Come si è formata la mappa storica dell’Ucraina? Le origini delle terre contese, da sempre

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L’Ucraina è una vasta frontiera al centro geografico dell’Europa. La geografia spiega molte cose, consapevoli che si tratta di una materia viva. Infatti, la parola Ucraina contiene sia il significato di quanto sta accadendo, che il suo destino: etimologicamente significa “sul confine” (dall’antico slavo “u krajna”). Non si tratta del confine orientale dell’Europa, identificabile grosso modo nella linea che unisce i Monti Urali e il Mar Caspio e pertanto almeno duemila chilometri più a oriente di questo Paese. Il confine che ha dato il nome all’Ucraina è interno all’Europa, riconducibile alla faglia irregolare che storicamente l’ha divisa fra l’influenza dell’Oriente e dell’Occidente.

L’Ucraina è un territorio che costituisce da sempre un crocevia di genti e interessi. Da sempre conteso e conquistato dai potenti vicini, la Russia a est e Polonia a ovest, e anche dall’Impero Austroungarico. La situazione drammatica che viviamo oggi ricorda che la realtà ucraina oscilli tra la sfera d’influenza russa e quella occidentale, come avvenne in epoca moderna quando il territorio era conteso tra l’Impero Russo e le potenze europee del tempo. Per capire meglio la guerra in Ucraina e quello che ne sta intorno, è necessario conoscere la storia. Con questo scopo condividiamo di seguito tre contributi storici.

La storia è una scienza che studia la vita delle persone del passato. L’interesse per il passato non svanisce, una persona deve conoscere la sua storia e, ovviamente, trarre conclusioni. La storia studia tutte le possibili fonti, stabilisce una catena di eventi, un processo storico, sistematizza. Una mappa storica è una di queste fonti. Considera che tipo di fonte è, e quali informazioni possiamo ottenere da essa.

Lo scopo principale della mappa storica è quello di trasmettere ai discendenti una esposizione fissa e conservata di eventi storici in una determinata località, vale a dire, per mostrare quel processo storico, quindi il tempo e quegli eventi nello spazio sono chiaramente visibili. Una mappa storica è un’immagine di un pianeta o di una sua parte, un territorio in diversi momenti della storia umana. Quindi, gli eventi storici diventano non solo fatti aridi nel libro di testo, prendono vita negli occhi e diventano più comprensibili e chiari. Possiamo vedere l’emergere di intere civiltà, lo sviluppo economico di uno stato, le rotte commerciali, il corso delle operazioni militari, la conquista di uno stato da parte di un altro, l’emergere e il declino di interi imperi – un’intera epoca su poche mappe storiche. Le mappe storiche sono divise in etnografico, archeologico, storico-economico, storico-politico, militare-storico e storico-culturale. In questi rami della mappa ci sono generali, che mostrano i processi in generale, e privati, che caratterizzano alcuni aspetti di eventi o fenomeni e fatti. Grazie a queste mappe, possiamo imparare di più sulla nostra terra natia, sulla storia del nostro paese natale.

Ucraina e Russia hanno una storia comune, e questo non può essere contestato. Le mappe storiche della Russia diranno sempre di questo stretto rapporto, perché per molti secoli il territorio dell’attuale Ucraina è stato mostrato su di loro. I confini tra Russia e Ucraina sono stati creati artificialmente, sebbene le differenze culturali nazionali tra i popoli situati negli stati confinanti su lati diversi del confine siano minime. Questo è successo dopo la prima guerra mondiale. Sotto la pressione dell’occupazione della Germania alla Conferenza di pace di Parigi, l’Ucraina è apparsa sulla mappa politica mondiale.

