Spregiudicata dissimulazione o coltre di chiasso assordante. Ex nihilo nihil fit

Esce la nuova riflessione di Massimo Franco sui due Papi. Il titolo è suggestivo di un romanzo di Umberto Eco: Il monastero [QUI]. La polemica sul mistero della vera o supposta dicotomia ha subito da qualche tempo un raffreddamento. Basta vedere i blog più accreditati. I temi di cronaca politica spicciola o i grandi temi contrappositivi con l’élite progressista hanno soppiantato la “sfida tra i due Papi”.
La sfida fu aperta da Benedetto XVI con il famoso discorso di Natale del 2005 [QUI] e ribadita nel discorso ai parroci e al clero di Roma poco prima di lasciare nel 2013 [QUI]. Ma era già in corso da tempo, da decenni.
Oggi è di molto sopita, perché il fronte progressista, molto abile politicamente, ha interesse ad avvicinarsi al prossimo Conclave in un anonimato che deve rasentare la più spregiudicata dissimulazione. E dobbiamo domandarci se tutte le recenti affermazioni di Francesco, accettate dal fronte conservatore, siano poi di fatto funzionali a questo.
“Il transumanesimo è identico all’antiumanesimo classico delle ideologie atee, solo più abilmente mascherato e meglio venduto”. Il Cardinal Müller non cessa di sollevare l’allarme. “L’uomo vuole staccarsi da Dio per definire da solo cosa si intende per essere umano” [QUI].
Potremmo dire che in questa epoca di grande sbandamento della Chiesa Cattolica Romana, per lo meno a detta di coloro che non la amano, tuttavia ci sono elementi di dialogo teologico-filosofico altissimi. I richiami dei Cardinali Müller e Sarah sono di altissima significazione.
Dobbiamo riuscire a capire se il pragmatismo della Chiesa in uscita sia una parte dell’essere Chiesa, o se invece vogliono stendere su quella riflessione potente una coltre di chiasso assordante.
Franco Angeli
Foto di copertina: Ridolfo del Ghirlandaio (attribuito), tavola esplicativa per ritratto con motto “Sua cuique persona” (A ciascuno la sua maschera), 1510 circa, olio su tavola, 73 x 50 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze. Uno degli oggetti più singolari ed enigmatici nella storia della pittura europea. La maschera è legata, su ciascun lato, alle corna o alle pinne dei due leoni marini o creature simili a draghi che la fiancheggiano, distogliendo lo sguardo (sebbene le due cordicelle simili a cuoio che fissano la maschera non sembrino tese dalla sua il peso). Le due creature marine più grandi tengono anche maschere più piccole sotto le zampe leonine: anche loro hanno i loro travestimenti. L’intero dipinto sembra composto da doppi moltiplicati e contrastanti. La maschera centrale non è solo in contrasto con il volto (assente) che dovrebbe ricoprire: i suoi lineamenti delicati e realistici sono anche in contrasto con il bassorilievo pseudo-marmo su cui è contrapposta. La durezza pietrosa dello pseudo-marmo è, a sua volta, in contrasto con le numerose curve che modellano le quattro creature marine. Tutto questo dovrebbe essere sufficiente per rendere quest’opera un dipinto intrigante e interessante in sé e per sé. Ma questo non è solo un dipinto: è anche un artefatto, un oggetto con una funzione specifica e piuttosto unica: doveva coprire un ritratto. Come copertura o tirella è stato progettato per proteggere e nascondere un vero ritratto, sul quale sarebbe scivolato. Ciò che necessitava di protezione non era solo l’integrità fisica dell’opera d’arte, ma anche la sua vista; un ritratto coperto in questo modo non doveva essere esposto tutto il tempo.
«Ex nihilo nihil fit» (Nulla viene dal nulla). Il poeta e filosofo latino Lucrezio espresse questo principio nel primo libro del De rerum natura: «Principium cuius hinc nobis exordia sumet, nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam» (Il suo fondamento prenderà per noi l’inizio da questo: che nulla mai si genera dal nulla per volere divino).