Sinodo dei vescovi. Nona, decima e undicesima congregazione generale
ARCIVESCOVO CORNELIUS FONTEM ESUA, DI BAMENDA (CAMERUN)
“É necessario e urgente mettere le Sacre Scritture nelle mani dei fedeli, affinché diventino vive nelle loro professioni, nelle loro famiglie e nelle diverse situazioni della vita, e siano fonte di ispirazione per la vitalità e le attività delle Piccole Comunità Cristiane. É inoltre urgente l’inculturazione della fede cristiana e il dialogo con la Religione Tradizionale Africana. (…) Suggeriamo quindi che: Sacerdoti, religiosi e laici ricevano un’adeguata formazione per diventare operatori dell’apostolato biblico. (…) Venga messa a punto una formazione biblica generale di tutti i fedeli, soprattutto dei giovani. (…) La Bibbia non deve mancare in tutte le case cristiane per la lettura, la preghiera, lo studio e la venerazione. (…) La Bibbia deve essere tradotta nella lingua locale come primo passo verso l’inculturazione, al fine di rendere la Parola di Dio più accessibile ai fedeli. In Africa dovrebbe esistere un Istituto Biblico per promuovere la ricerca biblica nel contesto della Chiesa in Africa”.
VESCOVO ANTONIO MENEGAZZO, M.C.C.J., EL OBEID (SUDAN)
“In Sudan la maggioranza dei catecumeni non sa né leggere né scrivere: ne consegue che per prepararli bene al Battesimo, i Catechisti devono poter spiegare la Parola di Dio con posters, disegni e con la propria parola. (…) Abbiamo un’altra grande sfida per la Giustizia e la Pace, e il perdono e la riconciliazione, dopo 21 anni di guerra civile tra il Nord e il Sud del Paese, dopo tanto odio e ingiustizie e sofferenze. Anche dopo l’accordo di pace tra Nord e Sud, la situazione non è per nulla chiara e incoraggiante. E non dimentichiamo la guerra nel Darfur che continua senza nessun segno di miglioramento della situazione. Siamo convinti che la soluzione per un futuro di pace si può trovare solo nella fedeltà a Dio e alla sua Parola. Eucaristia e Parola di Dio, il binomio che può portare pace e serenità in tutti i cuori: ma come fare quando le distanze sono enormi e l’insicurezza per guerre e banditismo rende molto difficile e pericoloso il contatto dei sacerdoti con i fedeli? E la scarsità dei sacerdoti è un altro fattore negativo. Molti cristiani riescono solo raramente a ricevere la Parola di Dio e l’Eucaristia, forse poche volta all’anno”.
ARCIVESCOVO RAMZI GARMOU, DI TEHERAN DEI CALDEI, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, AMMINISTRATORE PATRIARCALE DI AHWAZ DEI CALDEI (IRAN)
“Tutta la Bibbia, dal libro della Genesi fino all’Apocalisse, ci dice che la fedeltà alla Parola di Dio conduce alla persecuzione. Il primo perseguitato per eccellenza è Gesù stesso, il quale ha conosciuto la persecuzione sin dai primi giorni della sua nascita fino alla morte sulla croce. Secondo il Vangelo, la persecuzione è considerata il segno più eloquente della fedeltà alla Parola di Dio. La crescita della Chiesa e il suo progresso nel cammino dell’evangelizzazione dei popoli sono frutto della persecuzione da essa subita in ogni luogo e in ogni tempo. Gesù, nel Vangelo, ci parla con molta chiarezza della persecuzione (Lc 21, 12-19). Preghiamo lo Spirito Santo affinché, in questo Anno Paolino, doni alla Chiesa del terzo millennio la grazia e la gioia di fare una esperienza autentica della persecuzione a causa della sua fedeltà alla Parola di Dio”.
VESCOVO DIONISIO LACHOVICZ, O.S.B.M., VESCOVO DI CURIA KYIV-HALYC (UCRAINA)
“La prima osservazione riguarda l’unità fra Parola e Battesimo, e di essi con l’Eucaristia: si dice nell’ ‘Instrumentum laboris’, che ‘sono due le realtà che uniscono i cristiani: la Parola di Dio e il Battesimo’. (…) Nel numero 35, si legge che esiste anche un’intima unità fra Parola ed Eucaristia (…) Diventa difficile capire dal punto di vista dell’ecumenismo, perché non si può concelebrare il sacramento dell’Eucaristia con gli Ortodossi (per esempio), quando si può celebrare con loro il sacramento della Parola di Dio ed avere in comune il Battesimo. (…) Abbiamo una certa impressione, che tutto quello che viene detto sull’ecumenismo, viene detto per altri, per un ‘terzo’, nel momento del dire assente. Come se questa Parola potesse fare un miracolo, ma noi, restiamo gli stessi. (…) Altrettanto, mi pare che si corra anche il pericolo di strumentalizzare la Parola di Dio. (…) Si può sapere a memoria tutta la Bibbia, discuterla con competenza, ma restare fuori di essa, non nutrirsi di essa, non essere incorporato in Cristo, non essere battezzato in Cristo”.