La posizione dell’Ucraina nella parte centrale dell’Europa orientale, oltre alle redditizie rotte commerciali, ha portato al fatto che il Paese è diventato ripetutamente partecipe delle operazioni militari. Tutto iniziò con Kievan Rus, con il decadimento di cui il Principato Galizia-Volyn sorse, la maggior parte dei quali in seguito viene catturato dai Paesi limitrofi. Nel 1569, questi Paesi confinanti – Polonia e Lituania – uniti in un unico stato – Rzeczpospolita, includevano quasi tutte le terre dell’attuale Ucraina. All’inizio del XVII secolo esisteva già una divisione tra la Polonia e la Russia dei territori, grazie alla quale sempre più terre facevano parte della Russia. Questo fu l’inizio della rivolta dei Cosacchi di Zaporozhye del 1648 a causa dell’aumentata pressione dei magnati polacchi. La ribellione fu guidata da Bogdan Khmelnitsky, e nel 1654, in una riunione chiamata Pereyaslavl Rada, fu annunciato che i territori insorti si stavano muovendo lungo il protettorato Russia. Durante le guerre russo-turche, ebbe luogo lo sviluppo del cosiddetto “campo selvaggio”. Grazie alle conquiste della Russia, furono fondate le città più importanti del sud e la costa meridionale del Mar Nero: Kirovograd, Kherson, Nikolaev, Odessa, Dnepropetrovsk. Quindi si unì Bessarabia. L’Austria-Ungheria includeva ancora i territori di Transcarpazia, Bucovina e Galizia.

L’URSS ha liberato gli attuali territori occidentali dell’Ucraina nel 1939, che all’inizio del 1918 e 1920 furono catturati dalla Polonia. Nel 1940, in risposta alla richiesta dell’URSS, la Romania restituisce i territori della Bessarabia e della Bucovina catturati nel 1918. La Transcarpazia fu liberata nel 1945 e divenne anche parte dell’URSS. Così, grazie alla Russia zarista e alla redistribuzione dei confini dell’URSS dopo la prima e la seconda guerra mondiale, una nuova mappa storica dell’Ucraina si è formata nei suoi attuali confini.

Fonte: QUI.

Ai confini dell’Impero. Russia-Ucraina e il ritorno della storia
di Mariofilippo Brambilla di Carpiano (Direttore Dipartimento di Storia delle Relazioni Internazionali UNIMEIER)
Il Giornale d’Italia, 14 marzo 2022


Il processo di disgregazione del sistema politico, economico e della struttura sociale dell’Unione Sovietica che portò all’indipendenza delle repubbliche socialiste da cui era composta, non significò soltanto il mutamento dell’asse geopolitico internazionale, ma anche il ritorno di grandi entità storiche che si credevano sepolte sotto cumuli di cenere.

Alcuni, che nei primissimi anni ’90 erano bambini e incuriositi dalla scoperta del mappamondo, ricorderanno certamente, una pubblicità molto trasmessa allora sui canali della televisione italiana.

Lo spot, azzeccatissimo, del nuovo Atlante De Agostini, uscito per le edizioni del Corriere della Sera, si apriva con lo schianto di un aereo militare sovietico, in mezzo a un campo dell’Est, sotto lo sguardo indispettito di una contadina intenta a rivoltare il fieno. Rapido lo scambio di battute. “Madre Russia!” esclamava nella sua lingua classica lo scompigliato pilota, tra lo svolazzare delle galline. “Macché Russia, questa è Ucraina!” rispondeva la donna. “Ma l’Ucraina è Russia!” controbatteva l’aviere, sempre più disorientato. “No” concludeva lei, con piglio deciso, trafficando nel fienile, “L’Ucraina è Ucraina!”.

“L’Ucraina non è Russia”, la pubblicità profetica dell’atlante geografico del 1995: impazza in questo periodo buio la profetica pubblicità degli anni Novanta dell’atlante geografico De Agostini distribuito con il Corriere della sera: “Ma l’Ucraina non è Russia, è Ucraina!”

Nel 1991 la ristampa di tutti gli atlanti del mondo era una delle maggiori rappresentazioni plastiche dell’evento storico che segnò la fine di un’era: dal Cremlino veniva ammainata la bandiera rossa con la falce e martello. Il secolo breve, con la sua cavalcata turbolenta attraverso gli anni che mossero il mondo, volgeva al tramonto. Il processo di disgregazione del sistema politico, economico e della struttura sociale dell’Unione Sovietica che portò all’indipendenza delle repubbliche socialiste da cui era composta, non significò soltanto il mutamento dell’asse geopolitico internazionale, ma anche il ritorno di grandi entità storiche che si credevano sepolte sotto cumuli di cenere.

