Non banalizziamo o interpretiamo male una guerra decisa da altri, che grava sulla vita di milioni di persone, che la combattono o la subiscono

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Segnaliamo il libro Guerra e pace al tempo di Putin. Genesi del conflitto ucraino e nuovi equilibri internazionali (Edizioni Cantagalli 2022, 286 pagine) di Marco Bertolini e Giuseppe Ghini. I due autori sono responsabili di due sezioni complementari. Quella firmata da Bertolini si intitola Genesi di un conflitto annunciato e ripercorre gli avvenimenti che hanno visto la Russia di Putin ricostruire una presenza e un prestigio internazionali annichiliti durante i traumatici anni di Eltsin fino a giungere al conflitto odierno, che si configura di fatto con uno scontro diretto con la Nato. Ghini, in Russia‐Ucraina: una guerra ideologica fratricida esamina le dinamiche storiche e gli errori politici, equamente ripartiti tra i due contendenti, che hanno riacceso i fuochi dell’odio tra due nazioni sorelle, portando prima alla rivolta di Euromaidan e alla secessione di parte del Donbass e poi, in un’inarrestabile spirale di antagonismo, alla guerra di questi giorni.

La guerra in Ucraina necessita di essere compresa mettendo a fuoco la verità di ciò che accade non troppo lontano dalle nostre case, ove viviamo più o meno tranquillamente. Occorre capire, superando il racconto virtuale, spesso artefatto, che gli accadimenti di questi ultimi tempi racchiudono nella loro concretezza la verità di una guerra fatta e subita. Occorre ripristinare quel legame necessario tra la realtà e la verità, fonte e origine di ogni libertà. Per fare ciò non è sufficiente prestare attenzione solo alle notizie filtrate dai mass-media che inondano di immagini e parole il nostro quotidiano, ma occorre comprendere quali siano state le cause remote e recenti di questo conflitto, i motivi storici, culturali, politici e militari. Occorre comprendere chi sono gli Ucraini e i Russi e come abbiano interagito durante il corso della storia; che cosa è accaduto in Russia dopo la fine dell’Impero sovietico; chi è Putin e quali siano gli aspetti positivi e negativi del suo mandato presidenziale; quale sia stato il ruolo della NATO, dell’Europa e degli Stati Uniti. Occorre avere chiaro, per quanto è possibile, il quadro generale, per evitare di banalizzare o male interpretare un evento che grava sulla vita di milioni di persone, soprattutto della povera gente che combatte o subisce questa guerra decisa da altri.

La guerra in Ucraina è stata la conseguenza inevitabile di una sequenza di eventi che affondano le radici nel caos seguito alla caduta dell’URSS e che non si configurano solo come frutto del crescente contrasto tra la Russia e l’Occidente, che ha negato a Mosca il ruolo di interlocutore di pari dignità, ma hanno i connotati di un autentico scontro di civiltà. E una delle tesi contenute nel denso volume Guerra e pace ai tempi di Putin.

Gli autori

Professore Giuseppe Ghini.

Giuseppe Ghini è Professore ordinario di Slavistica all’Università di Urbino. Ha scritto diversi libri e oltre cento articoli scientifici sulla letteratura e cultura russa; di recente ha tradotto per Mondadori il capolavoro di Puškin, Evgenij Onegin. Ha ricevuto borse di studio e di ricerca in Russia, Cecoslovacchia, Finlandia, Stati Uniti, tenuto seminari e conferenze in università russe e statunitensi. Da oltre vent’anni svolge attività giornalistica e ha scritto più di 900 articoli su cultura e società non solo russa. Membro del Nucleo di Valutazione dell’Università di Urbino dal 2007 al 2019, Presidente degli Incontri Internazionali Diego Fabbri dal 1996 al 2003, Consigliere e dal 2017 Presidente della Fondazione Rui. È soprannumerario dell’Opus Dei, padre di tre figli.

Il Generale Marco Bertolini (Pierpaolo Scavuzzo/Agf).

