Un “cittadino qualunque” orgoglioso di Draghi

Nel mestiere di comunicatore – che consiste prima di tutto nell’osservare, nell’ascoltare, nel leggere, nel valutare – che ormai facciamo da ben 50 anni, ci tocca dedicare del tempo a delle cose più strane. Tanti fenomeni e faccende sembrano incomprensibili e soprattutto incredibili, a prima vista. E nonostante la lunga esperienza nell’ambito di “comunicazione di crisi”, non è sempre facile aprire l’arcano, che non è una scatola di sardine (e neanche il parlamento, che ha assorbito i ***** senza essere neanche aperto).
Ma talvolta non seve un apriscatole, basta ricordare – la memoria è indispensabile per un comunicatore – che al contrario della finzione, la realtà non ha l’esigenza di essere coerente e credibile. È la nostra prigione distopica. L’ha formulato in modo conciso Truman Capote: “La differenza tra realtà e finzione è che la finzione deve essere coerente”.

Un case study dell’applicazione della massima di Capote ci viene offerta dalla notizia riguarda il 65enne Lupo Rattazzi, imprenditore (aggettivo preciso, scorrendo la sua biografia). «Rattazzi, nonostante l’aplomb agnellesco, è celebre per scatenarsi su Twitter e ogni tanto compra pagine di giornale» (Michele Masneri – Il Foglio, 18 settembre 2019). Ha deciso un’altra volta di spendere dei soldi (i suoi) per una pagina a pagamento, in questo caso su La Stampa, per comunicare urbi et orbi che con Draghi all’estero potevamo vantarci: «Il mio premier è niente meno che Draghi». In realtà, è lui che se ne vantava, perché la firma in calce al messaggio di ringraziamento a Mario Draghi è la sua (non la nostra, perché ci ricordiamo bene dei danni fatti da Draghi all’Italia).
Questa pare l’occasione propizia per ricordare – tenendo presente che uno dei (pochi) difetti degli Italiani è proprio la scarsità di memoria storica – alcune delle gesta del Presidente del Consiglio dei Ministri per 17 lunghi mesi, dal 13 febbraio 2021 al … (ma attivo da tre decenni ai danni dell’Italia).
«Stamane [21 luglio] Lucia Annunziata su La Stampa degli Elkann parla di “draghicidio” e di come l’Italia agli “occhi del mondo” sarebbe un “sistema politico fallito” [QUI]. Alcune considerazioni da fare. Innanzitutto se c’è stato qualcuno che ha voluto deliberatamente creare questa crisi quell’uomo è solo e soltanto Mario Draghi. Nei palazzi era noto da mesi che l’uomo del Britannia lavorava ad una via di fuga da palazzo Chigi. Non appena qualcuno gli ha offerto il pretesto, Draghi non ha fatto altro che sfruttarlo. (…) La verità è che c’era la ferma volontà di Draghi di mettere fine all’esperienza di governo» (Cesare Sacchetti, 21 luglio 2022).
«Draghi non è stato spedito a casa da una protesta popolare, perché il popolo è da tempo narcotizzato, impaurito, infiacchito. Né è stato mandato a casa da un’azione politica consapevole, strutturata e lungimirante, perché nella politica italiana ormai non vi è più nulla di strutturato e lungimirante. Se fosse caduto per volere del popolo o per un disegno politico avremmo avuto una situazione tragica e seria. E invece no. Draghi è stato spedito a casa dall’impazzimento di una maionese politica incomprensibile e indigeribile, dalle farneticazioni di parvenu che si credono statisti, dall’inestricabile groviglio di arroganza, arrivismo e cretineria che caratterizza l’orizzonte politico nostrano. Draghi è stato mandato a casa da un certo Conte (Conte!) e dai Cinque Stelle (i Cinque Stelle!). Ora, chi draghiano o draghista non è mai stato (come nel nostro caso) dovrebbe rallegrarsi della crisi e del prossimo ritorno alle urne. Ma sarebbe possibile rallegrarsene solo se ci fosse una prospettiva. Invece la prospettiva non c’è. E non c’è perché le maschere che si muovono sul palcoscenico non sanno nemmeno che cosa sia una prospettiva politica: loro si agitano, urlano, lanciano motteggi, si provocano a vicenda, si tendono tranelli e stop. Perché sanno fare solo quello. Dunque, cari amici che in queste ore esprimete soddisfazione perché il commissario Draghi se ne va, mi spiace fare la parte della cassandra ma mi sentirei di dire che sic stantibus rebus c’è poco da rallegrarsi» (Aldo Maria Valli, 22 luglio 2022).
