Il Corriere guerrafondaio che diffonde liste di proscrizione, illegali e di infausta memoria, si becca la reazione del Copasir. I Bergogliani se la prendono con Papa Francesco per il conflitto in Ucraina
La diffusione di liste di prescrizione, illegali e di infausta memoria, da parte del Corriere della Sera il 5 giugno scorso [QUI] e la “rivelazione” che i Servizi Segreti starebbero schedando coloro che non si sono lasciati risucchiare il cervello dalla psicosi fomentata dai giornali guerrafondai, sempre più in caduta libera (sia di livello intellettuale che nei numeri di vendita… e il governo sempre pronto a rimpinguare le casse che piangono), rappresenta una notizia preoccupante per la democrazia.
Sulla questione riportiamo due riflessioni:
- Il “Corriere” in guerra. Quelle liste di proscrizione illegali. Messi all’indice i «putiniani d’Italia»: la gogna non ci piace, neanche per i presunti amici dello zar. Ora il Copasir spieghi di Renato Farina su Libero Quotidiano di oggi, 7 luglio 2022
- Laporta: ma davvero i Servizi Segreti stanno schedando i dissidenti della guerra? su Stilum Curiae di ieri 6 giugno 2022.
Concludiamo con alcune Note e un Postscriptum: un corsivo di Aldo Maria Valli su Duc in altum, che riflette sulla notizia che «quattro autorevoli studiosi in genere favorevoli a Bergoglio hanno scritto una lettera fortemente critica verso il modo in cui il Papa sta affrontando la questione del conflitto in Ucraina», «dopo l’intervista di Francesco al Corriere della sera del 3 maggio scorso (quella in cui il Papa ha fra l’altro denunciato “l’abbaiare della Nato alle porte della Russia”)». «È interessante notare come la critica, esplicita, arrivi dalla parte progressista, in genere fortemente pro Bergoglio. Ma non è una novità. Quando il Papa si smarca da una certa narrativa, anche lui finisce tra i cattivi».
Laporta: ma davvero i Servizi Segreti stanno schedando i dissidenti della guerra?
Stilum Curiae, 6 giugno 2022
«Il Generale Piero Laporta offre alla vostra attenzione questa riflessione – mesta, direi – sullo stato di degrado a cui è giunto il mestiere del giornalista. Da due anni a questa parte i grandi (una volta) giornali stanno raggiungendo limiti, verso il basso, non più percepiti dai tempi del Ventennio, da noi, e che ridanno dignità alla Pravda brezneviana» (Marco Tosatti).
Caro direttore, per cominciare tu e SC non contate proprio un bel nulla, con la C maiuscola. Il vociare di SC su Russia e Ucraina non se l’è filato neppure l’ultimo appuntato di Forte Braschi, la misteriosissima sede dei segretissimi servizi, scesi in pista, a causa dei tifosi dei soldati russi anziché degli Ucraini. Lo certifica Il Corriere della Sera del 5 giugno [QUI], dedicando tutta la sesta pagina a Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni, firme di fama internazionale, note a New York, a Langley, in via della Pineta Sacchetti e a Scurcola Marsicana. Secondo le due: «L’indagine avviata dal Copasir è entrata nella fase cruciale. Il materiale raccolto dall’intelligence (sic) individua i canali usati per la propaganda, ricostruisce i contatti fra gruppi e singoli personaggi e soprattutto la scelta dei momenti in cui la rete […] fa partire la controinformazione». Non sappiamo se Cia e i servizi cinesi siano informati, ma le due signore riferiscono che i segretissimi italici servizi hanno raccolto schede informative su pericolosissimi eversori filorussi. Buona parte della sesta pagina è occupata dalle foto, stile questura, di terroristi come Alessandro Orsini (eversore di chiara fama); Vito Petrocelli, senatore, addirittura espulso da M5S perché filorusso; Giorgio Bianchi, gestore addirittura del canale Telegram “Giubbe Rosse”; e altri di pari calibro.