Per i Russi non finiva soltanto l’ordine dettato dal Patto di Varsavia, eretto all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale e franato sotto le macerie del Muro di Berlino. Per loro terminava il più longevo e perverso regime della storia dell’umanità. Instaurato dai bolscevichi con la Rivoluzione d’Ottobre esso dissolse l’immenso impero degli zar, liquefacendone l’identità storica dentro un’unione di repubbliche autonome, dagli assetti etnico-territoriali spesso modificati e diretti dal partito comunista di Mosca.

A quella antica amalgama di potere che per secoli si era costituita attorno all’autocrazia imperiale, al nazionalismo dei reggimenti dell’esercito, al conservatorismo del latifondo e al misticismo della Chiesa Ortodossa, Lenin contrappose l’internazionalismo rivoluzionario, il materialismo dialettico, la collettivizzazione forzata e il partito di massa. Surrogato artificioso di religione e comunità nazionale. Il fantasma di Marx vinse per quasi cent’anni il fantasma di Pietro il Grande.

Fu con il preciso intento di disarticolare l’Impero russo, per rimpiazzarlo con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (casa ritenuta più idonea a custodire l’archetipo dell’uomo nuovo comunista), che Lenin e i suoi favorirono la nascita dell’Ucraina come entità statale nel 1918. Tradotto dall’antico slavo significa, pressappoco, terra di confine. Nel nome è già scritta l’instabilità geopolitica di questa vastissima estensione di pianure e di coste, comprese tra la Polonia e il Mar Nero, crocevia di religioni, imperi e tradizioni. Per i Russi fu, sin dal principio, anche un irrinunciabile granaio, con accesso vitale ad un mare caldo (i colori della bandiera azzurro-oro sono il cielo terso sopra i campi ubertosi di cereali).

Separare la storia dell’Ucraina orientale, intesa dal fiume Dnepr verso il Volga, da quella del resto della Russia sarebbe praticamente impossibile ed intellettualmente disonesto. I due popoli hanno una storia comune, secolare, che risale al battesimo di quelle terre da parte del Gran principe Vladimir il Santo, come ricordato dal Patriarca Kirill durante il suo appello per una pacificazione che oggi appare lontana.

Abitato in origine da tribù vichinghe, successivamente mescolatesi con popolazioni slave-scandinave-finniche, tra il IX e il X secolo il territorio del Principato di Kiev, divenne il primo nucleo dell’organizzazione politica della Rus’. Venne cristianizzato, gettando le basi di uno Stato che si estese progressivamente fino a Mosca, segnato da uno stretto rapporto di unione tra Sacerdotium e Imperium. Considerata la Terza Roma, perché risorta come una fenice dai resti di Costantinopoli, Mosca venne destinata nella leggenda a perpetuare l’ancestrale tradizione dell’Impero di Bisanzio, caduto negli artigli dell’orda islamica nel 1453.

Proprio dalla Roma dei Cesari, universale ed eterna, e dai basileus bizantini, derivano i simboli della storia russa. Il titolo di czar, utilizzato dai monarchi slavi, veniva dal latino caesar o dal greco kaisar. L’aquila bicipite, tornata a campeggiare sulla bandiera della Federazione Russa dopo la caduta del comunismo, è il Cristianesimo che volge lo sguardo a oriente e a occidente nel medesimo istante.

All’ombra dei suoi preziosi monasteri la regione di Kiev, denominata Piccola Russia, fu la culla della cultura russa moderna divenendo la prima frontiera dell’impero. Ma soltanto dopo una non brevissima parentesi di conquiste e battaglie, con l’avvicendarsi di invasori polacchi, lituani, svedesi, tatari e turchi, l’Ucraina tornò ad esserne parte integrante. Nel 1764 l’imperatrice Caterina II soppresse lo stato degli atamani Cosacchi, che nell’Ucraina meridionale avevano instaurato un temibile dominio. La vicenda di questa antica comunità militare di cavalieri-mercenari, nomadi, liberi e dalle origini misteriose, ebbe grande importanza nella storia russo-ucraina, magistralmente raccontata da Nikolaj Gogol’ nella novella di Taras Bul’ba.

