Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 8

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Prosegue dalla Parte 7: QUI.

Quindi sì, preghiamo per la pace in Ucraina. Ogni giorno, in ogni orario, di continuo. Vorremmo che questa guerra non fosse mai iniziata. Ma è successo, sono passate due settimane e speriamo che si possa raggiungere senza indugi un accordo di cessate il fuoco. Speriamo che i negoziati risolvano questo terribile conflitto senza ulteriore spargimento di sangue.

«Il nostro assedio ai Russi. Loro senza Netflix, Coca Cola, McDonald’s, Audi, American Express, Microsoft, PornHub, Visa, Facebook. Noi senza grano, senza energia e senza lavoro. Vediamo quanto resistono» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Uno squarcio sulla verità che si apre in un panorama putrescente

Francesco Borgonovo Vicedirettore di La Verità a L’aria che tira su La7, 1° marzo 2022: «Quelli cui stiamo dando le armi sono in parte gli stessi che hanno commesso il massacro di Odessa nel 2014 e che nelle regioni del Donbass non ci andavano per il sottile e l’UE ha fatto finta di niente per questi 8 lunghi anni. Se andiamo alla guerra totale perché gli Stati Uniti hanno così deciso poi dobbiamo sapere quali siano le conseguenze di questa guerra totale. E l’obiettivo di armare i “partigiani ucraini” quale sarebbe? Deporre Putin e deporlo con un fantoccio tipo Yeltsin? Qual è lo scopo di questa cosa? Fermare la guerra dando i razzi in mano ai muratori ucraini?». «Invito tutti i politici e i giornalisti che si sentono vicini ai patrioti ucraini ad imbracciare un fucile di quelli che forniremo agli ucraini e andare a combattere, che almeno fa un atto eroico come il popolo ucraino: chi invece sta qua e favorisce la III GM è un vigliacco». «Chiediamo per gli altri libertà e dem ma non rispettiamo i nostri lavoratori» [Video QUI].

Ehi, vi ricordate del Covid?
di Andrea Zhok
L’Antidiplomatico, 8 marzo 2022

Ehi, vi ricordate del Covid? Quella terribile malattia che, secondo la Pravda nostrana non lasciava scampo, faceva strage d’innocenti e poteva essere contenuta solo con le misure più draconiane?

Direte, dov’è sparita? Tranquilli, è ancora serenamente là, ieri abbiamo avuto circa lo stesso numero di contagi del picco delle ondate precedenti (40.000) e circa 200 decessi (ora come allora, con età media 80 anni).

Le inoculazioni sono ferme, il super green pass è ancora in funzione, la gente sospesa dal lavoro è ancora sospesa, i ragazzi discriminati per andare a fare sport o altro sono ancora discriminati, ecc. ecc.

Però l’allarme e l’isteria collettiva sono cessati di botto. Questo perché la nostra realtà è integralmente una realtà mediaticamente costruita, e la regola aurea della, chiamiamola, “informazione” è che c’è spazio per un solo titolone a piena pagina, per un solo scoop d’apertura, per una sola chiamata alle armi dei teledipendenti.

Altrimenti la concentrazione si perde e l’animosità della truppa si disperde.
Ora, e finché non avremo ottenuto il risultato di demolire quel che rimane dell’economia europea a colpi di emergenzialismo bellico, il Covid può essere ricondotto alla sua dimensione naturale, di preoccupazione sanitaria da monitorare senza instillare terrore o fomentare odio.

In questo momento tutto il terrore e l’odio che siamo in grado di mobilitare nel pubblico pagante serve a dipingere Putin come il nuovo Hitler e i russi come i nuovi nazisti (con un pizzico di ironia, viste le inclinazioni politiche prevalenti nelle truppe che vi si oppongono in Ucraina).

Una volta disfatta l’economia in modo terminale, con la benzina che verrà servita in calici di cristallo, per soli estimatori, potremo passare alla necessità urgentissima e inderogabilissima di approvare senza se e senza ma tutte le riforme richieste dall’Europa per erogare le salvifiche tranche del PNRR. Visto il disastro, mica ci potremo permettere di cincischiare?

E così avanti nei secoli dei secoli a farci menare per il naso, mentre ci indigniamo a comando, ci scateniamo nei due minuti d’odio, ci gonfiamo il petto in empiti moraleggianti e nobili sdegni a molla verso gli obiettivi che ci hanno messo di fronte.