Come s’è detto, l’indagine «avviata dal Copasir» assicurano le signore «è entrata nella fase cruciale». Il Copasir è il “Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica”, istituito con l’art. 30 della legge 3 Agosto 2007, n.124. La Sarzanini e la Guerzoni conoscono i compiti del Copasir? Diamo un aiutino, suvvia, mentre si spargono di crema solare; i comma 2 e 2 bis del medesimo articolo 30: «2. Il Comitato verifica, in modo sistematico e continuativo, che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni. (NdA, grassetto aggiunto, grassetto, non rossetto)
2-bis. È compito del Comitato accertare il rispetto di quanto stabilito dall’articolo 8, comma 1, nonché verificare che le attività di informazione previste dalla presente legge svolte da organismi pubblici non appartenenti al Sistema di informazione per la sicurezza rispondano ai principi della presente legge.» Che cosa dice l’articolo 8 di questa legge? «Le funzioni attribuite dalla presente legge al DIS, all’AISE e all’AISI non possono essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio».
Riassumiamo veloci, sennò le due signore sdilinquiscono sotto al sole. Il Copasir non “avvia” e tanto meno fa indagini, né tiene schedari. Indagini e schedari competono ai segretissimi servizi (DIS; AISE e AISI). Isabella Belloni è informata della svista? Nessun altro può operare archivi e informazioni personali; nessuno, neppure il Copasir, quindi. Ma neppure il Corsera le può detenere, quelle schedature, tanto meno diffonderle. Gli abusivamente schedati farebbero bene a costituirsi.
Le due signore hanno dunque fatto una prima capriola nel verso sbagliato: il Copasir non c’entra un beato nulla, ancora con la C maiuscola. Non contente, ne hanno fatta un’altra più sbagliata della precedente: lo stesso Copasir deve invece vigilare che la condotta dei segretissimi servizi «si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni». Va bene che la Costituzione negli ultimi anni è stampata su carta doppio velo morbidissimo. Se fosse tuttavia vero quanto riferiscono le signore, i segretissimi servizi o il Copasir (o ambedue) hanno violato la legge, schedando eversori pericolosissimi come Alessandro Orsini (noto terrorista, già prof della Luiss); Vito Petrocelli, senatore espulso da M5S perché filorusso; Giorgio Bianchi, gestore del canale Telegram “Giubbe Rosse” [1]; e altri affissi a pagina 6 del bollettino di via Solferino.
L’unica attività del Copasir, riconducibile alle informazioni sulla guerra in Ucraina, è la seduta del 1° Giugno 2022, nell’ambito dell’«Indagine conoscitiva sulle forme di disinformazione e di ingerenza straniere, anche con riferimento alle minacce ibride e di natura cibernetica»; quel giorno si è infatti svolta l’«Audizione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in materia di informazione e di editoria, senatore Rocco Giuseppe Moles». La sagacia di certi membri del Copasir non esclude che tale “attività conoscitiva” sia trascolorata in “schedatura”, delegata ai segretissimi servizi che il Copasir dovrebbe invece sorvegliare. Isabella Belloni ha consentito agli agenti al suo servizio le schedature riferite dalle due signore? In ogni caso le presidenze delle Camere richiamino all’ordine i responsabili, con sedute obbligatorie presso gli Alcolisti Anonimi.
Se tale schedatura non è un abbaglio estivo delle due signore ma è davvero avvenuta, da parte di organi dello Stato, sono stati violati gli articoli 15, 17, 18 e 21 della Costituzione, quella stampata in formato A4 ad alta resistenza (r minuscola, mi raccomando). L’Ordine dei Giornalisti non ha nulla da dire? Lo impedisce qualche segretissima velina dell’Agenzia Stefani?
Le due signore conoscono il primo comma dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo? Diamo un altro aiutino, suvvia: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera». Grassetto aggiunto.
È infine opportuno ricordare alle due signore quanto sentenziò la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (25138/2007): «dovendo convenirsi con la Giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo allorché afferma che i giornali sono i “cani da guardia” (watch-dog) della democrazia e delle istituzioni, anche giudiziarie».
Capito, signore Sarzanini e Guerzoni? Cani da guardia, non scodinzolanti cagnoline da salotto, ovunque il salotto sia, a Scurcola Marsicana o in più insigni luoghi.
Gen. D.g..(ris) Piero Laporta
Il “Corriere” in guerra
Quelle liste di proscrizione illegali
Messi all’indice i «putiniani d’Italia»: la gogna non ci piace, neanche per i presunti amici dello zar. Ora il Copasir spieghi [2]
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 7 luglio 2022
II Corriere della Sera domenica [QUI] ha pubblicato foto segnaletiche, nomi e dati sensibili di nove cittadini, i quali non risultano condannati da nessuna parte, e neppure indagati, ma che intanto sono stati marchiati a fuoco sulla pubblica piazza come traditori della patria.