VESCOVO JOSEPH VO DUC MINH, COADIUTORE DI NHA TRANG (VIÊT NAM)
“La Chiesa in Cristo in Vietnam, dopo l’accoglimento del Vangelo nel 1533 e, soprattutto, dopo la nomina dei primi tre Vescovi nel 1659, ha percorso un cammino pieno di croci. Attraverso gli alti e bassi della loro storia, i cattolici vietnamiti, come gli ebrei al tempo dell’esilio, hanno compreso che solo la Parola di Dio permane e non delude mai. Questa Parola (…) è diventata la fonte di consolazione e di forza che dà fermezza a tutti i membri del Popolo di Dio e, al contempo, il punto focale che li aiuta a scoprire il loro futuro. La Parola di Dio aiuta a scoprire il vero volto di Gesù Cristo, che incarna l’amore redentore di Dio, attraverso il mistero della Croce. A causa della dolorosa esperienza vissuta dalla Chiesa di Cristo in Vietnam, il mistero della Croce si è fatto non solo vicino alla vita quotidiana, ma è divenuto anche un elemento essenziale che riunisce il Popolo di Dio”.
ARCIVESCOVO STANISLAW ZVOLENSKY, DI BRATISLAVA (SLOVACCHIA)
“Nella storia incontriamo molti uomini e donne che hanno letto la Sacra Scrittura in un modo che li ha portati ad un totale nuovo orientamento della vita, al cambiamento del modo di pensare e di agire, oppure almeno ad una nuova ragione da dare alla propria posizione di fede. La storia della Chiesa viene continuamente caratterizzata dal ritorno ad un radicalismo esistenziale della Scrittura. La santità di molti cristiani è una conseguenza della sincera e spesso radicale risposta alla chiamata della Parola di Dio. (…) Come esempio ci può servire la lettura francescana della Bibbia che senza dubbio si presenta sorprendente, se la guardiamo dal punto di vista degli odierni criteri scientifici d’interpretazione e dal punto di vista dei frutti della fede che questa lettura ha portato. Uno dei segni caratteristici di questa lettura è stato il principio ‘sine glossa’. Si trattava dell’accoglienza della Parola di Dio così, come è scritta nella Sacra Scrittura, senza commenti accademici. Per San Francesco la verità Divina non è oggettivizzata nelle parole e nelle frasi della Bibbia, non sta sempre a disposizione come una risposta pronta da darsi a tutti i problemi. Si può scoprire soltanto nel contesto intero e personale, non si concentra sulla materia del testo, ma sull’agire di Dio”.
VESCOVO ENRIQUE DIAZ DIAZ, AUSILIARE DI SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS (MESSICO)
“Ci sarà fedeltà alla Parola di Dio quando la prima forma di carità si realizza nel rispetto dei diritti della persona umana, nella difesa degli oppressi e di quanti soffrono” (IL, 39). (…) In molti luoghi si è avviata una relazione fra la Parola e le culture indigene. In certo senso la Bibbia è molto vicina alle loro concezioni e cosmogonie per la comune cultura rurale. La creazione, il concetto di Dio, il significato della Redenzione e della Croce, la vita in comunità, offrono molte possibilità di incontro. Tuttavia sono culture differenti, un cammino appena intrapreso e che bisogna percorrere facendo attenzione, per non condannare ciò che non si comprende, per chiarire e valorizzare la Parola Rivelata, per non distruggere culture e incarnare realmente il Vangelo nei nostri popoli. Da parte cattolica, c’è una scarsa traduzione della Bibbia nelle lingue indigene e si è cercato molto poco di comprendere la loro cultura e la loro concezione. Finché la Parola Rivelata non diventerà ‘parola viva, scritta nelle loro culture e nella loro vita’ sarà molto difficile che arrivi a penetrare nel cuore e a incarnarsi in questi popoli. Come Chiesa, dobbiamo proclamare questa ‘buona novella’ inculturata, che faccia fiorire il loro cuore e li mantenga in piedi, con dignità, e possano offrirci la loro parola evangelizzatrice”.
VESCOVO GEORG MÜLLER, SS.CC., PRELATO DI TRONDHEIM (NORVEGIA)
“In una Chiesa di diaspora estrema in mezzo a cristiani di altre chiese e comunità ecclesiali, il Sinodo sottolinea l’importanza della Scrittura e della Parola di Dio. La collaborazione biblica rappresenta un ampio forum per l’ecumenismo. Collaborando con le società bibliche nazionali, già da molti anni utilizziamo edizioni della Bibbia che non abbiamo realizzato da soli. Al contempo, questa comunione viene compresa e intesa in maniera diversa. Questo ha un effetto importante sulla comprensione della dottrina cristiana e sulla sua applicazione nella vita. In un mondo sempre più secolarizzato, la Chiesa deve trovare nuovi modi per dare uno spazio vivo alla Parola di Dio e per dare risalto alle esperienze positive con essa. La Chiesa cattolica in Scandinavia è una forte minoranza. Spesso nei nostri paesi è difficile per i fedeli poter accedere alla comunità ecclesiale a causa delle grandi distanze dalle chiese, degli insediamenti sparsi, della situazione dell’immigrazione e della mancanza di conoscenza della Chiesa ad essa collegata, delle diversità linguistiche e culturali. Questa situazione di diaspora si pone al centro delle nostre riflessioni, mentre in passato ci siamo confrontati con le grandi Chiese in Europa. Siamo una minoranza in una società secolare. Ma se guardiamo a noi stessi, non ci definiamo Chiesa della diaspora, poiché siamo abituati ad essere pochi”.