«Il 21 luglio 2021 Draghi teneva la conferenza stampa del “non ti vaccini, ti ammali, muori” e del “green pass garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose”. Il 21 luglio 2022 Draghi si dimette da capo del governo. Le bugie hanno le gambe corte» (Mario Adinolfi).
«Comunque la si pensi resta un fatto: Mario Draghi in un anno ha pronunciato due bugie in momenti cruciali per la vita del Paese: su vaccini e green pass (luglio 2021) e sulla “mobilitazione” degli Italiani (luglio 2022)» (Martina Pastorelli).
«Draghi ha rappresentato il periodo più buio della Repubblica, ha governato con una cattiveria, una tale violenza psicologica, anche dei suoi ministri, da far impallidire chiunque. Non dimenticheremo mai» (Monica Casaletto).
«Faccio notare a tutti i vedovi del governo, che in queste ore si strappano i capelli per la disperazione, che ad aver aperto la crisi di governo è stato MARIO DRAGHI che giovedì si è inopinatamente DIMESSO pur avendo ricevuto un’ampia fiducia parlamentare. Peraltro il M5S non aveva affatto votato contro la fiducia, ma si era astenuto dal voto. Quindi non c’era nessun motivo per dimettersi. Draghi casomai avrebbe dovuto aprire una verifica politica, come gli avevano chiesto Lega e FI. Invece ha deciso di dimettersi e, quando Mattarella lo ha rinviato alle Camere lui si è presentato in Senato con un discorso durissimo, prendendo a pesci in faccia i partiti che lo avevano sostenuto fino a quel momento, che gli avevano votato la fiducia e che gli chiedevano di guidare un nuovo governo. In sostanza. Draghi voleva scappare in vista di un autunno caldissimo in cui il suo governo probabilmente avrebbe dovuto subire il malcontento popolare frutto dei suoi errori. Lo ha fatto provocando i partiti in modo da apparire come “estromesso”, ma la realtà è che si è estromesso da solo» (Antonio Socci).
«Mattia Feltri scrive che Draghi non c’entra nulla con l’Italia [QUI]. È assolutamente vero, ma non per le ragioni addotte da Feltri. Tutta la carriera di Draghi è stata una carriera devota a servire quei poteri che hanno depredato economicamente il Paese. Tanto più Draghi compiaceva banche quali Goldman, tanto più l’Italia veniva saccheggiata. Il successo di Draghi è direttamente proporzionale ai danni che egli ha causato al “suo” Paese. Il primo cresceva esponenzialmente al crescere dei secondi. Si, è vero. Draghi non c’entra nulla con l’Italia. E di questo ne sono fieri l’Italia e gli italiani» (Cesare Sacchetti).
«Per quanto riguarda la caduta del governo Draghi è da dire che questo evento è stato pervicacemente voluto da Draghi stesso. Benché chiamato da tutte le parti, e persino dal Movimento 5 stelle, a restare al suo posto, egli, con alterigia fuori posto, insulti e una inaccettabile forma di autoritarismo, ha proposto il suo “patto”, e cioè l’attuazione del suo disegno di legge “concorrenza”, che “privatizza” e “sottrae” alla “proprietà pubblica demaniale del popolo italiano beni e servizi di rilevantissimo valore economico. Insomma Draghi si è dichiarato “fedelissimo” esecutore dei voleri delle multinazionali e della finanza, dimenticando di essere Italiano e di avere il dovere, sancito dall’art. 54 Cost., “di adempiere le sue funzioni con disciplina e onore”. Disciplina e onore che sono del tutto mancate nel suo arrogante discorso» (Paolo Maddalena, Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale).
