Bibbia, più impegno per diffonderla

Condividi su...

In Italia non si legge molto la Bibbia, ma in parecchi vorrebbero che si studiasse a scuola. Il dato emerge da una “indagine di mercato” commissionata dalla Federazione Biblica Cattolica e intitolata “La lettura delle Scritture in alcuni Paesi”. Se negli Stati Uniti due persone su tre hanno letto almeno un brano nell’ultimo anno, in Italia, la percentuale si ferma al 27%.

Nella ricerca sono stati studiati 9 Paesi (Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania, Olanda, Francia, Polonia, Russia, Spagna, Italia), i tre comuni italiani più grandi e la regione Umbria. L’indagine, condotta da GFK – Eurisko e patrocinata dalla Federazione Biblica Cattolica, si è svolta su un campione rappresentativo della popolazione adulta e un sub-campione di individui che dichiarano di partecipare alla messa “almeno due/tre volte al mese” e di essere di confessione cristiana, tenendo conto delle diverse situazioni religiose.

I DATI. In Italia, il 68% degli intervistati partecipa a riti religiosi, in Chiesa o in qualche altro luogo di culto, con una frequenza mensile di 2 volte al mese, mentre il 32% non va in chiesa e non partecipa a riti religiosi. Sempre secondo la ricerca, nel Belpaese, al 79% delle persone è capitato di avere la sensazione che Dio o un essere superiore vigili sulla sua vita, mentre in Usa la percentuale si alza all’86%. E se la Bibbia, nell’ultimo anno, in Italia è stata letta solo dal 27%, il 28% ha letto libri di argomento religioso, mentre il 64% ne ha letti in generale con una media di 5,6 all’anno. Il 62% è totalmente e abbastanza d’accordo con l’insegnamento della Bibbia nelle scuole. Bisognerebbe chiedersi però anche quanti vorrebbero l’insegnamento anche delle altre religioni. Resta il fatto che solo il 14% degli italiani intervistati ha risposto esattamente ad alcune domande di conoscenza base della Bibbia: i Vangeli sono parte della Bibbia? Gesù ha scritto libri della Bibbia? Chi tra Mosé e Paolo era un personaggio dell’Antico Testamento? Chi ha scritto un vangelo tra Luca, Giovanni, Paolo e Pietro?. Interessanti anche i dati su come vada interpretata la Bibbia, se in modo acritico (come fanno i fondamentalisti) o con mezzi interpretativi: per il 27% negli Stati Uniti, il 23% in Italia, il 34% in Polonia e il 21 % in Russia, i testi biblici vanno considerati ‘parola di Dio’ presa alla lettera.

IL CONTESTO. In una situazione simile diventa così prioritario l’impegno per la diffusione del testo biblico. Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni nonché presidente della Federazione biblica cattolica, nel presentare ai giornalisti la firma di un accordo di cooperazione per la traduzione e la diffusione della Bibbia, ha affermato: “Noi crediamo che ci sia un diritto di ogni popolo ad avere la Sacra Scrittura tradotta nella propria lingua e che noi cristiani abbiamo il dovere di far giungere la Bibbia nella lingua di ciascun popolo”. “Se si calcola che le Società bibliche hanno distribuito nel 2006 circa 26 milioni di Bibbie, vuol dire che si è raggiunto solo l’1% o il 2% dei 2 miliardi di cristiani”. Inoltre, ha aggiunto Paglia, “la Bibbia è stata già tradotta in 2.454 lingue diverse (interamente in 438, il solo Nuovo Testamento in 1168, e solo alcuni libri, ad esempio i Vangeli o i Salmi, in altre 848); restano ancora altre 4.500 lingue in attesa di essere confrontate con le Sante Scritture”.

Da parte sua, il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha ribadito che malgrado le diverse interpretazioni della Sacra Scrittura che hanno allontano i cristiani nella storia della Chiesa, “la Bibbia è rimasta sempre un’eredità comune. Nient’altro unisce la Chiese e le comunità cristiane come la Bibbia”. Essa è “veramente la base del dialogo ecumenico”. Il cardinale non ha nascosto le difficoltà ecumeniche riguardo alla comune interpretazione biblica. “Sulla sua interpretazione – ha detto – ci siamo divisi”. Ci sono stati “sviluppi unilaterali, limiti e problemi e abusi di metodo storico e critico”. Talvolta questi metodi “ci hanno distaccati”. “Facendo così ci si è dimenticati che la Bibbia è un libro nato nella Chiesa e per la Chiesa”. A questo proposito, Kasper ha sottolineato che “il dialogo ecumenico non è un negoziato diplomatico che mira ad un qualsiasi compromesso ma significa leggere e ascoltare insieme ciò che Dio vuole dirci tramite la Sacra Scrittura”.

151.11.48.50