Previsioni nere. La guerra tra Putin e Biden sarà sempre più dura. STOP agli armamenti!

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«Il conflitto non è appena tra Russia e Ucraina, ma tra Russia e NATO, anzi tra Putin e Biden. Le due parti si stanno riarmando per quella che potrebbe essere la battaglia decisiva in Donbass. Ma ciò che si rischia dopo è lo scontro a colpi di atomiche». È l’invito di rendersene conto dell’amico e collega Renato Farina oggi su Libero Quotidiano, in una riflessione che condividiamo di seguito (Occhio a Kissinger. Dice che ad agosto la guerra riesplode: Biden e Putin non possono cedere). Poi, segue l’opinione di Paolo Diodato affidata avant’ieri ad Affaritaliani.it (Ucraina, sanzioni flop e Italia in recessione: l’UE ha fatto male i conti), osservando che forse Victor Orbán aveva ragione quando diceva: «È chiaro che l’economia europea si è sparata nei polmoni e ora è senza fiato». L’Italia, per uscire dalla crisi provocata dalla guerra in Ucraina, ha una sola possibilità: «Non inviare più armi a Kiev». Si conclude con un Postscriptum, una riflessione di Angelo d’Urso e un foto che ricorda il Natale 2014 sul fronte occidentale durante la Prima Guerra Mondiale (appena all’inizio).

«Tutti devono rendersi conto che non avete ancora visto niente. In Ucraina non abbiamo neppure iniziato» (Vladimir Putin, 17 luglio 2022).

«Quel che impressiona è che nessuno ha fatto una piega per Boris Johnson dimissionario, nessuno Stato straniero s’è permesso di far pressioni per farlo restare “perché c’è la guerra”. Nessuno oserebbe con Londra. Ma a Roma siamo colonia e chi ci comanda pretende che Draghi resti» (Mario Adinolfi).

«L’Arabia Saudita, il più grande esportatore di petrolio al mondo, ha più che raddoppiato le importazioni di gasolio russo nel secondo trimestre per alimentare le centrali elettriche e liberare il greggio del regno per l’esportazione» (Reuters).

«Aereo cargo Antonov ucraino precipitato nel nord della Grecia trasportava un carico di 11,5 tonnellate di munizioni destinate al Bangladesh. Lo ha riferito il Ministro della difesa serbo, citato dai media greci» (Rai News).

«Si parla delle elezioni come delle visite libere in ospedale o degli scolari liberi nel volto. Scandalo, pericolo, preoccupazione. I criminali al potere hanno manipolato i cittadini abituandoli a considerare la propria libertà un danno. Hanno superato ogni limite nel fare schifo» (Il Sofista @intuslegens).

«+++Mobilitazione a Capalbio+++ “Tutti con Mario per il bis”. Piattaforma: aiutare un’altra scissione grillina, e mettere in sicurezza il Paese con il voto nel 2036, dopo il terzo settennato Mattarella. Venancio chiede: “Segnori, in una mano lo striscione, nell’altra il Martini?”» (Daniele Capezzone).

«Le indiscrezioni di palazzo raccontano che la Germania avrebbe già pronti da molto tempo i marchi perché sa perfettamente che l’orizzonte temporale dell’euro è molto limitato. A questo punto, si può affermare che le previsioni più “ottimistiche” non vedono l’euro andare oltre il 2023. Nel caso dell’Italia, sarà necessario stampare una nuova lira con un tasso di cambio 1 a 1. Ciò vorrà dire che un euro corrisponderà ad una nuova lira che avrà anch’essa i centesimi. I risparmi verranno convertiti in lire e non verranno toccati come sostiene falsamente la vulgata neoliberale. Sarà un periodo di tumulti politici e instabilità ma sarà necessario per giungere al crollo di questo decadente sistema e iniziare il nuovo corso. Al tempo stesso, sarà in questo periodo che dovrà emergere una nuova classe politica formata da patrioti e cattolici tradizionalisti. Sono persone che oggi non sono sotto i riflettori ma saranno loro domani a doversi prendere sulle spalle la responsabilità di ricostruire il Paese» (Cesare Sacchetti).

«Ma allora quando Severgnini diceva che gli USA non avevano “alcun interesse” nella guerra in Ucraina ci prendeva leggerissimamente per il culo?!» (Paolo Borgognone).