VESCOVO GEORGE COSMAS ZUMAIRE LUNGO, DI CHIPATA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (ZAMBIA)
“Nessuno può negare il fatto che ci sia un intimo legame fra la Parola proclamata e i Sacramenti nella vita e nella missione della Chiesa. (…) Tuttavia, in alcune parti del mondo, specialmente in Africa, la realtà è che la maggior parte delle nostre comunità vanno avanti senza celebrazione dell’Eucaristia per settimane, mesi e perfino anni, a meno che i cristiani non siano disposti a compiere lunghe distanze per partecipare alla Messa. In questo contesto, che cosa ne è degli anziani, dei disabili, dei bambini, di coloro che devono badare ai campi per proteggere il raccolto lontano dai villaggi? Come possono partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia? (…) L’Anno Paolino porti ad una consapevolezza missionaria che ci spinga a condividere con generosità le risorse umane e materiali per la diffusione della Parola di Dio. Le diocesi non dovrebbero sentirsi troppo povere per dare o troppo ricche per ricevere. É giunto il tempo che i Padri Sinodali ascoltino il grido dei poveri e facciano qualcosa di concreto”.
VESCOVO BEJOY NICEPHORUS D’CRUZE, O.M.I., DI KHULNA (BANGLADESH)
“La Parola di Dio e la Povertà: i profeti, in quanto uomini della Parola di Dio, sono stati i difensori dei diritti dei poveri, degli orfani e delle vedove. Essi hanno parlato in loro nome. (…) Il Bangladesh è un paese dove corruzione, disonestà e ingiustizia sono fenomeni dilaganti. Una piccola minoranza sta diventando ricca mentre la maggioranza diventa sempre più povera. La Parola di Dio ci chiama alla giustizia e all’integrità nella vita pubblica. La Chiesa, sparuta minoranza, sta dando il suo importante contributo in campi quali l’educazione, la sanità e i servizi sociali. In questi settori, la Chiesa deve vivere la propria solidarietà con i poveri, nonché promuovere la giustizia per tutti, soprattutto per i poveri, alla luce della Parola di Dio. La Parola di Dio invita al dialogo interreligioso: secondo il Concilio, la Chiesa non respinge nulla delle altre religioni che sia sacro e vero. Spesso esse riflettono un raggio di verità e per questo la Chiesa intera entra in dialogo con esse. In Bangladesh, paese a maggioranza musulmana, la minoranza cristiana deve vivere in pace, armonia e dialogo”.
VESCOVO LOUIS PORTELLA MBUYU, DI KINKALA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (REPUBBLICA DEL CONGO)
“Nel Congo-Brazzaville, paese segnato negativamente da una serie di conflitti interni, constatiamo l’abbondanza di movimenti religiosi che si possono suddividere in due categorie: da un lato, i movimenti che praticano una lettura di tendenza liberatrice pur richiamandosi ad elementi della religione tradizionale. Essi presentano come una contro-reazione di fronte a un cristianesimo considerato come una negazione dell’identità africana. Dall’altro, dei movimenti, ramificazioni del movimento pentecostale d’origine americana, caratterizzati da una lettura fondamentalista e persino magica della Bibbia, che tendono a distogliere le coscienze dai problemi concreti della vita sociale. Vi sono anche movimenti di orientamento esoterico e gnostico, caratterizzati da una lettura simbolica e ideologica della Bibbia. Tutto questo insieme va collocato in un contesto di sviluppo non adeguato, con il suo carico di miseria e di rassegnazione. Di fronte a questa situazione complessa, si fa sentire l’urgenza di aiutare, incoraggiare i fedeli di Cristo in Congo a leggere la Parola di Dio, a meditarla, a pregarla in quanto può ‘ricreare’ l’uomo africano che porta ancora in sé le conseguenze del suo passato. Ciò richiede un più facile accesso al testo biblico attraverso le traduzioni. É una delle urgenze pastorali della nostra Chiesa. D’altronde, questa lettura della Parola di Dio deve suscitare nel lettore africano la presa di coscienza della propria responsabilità nei confronti di una società che attende di essere trasformata in tutte le sue strutture secondo i valori del Vangelo”.
VESCOVO GREGOR MARIA HANKE, O.S.B., DI EICHSTÄTT (GERMANIA)
“La Parola di Dio non si esaurisce con la Bibbia stampata né con l’annuncio della Parola. La Parola scritta non ha la stessa gradazione della Parola-Logos rivelata nell’Incarnazione. La forza della Parola scritta e annunciata vive della presenza permanente nella storia del mondo di questa più grande Parola-Azione. Questo fa delle lettere della Sacra Scrittura, la Parola di Dio che cammina con l’uomo di oggi e che, in essa, apre il dialogo di Dio con l’uomo. É però l’Eucaristia il luogo in cui si rende presente la Parola d’azione, con tutta la sua storia dI salvezza e l’escatologia”.