La dicotomia tra Kiev (antica Madre di tutte le Russie) e San Pietroburgo (nuova capitale zarista) trapassò i secoli. Fortissimi furono i legami di queste terre con la dinastia dei Romanoff e con tutta l’amministrazione imperiale. Alessandro III e Nicola II amavano trascorrere lunghi periodi al Palazzo di Livadija, vicino Jalta. Proprio in quella bianca residenza estiva affacciata sul Mar Nero, l’ultimo zar passò diversi momenti sereni con la moglie e i figli, prima di finire tutti trucidati nell’eccidio di Ekaterinburg nell’estate del ’18. Non molto tempo dopo dalla penisola di Crimea, navi inglesi alla fonda, traevano in salvo dalla furia rivoluzionaria dei bolscevichi i membri superstiti della famiglia imperiale, insieme ai resti dell’Armata Bianca del generale Vrangel’.

Questa regione storica, alla periferia centro-orientale dell’Europa, non comprendeva però soltanto la parte est, legata a triplo filo con San Pietroburgo. Vi era una vasta porzione di territorio lambita dalla foce del Danubio, oggi incorporata nell’Ucraina occidentale, che per secoli venne retta non dai Romanoff ma dagli Asburgo. Leopoli, la capitale, esprimeva perfettamente il carattere mitteleuropeo di quella divisione amministrativa dell’impero austro-ungarico chiamata Galizia e Lodomiria. Sul finire della prima guerra mondiale, a Vienna, si pensò di farne un regno ucraino indipendente e di offrirne la corona all’arciduca “rosso” Guglielmo d’Asburgo-Lorena. Ma quella è una storia nella storia.

Gli eventi squassanti del secondo conflitto mondiale, trovarono l’Ucraina già stremata dagli anni della folle politica di riorganizzazione agricola imposta da Stalin. Il conseguente sterminio per fame di milioni di contadini kulaki, fino a limite estremo del cannibalismo sui morti, spiega in parte perché, quando i tedeschi la invasero istituendo il Reichskommissariat nel 1941, molti Ucraini li accolsero da liberatori salutandoli con il pane e il sale. Nel corso di cento anni, questa terra di contesa, è stata il laboratorio politico applicato di scontri feroci con ogni tipo di ideologia passata e presente. Ieri: monarchici, comunisti, social-rivoluzionari, anarchici e nazional-socialisti. Oggi: separatisti e nazionalisti, comprimari di un conflitto per procura tra fratelli slavi.

Da Machno a Bandera e Skoropadskyi; da Chruščëv a Brežnev e Gorbačëv, dalla dissoluzione dell’Urss a Euromaidan, questo “ritorno” della storia ci aiuta a comprendere le ragioni dei tremendi venti di guerra che spazzano di nuovo i bordi del nostro continente.

Nel 2014 l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger dichiarava sul Washington Post: “Considerare l’Ucraina come parte del confronto est-ovest, spingerla a far parte della NATO, equivarrebbe ad affossare per decenni ogni prospettiva di integrare la Russia e l’Occidente in ogni sistema di cooperazione internazionale. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto favorire la riconciliazione e non, come hanno fatto, il dominio e la sopraffazione di una fazione sull’altra”.

Negli anni in cui la NATO si espandeva ad est, la Federazione Russa restaurava il suo pensiero strategico composto da filosofia, identità e destino economico di gigante a cavallo tra Europa e Asia. In quella stessa Russia, in cui un tempo trionfava il materialismo ateo sovietico, è riemersa la visione di uno spazio spirituale secondo cui, l’Occidente cristiano, non finisce sulla riva del Donec in Ucraina, ma ai confini della Manciuria, sulle sponde del Pacifico.

Breve storia dell’Ucraina
Il suo nome significa “sul confine”, ma si trova al centro dell’Europa ed è nella sua capitale Kiev che nacque la Russia
di Francesco M. Cataluccio
Il Post, 25 marzo 2014


Spesso le parole contengono, appena celato, il vero significato delle cose, e anche il loro destino. “Ucraina” significa “sul confine” (u krajna). Uno spazio di frontiera, sempre conteso e conquistato dai potenti vicini: Russia, a est, e Polonia, a ovest (e anche, quando c’era, l’Impero Austro-ungarico). Ancora oggi, un piccolo monumento vicino al confine con la Slovacchia ha un’epigrafe in latino che la Società Geografica di Vienna fece apporre nel 1911: «Grazie a un sistema di meridiani e paralleli, in questo punto è stato fissato il centro dell’Europa».