Occhio a Kissinger
Dice che ad agosto la guerra riesplode: Biden e Putin non possono cedere
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 18 luglio 2022


In Italia siamo concentrati sulla guerra tra Cinquestelle governisti e Grillini selvaggi, combattuta con fionde e sassi le cui traiettorie fanno tremare il mondo. Ce ne sarebbe un’altra di guerra, forse minore, e che ormai ha stufato tutti. Il problema è che bisognerebbe scuotersi di dosso la noia, e rendersi conto che i suoi sviluppi potrebbero – condizionale da paura – far deflagrare il mondo degli umani: e allora addio alle splendide battaglie tra Patuanelli e Taverna, tra Pisolo Crimi e altri simpatici saltafossi.

Mi approccio al tema con linguaggio vergognosamente leggero. Il fatto è che anche solo ipotizzare il rischio di una possibile deriva nucleare della crisi è considerato terrorismo verbale. Non bisogna cedere all’oscurantismo, e trattarci da bambini che se chiudono gli occhi non vedono il babau, ma ragionare, o almeno provarci.

Anzitutto rendiamoci conto. Il conflitto non è appena tra Russia e Ucraina, ma tra Russia e NATO, anzi tra Putin e Biden. È questione molto banalmente statistica. Sono americane il 90 per cento delle armi fornite a Kiev formalmente a nome della NATO. Per cui – ha spiegato la grande storica dei gulag sovietici Anne Applebaum, che conosce lo spirito russo e la totale perdita di misura dell’aggressione terroristica dello Zar – lo scontro è, dietro la finzione di un’Europa belligerante ma in realtà renitente, tra due super-potenze dotate ciascuna di sei-settemila ordigni arci-devastanti.

La questione è stata sollevata da Maria Zakharova, Portavoce del ministro degli Esteri e dalla concomitante intervista su Fox News di Henri Kissinger, ultranovantenne ex segretario di Stato americano. Se la prima ha normalmente la bocca caricata a balle fluorescenti, stavolta ha assunto un tono singolarmente serio. Quanto al secondo, il vegliardo ha una competenza in guerre fredde e calde come nessuno al mondo, e pur ingobbito dagli anni, conserva una lucidità che ci spaventa.La Zakharova ha usato la Tass, il canale ufficiale, per avvertire: «Gli Stati Uniti e gli Stati loro alleati stanno baloccandosi sull’orlo di uno scontro militare con Mosca, il che significa che il mondo è carico di tensioni nucleari».

Precedente

Kissinger ne spiega le ragioni: «È una situazione che ricorda la prima guerra mondiale. Nella quale ambedue le parti durante l’estate rinforzano le rispettive posizioni. Noi abbiamo mandato e manderemo ancora armi americane sofisticate, mentre i Russi stanno rinforzando l’esercito sul terreno». Dopo di che cosa succederà? Risposta: «Potremmo vedere due offensive che partono contemporanemente». Chi vince, che perde? «Se la Russia perde potremmo assistere a un’escalation russa. Ma l’America mai e poi mai accetterà che la Russia si tenga i territori che ha conquistato con questa offensiva. Non può perché la NATO sarebbe scossa nelle sue fondamenta».

Insomma: nessuno dei due, Putin e Biden, può permettersi di perdere o di concedere qualcosa all’altro. Come finirà? Kissinger: «In questo momento sembra esserci uno stallo, ma questo è perché le due parti si stanno riarmando per la battaglia. Essa avverrà non più tardi di agosto, a quel punto bisognerà prendere delle decisioni molto importanti».

Che decisioni importanti possono esserci? Due potenze nucleari nessuna delle quali può permettersi non solo la sconfitta, ma anche di apparire battuta. Vito Corleone direbbe che si va ai materassi. Noi temiamo che se la temperatura salisse ancora, come tutto lascia prevedere, oltre che una valanga paurosa sulla Marmolada dovremo aspettarci, sullo scenario europeo, uno scontro totale, dove ciascuno dei contendenti ha in tasca qualcosa il cui nome non c’è bisogno di enunciare.

Superpotenze

Osserviamo questo:

1) La Russia accetta tranquillamente di essere considerata uno Stato Canaglia. Usa apertamente il terrorismo. Lontano dai luoghi della battaglia ha sventrato case di una località turistica balneare, Serhiivka. Ha interesse strategico colpire bimbi inermi? Certo. Terrorismo di Stato puro. Uno che fa cosi ha qualche scrupolo a passare oltre le armi convenzionali?

