Violenze contro i cristiani in Iraq. L’allarme delle Nazioni Unite
Mentre la violenza ha costretto numerose famiglie cristiane a lasciare le proprie abitazioni a Mosul, le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per le condizioni della minoranza cristiana in Iraq. Un uomo è stato ucciso e un altro, suo nipote, è stato ferito nel corso di un attacco avvenuto nel quartiere orientale di Hay al-Ekhaa, l’ultimo di una serie di omicidi, in quindici giorni.
Le violenze, che sono iniziate lo scorso mese, hanno provocato l’esodo di oltre mille famiglie di cristiani che, da venerdì scorso, hanno abbandonato le proprie abitazioni per paura di attacchi e ritorsioni. Ma secondo Jaweat Ismael, capo del dipartimento di Mosul, il flusso di cristiani che sta lasciando la città sta iniziando a rallentare anche grazie all’intervento delle forze di sicurezza arrivate ieri.
A lamentare lo scarso impegno da parte del governo è la stessa comunità cristiana: “L’assistenza del governo è minima. Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire”, ha chiesto Jamil Jeto Abdul Aha, capo di un comitato della città. Mentre Staffan de Mistura, rappresentante speciale delle Nazioni Unite, ha espresso preoccupazione riguardo alla violenza che ha investito la minoranza cristiana e ‘condannato fortemente’ l’omicidio dei civili: “Questi atti sono finalizzati a incrementare le tensioni e a esacerbare l’instabilità in un momento critico, ha spiegato in una nota riferendosi ai fatti esplosi intorno a Mosul, e nel nord dell’Iraq. Le minoranze irachene sono storiche e rimangono parte integrante del Paese come proprio tessuto sociale che ne arricchisce cultura e politica”, ha detto de Mistura.
“Rispettare e garantire i diritti politici e legali delle minoranze irachene è fondamentale per costruire un futuro stabile e democratico del Paese”. Mentre il Patriarca di Babilonia dei Caldei, il Cardinale Emmanuel III Delly ha dichiarato a “L’Osservatore Romano”, in riferimento alla nuova ondata di violenza che si è abbattuta sui cristiani in Iraq: “Noi condanniamo gli attacchi che avvengono a Mossul e in tutta la cara terra di Mesopotamia, e in particolare gli attacchi contro i cristiani”. Nelle ultime ore, secondo quanto reso noto dall’agenzia “Aswat al Iraq”, un altro appartenente alla comunità caldea è stato ucciso nella sua abitazione a Mossul. Sono centinaia le famiglie che sono state costrette a fuggire dalla città, nonostante il governo iracheno abbia dispiegato altri mille agenti di polizia. Migliaia di cristiani adesso alloggiano presso monasteri e conventi, oppure presso le chiese nel nord dell’Iraq.
“Ciò che è successo a Mossul in questi ultimi giorni non è gradito a Dio e all’uomo fedele alla sua patria e ai suoi fratelli. “È un obbligo per noi figli dell’amato Iraq – afferma il Cardinale Delly durante il sinodo in svolgimento in Vaticano – essere uniti in un cuore solo e fare tutto ciò che è nostro potere per il suo futuro nella virtù, nella carità e nella riconciliazione perché l’Iraq diventi una grande e unita nazione. Per quattordici secoli abbiamo convissuto con spirito di tolleranza e fraternità, condividendo la vita e costruendo insieme la nostra amata patria. Non dobbiamo lasciare che le forze oscure che vengono dall’esterno smembrino la nostra unità nazionale. Chiediamo a Dio che nel nostro Iraq ‘ferito’, la terra dei nostri avi, ci sia pace e sicurezza. In questa occasione dolorosa invochiamo l’eterno riposo per le vittime innocenti di questa violenza e di questi attentati e offriamo le nostre sincere condoglianze ai loro cari. Sono un figlio della terra d’Abramo, l’Iraq. Non abbiamo lasciato niente di intentato per ottenere la pace e la tranquillità per il Paese. La situazione in alcune parti dell’Iraq è disastrosa e tragica. La vita è un calvario: mancano la pace e la sicurezza, così come mancano nella vita di ogni giorno gli elementi basilari”.
“Tutti temono il rapimento, i sequestri e le intimidazioni per non parlare del numero sempre crescente di morti causati dalle autobombe e dai kamikaze che indossano cinture esplosive. Vivere la parola di Dio significa per noi testimoniarla anche a costo della propria vita, com’è accaduto finora ed ancora accade con il sacrificio di vescovi, sacerdoti e fedeli. Per questo, vi supplico di pregare per noi e con noi il Signore Gesù, Verbo di Dio, e condividere la nostra preoccupazione, le nostre speranze e il dolore delle nostre ferite, affinché la Parola di Dio fatta carne rimanga nella sua Chiesa e insieme a noi come buon annunzio e come sostegno. Sedici dei nostri sacerdoti e due vescovi sono stati rapiti e rilasciati dopo un riscatto molto elevato. Alcuni di loro appartengono alla schiera dei nuovi martiri che oggi pregano per noi dal Cielo: l’Arcivescovo di Mosul, Faraj Rahho, Padre Raghid Ganni, altri due sacerdoti e altri sei giovani”.