L’Ucraina è quindi una vasta frontiera proprio al centro del nostro continente. Un grande territorio (il Paese più esteso d’Europa, dopo la Russia: 603.700 chilometri quadrati; il quinto per numero di abitanti: 48 milioni) per lo più pianeggiante, se si escludono le verdi montagne dei Carpazi a sud, e quindi senza grandi difese naturali: distese di fertili campi; steppe che arrivano fino al mare; colline ondulate; immensi boschi; molti laghi e gonfi fiumi; un sottosuolo ricco soprattutto di carbone (cfr. il miglior libro di introduzione all’Ucraina di oggi: M. Pasquale, Ucraina. Terra di confine. Viaggi nell’Europa sconosciuta, il Sirente, Fagnano Alto 2012).

Un Paese pieno di paradossi. Non soltanto perché lì sta (molto più a est di quanto comunemente si creda) il centro del nostro continente, ma perché lì nacque la Russia. Quando, nell’882 dC, il principe scandinavo Oleg conquistò Kiev (Kyiv), uccise i signori della città (appartenenti alla tribù slava dei Poliani) e dichiarò: «Questa città sarà la madre di tutte le città dei Rus’». I Rus’ erano il potente clan vichingo della città. In poco tempo, quella città commerciale, attraversata dal grande fiume Dnepr (che i romani chiamavano Danaper) divenne il centro di un grande e potente impero che andava dal Mar Baltico al Mar Nero.

Negli inizi di una nazione stanno iscritti, come il nome, i suoi caratteri e le sue contraddizioni (che saranno portatrici, fino al nostro presente, di conflitti e incertezze). Il fatto saliente, che mutò la storia della Rus’ di Kiev, fu quando, nel 988, il principe Vladimir convertì tutto il suo popolo, che era pagano, alla religione cristiano ortodossa. I principi di Kiev presero molto sul serio la religione bizantina come strumento di potere: furono eretti rapidamente un gran numero di chiese ed edifici sacri, tanto che il vescovo sassone Ditmaro di Merseburgo, visitando Kiev, nel 1018, testimoniò che, in città, il loro numero superava le trecento unità. La testimonianza ancora visibile di quella manifestazione architettonica della fede è il bellissimo Pečerska Lavra, conosciuto anche come Monastero delle grotte di Kiev: un antico monastero, fondato nel 1051 dai monaci Antonio e Teodosio, diventato un luogo di culto sempre più importante nel medioevo e che ospita oggi la residenza del Metropolita di Kiev. La storia di quel mondo ucraino antico, già sovraccarico di violenze, è narrata nell’epopea del Cantare di Igor’ (XII sec.), il primo testo letterario russo, dove si narrano le imprese del principe Igor’ Svjatoslaviç (1151–1202).

Sul fiorente regno della Rus’ si abbattè, nel 1240, l’orda dei conquistatori Mongoli guidati da Baty Khan. Kiev fu rasa al suolo e i suoi abitanti sterminati. In seguito, il territorio della Rus’ fu diviso in tre principati: Galizia, Volynia e Moscovia (che in seguito divennero: Polonia, Lituania e Russia).

Gli Ebrei giocarono, loro malgrado, un ruolo assai importante in Ucraina. Le prime testimonianze della loro presenza nella regione di Kiev risalgono al 1018. Nella lotta sanguinosa tra contadini ucraini e proprietari terrieri polacchi, gli Ebrei furono sempre dalla parte dei Polacchi e quindi costantemente oggetto di manifestazioni ostili da parte dei contadini e dei Cosacchi. Il re Sigismondo I di Polonia e Lituania (1506-1548) e il suo successore, Sigismondo Augusto (1548-1572), protessero gli ebrei, garantendo loro eguali diritti e la possibilità di insediarsi liberamente in Polonia e in Ucraina. La situazione peggiorò tragicamente in seguito alle rivolte dei servi della gleba ucraini, guidati dall’atamano cosacco Bohdàn Chmel’nitskij (1596-1657), e alla Guerra russo-polacca (1654-1667), detta Guerra di Ucraina, che si concluse con una significativa espansione territoriale russa e segnò l’inizio della grande potenza politica e militare russa nella regione. Il conflitto fu generato dalla ribellione dei Cosacchi ucraini contro i Polacchi. Il Cosacco Chmel’nitskij ottenne, sin dall’inizio, un importante aiuto da Alessio I di Russia, in cambio della sua alleanza, sancita, nel 1654, dal Trattato di Pereyaslav che unì di fatto l’Ucraina alla Russia (per festeggiare degnamente il trecentesimo anniversario del Trattato, nel 1954, l’allora segretario del PCUS, Nikita Sergeevič Chruščëv, regalò all’Ucraina la penisola di Crimea, e oggi i Russi se ne pentono molto).