Rebus sic stantibus, basta leggere il curriculum vitae sommario di Lupo Rattazzi (che facciamo seguire) per comprendere di cosa stiamo parlando.
Qualcuno che vuole scrivere finzione ha bisogno di abbastanza immaginazione per raccontare bugie e di una buona memoria per tenerle in vita senza farsi beccare (mai dimenticare le proprie bugie e mai contraddirsi). Invece, chi racconta la realtà – prima facie – non ha questo problema, perché sono i fatti reali che contano (che non obbediscono alla necessità di coerenza e credibilità, perché accadono semplicemente ), non le opinioni cangianti (che sono come la finzione). A prima vista, abbiamo detto, perché osservare (e raccontare) la realtà è operazione complessa.
Scrive Raffaele Donnarumma su Allegoria, ripreso da Le parole e le cose: «Il nodo della letteratura ipermoderna è proprio il realismo; tanto più, perché con poche cose come con quello il postmoderno ha avuto il dente avvelenato. Oggi, il realismo risponde per statuto a un’angoscia di derealizzazione e si misura con l’irrealtà o la realtà depotenziata prodotta dai media. Come ha detto meglio di tutti Siti, il realismo è diventato un soufflé pronto ad afflosciarsi in una poltiglia di finzione, cioè vive costantemente nel dubbio di riuscire a fare presa sulle cose e di essere credibile. La riduzione del mondo a favola, che il postmoderno dava per avvenuta, fomentava o con cui flirtava, è ciò che l’ipermoderno teme e contro cui resiste. Ipermoderno è dunque quel realismo che sa che la realtà è mediata dalle immagini e dalle costruzioni culturali (cioè, ci si presenta già sempre riprodotta); ma che cerca comunque di opporsi alla falsificazione integrale. La questione (ci ha riflettuto Didi-Huberman) non è la realtà fuori o prima delle immagini: ma la verità delle e nelle immagini. Le forme del realismo ipermoderno – che spesso assume o costeggia i modi del reportage – sono perciò mediate da due istanze complementari: quella documentaria, e quella testimoniale. Ci riferiamo, come si sarà capito, alla voga che hanno preso nella nostra letteratura le narrazioni che rivendicano un rapporto privilegiato con la realtà, ibridano forme letterarie e riscontro testimoniale dei fatti, puntano ad abbassare il tasso di finzionalità delle loro opere a vantaggio della loro funzione di denuncia. Il narratore fa concorrenza al reporter, il romanzo all’inchiesta, l’artista al sociologo o allo storico contemporaneo. È il genere ormai codificato – e il nome inglese attesta che si tratta di un fenomeno tutt’altro che limitato al nostro paese, e che infatti non è nato in Italia – come non-fiction novel, caratterizzato appunto dalla commistione di invenzione letteraria e resoconto di fatti reali».
Della Verità e finzione nella narrativa contemporanea ha scritto Paolo D’Angelo su Le parole e le cose: «Che poi questi fatti siano programmaticamente desunti dal presente, e la loro veridicità sia garantita in primo luogo dall’accesso diretto ad essi che l’autore esibisce, come è trasparente nel caso di uno dei più diffusi sotto-generi della non-fiction literature, la cosiddetta auto-fiction, è una differenza che non basta a spostare i termini della questione. Tanto che non a torto, ad esempio, Walter Siti può parlare del suo ultimo romanzo, Resistere non serve a niente, tutto giocato sull’attualità più scottante (l’espansione e poi la crisi del mercato finanziario) come di un romanzo storico in cui convivono personaggi reali e personaggi inventati. Se il problema è la compresenza di fatti realmente accaduti e di dati di invenzione, diventa secondario sapere se i primi sono attinti attraverso una ricostruzione del passato o sono appresi “de visu” da colui che li racconta. Ad avere interesse ad accentuare una differenza concettualmente inesistente è solo la mistica, così connaturala alla non-fiction, della testimonianza diretta e delle denuncia in prima persona, che col suo armamentario retorico tende ad occultare una semplice, elementare verità: che ogni avvenimento minimamente complesso al quale assistiamo non può essere chiarito se non attraverso il confronto con altre testimonianze, ricostruzioni di ambienti, documenti, immagini, e insomma tutti i ferri del mestiere del buon indagatore storico. Anche il presente è storia e sono solo i fatti irrilevanti e privi di effetti che possono essere compresi “semplicemente assistendovi”. Fabrizio del Dongo e Stendhal ci insegnano».