Marco Bertolini (Parma, 21 giugno 1953) è Generale di Corpo d’Armata in ausiliaria, ha comandato il 9° reggimento d’assalto “Col Moschin”, il Centro addestramento di paracadutismo, la Brigata Paracadutisti “Folgore”, il Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali e il Comando Operativo di Vertice Interforze dal quale dipendono i contingenti “fuori area” nazionali. Ha partecipato a Operazioni in Libano, Somalia, Balcani e Afghanistan. È Grande Ufficiale al Merito della Repubblica, Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia ed è decorato di Croce al Valor Militare, nonché di Croci d’Oro e d’Argento al Merito dell’Esercito. È Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia dall’aprile 2017 e candidato con Fratelli d’Italia nel 2019.

“Sull’Ucraina la Nato è costretta a cambiare narrativa”
Il Generale Marco Bertolini spiega all’AGI che “una conquista del Donbass potrebbe rappresentare il raggiungimento di un punto di non ritorno, la vittoria sul campo definitiva dei russi” e che quindi si potrebbe aprire un tavolo per i negoziati
di Francesco Russo
AGI, 29 maggio 2022


Mosca è sempre più vicina a impadronirsi dell’intero territorio del Donbass, un traguardo che segnerebbe il raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dell’intervento in Ucraina e potrebbe condurre a una riapertura del tavolo delle trattative.

La prospettiva di una imminente vittoria russa sul campo ha costretto l’Occidente a cambiare narrazione dopo aver insistito per settimane su un presunto sfacelo delle forze del Cremlino e aver addirittura spinto Kiev a credere nella possibilità di una vittoria militare.

Un bagno di realtà dopo il quale dovrà maturare la consapevolezza che la Russia non potrà mai essere spinta a rinunciare a determinati territori non per chissà quali complesse ragioni strategiche ma per semplicissime ragioni geografiche. È l’analisi di Marco Bertolini, ex Comandante del Comando operativo interforze e della Folgore, autore di Guerra e pace ai tempi di Putin, un denso volume edito per i tipi di Cantagalli, scritto a quattro mani con Giuseppe Ghini, ordinario di Slavistica all’Università di Urbino.

Negli ultimi giorni i Russi hanno segnato significativi progressi nell’avanzata in Donbass, in particolare con la conquista del fondamentale crocevia di Lyman. Quali potrebbero essere i possibili sviluppi delle operazioni sul campo nei prossimi giorni?
“Si sta stringendo una tenaglia che dovrebbe portare all’accerchiamento delle forze ucraine che si stanno confrontando sul fronte Est. Una conquista del Donbass potrebbe rappresentare il raggiungimento di un punto di non ritorno, la vittoria sul campo definitiva dei russi. Ormai, oltre che dalle ammissioni di Zelensky stesso, è quello che traspare anche dalle ammissioni in campo occidentale, soprattutto statunitense. Il New York Times, ad esempio, ha riconosciuto che la situazione degli ucraini è molto pesante. Penso che, auspicabilmente, si sia giunti al punto nel quale i russi potrebbero aprire un tavole per i negoziati. I cambiamenti sul terreno potrebbero essere prodromici a un cambiamento di approccio con i due interlocutori, Zelensky e Putin, che decidono di cominciare a discutere”.

Queste ammissioni segnano un deciso mutamento nella narrazione. Fino a qualche giorno fa da Washington e Londra ci veniva detto che l’avanzata russa era in stallo, che le forze di Mosca stavano subendo perdite pesantissime e che addirittura l’Ucraina fosse nelle condizioni di vincere…
“Sta cambiando la narrativa in ambito occidentale, dopo che, soprattutto da parte americana e inglese, c’era stata la tendenza a dire che i russi non ce la facessero più e non fossero capaci. Non sappiamo quante perdite abbiano subito gli ucraini. Una ricerca dell’Onu parla di 5 mila civili uccisi ma non si parla mai dei militari ucraini morti. L’altro giorno Zelensky aveva parlato di 50-100 caduti al giorno, ai quali vanno aggiunti i feriti e i disertori, un fenomeno quest’ultimo che sta assumendo una dimensione preoccupante nel Donbass. Johnson aveva parlato di vittoria, termine che non prevede la trattativa ma la resa dell’avversario, aveva portato l’esempio di Churchill e aveva spinto Zelensky a uno scontro senza condizioni, dicendogli che era il momento della gloria. La narrativa dei Paesi che avevano spinto di più per uno scontro senza se e senza ma sta cambiando. Non sono più consentiti voli pindarici, l’Ucraina non ha né la forza né la possibilità di riconquistare i territori perduti senza un intervento diretto della Nato che porterebbe a qualcosa di catastrofico, a una terza guerra mondiale. Continuare a mandare armi non aiuterebbe una controffensiva finale che ripristini lo status quo ma servirebbe a mantenere accesa una situazione di conflittualità costante nel tempo tra un’Ucraina occupata dai russi e un’altra sotto il controllo degli ucraini, una conflittualità cronica che sarebbe una maledizione, come è già evidente dai problemi per le esportazioni di grano”.