Questo elenco, che aspetta solo di essere appeso sui piloni della luce con scritto Wanted o Achtung Banditen e un cappio quale monito, non è stato compilato dopo una faticosa e scrupolosa ricerca sul campo, ma è la pura e acritica trascrizione di una soffiata, si presume d’alto livello. Da parte di chi? Del controspionablio italiano o del Copasir? Non si scappa. O è stata l’Aisi, agenzia dei servizi interni, che avrebbe individuato le quinte colonne del Cremlino su ordine del Copasir a sua volta terminale della ricerca e quindi anch’esso sospettabile di aver passato le carte.
Quello del primo quotidiano italiano per diffusione e fama nel mondo, sia chiaro, non è stato un incidente, ma una precisa scelta di giornalismo bellico. A dare il sigillo di sacralità al pacco sono state infatti le firme della vicedirettrice Fiorenza Sarzanini (versante servizi segreti e ministero dell’Interno) e della parlamentarista Monica Guerzoni (agganci al Copasir). Sono prime penne, si muovono sempre su terreni solidi. La serietà nei secoli delle due giornaliste fa escludere che abbiano raccolto una patacca. Ma non credo sia legale appendere la gente per i piedi.
Conflitto dichiarato?
Beh, diciamolo. Tutto ciò è abbastanza schifoso, ma sarebbe almeno plausibile in un Paese che abbia sospeso la libertà di parola e di pensiero (art. 21 della Costituzione), avendo dichiarato lo stato di guerra e la legge marziale. Le tre cose non ci risultano, ma forse ci hanno nascosto qualcosa. In realtà il Governo convintamente sostiene che il nostro Paese non sia entrato in guerra, ma con sanzioni e invio di armi si limiti a sostenere il diritto alla legittima difesa di un Paese amico invaso da un potenza imperiale. Non è scattato l’art. 78 della nostra Magna Carta: «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari».
Dopo questo episodio da stato di guerra latente ci aspettiamo però che qualcuno alla Camera e al Senato si alzi dal suo scranno e tiri le conseguenze del sasso tirato nello stagno dal Corriere e dai servizi segreti perché sia ufficializzata la belligeranza. Per parecchi parlamentari periclitanti potrebbe essere un’idea salvifica: è l’unico caso che la nostra Costituzione (art. 60, comma 2) prevede come giustificazione per congelare per legge il Parlamento così com’è ed evitare elezioni sine die. Guerra lunga, vita lunga.
Ma non è questo il tempo dell’ironia. E allora osserviamo con un po’ di apprensione quel che è successo di illegale. Scrivono Sarzanini e Guerzoni: «L’indagine avviata dal Copasir è entrata nella fase cruciale. II materiale raccolto dall’intelligence individua ecc». Trattasi insomma di retata commissionata dal Copasir ai servizi i quali pescano nove presunti merluzzi-spia e li passano al Copasir e da lì (o dall’Aisi o dal Dis) finiscono in via Solferino. Chi scrive detesta farsi eco di una schedatura, per cui niente nomi. Ma – prima di essere pescato pure lui – dichiara di essere lontano dalle loro posizioni, anche se ammetto che certi servizi dal Donbass di uno di loro, comunista, sono istruttivi. La frase dove casca l’asino/a è la prima: «L’indagine avviata dal Copasir». Copasir è l’acronimo di Comitato Parlamentare perla Sicurezza della Repubblica, istituito con l’art. 30 della legge che riforma i servizi segreti (n.124 del 2007). 11 Copasir non può permettersi di avviare alcunché. Qui ci interessa il comma 2 del citato art.30: «II Comitato verifica, in modo sistematico e continuativo, che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle le: , nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni». Verifica, vigila, controlla. Arretriamo dall’art 30 all’art. 8, che perentoriamente afferma «Le funzioni attribuite dalla presente legge al Dis (organo di coordinamento), all’Aise (servizio estero) e all’Aisi (servizi interni) non possono essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio». Né dal Copasir né dal Corriere.
Ma quale indagine
Il Copasir è un arbitro, non tira calci al pallone. Indagini competono solo ai servizi che hanno per leader Elisabetta Belloni, la quale risponde al sottosegretario della presidenza del Consiglio delegato all’intelligence, Franco Gabrielli. Se hanno notizie di reato informano la polizia giudiziaria. Nessun altro può archiviare informazioni personali, esito di indagini su chicchessia, e specialmente su parlamentari, anche se si chiamano Petrocelli, o come Salvini varcano il portone di un’ambasciata persino di Paesi ostili.
