della Psicoterapia psicoanalitica. A livello metodologico combina la metodologia del caso singolo con i disegni di gruppo randomizzati e la valutazione quantitativa con quella qualitativa. Ha pubblicato 48 articoli su riviste classificate ISI, oltre a 8 articoli su altre riviste psicologiche e 2 capitoli di libri. È uno dei fondatori del Single Case Archive, un database che raccoglie e classifica una grande quantità di singoli casi studio pubblicati sul processo e l’esito della psicoterapia. Attualmente è in corso il MentALLY project, in collaborazione con Ann Buysse e Alexis Dewaele, coordinatori, che mira a raccogliere le prove empiriche necessarie per accelerare l’evoluzione verso un’assistenza sanitaria mentale europea che fornisca trattamenti di salute mentale efficaci a tutti gli adulti che ne hanno bisogno. Una strategia di diffusione e implementazione attentamente progettata traduce l’evidenza empirica per rafforzare le reti esistenti e migliorare le pratiche esistenti. È autore di The pursuit of objectivity in psychology (2018), Psychoanalytische therapie (2018) e Facing your Fears: A Journey of Riches (2020).

Il Professor Desmet è il principale esperto psicologo clinica di tirannia e totalitarismo, e di come si forma l’ipnosi di massa, la coscienza delle folle che chiama “formazione di massa”. Dice che l’ipnosi e l’addestramento di massa che sta osservando è uno stato che porta chiaramente al totalitarismo. Nel totalitarismo, quando le ultime voci dissenzienti si arrendono e vengono messe a tacere, le masse iniziano a commettere atrocità in nome della solidarietà e del collettivo. In uno stato totalitario, persone un tempo normali commettono atrocità nella convinzione di essere nel giusto.

In questo suo ultimo saggio Psicologia del totalitarismo, il Professor Desmet analizza in maniera approfondita le ragioni per cui questo nuovo tipo di totalitarismo si sta sempre più insinuando nella nostra società a livello globale attraverso il fenomeno di “formazione di massa”, che conduce ad una sorta di ipnosi collettiva. Questa sua interpretazione affonda le radici sin da prima del giungere della pandemia e proprio in questi ultimi due anni si acutizza e trova terreno fertile per uscire allo scoperto ed attecchire ancor più. Sostiene che la paura del coronavirus è peggio del coronavirus stesso.

Questo cambiamento sociale avviene quando c’è o c’è stato un periodo di paura fluttuante ed è un passo sulla strada verso uno stato totalitario. Il totalitarismo inizia sempre con una “formazione di massa” all’interno della popolazione. Non è la stessa cosa di una dittatura. In una dittatura, la gente obbedisce per paura del dittatore al vertice, mentre Il totalitarismo è l’opposto. La gente viene ipnotizzata per obbedire “per il bene della collettività”. La gente non è più razionale o critica come una volta. È per questo che tutti conosciamo amici che una volta erano molto intelligenti e compassionevoli, ma che sono diventati stupidi e non vogliono più ascoltare voci discordanti da quanto apprendono dai Media [*]. Sono diventati intolleranti, persino meschini o crudeli. In ipnosi, l’attenzione si restringe sempre di più fino a quando l’ipnotizzato non riesce più a vedere, al di là della sua visione molto ristretta, ciò che è reale.

Questa è la situazione che è stata raggiunta attualmente. La paura e l’isolamento che molti hanno provato prima e durante la pandemia ha trovato il suo perfetto “oggetto della paura” ed è saldamente incorporato nella narrazione della pandemia e della campagna di inoculazione dei sieri. Coloro che tengono il potere, non possono tollerare o permettere il dissenso o una voce diversa, e non vogliono nemmeno sentire delle domande.

Quando gli ipnotizzati si sveglieranno, la loro “terribile paura” ritornerà. I leader delle masse non possono nemmeno permettere che le masse si sveglino, perché quando le masse si sveglieranno e vedranno i veri danni e le perdite, si arrabbieranno con coloro che hanno causato il danno. Nella Storia, gli organizzatori di addestramenti di massa vengono sempre uccisi da coloro che vengono ipnotizzati, una volta che poi si svegliano e rivedono il mondo reale.