Mosca si fermerà al Donbass? Il mese scorso avevano fatto molto rumore le dichiarazioni del generale Minnekayev, vicecomandante del distretto militare russo centrale, secondo il quale l’obiettivo della Russia era aprirsi un corridoio fino alla Transnistria, il che implicherebbe prendere Odessa e privare l’Ucraina di ogni accesso al mare…
“Credo che Odessa non fosse nei piani iniziali del Cremlino. Lo deduco dalle forze messe in campo. Odessa avrebbe potuto rappresentare una merce di scambio sul tavolo del negoziato: i Russi avrebbero rinunciato a Odessa per lasciare a Kiev uno sbocco al mare a patto che venisse accettato il fatto compiuto del Mare d’Azov e di Mariupol. Non ci sono mai state grosse minacce per Odessa, le navi si sono limitate a pendolare davanti al porto, non abbastanza per paventare un’operazione di sbarco che sarebbe stata molto onerosa. A meno che non capitoli per conto proprio. A Odessa la presenza Russa non è di poco conto, c’è sempre stata tensione tra la popolazione russa e la popolazione ucraina, come dimostra il famoso incendio nella casa dei sindacati”.

Zelensky è tornato di recente ad affermare che il conflitto con Mosca può avere solo una soluzione diplomatica. Si tratta di un deciso cambio di registro rispetto all’intransigenza mostrata da Kiev dopo il vertice di Istanbul, il momento in cui un accordo era sembrato più a portata di mano. Che ruolo hanno avuto Washington e Londra nell’allontanarlo dal tavolo negoziale?
“Zelensky è stato evidentemente spinto a tenere duro da qualche prospettiva, probabilmente basata su informazioni sbagliate, come quelle sulla Russia che avrebbe dovuto smettere dopo un mese per un default. Oltre a queste informazioni poco credibili, Zelensky ha goduto di un palcoscenico mondiale eccezionale e di fronte a una dimostrazione di solidarietà del genere ha creduto fosse possibile che con le sue sole forze e le armi occidentali si potesse ribaltare situazione. Non si è reso conto che per i russi perdere significherebbe rinunciare alla Crimea e al Donbass. E la Russia non può rinunciare al Mar Nero, che durante la Guerra Fredda, a parte la Turchia, era tutto sotto il controllo del Patto di Varsavia, perché Romania, Bulgaria e Georgia erano controllate da Mosca. Per questo ci sono state la guerra in Georgia, la secessione dell’Abkhazia. Se la Georgia e l’Ucraina passassero alla NATO, la Russia sarebbe murata fuori dal Mediterraneo e dall’Europa e questo la Russia non può accettarlo. Lo stesso problema ora si riproporrà nel Baltico, la cui sponda Sud prima apparteneva tutta al Patto di Varsavia e ora appartiene tutta alla Nato, salvo Kaliningrad e San Pietroburgo. Svezia e Finlandia, da nazioni neutrali, avevano finora consentito alla flotta russa una certa libertà di movimento nel Baltico. Il loro ingresso nella Nato creerebbe la stessa situazione nel Mar Nero e questo darebbe la stura a delle contromosse, questo a prescindere da chi ci sia al vertice in Russia. Di solito si tende a personalizzare e a riferire tutto a Putin ma senza di lui la geografia non cambierebbe. La Russia è un Paese che ha ambizioni e non può essere sconfitto militarmente, a meno di un intervento americano che porterebbe a una guerra con possibili escalation nucleari. La Russia non è una repubblichetta euroasiatica che ci si può illudere di far tornare indietro con quattro schiaffoni. Non è questione di essere esperti di geostrategia o di storia militare, non rendersi conto di queste problematiche significa ignorare la geografia”.