La pagina di ringraziamento a Draghi su La Stampa
Quindi, l’imprenditore Lupo Rattazzi ha acquistato una pagina di giornale, questa volta su La Stampa (in fondo, i soldi rimangono “in famiglia”, attraverso GEDI ed Exor). Non ci sono domande, diversamente dal 31 maggio 2018, ma “solo” un ringraziamento a Mario Draghi, su una pagina intera, condita dai sentimento di orgoglio quando, all’estero, poteva sfoggiare il nome del stimato Presidente del Consiglio dei Ministri.

«Avviso a pagamento
GRAZIE
PROF. DRAGHI.
Perché Lei aveva restituito dignità alla Nazione.
Perché Lei aveva ripristinato la fiducia nel nostro Paese da parte di tutto il Mondo.
Perché Lei era riuscito ad arginare la deriva nei conti pubblici e a tener testa al populismo.
Perché, a seguito dell’aggressione all’Ucraina, Lei aveva collocato il nostro Paese dalla parte giusta.
Perché Lei per 17 mesi ci ha consentito di andare all’estero potendo dire con grande orgoglio: “Io sono Italiano e il mio Premier si chiama niente meno che Mario Draghi”.
Grazie di cuore, Prof. Draghi.
Lupo Rattazzi
Imprenditore».

La pagina per porre una domanda a Di Maio e a Salvini su la Repubblica
Lupo Rattazzi non è nuovo a iniziative di questo genere. Ricordiamo la pagina acquistata il 31 maggio 2018 su la Repubblica per porre una domanda a Luigi Di Maio e Matteo Salvini ai tempi – che sembrano lontanissimi, nonostante fossimo già in questa scellerata legislatura – del governo gialloverde. All’epoca, la domanda riguardava il piano B per l’uscita dell’Italia dall’euro (caro a Paolo Savona), con intento polemico e con una stilettata ai due leader politici che prendeva in considerazione il loro rapporto con l’elettorato.
Comunque, con la sua domanda, l’imprenditore Lupo Rattazzi, uomo ricco di per sé, aveva azzeccato in pieno (cosa che non fanno i sindacati) Le prime 3 priorità del prossimo Governo, come ha scritto Marco Brusati il 22 luglio 2022 su questo Blog dell’Editore [QUI]: «La prima priorità è: il lavoro. La seconda priorità è: il lavoro. La terza priorità è: il lavoro».
L’acquisto di una pagina su un quotidiano per un “avviso a pagamento”, o comunque di uno spazio pubblicitario, comporta un costo decisamente elevato, a seconda della tiratura del giornale (beato colui che se lo può permettere, nei tempora currunt). Sicuramente, La Stampa prevede spazi appetibili, ma rappresenta un top di gamma per quanto riguarda il listino prezzi. L’imprenditore Rattazzi – una del res non verba e che non lo manda a dire – ha considerato doveroso investire del denaro (il suo) per ringraziare il Presidente del Consiglio dei Ministri (non sfiduciato ma dimissionatosi, colui che avrebbe detto: «Ci sarà tempo per i saluti, adesso continuiamo a lavorare», andando anche oltre gli “affari correnti” con il placet del Presidente della Repubblicca).
Il duro attacco a Silvia Romano
Come ha ricordato Il Foglio, Lupo Rattazzi è molto attivo sui social. Per esempio, il 12 maggio 2020 ha postato su Facebook un duro attacco a Silvia Romano, rientrata il giorno precedente in Italia dopo un anno e mezzo di prigionia in Somalia:
«Cara Silvia Romano.