La cattiva notizia è che in quanto individui di una popolazione “totalitarizzata”, la grande maggioranza non è minimamente consapevoli di quanto stia accadendo, ormai tutti ridotti a un codice QR dentro a un grande esperimento medico-tecnocratico. Molte persone non riescono a comprendere che “le dittature si basano su un meccanismo psicologico primitivo, ossia la paura che un regime dittatoriale incute nel popolo. Lo Stato totalitario, invece, si fonda su un processo psicologico potente, che è quello della formazione di massa”. Questa nuova “formazione di massa è essenzialmente una forma di ipnosi collettiva che priva gli individui della capacità di distanziamento critico e di ricorso alla coscienza” personale. In realtà si tratta di un lungo processo difficile da percepire e difficile da superare.

La buona notizia è che esiste una via d’uscita alternativa alla visione del futuro dominante, improntata al pessimismo e alla mancanza di prospettiva, e inizia col tornare a distinguere il falso dal vero. Il Professor Desmet offre anche una soluzione come alternativa alla visione distopica della realtà, tutt’altro che irreale, in cui massificazione, transumanesimo, meccanicismo biologico sembrano padroneggiare. Se tutti quelli che sono ancora svegli, parlano ogni giorno a tutti quelli che incontrano contro la formazione delle masse, contro la narrazione, le masse si dissolveranno e la crisi finirà. Non c’è bisogno di dire molto. Sono da dire piccole cose, come: “Niente di tutto questo ha senso”; “I dati dicono qualcos’altro”. Dillo al laureato, dillo al cassiere, dillo al benzinaio, dillo al tecnico, dillo al fabbro, dillo all’elettricista, dillo all’idraulico, ecc. Fai di tutto per dirlo.  Questa è l’arte della “resistenza”; piantare semi di dubbio, parole di disaccordo.

Coloro che si sono sottratti finora alla “formazione di massa”, riescono a capire in modo lucido, che la nostra società si sta avviando verso un nuovo totalitarismo. Basta osservare ciò che è capitato negli ultimi anni per non prendere alla leggera la questione: la salute individuale è diventata sempre più una questione pubblica, il diritto alla privacy è stato progressivamente eroso, gli episodi di censura sono in vertiginoso aumento.

Il Professor Desmet segue in questo suo ultimo saggio “la visione distopica del futuro evocata da Hannah Arendt, secondo cui un nuovo tipo di totalitarismo, guidato da ottusi burocrati e tecnocrati, sarebbe sorto dopo la caduta del nazismo e dello stalinismo”, che è sorprendentemente attuale. Il totalitarismo non è, una coincidenza della Storia. È piuttosto la meccanica conseguenza del delirio di onnipotenza della mente umana, improvvido retaggio della tradizione illuministica. Il “caposaldo del totalitarismo è la fede cieca in una sorta di “finzione scientifica”, che rivendica il fatto di basarsi su cifre e statistiche, ma mostra poi un “radicale disprezzo” per i fatti” (Hannah Arendt, filosofa ebrea tedesca che ha studiato a fondo il nazismo).

Per attuarsi, tuttavia, il totalitarismo ha necessità di conquistare la mente degli uomini, di “formare la massa”. Il Professor Desmet espone lucidamente questo processo attraverso un’acuta analisi dei fenomeni sociali contemporanei. Spiazza dal movimento per il clima alla cultura della paura, che hanno raggiunto l’acme durante la crisi pandemica. Questa non è piovuta dal cielo, ma è solo l’ultima di una serie di reazioni sociali a fenomeni angoscianti che si susseguono in forma sempre più convulsa e autodistruttiva: il terrorismo, i cambiamenti climatici, il coronavirus cinese di Wuhan, fino alla guerra di Putin in Ucraina, in attesa di altre “emergenze”.