Tatiana Stanovaya.

Riportiamo di seguito, nella nostra traduzione italiana dal tedesco, un contributo molto interessante pubblicato dal Spiegel, a firma di Tatiana Stanovaya, che “confuta” cinque assunzioni sulla guerra in Ucraina:
1. Putin sa che perderà.
2. L’Occidente dovrebbe trovare un modo per aiutare Putin a salvare la faccia, riducendo così i rischi di un’ulteriore intensificazione, possibilmente nucleare.
3. Putin non sta solo perdendo militarmente, ma anche internamente, e la situazione politica in Russia è tale che Putin potrebbe presto affrontare un colpo di stato.
4. Putin ha paura delle proteste contro la guerra.
5. Putin è profondamente deluso dal suo entourage e ha dato il via libera a perseguire alti funzionari.
Secondo l’autrice la vera posta in gioco della guerra è un nuovo ordine in Occidente che tenga conto degli interessi della Russia. Putin è risoluto ad ottenerlo, gli Occidentali a negarlo. Per questo il conflitto durerà a lungo.
Tatiana Stanovaya è un politologo russo, borsista non residente presso il Carnegie Endowment for International Peace e fondatrice e Amministratore Delegato della società di analisi politica R.Politik. È nata a Mosca nel 1978 e vive in Francia dal 2010. Studia e pubblica sui gruppi di pressione che potrebbero influenzare la politica interna ed estera della Russia.


La guerra della Russia
L’Occidente ha torto per queste cinque assunzioni su Putin
La questione se Putin debba avere una via d’uscita dalla guerra è irrilevante: crede di vincere. L’Occidente deve guardare la situazione in modo diverso se vuole essere più efficace
di Tatiana Stanovaya
Spiegel, 6 luglio 2022

(Nostra traduzione italiana dal tedesco)

Uno dei motivi per cui è così difficile capire le intenzioni della Russia e la posta in gioco nella guerra in Ucraina è la significativa discrepanza tra la prospettiva degli osservatori esterni e la prospettiva del Cremlino sugli eventi. Alcune cose che alcuni danno per scontate sono percepite in modo molto diverso a Mosca, come la percepita incapacità della Russia di ottenere una vittoria militare. La maggior parte delle discussioni odierne in Occidente su come aiutare l’Ucraina a vincere il campo di battaglia o forzare concessioni da Kiev hanno poco a che fare con la realtà. Questo vale anche per la questione di come consentire al Presidente russo Vladimir Putin di salvare la faccia.

Di seguito confuterò cinque assunzioni comuni su come Putin vede questa guerra. L’Occidente deve guardare la situazione in modo diverso se vuole agire in modo più efficace e ridurre i rischi di intensificazione.