Nel XVIII secolo, sorsero i più importanti movimenti di rinascita mistica e risveglio devozionale, che mutarono la vita quotidiana, la cultura e la filosofia delle comunità ebraiche dell’Ucraina. Israel ben Eliezer, meglio noto come Ba’al Shem Tov (1699-1760), fu il fondatore del Hassidismo (hassidim=uomini devoti). I suoi adepti (che si distinguono ancora oggi per i lunghi pastrani neri, gli ampi cappelli di feltro o di pelliccia, le barbe e le basette arricciolate) anteponevano alla conoscenza del Talmud l’amore sincero per Dio e l’idea di una comunione dell’uomo con il divino, pienamente realizzata attraverso la preghiera e la vita gioiosa.

Con l’editto di Caterina II del dicembre 1791 (che rimase in vigore fino al marzo 1917) le autorità russe stabilirono delle “zone di residenza” per gli Ebrei, al di fuori delle quali non avevano il diritto di abitare e lavorare in maniera permanente. Le autorità inoltre incoraggiarono i pogròmy (persecuzioni): linciaggi e incendi delle case degli gli Ebrei. In nessun’altra zona d’Europa, fino all’avvento del nazismo, l’antisemitismo fu così spietato. Anche per questo, a partire dal 1897, molti iniziarono ad abbracciare la causa sionista e a immaginare il loro futuro in Palestina, fuori dall’ “inferno russo-ucraino”. Altri intrapresero la difficile strada dell’emigrazione verso l’America (come si vede anche nel film animato, prodotto da Spielberg, Fievel sbarca in America, del 1986).

Con il XX secolo la storia dell’Ucraina prese un nuovo indirizzo, in un’alternanza di speranze, rivoluzioni e violenze. La Rivoluzione del 1905 e poi la Rivoluzione Bolscevica del 1917 coinvolsero direttamente il paese e portarono alla nascita della Repubblica socialista ucraina. Già nel 1922 la regione (che era stata uno dei granai d’Europa) fu investita dalla prima terribile carestia, dovuta al collasso dell’amministrazione statale e alle continue guerre che l’avevano dilaniata negli ultimi sette anni (Prima guerra mondiale; Rivoluzione; Guerra civile tra rossi e bianchi; Guerra russo-polacca del 1920). Poi, quando il Partito comunista prese il controllo del paese tentò di imporre a una massa di contadini la collettivizzazione delle terre. Interi villaggi contadini si opposero al progetto di collettivizzazione delle campagne, previsto dal Primo piano quinquennale del 1929. Perciò tutti i contadini (piccoli, grandi e medi) che non accettarono di sottomettersi alla collettivizzazione, vennero bollati, con una campagna di denigrazione molto violenta, come “kulaki” (proprietari), e vennero trattati come dei veri e propri nemici: caricati a forza sui treni e deportati lontano, con il risultato di impoverire ancor di più le campagne. La politica di collettivizzazione forzata di Stalin non portò nessun risultato economico, ma morte per fame ed eccidi di massa.

“Holodomor”, deriva dall’espressione ucraina moryty holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, ed è il nome attribuito alla carestia, non generata da cause naturali, che si abbatté sul territorio dell’Ucraina negli anni dal 1929 al 1933 e che causò circa 7 milioni di morti (Cfr. A. Graziosi (a c.), Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina e nel Caucaso del Nord nei rapporti dei diplomatici italiani, 1932-33, Einaudi, Torino 1991; G. Sokoloff (a c.), 1933, L’année noire. Témoignage sur la famine en Ukraine, Albin Michel, Paris 2000 e G. De Rosa e F. Lomastro, La morte della terra. La grande “carestia” in Ucraina nel 1932-33, Viella, Roma 2004). Un disegnatore italiano della “scuola bolognese”, è riuscito a farci vedere, con un graphic novel, questa tragedia inimmaginabile: Igort, Quaderni ucraini. Memorie dai tempi dell’Urss (Mondadori, Milano 2010).