SUA BEATITUDINE NERSES BEDROS XIX TARMOUNI, PATRIARCA DI CILICIA DEGLI ARMENI, CAPO DEL SINODO DELLA CHIESA ARMENA CATTOLICA (LIBANO)
“Secondo la tradizione, le origini della Chiesa armena, evangelizzata da San Gregorio L’Illuminatore, risalgono all’adozione del cristianesimo come religione di stato in Armenia nell’anno 301. All’epoca, l’alfabeto armeno non esisteva e le letture bibliche venivano proclamate in lingua greca o siriaca. L’officiante doveva poi tradurle in armeno. Questo non facilitava la comprensione della Parola di Dio da parte dei neofiti armeni. Da ciò è nata l’idea di inventare un alfabeto per tradurre la Bibbia nella lingua del popolo. (…) Si può concludere, senza dubbio, che l’invenzione dell’alfabeto armeno, nell’anno 406, non aveva altro fine che l’evangelizzazione. Questa evangelizzazione ha aiutato a salvaguardare la fede cristiana spesso minacciata, come nel 451 – la Bibbia era appena stata tradotta – e nei secoli successivi. La Parola di Dio ha sostenuto la Chiesa e il popolo armeno durante la sua dolorosa storia. Ha permeato e animato la cultura armena nel corso dei secoli. La vita dei cristiani in Armenia è stata continuamente pervasa e guidata dalla Parola di Dio”.
VESCOVO RICARDO ERNESTO CENTELLAS GUZMÀN, AUSILIARE DI POTOSÌ (BOLIVIA)
“La realtà attuale ci mostra che la Parola di Dio e le culture antiche e moderne sono mondi separati e paralleli. (…) Da qui nasce la grande sfida pastorale: rilanciare un’autentica incarnazione della Parola di Dio con volto proprio, in una situazione concreta che significhi ed impegni ad assumere un progetto di società in risposta alla necessità storica, sociale e culturale delle nostre comunità, affinché miglioriamo le nostre vite secondo la vita di Gesù di Nazareth. Non possiamo continuare a leggere e meditare la Parola senza la necessaria relazione con le culture e senza la conseguenza di un impegno sociale. É prioritaria una lettura della Parola contestualizzata che sia in grado di trasformare le persone e le strutture. (…) Abbiamo bisogno che ogni azione, progetto, gruppo e movimento, istituzione e struttura della nostra Chiesa riveda le proprie motivazioni e parta di nuovo secondo l’ispirazione biblica. É urgente mostrare al mondo un nuovo modo di essere Chiesa”.
VESCOVO FRIEDHELM HOFMANN, VESCOVO DI WÜRZBURG (GERMANIA)
“Come possiamo però raggiungere le persone che non vengono in Chiesa? (…) La rivelazione di Dio non si limita alla Parola di Dio nella Bibbia. Avviene anche nella natura e nella cultura. Certamente la rivelazione più elevata e intensa di Dio è l’Incarnazione della Parola di Dio in Gesù Cristo. É questa che occorre spiegare. (…) La Parola di Dio è stata inculturata nelle culture più diverse. Ha un impatto sull’arte. In Europa guardiamo a una storia culturale cristiana impressionante di quasi 2000 anni. Architetture straordinarie, opere d’arte figurative, musicali e letterarie sono nate dalla fede e hanno accolto in sé la testimonianza della fede. Ora bisogna fare nuovamente parlare questa fede rappresa. Nel Medioevo si conosceva la ‘biblia pauperum’, che spiegava visivamente parti della storia della salvezza a quanti non erano capaci di leggere. Oggi occorre spiegare la cultura cristiana perché molte persone non comprendono più questa lingua e non si dedicano direttamente alla Sacra Scrittura. (…) Anche nella cultura contemporanea, però, occorre ricercare le tracce della fede e riportarle alla loro funzione di ponte. Se è vero che gli artisti sono i sismografi del loro tempo, allora è bene che approfittiamo del loro lavoro e che li interpelliamo e li coinvolgiamo nell’annuncio della Parola di Dio.
VESCOVO ZBIGNIEW KIERNIKOWSKI, DI SIEDLCE (POLONIA)
“L’uomo moderno, non iniziato all’ascolto della Parola, resta spesso di fronte ad essa come un sordomuto. (…) Il kerygma è un momento molto importante. Se, però, il kerygma non è seguito da una vera e propria formazione all’ascolto della parola in seno alla comunità di fede, si corre il rischio di cadere nei vari moralismi, oppure risulta nei diversi tipi di fanatismo o altri tipi d’interpretazione soggettiva. (…) L’impostazione realizzata nel Cammino neocatecumenale è basata sul kerygma iniziale ed è seguita da una serio processo di iniziazione sotto la guida della Chiesa (vescovi, parroci e catechisti) fatta in piccole comunità e con le dovute tappe dell’iniziazione cristiana. Così il catecumenato fa fare all’iniziando un percorso, che insegna a riferire la Parola alla propria vita”.