Ogni volta che nella società si affaccia una nuova causa d’ansia, un’unica risposta e una sola difesa sono approntate: maggiore controllo. La mania del controllo porta nuova ansia e l’ansia porta nuova mania di controllo. Così la società si arena in un circolo vizioso che ha come inevitabile esito il totalitarismo, ossia un controllo ossessivo esercitato dall’autorità e, infine, la completa distruzione dell’integrità psichica e fisica dell’essere umano. Naturalmente dopo i vari interventi istituzionalizzati, molte persone non riescono più a distinguere tra la realtà e la finzione ufficializzata.Purtroppo “gran parte della popolazione è quasi del tutto isolata” a livello sociale. Inoltre, l’attuale scienza mediatica considera l’essere umano come un organismo biologico, “disconoscendo del tutto la sua dimensione psicologica, simbolica ed etica. Così facendo rende impossibili i rapporti umani” a livello elementare e istituzionale. Comunque di solito “non si può risolvere un problema con lo stesso tipo di ragionamento che lo ha provocato”.

Ci sarebbe molto da dire a livello generale e a livello specifico, ma in questa situazione molto difficile è molto meglio essere concisi: “Dire la verità può infrangere il consenso sociale perché mette in questione il discorso consolidato in cui il gruppo trova rifugio, comodità e sicurezza, quindi, è anche pericoloso, produce ansia nel gruppo, suscita irritazione e aggressività” (basato sul lavoro di Michel Foucault sulla verità). In definitiva “il totalitarismo non è un accidente della storia”, ma “è la conseguenza logica del pensiero meccanicista e della fede illusoria nell’onnipotenza del pensiero umano” istituzionale. E. come disse Winston Churchill, “Le sole statistiche di cui ci possiamo fidare sono quelle che noi abbiamo falsificato”. In ogni caso “il discorso scientifico, come qualsiasi discorso dominante, diventa lo strumento privilegiato dell’opportunismo, della menzogna, dell’inganno, della manipolazione e del potere”. Per fortuna “l’autodistruttività, alla fine, porta sempre al crollo del sistema totalitario”. In alcuni casi la Scienza può diventare “un idolo capace di eliminare magicamente tutti i mali dell’esistenza e persino di trasformare la natura dell’uomo” (Hannah Arendt).

Il motivo per cui le persone continuano a credere a una narrazione (politica e mediatica) palesemente falsa, è che questa narrazione è il nuovo collante della società, grazie al quale le persone si sentono di nuovo parte del corpo sociale. Vive, utili in quanto unite da uno scopo comune, compatte contro i dissidenti, percepiti come pericolosi traditori della società, in una cieca e demente personificazione del pericolo. Questo risultato è stato raggiunto utilizzando strumenti e meccanismi ben noti ai sociologhi: la segregazione sociale, l’identificazione di un pericolo comune, l’amplificazione della paura, la costante propaganda dei media che ha ripetuto che si poteva ritornare alla normalità unicamente grazie a misure fortemente limitative delle libertà individuali, giustificate dal bene collettivo. Nel frattempo, la perdita di significato della vita, ridotta a una reclusione domiciliare, la sensazione diffusa di non essere più artefici del proprio destino, dato che un avvocato non eletto ha potuto privare chiunque dei propri diritti individuali (Costituzionali) con un semplice decreto del Presidente del Consiglio. Tutto questo, fa parte di un disegno di cambiamento della società, quel Great Reset teorizzato dal Professor Klaus Schwab del Forum Economico Mondiale di Davos.

“La fusione nella massa è un temporaneo sonno dell’io” (Sigmund Freud). Questo sonno dell’io è uno stato di ipnosi, in cui la mente della persona ipnotizzata non è in grado di considerare altro che i pensieri indotti dall’ipnotizzatore. Sotto ipnosi, non si è più in grado di distinguere le informazioni false da quelle vere. Nel totalitarismo, l’aspetto più preoccupante è che l’ipnotizzatore è egli stesso sotto ipnosi: crede alla propria versione della storia. Tuttavia, l’ideologia di fondo, il vero nemico, è che il transumanesimo possa portare l’homo sapiens a un nuovo stadio dell’evoluzione, che la fusione tra l’uomo e la macchina possa dare inizio a un’era di felicità terrena. Come tutte le peggiori ideologie della storia, anche questa è un’assurda utopia nata dalle menti dei tecnocrati, un frutto marcescente dell’empirismo.