Questo spiega perché quando i Tedeschi, nel 1941, invasero l’Ucraina, molte persone li accolsero salutandoli con il pane e il sale, come dei “liberatori” (numerosi furono gli episodi di collaborazionismo: 30.000 Ucraini combatterono assieme ai Tedeschi, nella famigerata 14esima divisione Halychyna e alcuni dei più crudeli guardiani dei lager nazisti erano Ucraini). In realtà l’occupazione tedesca fu, in quella regione, di una ferocia particolarmente spietata, non soltanto contro gli Ebrei, ma contro tutta la popolazione civile considerata complice di un movimento di resistenza partigiana sempre più forte ed eroico.

Alla fine della guerra, l’Ucraina contò 8 milioni di morti (di cui: 1,5 milioni Ebrei) e 2 milioni di deportati come schiavi (200.000 rimasero in Occidente). Se ad essi si aggiungono i 7 milioni di morti tra deportazioni, fucilazioni e fame, si ha un quadro del costo enorme di vite che furono spezzate durante quindici anni in quella regione. Dopo la guerra mondiale, si protrasse fino al 1950 una strisciante, e violenta, guerra condotta dall’esercito e le forze di sicurezza russe contro le formazioni clandestine dell’UPA, l’ala militare dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, fondata il 14 ottobre del 1942, guidata dal generale antisemita Roman Shukhevich. Dalla fine della guerra alla morte di Stalin (1953) 500.000 Ucraini vennero deporti in prigioni o in campi di lavoro (Gulag).

Il 26 aprile del 1986 una nuova tragedia si abbatté sull’Ucraina: esplose il reattore 4 della centrale atomica di Chernobyl (cfr. F. M. Cataluccio, Chernobyl, Sellerio, Palermo 2011, qui un video con la storia). I morti come risultato diretto dell’incidente furono diecimila, ma quelli per le conseguenze delle radiazioni sono milioni (anche se la Russia ha sempre contestato i dati forniti da Greenpeace e dalle organizzazioni internazionali). Da questo episodio, che mostrò tutta l’inefficienza del potere sovietico, iniziarono a svilupparsi vari movimenti di opposizione che si raggrupparono, nel 1990, nel Rukh (Movimento Popolare per la Perestrojka) che ebbe un notevole risultato nelle elezioni locali e preparò la strada al distacco dall’URSS.

Il 24 agosto 1991 l’Ucraina proclamò l’indipendenza, passando da “membro della famiglia delle nazioni sovietiche” a stato sovrano e iniziando un lungo, e non privo di intoppi, cammino verso la democrazia. Nel 1996, l’ala riformatrice del Parlamento (Verhovna Rada), impose una nuova Costituzione: nel dicembre del 2004 l’Ucraina divenne una Repubblica parlamentare.

L’Ucraina divenne così, nel bene e nel male, un paese “normale e democratico”. Però, pochi individui, appartenenti per lo più alla vecchia oligarchia del Partito Comunista, si impadronirono delle ricchezze del paese e riuscirono in pochi anni, grazie anche alla dilagante corruzione, ad accumulare enormi fortune economiche. Come molte altre città dell’Est europeo, frustrate e umiliate per lungo tempo, Kiev si è riappropriata negli ultimi anni della vita, intesa nel senso più abbagliante, superficiale ed effimero: esteriorità e trionfo del denaro, col quale pare di poter ottenere qualsiasi cosa. Il risultato è spesso piuttosto volgare, sfacciato, con un sentore di falso. Malinconicamente vitalistico. Il carnevale del sesso facile post sovietico, oltre che un rapido mezzo per far soldi, rappresenta anche un diffuso desiderio di oblio: si dimenticano le tragedie del passato in una sorta di orgia che esclude però la maggioranza della popolazione, che continua a impoverirsi (anche se in misura minore che in passato).

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