ARCIVESCOVO CORNELIUS FONTEM ESUA, DI BAMENDA (CAMERUN)
“É necessario e urgente mettere le Sacre Scritture nelle mani dei fedeli, affinché diventino vive nelle loro professioni, nelle loro famiglie e nelle diverse situazioni della vita, e siano fonte di ispirazione per la vitalità e le attività delle Piccole Comunità Cristiane. É inoltre urgente l’inculturazione della fede cristiana e il dialogo con la Religione Tradizionale Africana. (…) Suggeriamo quindi che: Sacerdoti, religiosi e laici ricevano un’adeguata formazione per diventare operatori dell’apostolato biblico. (…) Venga messa a punto una formazione biblica generale di tutti i fedeli, soprattutto dei giovani. (…) La Bibbia non deve mancare in tutte le case cristiane per la lettura, la preghiera, lo studio e la venerazione. (…) La Bibbia deve essere tradotta nella lingua locale come primo passo verso l’inculturazione, al fine di rendere la Parola di Dio più accessibile ai fedeli. In Africa dovrebbe esistere un Istituto Biblico per promuovere la ricerca biblica nel contesto della Chiesa in Africa”.
VESCOVO ANTONIO MENEGAZZO, M.C.C.J., EL OBEID (SUDAN)
“In Sudan la maggioranza dei catecumeni non sa né leggere né scrivere: ne consegue che per prepararli bene al Battesimo, i Catechisti devono poter spiegare la Parola di Dio con posters, disegni e con la propria parola. (…) Abbiamo un’altra grande sfida per la Giustizia e la Pace, e il perdono e la riconciliazione, dopo 21 anni di guerra civile tra il Nord e il Sud del Paese, dopo tanto odio e ingiustizie e sofferenze. Anche dopo l’accordo di pace tra Nord e Sud, la situazione non è per nulla chiara e incoraggiante. E non dimentichiamo la guerra nel Darfur che continua senza nessun segno di miglioramento della situazione. Siamo convinti che la soluzione per un futuro di pace si può trovare solo nella fedeltà a Dio e alla sua Parola. Eucaristia e Parola di Dio, il binomio che può portare pace e serenità in tutti i cuori: ma come fare quando le distanze sono enormi e l’insicurezza per guerre e banditismo rende molto difficile e pericoloso il contatto dei sacerdoti con i fedeli? E la scarsità dei sacerdoti è un altro fattore negativo. Molti cristiani riescono solo raramente a ricevere la Parola di Dio e l’Eucaristia, forse poche volta all’anno”.
ARCIVESCOVO RAMZI GARMOU, DI TEHERAN DEI CALDEI, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, AMMINISTRATORE PATRIARCALE DI AHWAZ DEI CALDEI (IRAN)
“Tutta la Bibbia, dal libro della Genesi fino all’Apocalisse, ci dice che la fedeltà alla Parola di Dio conduce alla persecuzione. Il primo perseguitato per eccellenza è Gesù stesso, il quale ha conosciuto la persecuzione sin dai primi giorni della sua nascita fino alla morte sulla croce. Secondo il Vangelo, la persecuzione è considerata il segno più eloquente della fedeltà alla Parola di Dio. La crescita della Chiesa e il suo progresso nel cammino dell’evangelizzazione dei popoli sono frutto della persecuzione da essa subita in ogni luogo e in ogni tempo. Gesù, nel Vangelo, ci parla con molta chiarezza della persecuzione (Lc 21, 12-19). Preghiamo lo Spirito Santo affinché, in questo Anno Paolino, doni alla Chiesa del terzo millennio la grazia e la gioia di fare una esperienza autentica della persecuzione a causa della sua fedeltà alla Parola di Dio”.
VESCOVO DIONISIO LACHOVICZ, O.S.B.M., VESCOVO DI CURIA KYIV-HALYC (UCRAINA)
“La prima osservazione riguarda l’unità fra Parola e Battesimo, e di essi con l’Eucaristia: si dice nell’ ‘Instrumentum laboris’, che ‘sono due le realtà che uniscono i cristiani: la Parola di Dio e il Battesimo’. (…) Nel numero 35, si legge che esiste anche un’intima unità fra Parola ed Eucaristia (…) Diventa difficile capire dal punto di vista dell’ecumenismo, perché non si può concelebrare il sacramento dell’Eucaristia con gli Ortodossi (per esempio), quando si può celebrare con loro il sacramento della Parola di Dio ed avere in comune il Battesimo. (…) Abbiamo una certa impressione, che tutto quello che viene detto sull’ecumenismo, viene detto per altri, per un ‘terzo’, nel momento del dire assente. Come se questa Parola potesse fare un miracolo, ma noi, restiamo gli stessi. (…) Altrettanto, mi pare che si corra anche il pericolo di strumentalizzare la Parola di Dio. (…) Si può sapere a memoria tutta la Bibbia, discuterla con competenza, ma restare fuori di essa, non nutrirsi di essa, non essere incorporato in Cristo, non essere battezzato in Cristo”.