Tu non sei affatto un eroina e hai un fortissimo debito di riconoscenza verso la Repubblica Italiana, i suoi cittadini e in particolare verso l’AISE, il nostro validissimo Servizio di Intelligence Esterna. Non ho sentito né te né i tuoi genitori fare la primissima cosa che avreste dovuto fare in questa circostanza: esprimere la più profonda gratitudine verso le nostre Istituzioni. Non me ne importa niente che tu ti sia convertita all’ Islam. So invece che hai prodotto gravi danni che sono molto molto più rilevanti di qualsiasi apporto tu possa avere dato quale “cooperante”.
Innanzitutto hai fatto sì che in mano ai criminali somali che ti hanno rapito finissero ingenti somme per il tuo riscatto che certamente verranno usate per comprare armi e perpetuare la violenza in quell’area. In secondo luogo hai dato un nuovo ed ulteriore impulso ai rapimenti di cittadini occidentali, e soprattutto italiani, in quella zona.
Prima che partissi per il Kenya annunciando la natura della tua missione, i tuoi conoscenti ti avevano ben avvertito che si trattava di una iniziativa assolutamente spericolata. Te ne sei fregata e questi sono i risultati.
Pensa se ci comportassimo tutti come te, andando in giro nei posti più pericolosi del mondo con la scusa di essere dei “cooperanti”, senza prendere alcuna precauzione, ma poi aspettandoci di essere salvati dai nostri Servizi di Intelligence e riportati a casa con i Jet di Stato e tutto questo grazie a costosissime trattative a carico di tutti noi cittadini.
Sai cosa sei? Una irresponsabile e una egoista.
Bacia tutti i giorni la bandiera Italiana e la generosità del nostro Stato e, ti prego, da ora in poi fai a meno di diventare un simbolo. Sono contento che tu sia viva ma ricordati: tu non sei un simbolo di niente.
Gli eroi e le eroine sono tutt’altra cosa. Gli eroi sono quelli che hanno rischiato la loro vita trattando in quel verminaio di stato fallito che è la Somalia per salvare la tua. Gli eroi per me sono i piloti del Falcon della CAI che hanno famiglia in Italia ma per andare a riprenderti si arrischiano ad atterrare a Mogadishu dove qualunque bambinetto non vede l’ora di impugnare un RPG per abbattere un aereo civile Italiano. Gli eroi sono quelli che in questo periodo in Italia sono al limite della fame perché hanno perso la loro attività a causa della pandemia mentre tu, per la tua irresponsabilità, hai comportato spese di milioni e milioni di Euro ad uno Stato già in gravissime difficoltà finanziarie.
Lascia stare, và.
L.R.».
Chi è Lupo Rattazzi?
Nato a Lousanne in Svizzera il 25 gennaio 1953, Lupo Rattazzi è il quinto figlio di Susanna Agnelli e del Conte Urbano Rattazzi, un uomo molto colto e interiore. Lupo, quindi, è un rampollo della dinastia Agnelli, nipote di Gianni Agnelli. A lungo uno dei protagonisti delle cronache del jet set romano, si era sposato l’ex indossatrice cubano-americana Isabel Lanza e dopo essersi separato, ha conosciuto l’indossatrice californiana Dana O’Rourke.