Nel suo stato di ipnosi, la massa non sa neppure che il fine ultimo dell’ipnotizzatore è condurla al transumanesimo. Focalizzata unicamente su un singolo obbiettivo alla volta, convinta che l’appartenenza alla massa sia sacra e che ogni dissidente sia un nemico da annientare con qualunque mezzo. La massa è compatta, ottusa e refrattaria a ogni invito alla ragione.

Esiste un limite invalicabile oltre il quale il mantenimento di una forma di governo democratica, in assenza di una sostanza democratica, fa scivolare una Nazione nel baratro dello scontro civile. Siamo scivolati nel totalitarismo perché la maggioranza delle persone è stata ipnotizzata. Per mantenere questo stato d’ipnosi, occorre mantenere “l’entusiasmo e l’interesse”, sostituendo il nemico da combattere: nuovo nemico, nuovo collante che aggrega la massa. Nella massa, emerge il più scalmanato, il peggiore, l’essere umano spregevole, deteriore, il vigliacco. Finalmente trova un nemico da combattere.

Il Professore Matthias Desmet.

[*] Perché molte persone credono ai Media? (tratto dal blog della consulente relazionale Daniela Coin, 13 dicembre 2021 [QUI].

Ci sono 4 condizioni, che devono essere presenti prima che possa emergere un fenomeno di “formazione di massa” su larga scala, spiega il Professor Desmet:
1. Le persone devono avere una pregressa condizione di mancanza di legami sociali, mancanza di connessione.
2. Le persone devono vivere una situazione di mancanza di significato, di senso della vita.
3. Le persone sperimentare uno stato di “attacchi d’ansia” (free floating anxiety), ovvero delle improvvise crisi di ansia che non sono causate da nulla di specifico, che non sono connesse ad uno specifico oggetto. Precisa il Professor Desmet: “Se vedi un leone e hai paura, sai che è quello l’oggetto della tua paura, la tua ansia, in quel caso, è connessa ad una rappresentazione mentale”. Senza che sia presente l’oggetto della paura, però, ti trovi a vivere uno stato di ansia che non puoi controllare.
4. Le persone devono sperimentare uno stato di “frustrazione e rabbia interiori” (free-floating frustration and aggression), quindi una rabbia che viene percepita interiormente, ma che non può essere indirizzata verso qualcuno di specifico perché manca l’oggetto. Un buon capro espiatorio vale come una soluzione. Queste condizioni interiori sono state pregressi, che originano dall’inconscio (personale o collettivo) e trovano sporadicamente un capro espiatorio all’esterno. Molte persone che sperimentano stati di ansia, depressione, frustrazione e rabbia, cercano (e apparentemente trovano) delle spiegazioni esterne ai loro disordini, andando di volta in volta ad agganciarsi a questa o quella azione, a questo o quell’evento accaduto. Persone che sono spesso tristi, o spesso depresse, o spesso ansiose, per non parlare di tutte le persone che, continuamente, sfogano sul primo malcapitato la loro frustrazione. Esiste un esercito mondiale fatto di mercenari che hanno l’unica colpa di aver trascorso una vita intera in uno stato di sofferenza, di mancanza di scopi, di paura, di ansia, tristezza e depressione, senza conoscerne realmente le cause. Il sistema scolastico, d’altro canto, non fornisce alcuna base, alcuno strumento per la conoscenza di sé stessi, col risultato che vediamo: orde di esseri umani, confusi e disperati, che cercano qualcuno da incolpare delle proprie disgrazie.

Alle persone che cercano legami e connessione (punto 1) diamo un pianeta pieno di persone nelle loro stesse condizioni di disperazione a causa di una pandemia a livello globale che costringe a diventare, per un po’, ma solo per poco, tutti uguali: tutti chiusi in casa, tutti a condividere la medesima paura, le medesime restrizioni, le stesse speranze. Improvvisamente, quindi, a miliardi di persone senza uno scopo, con una vita insignificante (punto 2), viene consegnato uno scopo: sopravvivere, uscire da questa situazione tragica, e farlo tutti insieme, tutti uniti. Poi, schieriamo migliaia di medici che spiegano come, la situazione attuale, abbia portato ad un incremento degli stati d’ansia e depressione (punto 3), quindi forniamo una giustificazione planetaria ai propri disagi psichici: la pandemia e le restrizioni. “È colpa del virus se sei rimasto chiuso in casa e stai male!”.