Assunzione 1: Putin sa che perderà.
Questa assunzione si basa sull’errore che l’obiettivo principale della Russia sia quello di ottenere il controllo di gran parte dell’Ucraina – e che quindi se l’esercito russo non opera bene, non riesce ad avanzare o addirittura deve ritirarsi, significherà un fallimento. Tuttavia, l’obiettivo principale di Putin in questa guerra non è mai stato il controllo di parti del territorio ucraino, ma la distruzione dell’Ucraina, che vede come un progetto “anti-Russia”. E vuole – dal suo punto di vista – impedire all’Occidente di utilizzare il territorio ucraino come testa di ponte per attività geopolitiche anti-russe. Di conseguenza, la Russia non si considera un fallimento. L’Ucraina non potrà aderire alla NATO o esistere pacificamente senza considerare le richieste russe: russificazione (o “denazificazione” nel gergo della propaganda russa) e “de-NATO-ficazione” (denominata “smilitarizzazione” nella propaganda russa), il che significa rinunciare a qualsiasi cooperazione militare con la NATO. Per raggiungere questi obiettivi, la Russia intende mantenere la sua presenza militare sul territorio ucraino e continuare ad attaccare le infrastrutture ucraine. Non sono necessari maggiori guadagni territoriali o la cattura della capitale ucraina Kiev (sebbene la Russia inizialmente lo sognasse). Anche l’annessione delle regioni di Luhansk e Donetsk, che Mosca vede solo come una questione di tempo, è un obiettivo collaterale locale con cui la Russia vuole far pagare all’Ucraina quelle che considera decisioni geopolitiche sbagliate e filo-occidentali degli ultimi due decenni. Agli occhi di Putin, non ha intenzione di perdere questa guerra. Probabilmente pensa anche di vincere e aspetta che l’Ucraina ammetta che la Russia è qui per sempre.

Assunzione 2: l’Occidente dovrebbe trovare un modo per aiutare Putin a salvare la faccia, riducendo così i rischi di un’ulteriore escalation, possibilmente nucleare.
Immaginate una situazione in cui l’Ucraina accetta la maggior parte delle richieste della Russia: riconosce la Crimea come russa e il Donbass come indipendente, si impegna a ridimensionare l’esercito e promette di non entrare mai a far parte della NATO. Questo porrà fine al conflitto? Sebbene la risposta possa sembrare un clamoroso sì a molti, è sbagliata. Mentre la Russia è impegnata in una battaglia con l’Ucraina, geopoliticamente si vede in guerra contro l’Occidente sul territorio ucraino. Al Cremlino, l’Ucraina è vista come un’arma anti-russa nelle mani dell’Occidente; ma la sua distruzione non significa automaticamente la vittoria della Russia in questo gioco geopolitico anti-occidentale. Per Putin, questa guerra non è tra Russia e Ucraina. La leadership ucraina non è un attore indipendente, ma uno strumento occidentale che deve essere neutralizzato.
Qualunque siano le concessioni che l’Ucraina potrebbe fare (indipendentemente da quanto possano essere politicamente realistiche), Putin continuerà a intensificare la guerra fino a quando l’Occidente non cambierà il suo approccio al cosiddetto problema della Russia. Dovrebbe ammettere che, per come la vede Putin, le radici dell’aggressione russa risiedono nell’ignoranza da parte di Washington delle preoccupazioni geopolitiche russe per 30 anni. Raggiungerlo è stato a lungo il reale obiettivo di Putin, e questo non è cambiato. Le richieste irrealistiche della Russia che Kiev rifiuta possono anche essere utilizzate dal Cremlino per alzare la posta nel confronto tra Russia e Occidente, testando se l’Occidente rimane unito e coerente. L’Occidente oggi fraintende il problema: nel suo tentativo di fermare la guerra russa, si concentra sui pretesti artificiali di Mosca per invadere l’Ucraina. Trascura l’ossessione di Putin per la cosiddetta minaccia occidentale, così come la sua volontà di intensificare ulteriormente per costringere l’Occidente a un dialogo in termini russi. L’Ucraina è solo un ostaggio.

Assunzione 3. Putin non sta solo perdendo militarmente, ma anche internamente, e la situazione politica in Russia è tale che Putin potrebbe presto affrontare un colpo di stato.

È vero il contrario, almeno per il momento. L’élite russa è così preoccupata su come garantire la stabilità politica ed evitare le proteste che si stanno radunando attorno a Putin come l’unico leader in grado di consolidare il sistema politico e prevenire disordini. L’élite è politicamente impotente, timorosa e vulnerabile, compresi quelli descritti come guerrafondai e falchi dai media occidentali. Fare qualcosa per Putin oggi equivarrebbe al suicidio, a meno che Putin non perda la sua capacità di governare (fisicamente o mentalmente). Nonostante le nuove divisioni e crepe nei ranghi e l’insoddisfazione per le politiche di Putin, il regime rimane fermo. La più grande minaccia per Putin è lo stesso Putin: anche se il tempo lavora contro di lui, svegliare l’élite è un processo che richiederà molto più tempo di quanto molte persone si aspettino. Dipenderà da quanto Putin rimarrà presente nella vita quotidiana del governo.

