L’escalation è iniziata. Rischio serio di Terza Guerra Mondiale… e ultima. Le minacce di Putin per le armi a Zelensky e l’Occidente che fa di tutto per arrivare al conflitto totale. Motus in fine velocior

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A Londra, dopo aver avvicinato un cerino alla Santa Barbara di Mosca, minimizzano: «La possibilità di uno scontro nucleare è infinitesima». Dev’essere una scommessa che hanno fatto al club del giro del mondo in 80 giorni. Stavolta sulla nostra pelle: loro hanno una forza di deterrenza che li lascia sereni. Ma noi non abbiamo l’aplomb britannico e neanche siamo tanto sicuri che qualcuno aprirebbe l’ombrello stellare per proteggerci, che peraltro la Russia con i suoi missili di ultima generazione bucherebbe comunque.

Quello che, un po’ convulsamente, sto riferendo, e temo di trasferire al lettore, è quella cosa che si chiama paura, e non va bene, bisogna essere freddi. Ma come si fa? C’è un crescendo di parole cui corrisponde il ruggito di missili e cannoni.

La Terza Guerra Mondiale, cioè – sia chiaro – probabilmente l’ultima, e che i più prudenti stimano causerebbe un miliardo di morti, non è più un’ipotesi del terzo tipo, dato che non conviene a nessuno. Del resto le guerre non convengono mai, sono una follia, ma le si fa lo stesso. E perché non si dovrebbe giocare l’arma totale, magari contando su una presunta superiorità?

Mettiamo in fila parole e avvenimenti.

Lunedì. Il Ministro della Difesa americano, Lloyd Austin annuncia il cambio di strategia degli USA e cioè della NATO. Libero l’aveva anticipato sin dai primi giorni. Non si tratta di arrivare alla pace, ma di indebolire la Russia, di tagliargli il tendine d’Achille, lesionandone per sempre l’apparato economico e militare, abbassandola al rango di piccola potenza regionale. Tomando da Kiev, il capo del Pentagono è esplicito: «Noi vogliamo vedere la Russia boccheggiare, così che non possa in futuro essere in grado di ripetere invasioni come ha fatto in Ucraina. La Russia ha perso capacità militari e gran parte delle sue truppe. E francamente speriamo che i Russi non si sollevino più». Insomma, la guerra finirà solo con la sconfitta di Mosca, oppure non finirà mai.

Alla televisione di Stato, il Ministro degli Esteri Serghei Lavrov risponde che se gli Americani vogliono spezzare la spina dorsale alla Russia, la Terza Guerra Mondiale è a un passo: «Il pericolo di una guerra nucleare, è serio, è reale, non può essere sottovalutato. Vogliamo dialogare con l’Ucraina». Ma se voi della Casa Bianca avete deciso che la trattativa non serve e continuate a incrementare gli armamenti di Kiev, allora la bomba atomica è lì. E noi – discorso sottinteso – ne abbiamo 6.300 contro le vostre 5.800. Soprattutto abbiamo un missile ipersonico, invulnerabile, a dieci testate nucleari ognuna delle quali vale 700 bombe di Hiroshima.

Disperazione

Un discorso da disperato? Questo è il problema. I disperati sono famosi per i loro gesti disperati. Ormai gli Ucraini infatti hanno una superiorità netta nelle armi convenzionali e sovrastano quanto ad animus pugnandi le truppe di Mosca, dopo che la NATO ha cominciato a fornire sistemi avanzatissimi non solo di difesa ma d’attacco. Golia non ha nessuna intenzione di lasciare che Davide ripeta l’impresa biblica, stavolta dopato dagli Americani. E se Davide ha la fionda iperpotente fornita dalla NATO, la tentazione di rifornirsi dalla sua cambusa missilistica potrebbe essere per un Golia disperato irresistibile. Dategli un pretesto e lo fa. E c’è chi questi pretesti li versa a secchiate.

C’è chi vuole la guerra atomica sul serio. Infatti delle esplosioni si sono verificate nella notte tra lunedì 25 e martedì 26 in Transnistria, uno staterello filorusso riconosciuto solo dalle enclave russe autoproclamatesi indipendenti della Georgia e, appunto, dentro il Donbass. A essere colpita – è un classico – è la stazione radio-televisiva. L’Ucraina accusa Mosca di cercare di destabilizzare la regione separatista moldava dove staziona da decenni una divisione corazzata russa, anch’essa bersagliata. L’a-chi-giova esclude colpe di Mosca.