VESCOVO JOSEPH VO DUC MINH, COADIUTORE DI NHA TRANG (VIÊT NAM)
“La Chiesa in Cristo in Vietnam, dopo l’accoglimento del Vangelo nel 1533 e, soprattutto, dopo la nomina dei primi tre Vescovi nel 1659, ha percorso un cammino pieno di croci. Attraverso gli alti e bassi della loro storia, i cattolici vietnamiti, come gli ebrei al tempo dell’esilio, hanno compreso che solo la Parola di Dio permane e non delude mai. Questa Parola (…) è diventata la fonte di consolazione e di forza che dà fermezza a tutti i membri del Popolo di Dio e, al contempo, il punto focale che li aiuta a scoprire il loro futuro. La Parola di Dio aiuta a scoprire il vero volto di Gesù Cristo, che incarna l’amore redentore di Dio, attraverso il mistero della Croce. A causa della dolorosa esperienza vissuta dalla Chiesa di Cristo in Vietnam, il mistero della Croce si è fatto non solo vicino alla vita quotidiana, ma è divenuto anche un elemento essenziale che riunisce il Popolo di Dio”.
ARCIVESCOVO STANISLAW ZVOLENSKY, DI BRATISLAVA (SLOVACCHIA)
“Nella storia incontriamo molti uomini e donne che hanno letto la Sacra Scrittura in un modo che li ha portati ad un totale nuovo orientamento della vita, al cambiamento del modo di pensare e di agire, oppure almeno ad una nuova ragione da dare alla propria posizione di fede. La storia della Chiesa viene continuamente caratterizzata dal ritorno ad un radicalismo esistenziale della Scrittura. La santità di molti cristiani è una conseguenza della sincera e spesso radicale risposta alla chiamata della Parola di Dio. (…) Come esempio ci può servire la lettura francescana della Bibbia che senza dubbio si presenta sorprendente, se la guardiamo dal punto di vista degli odierni criteri scientifici d’interpretazione e dal punto di vista dei frutti della fede che questa lettura ha portato. Uno dei segni caratteristici di questa lettura è stato il principio ‘sine glossa’. Si trattava dell’accoglienza della Parola di Dio così, come è scritta nella Sacra Scrittura, senza commenti accademici. Per San Francesco la verità Divina non è oggettivizzata nelle parole e nelle frasi della Bibbia, non sta sempre a disposizione come una risposta pronta da darsi a tutti i problemi. Si può scoprire soltanto nel contesto intero e personale, non si concentra sulla materia del testo, ma sull’agire di Dio”.
VESCOVO ENRIQUE DIAZ DIAZ, AUSILIARE DI SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS (MESSICO)
“Ci sarà fedeltà alla Parola di Dio quando la prima forma di carità si realizza nel rispetto dei diritti della persona umana, nella difesa degli oppressi e di quanti soffrono” (IL, 39). (…) In molti luoghi si è avviata una relazione fra la Parola e le culture indigene. In certo senso la Bibbia è molto vicina alle loro concezioni e cosmogonie per la comune cultura rurale. La creazione, il concetto di Dio, il significato della Redenzione e della Croce, la vita in comunità, offrono molte possibilità di incontro. Tuttavia sono culture differenti, un cammino appena intrapreso e che bisogna percorrere facendo attenzione, per non condannare ciò che non si comprende, per chiarire e valorizzare la Parola Rivelata, per non distruggere culture e incarnare realmente il Vangelo nei nostri popoli. Da parte cattolica, c’è una scarsa traduzione della Bibbia nelle lingue indigene e si è cercato molto poco di comprendere la loro cultura e la loro concezione. Finché la Parola Rivelata non diventerà ‘parola viva, scritta nelle loro culture e nella loro vita’ sarà molto difficile che arrivi a penetrare nel cuore e a incarnarsi in questi popoli. Come Chiesa, dobbiamo proclamare questa ‘buona novella’ inculturata, che faccia fiorire il loro cuore e li mantenga in piedi, con dignità, e possano offrirci la loro parola evangelizzatrice”.
VESCOVO GEORG MÜLLER, SS.CC., PRELATO DI TRONDHEIM (NORVEGIA)
“In una Chiesa di diaspora estrema in mezzo a cristiani di altre chiese e comunità ecclesiali, il Sinodo sottolinea l’importanza della Scrittura e della Parola di Dio. La collaborazione biblica rappresenta un ampio forum per l’ecumenismo. Collaborando con le società bibliche nazionali, già da molti anni utilizziamo edizioni della Bibbia che non abbiamo realizzato da soli. Al contempo, questa comunione viene compresa e intesa in maniera diversa. Questo ha un effetto importante sulla comprensione della dottrina cristiana e sulla sua applicazione nella vita. In un mondo sempre più secolarizzato, la Chiesa deve trovare nuovi modi per dare uno spazio vivo alla Parola di Dio e per dare risalto alle esperienze positive con essa. La Chiesa cattolica in Scandinavia è una forte minoranza. Spesso nei nostri paesi è difficile per i fedeli poter accedere alla comunità ecclesiale a causa delle grandi distanze dalle chiese, degli insediamenti sparsi, della situazione dell’immigrazione e della mancanza di conoscenza della Chiesa ad essa collegata, delle diversità linguistiche e culturali. Questa situazione di diaspora si pone al centro delle nostre riflessioni, mentre in passato ci siamo confrontati con le grandi Chiese in Europa. Siamo una minoranza in una società secolare. Ma se guardiamo a noi stessi, non ci definiamo Chiesa della diaspora, poiché siamo abituati ad essere pochi”.