Dichiarato sostenitore di Matteo Renzi: «È vero, ho donato cinquantamila euro al nuovo partito di Renzi”, confessa Rattazzi, una compagna californiana, due figli. “Ma non è né la prima né l’ultima volta che lo farò”, dice Rattazzi, che effettivamente figura nell’albo dei donatori del nuovo misterioso organismo renziano, insieme al finanziere Davide Serra e al manager del cioccolato Daniele Ferrero. “Ma non è una novità, ho cominciato a finanziare Renzi un anno fa, in tempi non sospetti, perché mi ero accorto dello svantaggio terrificante che aveva accumulato in termini di presenza sui social, e questo è un campo molto importante per vincere o perdere le elezioni”. “Soprattutto”, dice Rattazzi, “rispetto ad altre forze che si finanziano in modo opaco e/o grazie a governi stranieri”. Cinque stelle e Lega, ovvio. “Ritenni che fosse opportuno dare una mano, a Renzi ingiustamente additato di qualunque malefatta. Penso invece che sia stata una forza positiva e possa continuare a esserlo. E poi mi piace combattere contro i mulini a vento”. Soprattutto combattere con “la Bestia e con la piattaforma Rousseau”. (…) Questi soldi comunque sono “solo un pezzo di questa collaborazione, ma ce ne saranno altri”. Dice bene lei Rattazzi, ricco di famiglia e pure capitalista di suo. “Ma c’è a chi piace comprarsi barche, io preferisco fare così”. Le daranno del pericoloso elitista? “Lo so. E va bene così”» (Lupo Rattazzi ci dice perché ha deciso di finanziare il partito di Renzi di Michele Masneri – Il Foglio, 18 settembre 2019).
Elementari e medie conseguiti all’Istituto Massimiliano Massimo a Roma (una scuola della Rete Gesuiti Educazione) e all’Institut Auf dem Rosenberg a St. Gallen in Svizzero (“Una scuola unica sotto ogni punto di vista e accompagna i propri studenti provenienti da più di 50 nazioni ormai da oltre 130 anni verso un futuro di successo”). Licenza ginnasiale al Liceo-Ginnasio Statale Ennio Quirino Visconti (il più antico di Roma, già dei gesuiti, con sede nello storico edificio del Collegio Romano). Maturità classica al Collegio Navale Francesco Morosini (sull’Isola di Sant’Elena a Venezia “fornisce un bagaglio culturale e di esperienze, completato con un’azione educativa tesa all’elevazione morale e allo sviluppo della personalità degli allievi attraverso il consolidamento dei principi di dignità e di solidarietà umana”).
Laureato in Economia e Scienze Politiche alla Columbia University di New York. Un master in Public Administration alla Harvard Kennedy School of Government della Harvard University di Cambridge negli USA. Specializzazione in Economia e Finanza Internazionale conseguita con corsi frequentati anche presso la Harvard Business School e il MIT-Massachusetts Institute of Technology. Un Master per Amministratori Non Esecutivi della Borsa Italiana a Milano.
Dopo gli studi universitari, nell’estate del 1976 lavora all’Ufficio Studi della Banca d’Italia come Assistente del Dott. Sacerdoti nella raccolta di statistiche per la Relazione Annuale. Nel 1977 viene assunto da Paolo Savona al Centro Studi Confindustria a Roma, dove lavora fino al 1978 come Assistente del Presidente Guido Carli per gli Affari Monetari Internazionali. Nel 1978 e 1979 è stato impiegato alla Salomon Brothers a New York come Associato nel Corporate Finance Department (vari progetti di finanza aziendale incluso il Rating delle emissioni di Commercial Paper di Fiat SpA). Dal 1979 al 1981 ha lavorato alla Kuhn Loeb Lehman Brothers a New York, come Associate Senior nell’International Advisory Service, Membro del Gruppo incaricato di portare a termine il riscadenziamento del debito estero dello Zaire.
È stato Socio Fondatore della Pragma Investimenti e Finanza SpA; Presidente dell’Associazione Operatori e Piloti, Avviazione Generale Italiana; Responsabile dell’attività di Mergers and Acquisitions di C.F.I. SpA a Milano (società di Advisory del Gruppo IFIL); Consigliere di amministrazione dell’ENAV (Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo); Socio fondatore e Presidente di Air Europe SpA (la prima compagnia aerea privata italiana); Consigliere di amministrazione di Luigi Serra Holding SpA; Consigliere Comunale di Monte Argentario (dal 1990 al 1995); Presidente di Seam SpA (società di gestione dell’Aeroporto di Grosseto); Vice Presidente di Alpitour SpA; Consigliere di amministrazione di Coe & Clerici SpA; Presidente di Assaereo (Associazione delle Compagnie Aeree Italiana) di Cofindustria.