Benissimo. Ora, facciamo attenzione: abbiamo miliardi di persone che hanno trovato una giustificazione al proprio malessere, hanno trovato uno scopo di vita e anche un senso di comunione dato dalla situazione in atto. Ora, operiamo come segue (e andiamo al punto 4): divide et impera.

Creiamo qualche squadra:
– quelli che indossano la mascherina VS quelli che non indossano la mascherina;
– quelli che indossano la mascherina chirurgica VS quelli che indossano la mascherina di stoffa;
– quelli che indossano la FPP2 VS quelli che indossano la chirurgica o quella di stoffa;
– quelli che fanno sport o vanno a trovare i genitori VS quelli che stanno segregati a casa;
– quelli che fanno la prima dose VS quelli che non si sono vaccinati;
– quelli che hanno la seconda dose VS i No-Vax e prima dose;
– quelli che hanno la terza dose VS i No-Vax e prima e seconda dose;
– quelli che hanno il Green Pass VS quelli che hanno il Super Green Pass;
etc. etc.

Non è un modo perfetto per avere, sempre e comunque, con assoluta certezza, qualcuno contro cui inveire? Qualcuno con cui prendersela? Qualcuno di cui aver paura? Qualcuno da incolpare per le proprie paure, ansie, miserie, disgrazie? A me sembra perfetto!

Prendiamo un oggetto di paura (virus) e di rabbia (i novax per i provax e i regimi repressivi per i novax): nel momento in cui conosco le leve, posso usarle per manovrare le persone che, sollecitate, risponderanno certamente agli stimoli che andrò ad esercitare. Se manovri l’oggetto della paura e della rabbia, manovri le persone affette da paura e rabbia e che si sono agganciate a quell’oggetto. Legarsi tra “simili” nel tentativo di trovare, insieme, una soluzione alla disperazione esterna (senza vedere la radice del dolore), crea un apparente conforto e trasmette l’idea che, la traiettoria intrapresa, sia quella giusta.

Quello a cui stiamo assistendo da due anni non è un disastro solo a livello sanitario ed economico, ma è un disastro, soprattutto, a livello profondo, interiore. Parliamo di miliardi di esseri umani che stanno combattendo, a loro insaputa, una battaglia contro i loro demoni interiori, i quali sono stati opportunamente trasferiti all’esterno (su virus, vaccini, greenpass, limitazioni, crisi economica, novax e provax) col solo scopo di essere adoperati dalle persone che hanno un notevole vantaggio nel farlo.

Chi? Coloro che hanno un interesse economico nel farlo.

Questa inconsapevole speranza di risolvere qualcosa (che non può essere risolta in questo modo, essendo interiore – sarebbe come cercare di togliersi il trucco dalla faccia, pulendo lo specchio) è il motivo per il quale le persone tutte continuano a seguire il dolce suono del Pifferaio di Hamelin (i media).

Nonostante siano state più volte provate le insensatezze, le contraddizioni, gli errori proferiti dai media, dai medici ed enti preposti alla nostra salvaguardia, le persone – quasi tutte – continuano a credere al magico suono del flauto. Lo fanno, spiega il professor Desmet, perché ne hanno disperatamente bisogno. Hanno bisogno di credere. E, più le cose sono assurde, meglio funzionano, perché il credo si basa su un’azione di fede, su un rito.

“Io credo nella scienza, quindi mi sono vaccinato”. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Ma la scienza non è una religione. La scienza non è un qualcosa alla quale credere ciecamente. Anzi, la scienza è progresso e, in virtù dei progressi che ogni giorno vengono portati avanti in ambito scientifico, è lecito dubitare continuamente di ciò che, al momento, viene proposto, perché fra dieci, cinquanta o cento anni, potrebbe rivelarsi alla meglio obsoleto, alla peggio addirittura dannoso o catastrofico. Negli stati uniti, ad esempio, si stima che gli errori della medicina siano la terza causa di morte. Nel mondo esistono centinaia di casi provati di malasanità.