L’unica attività nota del Copasir, riconducibile alle informazioni sulla guerra in Ucraina, è stata la seduta del 1° giugno, nell’ambito dell’«Indagine conoscitiva sulle forme di disinformazione e di ingerenza straniere, anche con riferimento alle minacce ibride e di natura cibernetica». Quel giorno si è svolta l’«Audizione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in materia di informazione e di editoria, Senatore Rocco Giuseppe Moles». «Attività conoscitiva» non schedatura da affidare ai servizi e poi diffondere tramite Corriere della Sera.
Troppo zelo patriottico? O qualcuno al Copasir e/o alla testa dei servizi e/o in via Solferino punta a un coinvolgimento irreversibile nel conflitto che la Russia sta conducendo in Ucraina? Come disse qualcuno è il caso che il Parlamento «controlli i controllori».
Caso mai ci fosse qualche dubbio sulla liceità dei comportamenti di Orsini e compagnia, fatto salvo il diritto di contrastarne le idee e di mettere in guardia chi se le beve come oro colato, a tagliare la testa al toro è l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), vincolante per il nostro Paese: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere odi comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera». Amen.
[1] «Questi disgraziati non riescono a scrivere una cosa vera neanche per sbaglio: “Gestisce su Telegram Giubbe Rosse”. Ma il meglio viene dopo: “Definito dai report periodici che gli apparati di sicurezza inviano al governo ‘noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso’ […] Ha preso di mira più volte il presidente del Copasir Adolfo Urso”. Ma come si fa a scrivere una roba del genere? Sì e no di Urso ne avrò scritto una volta. Sono dei bugiardi, dei mentitori seriali. Sono loro che lavorano di concerto con i servizi stranieri. Sarei andato in Donbass per svolgere attivismo politico-propagandistico… Ma se per otto anni qui in Italia non mi si è filato nessuno. Probabilmente in tutto questo tempo quei due fenomeni che riportano le veline dei servizi non sapevano neanche dove fosse il Donbass. Questo è un Paese dove è diventato pericoloso fare opposizione» (Giorgio Bianchi).
[2] La risposta in merito del Presidente del Copasir all’articolo del Corriere della Sera non si è fatto attendre. Il Senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso ha prontamente reagito con questa nota sul suo profilo LinkedIn [QUI]: «In merito a quanto riportato da alcuni organi di stampa, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica rileva di non aver mai condotto proprie indagini su presunti influencer e di aver ricevuto solo questa mattina un report specifico che per quanto ci riguarda, come sempre, resta classificato.
Peraltro, il Comitato si attiene sempre scrupolosamente a quanto previsto dalla legge 124/2007, non è una Commissione di inchiesta ma organo di controllo e garanzia; non ha poteri di indagine ma ottiene informazioni dagli organi preposti, nel corso di audizioni o sulla base di specifiche richieste, anche al fine di realizzare, ove lo ritenga, relazioni tematiche al Parlamento.
Con queste procedure ha attivato l’indagine conoscitiva ‘sulle forme di disinformazione e di ingerenze straniere, anche con riferimento alle minacce ibride e di natura cibernetica’, della quale ha dato comunicazione ai presidenti delle Camere e nella pubblica agenda dei propri lavori.
Il Comitato, inoltre, agisce sempre con il vincolo della segretezza, a cui rigorosamente si attiene, e quando comunica lo fa solo sulla base di precise deliberazioni nelle modalità prescritte dalla legge.
Auspica, pertanto, soprattutto su questa vicenda, che vi sia sempre una corretta attribuzione e riconoscibilità delle fonti proprio al fine di garantire quella libera e corretta informazione che è alla base della nostra democrazia, e che ciascuno si attenga alle proprie responsabilità, nella piena e leale collaborazione tra gli organi dello Stato».
A qualcuno potrebbe pure sembrare strano sia uscito qualcosa. Ma il dettaglio giornalistico è preoccupante. Senza ombra di dubbio, la fuga di notizie c’è stata ed è da considerare un grave incidente, probabilmente finalizzato a creare pressioni indebite ai parlamentari del Copasir.