2) L’America, dopo la seconda guerra mondiale, ha scatenato circa 50 conflitti armati. Ne ha vinto solo uno, nel 1983, conquistando Grenada nei Caraibi, un’isola appena più grande dell’Elba, ma a Grenada non è che ci fosse un Napoleone. Eppure da tutte queste guerre è uscita con il dollaro rafforzato e l’industria bellica privata, dove si convoglia il 60 per cento delle risorse statali, rigogliosa. Non promette bene per noi, tutto ciò.

La strategia che i due nemici applicano è oramai abbastanza trasparente. Giocarcela tra loro. Col culo degli ucraini (il linguaggio da caserma è consono) e dei Paesi europei sacrificabilissimi. Il Presidente serbo Alexandar Vucic, che conosce entrambi i galli, dice: «So cosa ci aspetta. Non appena Vladimir Putin avrà svolto il suo lavoro nel Donbass, farà una proposta. E se loro [Usa, NdR] non lo accettano, – e non lo faranno – si scatenerà l’inferno».

E l’Italia? Non siamo messi bene:

a) La condizione militare italiana è oggi, fatte le debite proporzioni, peggiore di quando Mussolini portò l’Italia in guerra. Si è ironizzato a lungo sulle «8 milioni di baionette», oggi non ne abbiamo che 8mila in piena efficienza.

b) La dislocazione sul territorio italiano di armi nucleari – sotto totale controllo Usa – espone l’Italia a un rischio enorme. Noi – come Polonia e Paesi baltici – non abbiamo alcuna capacità di risposta nucleare. Siamo in balia della decisione del Pentagono.

Dalla c) alla z) Che Dio ce la mandi buona.

Ucraina, sanzioni flop e Italia in recessione: l’UE ha fatto male i conti
di Paolo Diodati
Affaritaliani.it, 17 luglio 2022

C’è una barzelletta in cui Totò continua a giocare a carte, incurante delle sirene e delle urla dei passeggeri che corrono disperati da un lato all’altro della nave che, sempre più inclinata su un fianco, sta inabissandosi nell’oceano. Lui continua a ridere, a sghignazzare e ad arrabbiarsi coi suoi compagni di gioco, tutti incuranti del marasma che hanno intorno. A un certo punto un marinaio, scappando terrorizzato, gli urla da vicino “Fuggi, scappa! Non vedi che la nave affonda?”  E Totò “Uhm… E che me ne frega a me? Mica è mia la nave!”.

Troppi politici, troppi opinionisti e giornalisti italiani, si stanno comportando, specialmente in questi giorni, spinti dall’incredibilmente sempre più cocciuto Mattarella, esattamente come l’imperturbabile Totò-Mattarella.

Victor Orbán, sulle sanzioni che dovevano danneggiare la Russia: “Inizialmente pensavo che ci fossimo sparati solo a un piede, ma ora è chiaro che l’economia europea s’è sparata nei polmoni e sta senza fiato. Le sanzioni non aiutano l’Ucraina e sono dannose per l’economia e se continua così, uccideremo l’economia europea. Quello che vediamo in questo momento è insopportabile. La politica delle sanzioni era basata su presupposti sbagliati e deve essere mutata”. Queste le sue parole testuali, immediatamente riportate in rete.

Diagnosi esatta, coerente con la chiarissima affermazione di Romano Prodi (putiniano anche lui, da zittire?) e che spinge alla conclusione, senza se e senza ma: “Dobbiamo pensare prima di tutto, a noi! Quanto prima cessa la guerra o comunque ne esce l’Italia, meglio è per noi!”.

Ma se la guerra non cessa, come può fare l’Italia a uscirne? C’è un solo modo, costi quel che costi: non inviare più armi all’Ucraina, visto, tra l’altro, la fine che fanno! Gli altri facciano quel che vogliono. Alla fine si vedrà chi aveva visto meglio. E questa richiesta (stop all’invio di armi) fu la prima che emerse dal mal di pancia che aveva Conte nei confronti della politica governativa…

Orbán è quella canaglia d’antidemocratico dittatore, in sintonia con l’altro dittatore con mentalità da mercante di bazar, Erdogan il turco, col quale non si doveva neanche parlare? Sì, ma, tra i grandi meriti storici dell’invocato nostro neo dux, c’è anche quello d’esserci andato a parlare, a frittate fatte, senza peraltro risolvere alcun problema!