Quando Giordano Bruno riprese la teoria eliocentrica, venne bruciato sul rogo e Galileo finì agli arresti domiciliari per aver sostenuto la teoria copernicana, e costretto a ritrattare. Anche Pasteur all’inizio venne fortemente osteggiato quando spiegò le sue teorie sulle infezioni.

La scienza e la medicina sono indispensabili, sono di certo una delle strade maestre create dall’uomo per la sopravvivenza degli esseri viventi, ma non possono e non devono essere considerate infallibili.È intelligente riuscire a discernere, nella scienza così come in ogni ambito, e ad informarsi da varie fonti, non solo dai media mainstream.

Ricordo che, secondo il rapporto di Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa, Fnsi, dell’aprile 2021, l’Italia si trova al 41° posto.

La pandemia, altamente strumentalizzata, ha permesso di connettere fra loro centinaia di migliaia di persone, sconnesse da loro stesse, finendo inevitabilmente col creare delle squadre, come abbiamo già visto.

Far parte della squadra “dei buoni” (e, precisiamolo, ogni squadra crede di essere nel giusto e riesce a portare tesi della propria bontà) aiuta queste pecorelle smarrite a sentirsi meno sole, a sperare una soluzione alle loro (pregresse) problematiche emotive e psicologiche. Le squadre “dei nemici”, di contro, aiutano a dare un volto alla loro rabbia interiore, diventano il pannello su cui proiettare i propri irrisolti psichici. Coi nemici sempre a portata di mano, supportati dai media e da “quelli come loro”, i partecipanti alle rispettive squadre si sentono pienamente autorizzati a vomitare le proprie frustrazioni addosso a chi la pensa diversamente. Specie in questa situazione, dove “il nemico” potrebbe contagiarti e ucciderti, come continuano a ripetere i media.

Quindi, grazie a queste proiezioni, e grazie alla possibilità di sfogarsi coi “nemici”, ambedue gli schieramenti, se in uno stato di inconsapevolezza di sé, avvertono un temporaneo sollievo dal loro dolore che, precisiamolo, è stato prima smosso e poi riportato a galla dalla situazione attuale (in molte persone, infatti, questi sintomi erano latenti e poco evidenti). Da questo temporaneo sollievo, dato dallo sfogo contro i nemici e dato, anche e soprattutto, dalla distrazione che ricevono tutti nell’occuparsi 24/7 di queste faccende (leggere, vedere video, discutere con amici, parenti, colleghi, litigare sui social, etc), le persone traggono la convinzione di star facendo qualcosa di corretto, di essere quindi dalla parte del vero.

La soluzione, come ci informa il Professor Desmet, sarebbe quella di andare alla radice dei disordini personali. Cosa non va, in questa società, per avere così tante persone ridotte al limite delle problematiche psicologiche? Perché vale la pena chiedersi se sia “colpa” del singolo, o se sia la società ad avere qualcosa che non va, qualcosa che, in un’ipnosi collettiva, porta le persone a non conoscersi, a non avere una solidità interiore e, quindi, ad essere costantemente in balia dei mutamenti esterni.

Non ha senso, dico io, prendersela con chi sfrutta il disagio dei più deboli per guadagnarci. Le persone infami (perché non si possono chiamare diversamente), pronte a lucrare sulla debolezza altrui, ci sono sempre state e, forse, sempre ci saranno (o comunque per qualche altro centinaio di anni).

La soluzione non è quella di combattere questi colossi, ma è quella di risanare la nostra interiorità, renderci meno soggetti alla paura, alla rabbia, al bisogno di ricevere approvazione dall’esterno. Solo così sarà possibile trovare quello spazio di tranquillità, di pace, all’interno di noi. Uno spazio che non potrà essere intaccato dalla paura, dal disordine, dalla rabbia, dalle salvifiche soluzioni propinate dall’alto senza la benché minima salvaguardia per il reale bene della collettività, ma col solo scopo di creare una spaccatura nella quale insinuare controllo col solo scopo di trarne un vantaggio economico su larga scala.

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