Postscriptum
Poi, c’è chi vorrebbe mettere nella lista di proscrizione anche il Sommo Pontefice, come i quattro luminari (tra cui non manca Mister Beans) bergogliani notori, come segnala l’amico e collega Aldo Maria Valli su Duc in altum, che tirano una «sonora tirata d’orecchie al Papa. Perché per i progressisti le cose funzionano così: illegittima e perfino disonesta quando arriva da conservatori e tradizionalisti, la critica al Papa diventa legittima e perfino doverosa quando il successore di Pietro si discosta dalla loro linea».
Russia/Ucraina. Bergoglio si discosta dalla linea “ufficiale” e i progressisti lo bacchettano
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 6 giugno 2022
Dopo l’intervista di Francesco al Corriere della sera del 3 maggio scorso [QUI] (quella in cui il Papa ha fra l’altro denunciato “l’abbaiare della Nato alle porte della Russia”), quattro autorevoli studiosi in genere favorevoli a Bergoglio hanno scritto una lettera fortemente critica verso il modo in cui il papa sta affrontando la questione del conflitto in Ucraina. Apparsa sul National Catholic Reporter e su Il Regno, la critica si riassume in una richiesta: il Papa faccia chiarezza nei suoi atti e nelle sue parole a proposito della guerra, così da fermare la strumentalizzazione da parte russa. Secondo gli autori, infatti, “la Chiesa Ortodossa Russa manipola deliberatamente e strategicamente le dichiarazioni e le azioni che escono dal Vaticano per trasmettere il messaggio che Francesco è dalla parte di Kirill nella guerra in Ucraina”.
I quattro firmatari della lettera si spingono anche a suggerire al Papa la linea da seguire: “L’unico modo per porre fine alla manipolazione della posizione del Vaticano da parte dei media statali e ecclesiastici russi è smettere di produrre azioni e dichiarazioni che possono essere interpretate per alimentare la propaganda russa e fare dichiarazioni molto chiare e inequivocabili”.
Quale, secondo gli autori, la “colpa” del Papa? Risposta: “Francesco sembra interpretare la guerra in Ucraina come il risultato di un conflitto di interessi geopolitico tra Russia e Stati Uniti”, ma “questa visione del conflitto presenta importanti lacune” perché non è vero che la Russia in Ucraina sta difendendo un legittimo interesse di sicurezza nazionale né che la Nato abbia violato gli interessi russi. In realtà “il Cremlino non vuole sicurezza dall’espansione della Nato allo scopo di costruire la pace, ma per continuare a reprimere la propria popolazione e destabilizzare i suoi vicini”.
Ripetiamo: è interessante notare come la critica, esplicita, arrivi dalla parte progressista, in genere fortemente pro Bergoglio. Ma non è una novità. Quando il Papa si smarca da una certa narrativa, anche lui finisce tra i cattivi. I quattro autori sono chiari quando scrivono che nel 2013 Francesco venne eletto per imporre l’altolà al blocco neoconservatore. Dunque, come osa adesso prendere una linea diversa, e proprio su una questione così importante e delicata come la guerra in Ucraina?
Gli autori si dichiarano preoccupati per il fatto che “Francesco ripone ancora speranze nel dialogo ecumenico con l’attuale leadership della Chiesa ortodossa russa” quando invece “mancano presupposti importanti per questo dialogo: un impegno per la pace, per il valore della vita umana e per la verità”. Ma, sotto sotto, dalla lettera emerge la vera preoccupazione: “Aprendo oggi al Patriarcato di Mosca in termini di ecumenismo dei valori, Francesco rischia di far entrare dalla porta di servizio quelle forze di reazione che dal 2013 cerca di respingere all’interno della sua stessa chiesa”.
Di qui la sonora tirata d’orecchie al papa. Perché per i progressisti le cose funzionano così: illegittima e perfino disonesta quando arriva da conservatori e tradizionalisti, la critica al papa diventa legittima e perfino doverosa quando il successore di Pietro di discosta dalla loro linea.
A.M.V.
To stop Russian manipulation, Francis must make Vatican’s stand on Ukraine clear (Per fermare la manipolazione russa, Francesco deve chiarire la posizione del Vaticano sull’Ucraina) di Thomas Bremer, Regina Elsner, Massimo Faggioli, Kristina Stoeckl – Ncronline.org, 9 maggio 2022 [QUI].
La traduzione italiana dall’inglese della lettera dei quattro studiosi [QUI].