Pessimo segnale

Di certo è un pessimo segnale di escalation. Arriva prontamente un dispaccio da Pechino, che affianca Mosca: «”La Cina non sta cercando la Terza Guerra Mondiale e lancia un appello per un accordo di pace in Ucraina”: lo ha reso noto il Ministero degli Esteri, Wang Yi. Lo riporta la Tass». Chi cerca la Terza Guerra Mondiale siete voi occidentali, dicono i Cino-Russi. Non esagerate. Se no esageriamo anche noi. Gli Americani allora frenano un pochino. E dicono, attraverso il numero due del Pentagono, che «è irresponsabile evocare un conflitto nucleare».

Ed ecco gli Inglesi arrivano lì con le loro micce accese. Il Viceministro britannico della Difesa, James Heappey, denuncia l’escalation di Mosca usando metodi di brutalità inaccettabile. E fin qui è pura verità. Poi tira fuori dalla bocca l’innesco della bomba H: Heappey infatti aggiunge che è «del tutto legittimo che l’Ucraina prenda di mira la Russia per interrompere la logistica che potrebbe contribuire direttamente alla morte e alla carneficina sul suolo ucraino», usando le nostre armi.

In diplomazia, ma anche al bar, si chiama “casus belli”. Replica immediata del Ministro della Difesa russo Serghei Shoigu via Tass: «L’esercito è pronto a condurre raid di rappresaglia se la Russia verrà attaccata con armi occidentali». Poi prova a metterci un coperchio sostenendo che si limiterebbero a «raid proporzionati contro i centri decisionali a Kiev, dove si trovano i consiglieri occidentali».

Insomma omicidi mirati, come quelli di Israele contro i capi di Hamas. Ovvio: se qualcuno fornisce la pistola a chi viene a spararmi in casa, io sparo a te. Cioè alla NATO, nella persona di suoi consiglieri a Kiev. Se questo accadesse, la NATO che fa? Reagisce direttamente, si suppone, e si augura Zelensky. In tal caso, come dice Frank Corleone nei film di Coppola, si va ai materassi: armi nucleari tattiche (leggere) prima, poi si vedrà.

Posso dirlo? Qualcuno li fermi. L’istinto italiano della trattativa ispiri l’azione del nostro governo. Della NATO fino alla morte, ma meglio vivi.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

Prima Guerra Mondiale.

«Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo»
(Eugenio Montale, da Ossi di seppia, 1923).

Montale si rivolge al consueto interlocutore invitandolo a meditare sulla crisi di certezze dell’uomo contemporaneo, che spesso cade nell’inganno di poter trovare una formula risolutiva (la parola che squadri da ogni lato) o una spiegazione sicura alle sue inquietudini e alle vicende della storia. Celebre rimase il monito finale: “Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. In ultima analisi l’unica verità che è data all’uomo è la coscienza dell’impossibilità di avere qualche certezza, ovvero una coscienza in negativo, in un mondo indecifrabile e inconoscibile. Significativa è in tale ottica la scelta dell’autore di utilizzare i verbi al plurale, per sottolineare la condivisione di questa consapevolezza con l’intero genere umano.

Foto di copertina: un ricordo di un secolo fa. Due soldati tedeschi e loro asino con maschera antigas nella Prima Guerra Mondiale, la prima guerra totale. Da allora l’umanità non ha imparato niente ed è peggiorata: le immagini di oggi mostrano solo “asini” che vengono legati dove vogliono i padroni. I colori cambiamo, la sostanza rimane identica. Motus in fine velocior. Questa espressione aristotelica, con cui si usa indicare l’intensificarsi di un’azione verso la sua fine, rende perfettamente l’idea di ciò che sta avvenendo nell’attuale fase di decadimento della società Occidentale, con la crescente deriva cristianofobica, la follia pandemica con la sanitocrazia (la vita vale più della libertà) a cui è seguita senza interruzione di soluzione l’isteria guerrafondaia (la libertà vale più della vita). Assistiamo ad un’accelerazione finale della parabola discendente della cultura occidentale e del Cristianesimo in Occidente, e della corsa accendente verso la guerra totale. La velocità con cui tutto avviene dovrebbe far preoccupare… ma gli asini stanno volando verso la loro fine, designando la bandiera della pace sulle bombe: già persi la libertà, perderanno anche la vita.

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