VESCOVO GEORGE COSMAS ZUMAIRE LUNGO, DI CHIPATA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (ZAMBIA)
“Nessuno può negare il fatto che ci sia un intimo legame fra la Parola proclamata e i Sacramenti nella vita e nella missione della Chiesa. (…) Tuttavia, in alcune parti del mondo, specialmente in Africa, la realtà è che la maggior parte delle nostre comunità vanno avanti senza celebrazione dell’Eucaristia per settimane, mesi e perfino anni, a meno che i cristiani non siano disposti a compiere lunghe distanze per partecipare alla Messa. In questo contesto, che cosa ne è degli anziani, dei disabili, dei bambini, di coloro che devono badare ai campi per proteggere il raccolto lontano dai villaggi? Come possono partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia? (…) L’Anno Paolino porti ad una consapevolezza missionaria che ci spinga a condividere con generosità le risorse umane e materiali per la diffusione della Parola di Dio. Le diocesi non dovrebbero sentirsi troppo povere per dare o troppo ricche per ricevere. É giunto il tempo che i Padri Sinodali ascoltino il grido dei poveri e facciano qualcosa di concreto”.
VESCOVO BEJOY NICEPHORUS D’CRUZE, O.M.I., DI KHULNA (BANGLADESH)
“La Parola di Dio e la Povertà: i profeti, in quanto uomini della Parola di Dio, sono stati i difensori dei diritti dei poveri, degli orfani e delle vedove. Essi hanno parlato in loro nome. (…) Il Bangladesh è un paese dove corruzione, disonestà e ingiustizia sono fenomeni dilaganti. Una piccola minoranza sta diventando ricca mentre la maggioranza diventa sempre più povera. La Parola di Dio ci chiama alla giustizia e all’integrità nella vita pubblica. La Chiesa, sparuta minoranza, sta dando il suo importante contributo in campi quali l’educazione, la sanità e i servizi sociali. In questi settori, la Chiesa deve vivere la propria solidarietà con i poveri, nonché promuovere la giustizia per tutti, soprattutto per i poveri, alla luce della Parola di Dio. La Parola di Dio invita al dialogo interreligioso: secondo il Concilio, la Chiesa non respinge nulla delle altre religioni che sia sacro e vero. Spesso esse riflettono un raggio di verità e per questo la Chiesa intera entra in dialogo con esse. In Bangladesh, paese a maggioranza musulmana, la minoranza cristiana deve vivere in pace, armonia e dialogo”.
VESCOVO LOUIS PORTELLA MBUYU, DI KINKALA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (REPUBBLICA DEL CONGO)
“Nel Congo-Brazzaville, paese segnato negativamente da una serie di conflitti interni, constatiamo l’abbondanza di movimenti religiosi che si possono suddividere in due categorie: da un lato, i movimenti che praticano una lettura di tendenza liberatrice pur richiamandosi ad elementi della religione tradizionale. Essi presentano come una contro-reazione di fronte a un cristianesimo considerato come una negazione dell’identità africana. Dall’altro, dei movimenti, ramificazioni del movimento pentecostale d’origine americana, caratterizzati da una lettura fondamentalista e persino magica della Bibbia, che tendono a distogliere le coscienze dai problemi concreti della vita sociale. Vi sono anche movimenti di orientamento esoterico e gnostico, caratterizzati da una lettura simbolica e ideologica della Bibbia. Tutto questo insieme va collocato in un contesto di sviluppo non adeguato, con il suo carico di miseria e di rassegnazione. Di fronte a questa situazione complessa, si fa sentire l’urgenza di aiutare, incoraggiare i fedeli di Cristo in Congo a leggere la Parola di Dio, a meditarla, a pregarla in quanto può ‘ricreare’ l’uomo africano che porta ancora in sé le conseguenze del suo passato. Ciò richiede un più facile accesso al testo biblico attraverso le traduzioni. É una delle urgenze pastorali della nostra Chiesa. D’altronde, questa lettura della Parola di Dio deve suscitare nel lettore africano la presa di coscienza della propria responsabilità nei confronti di una società che attende di essere trasformata in tutte le sue strutture secondo i valori del Vangelo”.
VESCOVO GREGOR MARIA HANKE, O.S.B., DI EICHSTÄTT (GERMANIA)
“La Parola di Dio non si esaurisce con la Bibbia stampata né con l’annuncio della Parola. La Parola scritta non ha la stessa gradazione della Parola-Logos rivelata nell’Incarnazione. La forza della Parola scritta e annunciata vive della presenza permanente nella storia del mondo di questa più grande Parola-Azione. Questo fa delle lettere della Sacra Scrittura, la Parola di Dio che cammina con l’uomo di oggi e che, in essa, apre il dialogo di Dio con l’uomo. É però l’Eucaristia il luogo in cui si rende presente la Parola d’azione, con tutta la sua storia dI salvezza e l’escatologia”.