Dal 2001 è Presidente di IHG-Italian Hospital Group SpA (società costituita nel 2001 per la gestione di strutture sanitarie, con il complesso socio-sanitario centrale sito nel Comune di Guidonia).
Dal 2003 è Consigliere di amministrazione di Exor NV (la “cassaforte” della famiglia Agnelli guidata da John Elkann, con sede ad Amsterdam nei Paesi Bassi, controlla il 14% del gruppo Stellantis, Cnh Industrial, Iveco, Ferrari, Juventus, Gedi.
– Il 12 agosto 2015, il direttore del settimanale britannico The Economist ha annunciato che Exor acquisterà tre quinti delle azioni dell’Economist Group detenute da Pearson PLC. Exor deteneva quote dell’Economist Group prima di questo acquisto, con il quale raggiunge una partecipazione del 43,40%, per 405 milioni di euro. Pearson Plc, che possiede anche il Financial Times, deteneva una partecipazione non di controllo del 50% nell’Economist Group dal 1928. L’Economist Group riacquisterà i due quinti rimanenti delle azioni di Pearson.
– Il 2 dicembre 2019 viene ufficializzato l’avvio delle procedure per il passaggio delle quote di controllo di GEDI — tra i maggiori gruppi editoriali italiani, proprietario dei quotidiani la Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX, di una catena di giornali locali e di varie emittenti radiofoniche — dalla CIR della famiglia De Benedetti a Exor. L’acquisizione è stata perfezionata nell’aprile 2020. Di conseguenza, Exor ha acquisito il controllo di GEDI e ha lanciato, tramite Giano Holding S.p.A., un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria per l’acquisto della totalità delle azioni ordinarie del gruppo, conclusasi con successo il 10 agosto 2020. In pari data Borsa Italiana ha disposto il delisting delle azioni ordinarie di GEDI dal MTA-Mercato Telematico Azionario). Ha chiuso l’ultimo esercizio in rosso per 50 milioni, nonostante il recupero della raccolta pubblicitaria: i ricavi diffusionali sono calati di 35 milioni di euro). Exor dopo nel 2016 aver trasferito la propria sede legale e fiscale nei Paesi Bassi ha anche tagliato l’ultimo legame con l’Italia lasciando Piazza Affari per la borsa di Amsterdam. Il Consiglio di amministrazione ha appena approvato il trasferimento della quotazione. La mossa arriva a sei mesi dall’accordo con il fisco italiano in base al quale la cassaforte degli Agnelli-Elkann ha pagato 949 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate per chiudere il contenzioso fiscale relativo proprio al trasloco nei Paesi Bassi andato in scena sei anni fa. Nel 2014 e 2015 erano state spostate ad Amsterdam le sedi di Fca e di Ferrari. La famiglia Agnelli aveva fatto lo stesso con la sede fiscale sempre migrata nei Paesi Bassi dopo che la Fiat aveva spostato la produzione di numerose automobili all’estero. Questa famiglia ha preso centinaia di miliardi di euro dallo Stato italiano versati anni fa nelle sue casse, per poter mantenere la produzione in Italia. Costoro hanno preso i soldi degli italiani per portarli in Paesi stranieri.

Dal 2004 è Presidente di Neos SpA (società controllata dal Gruppo Alpitour; la compagnia aerea Neos Air è nata nel giugno 2001 “per offrire al mercato un’attività di trasporto aereo di elevata qualità, sia nel servizio di volo che a terra”).
Dal 2008 è Amministratore della holding di partecipazioni GL Investment Srl con sede a Monterotondo.
Dal 2009 è Consigliere di amministrazione della Banca Finnat, Vice Presidente e Componente del Comitato per le nomine (Banca Finnat “si colloca al di fuori delle grandi concentrazioni bancarie”. Il Gruppo Banca Finnat Euramerica “rappresenta l’evoluzione di una storia di grande successo imprenditoriale, i cui esordi risalgono addirittura all’Ottocento”).