Molti di noi, dopo il ripudiato e pluri-massacrato da morto dux, ora riacclamano un nuovo dux. Ci riprovano con la versione “dittatore democratico”, amato dai democratici e anche troppo democratico: vuole, infatti, corresponsabilizzare per la sua azione di governo (tanto è sicuro della sua bontà) anche Conte e le sue truppe malconce.

Altrimenti, si dice, alzerebbe, finalmente, bandiera bianca, pur avendo ancora un’ampia maggioranza! Troppa grazia di democrazia, dopo aver ignorato totalmente l’esistenza del parlamento, dal primo giorno di lavoro, sentendosi Capo del governo, con la nomina in tasca a Presidente della Repubblica!

Ma lo sgarrante della Costituzione, Mattarella, insieme al Vaticano (!) e a Biden, potrebbero sostenere che Bojo sia stato altamente irriguardoso verso il nostro Aggiustatutto, quando nel commiato ha sommessamente ammesso “Nessuno di noi è indispensabile…”.

Lui, il solito rozzone ignorantello, non ha avuto la grazia di dire “Nessuno di noi è indispensabile, tolto Draghi per l’Italia, pardon per l’Europa, aripardon, per il mondo!”. Se, disgraziatamente, le suppliche, basate sulla sua insostituibilità, dovessero convincere il Mago della finanza mondiale della sua indispensabilità (per far fare all’Europa la fine temuta da Orban, dico io), resteremmo con la stessa atmosfera da irresponsabili che abbiamo ora.

Chi ha sentito o letto, da parte di politici o di giornalisti governativi, qualche accenno alla relazione innegabile tra i nostri impegni presi e rispettati, per la guerra ucraina e “l’esserci sparati nei polmoni” efficacissima immagine usata da uno che ha idee chiare e coraggio per dirle? Inguardabili quasi tutte le trasmissioni di approfondimento, Illeggibili, quasi tutti gli editoriali, perché non arrivano al vero cuore del problema.

Mentre la nave affonda, loro fanno accademia, melina, pettegolezzi. Fanno eccezione il solito Maurizio Belpietro e pochi altri. Chi ha approfondito la fine che fanno le armi inviate in Ucraina?  Chi se ne sta occupando? Chi pensa a come risolvere il micidiale problema? Ha senso continuare a inviarne, in presenza di prove inconfutabili, che finiscano in mano ai trafficanti di armi, che così continuano a fare affari d’oro? È onesto far finta di nulla e continuare a far stringere la cinghia agli italiani?

Attualmente sono circa 100.000 le piccole imprese che rischiano di chiudere in una nazione in cui il 23% della popolazione, guadagna meno di chi fruisce del reddito di cittadinanza. Che fine ha fatto il tetto sul prezzo del gas, concordato con Macron dal nuovo Uomo della Provvidenza? E che risposta ha avuto da Biden sul tetto sui prezzi del petrolio? Per quanto tempo potrà durare il grande beneficio che ora abbiamo, risparmiando ben 4 cent a litro per la verde? L’idea di liquefare il gas, di trasportarlo via mare per poi farlo rigassificare… è davvero geniale. Da premio IgNobel.

E dei “prestiti” miliardari fatti in continuazione al grillino che sta facendo radere al suolo mezza Ucraina, per la fregola d’entrare nella NATO e nell’UE, spinto anche da BoJo che se n’era appena uscito? Chi crede nella restituzione dei prestiti?

Prima o poi qualcuno, magari un opinionista psichiatrico, dovrebbe porre il quesito sul processo alle intenzioni dei politici poi passati alla storia come esempi di pazzia: primo tra tutti, ovviamente, Adolf Hitler che, certamente per il bene del suo popolo, agì per realizzare una Grande Germania. E, prima o poi, qualcuno farà il confronto tra quel tipo di pazzia e quella di Zelensky.

Il primo, faceva la guerra coi suoi mezzi e i suoi soldi e, se non fossero intervenuti gli USA, avrebbe realizzato il suo progetto. Il secondo che, illuso dai fumi dei trionfi della propaganda tele cinematografica a tal punto da riempirsi la testa di grilli, diventando un grillino, ha portato il suo popolo in una guerra persa in partenza e fatta con armi e soldi degli altri. Chi risulterebbe essere stato più pazzo?