Assunzione 4: Putin ha paura delle proteste contro la guerra.
In verità, Putin teme di più le proteste pro-guerra e deve fare i conti con lo zelo di molti Russi per schiacciare quelli che descrivono come nazisti ucraini. Il sentimento pubblico potrebbe incoraggiare un’escalation e indurre Putin a prendere una posizione più dura e decisa, sebbene questo sentimento sia radicato nella propaganda del Cremlino. Questo è un punto estremamente importante: Putin ha risvegliato un oscuro nazionalismo da cui dipende sempre più. Qualunque cosa accada a Putin, il mondo dovrà fare i conti con questa aggressività pubblica e con le convinzioni anti-occidentali e anti-liberali che rendono la Russia così problematica per l’Occidente.

Assunzione 5: Putin è profondamente deluso dal suo entourage e ha dato il via libera a perseguire alti funzionari.
Questo è un argomento molto dibattuto in Occidente, alimentato dalle speculazioni sul presunto arresto dell’ex Vicecapo di Stato Maggiore di Putin, Vladislav Surkov, sull’incarcerazione di Sergei Beseda, un alto funzionario della sicurezza responsabile dell’Ucraina, e sulle presunte epurazioni della cerchia ristretta di Putin. Tutte queste voci dovrebbero essere viste con il massimo scetticismo. Innanzitutto, non ci sono conferme per nessuna di queste voci. (Piuttosto, fonti di alto livello indicano che né Beseda né Surkov sono stati arrestati). In secondo luogo, Putin può essere arrabbiato e deluso dal suo staff, ma eliminare la sua cerchia ristretta non è il suo stile, a meno che non siano stati commessi crimini gravi. Per Putin contano solo le intenzioni, e se l’intelligence russa ha calcolato male o l’ha informato male, anche senza intenzioni malevole, ci sarà poca azione penale. E infine, fin dall’inizio, la campagna militare in Ucraina è stata meticolosamente controllata dallo stesso Putin, lasciando poco spazio alle autorità subordinate per mostrare iniziativa.
Tutto ciò significa che il dilemma percepito dall’Occidente – o raddoppiare il sostegno all’Ucraina perché Putin sta perdendo, o placare Putin piuttosto che provocarlo perché è disperato e pericoloso – è fondamentalmente sbagliato. Ci sono solo due possibili vie d’uscita dal confronto: o l’Occidente cambia atteggiamento nei confronti della Russia e inizia a prendere sul serio le preoccupazioni russe che hanno portato a questa guerra, oppure il regime di Putin crolla e la Russia rivede le sue ambizioni geopolitiche.
Al momento, sia la Russia che l’Occidente sembrano credere che le loro controparti siano condannate e che il tempo sia dalla loro parte. Putin sogna che l’Occidente stia vivendo sconvolgimenti politici, mentre l’Occidente sogna che Putin venga deposto o rovesciato o che muoia per una delle tante malattie di cui è regolarmente accusato. Nessuno ha ragione. In definitiva, un accordo tra la Russia e l’Ucraina è possibile solo come accordo tra la Russia e l’Occidente nel suo insieme – o come risultato del crollo del regime di Putin. E questo ci dà un’idea di quanto potrebbe durare questa guerra: anni nel caso migliore.

Postscriptum

1. Ucraina, Papa Francesco: «Guerra provocata o non impedita, qui non ci sono buoni e cattivi»
«Dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un Capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la NATO. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: “Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro”. Ha concluso: “La situazione potrebbe portare alla guerra”. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel Capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo» (Papa Francesco – Conversazione con le riviste dei gesuiti pubblicato oggi da “La Civiltà Cattolica”, 14 giugno 2022).

2. Intervista. Il generale Paolo Capitini: «Illusorio pensare di piegare la Russia» di Angelo Picariello – Avvenire, 11 giugno 2022.

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