SUA BEATITUDINE NERSES BEDROS XIX TARMOUNI, PATRIARCA DI CILICIA DEGLI ARMENI, CAPO DEL SINODO DELLA CHIESA ARMENA CATTOLICA (LIBANO)
“Secondo la tradizione, le origini della Chiesa armena, evangelizzata da San Gregorio L’Illuminatore, risalgono all’adozione del cristianesimo come religione di stato in Armenia nell’anno 301. All’epoca, l’alfabeto armeno non esisteva e le letture bibliche venivano proclamate in lingua greca o siriaca. L’officiante doveva poi tradurle in armeno. Questo non facilitava la comprensione della Parola di Dio da parte dei neofiti armeni. Da ciò è nata l’idea di inventare un alfabeto per tradurre la Bibbia nella lingua del popolo. (…) Si può concludere, senza dubbio, che l’invenzione dell’alfabeto armeno, nell’anno 406, non aveva altro fine che l’evangelizzazione. Questa evangelizzazione ha aiutato a salvaguardare la fede cristiana spesso minacciata, come nel 451 – la Bibbia era appena stata tradotta – e nei secoli successivi. La Parola di Dio ha sostenuto la Chiesa e il popolo armeno durante la sua dolorosa storia. Ha permeato e animato la cultura armena nel corso dei secoli. La vita dei cristiani in Armenia è stata continuamente pervasa e guidata dalla Parola di Dio”.
VESCOVO RICARDO ERNESTO CENTELLAS GUZMÀN, AUSILIARE DI POTOSÌ (BOLIVIA)
“La realtà attuale ci mostra che la Parola di Dio e le culture antiche e moderne sono mondi separati e paralleli. (…) Da qui nasce la grande sfida pastorale: rilanciare un’autentica incarnazione della Parola di Dio con volto proprio, in una situazione concreta che significhi ed impegni ad assumere un progetto di società in risposta alla necessità storica, sociale e culturale delle nostre comunità, affinché miglioriamo le nostre vite secondo la vita di Gesù di Nazareth. Non possiamo continuare a leggere e meditare la Parola senza la necessaria relazione con le culture e senza la conseguenza di un impegno sociale. É prioritaria una lettura della Parola contestualizzata che sia in grado di trasformare le persone e le strutture. (…) Abbiamo bisogno che ogni azione, progetto, gruppo e movimento, istituzione e struttura della nostra Chiesa riveda le proprie motivazioni e parta di nuovo secondo l’ispirazione biblica. É urgente mostrare al mondo un nuovo modo di essere Chiesa”.
VESCOVO FRIEDHELM HOFMANN, VESCOVO DI WÜRZBURG (GERMANIA)
“Come possiamo però raggiungere le persone che non vengono in Chiesa? (…) La rivelazione di Dio non si limita alla Parola di Dio nella Bibbia. Avviene anche nella natura e nella cultura. Certamente la rivelazione più elevata e intensa di Dio è l’Incarnazione della Parola di Dio in Gesù Cristo. É questa che occorre spiegare. (…) La Parola di Dio è stata inculturata nelle culture più diverse. Ha un impatto sull’arte. In Europa guardiamo a una storia culturale cristiana impressionante di quasi 2000 anni. Architetture straordinarie, opere d’arte figurative, musicali e letterarie sono nate dalla fede e hanno accolto in sé la testimonianza della fede. Ora bisogna fare nuovamente parlare questa fede rappresa. Nel Medioevo si conosceva la ‘biblia pauperum’, che spiegava visivamente parti della storia della salvezza a quanti non erano capaci di leggere. Oggi occorre spiegare la cultura cristiana perché molte persone non comprendono più questa lingua e non si dedicano direttamente alla Sacra Scrittura. (…) Anche nella cultura contemporanea, però, occorre ricercare le tracce della fede e riportarle alla loro funzione di ponte. Se è vero che gli artisti sono i sismografi del loro tempo, allora è bene che approfittiamo del loro lavoro e che li interpelliamo e li coinvolgiamo nell’annuncio della Parola di Dio.
VESCOVO ZBIGNIEW KIERNIKOWSKI, DI SIEDLCE (POLONIA)
“L’uomo moderno, non iniziato all’ascolto della Parola, resta spesso di fronte ad essa come un sordomuto. (…) Il kerygma è un momento molto importante. Se, però, il kerygma non è seguito da una vera e propria formazione all’ascolto della parola in seno alla comunità di fede, si corre il rischio di cadere nei vari moralismi, oppure risulta nei diversi tipi di fanatismo o altri tipi d’interpretazione soggettiva. (…) L’impostazione realizzata nel Cammino neocatecumenale è basata sul kerygma iniziale ed è seguita da una serio processo di iniziazione sotto la guida della Chiesa (vescovi, parroci e catechisti) fatta in piccole comunità e con le dovute tappe dell’iniziazione cristiana. Così il catecumenato fa fare all’iniziando un percorso, che insegna a riferire la Parola alla propria vita”.