In Ucraina si combatte per difendere la democrazia. Se perdiamo in Ucraina, addio democrazia anche per noi. Frasi da vecchio vocabolario che non incantano davvero più nessuno. Parlarne in giro per verificare… Vista l’inaspettata posizione sulla guerra della Meloni (che ritengo una delle rovine dell’ammucchiata di Centrodestra), l’unico vantaggio sicuro, che si avrebbe dalle auspicabili elezioni anticipate, sarebbe la diminuzione dei “scalda seggi”, anche troppo ben mantenuti nell’attuale “bivacco” parlamentare.

Postscriptum

«Tra i fatti inspiegabili della storia recente è e rimarrà il consenso a Mario Draghi, che nasce dall’idea, rivelatasi falsissima, di una sua autorevolezza, che nascerebbe dalla pretesa, asserita competenza in fatto di economia e finanza. O meglio la sua competenza è quella di un autentico servitore del padrone, un emissario dell’ultraliberismo, un esecutore dei disegni del finanz-capitalismo, tale da far rimpiangere un Guido Carli, che passava dalla Banca d’Italia a un ministero alla presidenza di Confindustria… Per tacere del suo ruolo nel ricondurre la Grecia di Tsipras sotto le “regole” della Commissione Europea, del FMI, della BCE, affamando un intero popolo.

Nella sua esperienza di governo, questo banchiere che si spacciava per liberalsocialista (!), è stato sempre protagonista di scelte antipopolari, ma nel contempo ha svolto un compito di modestissimo amministratore della cosa pubblica. Eppure si è continuato a parlare di “autorevolezza”!

Ma è con la guerra in Ucraina, che Draghi ha rivelato il suo volto peggiore: incapace di tenere l’Italia su una posizione equilibrata, buttando alle ortiche un patrimonio pluridecennale di una politica estera che pur fedele all’Alleanza Atlantica aveva cercato sempre di mantenere una relativa indipendenza da Washington. Nella guerra, Mario Draghi, con un disprezzo totale per l’opinione pubblica, e piegando il Parlamento col ricatto sottinteso del voto anticipato (e quanti parlamentari sono pronti a rinunciare a un anno di stipendio e connessi privilegi?!), si è rivelato il guerrafondaio n. 1 nella UE. Mandare armi, mandare più armi, mandare armi più pesanti e potenti, aumentare le spese militari, e tutto questo in una situazione economica che vede i ceti deprivilegiati ridotti a un passo dalla fame, la Sanità devastata, la Scuola in gravissime difficoltà, tutti i servizi ridotti a malpartito. E con le sanzioni contro la Russia che si sono rivelate (come avevamo previsto fin dall’inizio) un micidiale boomerang, di cui stiamo pagando e pagheremo le conseguenze pesantemente. E per continuare a “colpire Putin” (!) si minaccia di ritornare al carbone, e al nucleare, mentre la natura ci sta facendo pagare il conto con una siccità micidiale, con temperature da deserto del Sahara, con una crisi ambientale ormai epocale. Ma noi, sotto l’elmo di Draghi, vogliamo fare la guerra!

Non a caso il comico dittatore Zelenski e i suoi subordinati premono perché Draghi resti, così come, con una vergognosa intromissione negli affari interni di un Paese, giornali e politici espressione dei famigerati “poteri forti” stanno facendo una vigorosa campagna pro-Draghi. Il che di per sè dovrebbe già suscitare una reazione italiana, ossia del Presidente della Repubblica, in nome della dignità nazionale, e dell’autonomia delle scelte politiche del Paese, cosa ovviamente che non si è verificata. Ma che sindaci e presidenti di Regione scendano in campo, per dichiarare “Draghi o morte!” è un ennesimo strappo alla Costituzione, e alle regole del corretto funzionamento dello Stato.

Infine, Matteo Renzi, riemerso grazie alla crisi dal suo silenzio, lancia addirittura una petizione, minacciando le elezioni, dall’alto del suo 1,3% di voti.

Ma più di tutti inquieta l’appello del “terzo settore”, che senza un minimo di lettura critica della situazione, prega perché Draghi rimanga. E continui ad affamare le masse popolari e a contribuire al massacro in Ucraina. C’è da essere oltre che preoccupati, davvero disgustati. Ricordiamo le associazioni firmatarie di questo appello, ad ogni buon conto: Acli, Arci, Azione Cattolica, Confcooperative, Cnca, Fuci, Gruppo Abele, Legambiente, Legacoop Sociali, Libera, Meic, Movimento Politico per l’Unità.

E intanto come sempre in prima linea c’è il PD di Letta, più draghiano di Draghi, mentre il Movimento 5S, deflagrato, non si sa dove andrà a parare. E Giorgia Meloni scalpita per le elezioni anticipate, convinta di stravincerle, mentre i suoi amici-nemici (da Salvini a Berlusconi) appaiono in gravi difficoltà.

E la Sinistra? il mio Appello per la sua “rinascita” che pure aveva riscosso notevole successo, si è fermato, per ora, davanti agli sviluppi che hanno visto l’aggregazione dell'”Unione Popolare”. Sarà vera gloria? Saremo capaci di far sentire una voce davvero alternativa? E mettere in campo un soggetto unitario capace di parlare con linguaggio nuovo, e ricuperare quei milioni di italiani e italiane disgustati dalla politica? Quegli uomini e donne che alla Sinistra hanno voltato le spalle, magari confusi anche dal “Centrosinistra”, e i suoi “cespugli”, che nulla ha a che fare con la Sinistra.

Questo è il punto decisivo. Se si andrà alle elezioni anticipate, occorrerà mettere da parte ogni distinguo, e lottare insieme. In caso contrario avremo l’obbligo, morale e politico, di portare avanti il percorso di rinascita in modo trasparente e assolutamente democratico, imparando a parlare un linguaggio nuovo, adeguato ai tempi nuovi, così drammatici, pena non solo una nuova sconfitta, ma l’estinzione» (Angelo d’Orsi – Facebook, 18 luglio 2022).

Tutti questi ragionamenti veramente politici non saranno tenuti in nessun conto. Continueranno a far suonare l’orchestrina del Titanic e a giocare a carte come Totò sulla nave che non è loro.

La scultura “All together now” (Tutti insieme adesso) dell’artista britannico Andrew Edwards, nei resti della chiesa di San Luca a Liverpool, il 15 dicembre 2014. La scultura, raffigurante la partita di calcio del giorno di Natale tra i soldati tedeschi e britannici che combatterono in prima linea nella Prima Guerra Mondiale nel 1914. È stata esposta per una settimana nella chiesa che fu danneggiato durante il bombardamento tedesco di Liverpool nel 1941, prima di essere portato nell’area dove si svolse la partita di calcio, nella piccola Città di Mesen, Fiandre Occidentali.
Prima guerra mondiale, Natale 1914, Fiandre Occidentali. In diversi punti lungo la linea del fronte occidentale, i soldati tedeschi, britannici e in parte minore francesi, misero in atto un “cessate il fuoco” spontaneo, non ufficiale e autorizzato. Uscirono dalle loro trincee e iniziarono timidamente a fraternizzare. Alcuni affermano che siano stati i tedeschi a iniziare, intonando canti natalizi e addobbando con alberi di Natale le loro trincee. Un accordo di massima, una stretta di mano da signori: «Voi non sparate, noi non spariamo», così i soldati si incontrarono nella terra di nessuno per fraternizzare, scambiarsi cibo, doni e souvenir. Seppellirono i caduti dopo funzioni religiose comuni, scattarono foto ricordo assieme, bevvero liquori e addirittura organizzarono improvvisate partite di calcio. Il tutto venne ricordato negli anni come la Tregua di Natale. Gli eventi, però, non furono immediatamente riportati dai media. Ci fu l’autocensura, rotta il 31 dicembre 1914 da
The New York Times, quotidiano statunitense, con l’USA ancora neutrale. Le prime notizie vennero raccolte e diffuse con la pubblicazione di una lettera scritta da un medico della Rifle Brigade, che parlava di “una partita di calcio… giocata tra loro e noi davanti alla trincea”. La più dettagliata di queste storie proviene dal 133° Reggimento Reale Sassone tedesco, che racconta di una partita nata per casualità tra la formazione di Tommy e quella di Fritz (i britannici e i tedeschi): “Il terreno gelato non era un grande problema. Poi abbiamo organizzato ogni lato in squadre, allineando in righe multicolori, il calcio al centro. La partita si è conclusa 3-2 per la squadra di Fritz”.
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