Lo sviluppo di armi batteriologiche in Ucraina

«Se apriamo i media Italiani e internazionali troviamo una valanga di notizie false sulla crisi ucraina, ma non troviamo le uniche vere notizie che dovremmo sapere su questa storia», scrive Cesare Sacchetti. Come abbiamo riferito nei giorni precedenti – sulla base di informazioni del Ministero della Difesa russo, confermato indirettamente da fonti NATO, che hanno espresso preoccupazione che i laboratori che studiavano armi batteriologiche finiscano in mano russo. Riferisce Cesare Sacchetti: «Il Ministero della Difesa russo ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha confermato la presenza in Ucraina di laboratori che studiavano armi batteriologiche. Queste strutture erano disseminate in tutto il Paese ed erano finanziate e controllate direttamente dal Pentagono. Il Governo Obama e i governi ucraini che si sono succeduti dal golpe dell’Euromaidan in poi hanno violato in maniera clamorosa la convenzione che vieta la modifica artificiale di letali agenti patogeni. I Russi inoltre hanno rilevato come nelle vicinanze di queste strutture ci sia stato un aumento di patologie quali la tubercolosi e la leptospirosi. È quindi probabile che ci sia stato un rilascio di virus e batteri presenti in questi laboratori nelle zone circostanti. I Russi monitoravano queste attività dal 2014 ed è anche confermato il rinvenimento di campioni di DNA russo in questi centri di “ricerca”. Negli anni passati il Pentagono aveva raccolto il DNA russo per studiare un’arma batteriologica espressamente pensata per sterminare il popolo russo. C’era un piano per lanciare una guerra batteriologica contro la Federazione Russa». Questo piano è stato sventato dalla Russia stessa, certamente non dall’Unione Europea.

A München una clinica rifiuta di curare i pazienti russi, mentre quegli ucraini sono benvenuti.
(Andrea Varvello)
«Queste notizie vengono diffuse con l’intento di fomentare ciò che si finge di denunciare. La campagna d’odio sta dando i suoi primi frutti» (Renato Russo).

La guerra del gas

«Il Vicepremier russo Novak avverte: «In caso di un embargo petrolifero (come quello deciso da USA e Gran Bretagna) abbiamo tutto il diritto di imporre un embargo sul gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1», tagliando così l’approvvigionamento dell’Europa. L’Italia è rifornita soprattutto dal gasdotto che passa dall’Ucraina. Vedrete che adesso qualcuno qui forse comincia a ragionare. O a razionare» (Alberto Negri).
Segretario Generale dell’OPEC: “Non esiste capacità per sostituire i 7 milioni di barili di petrolio della Russia”. Al che si pone la domanda. Non lo sapevano prima? Lo sapevano, ma hanno fatto finta di non saperlo? Mistero.

«Non so sanzioniamo anche la Serbia, che dite? Forse non è abbastanza la capacità di auto distruzione italiana. Vorrei ricordare che nel frattempo Germania, Paesi Bassi e Francia si sono sganciate dalle sanzioni e non sono stati inseriti tra i Paesi ostili alla Russia. Mentre questi bastardi e mafiosi che abbiamo al governo ci stanno facendo schiantare contro un muro di cemento armato! Sveglia! Sveglia!» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Il Ministero della Difesa russo: in Ucraina è stata costituita una rete di laboratori biologici nell’ambito dei programmi biologici militari del Pentagono

Secondo il Ministero della Difesa russo i laboratori biologici ucraini a Lviv lavoravano con gli agenti patogeni della peste e dell’antrace, a Kharvov e Poltava studiavano quelli della difterite e della dissenteria. Secondo il Ministero della Difesa russo le attività dei laboratori biologici in Ucraina dal 2014 e la riforma sanitaria hanno portato ad un aumento incontrollabile dell’incidenza di infezioni particolarmente pericolose. Con il pretesto di combattere il Covid, l’Ucraina ha inviato agli Stati Uniti migliaia di campioni di siero di pazienti, principalmente quelli appartenenti al “gruppo etnico slavo”. Tutto il necessario per continuare l’attuazione del programma biologico militare statunitense è già stato trasferito fuori dal territorio dell’Ucraine, ha concluso il Ministero della Difesa russo.

Victoria Nuland all’audizione del Congresso ha confermato ufficialmente l’esistenza di laboratori biologici americani che sviluppano armi batteriologiche in Ucraina

“Ci sono strutture di ricerca biologica in Ucraina. Al momento, siamo preoccupati che l’esercito russo stia cercando di prenderne il controllo. Stiamo lavorando con la parte ucraina per garantire che i materiali per la ricerca biologica non cadano nelle mani delle forze russe».

Victoria Nuland ha lavorato per la Segreteria di Stato americano sotto il governo Obama e ora è Sottosegretario di Stato nello stesso dipartimento per il governo Biden. La Nuland è stata una delle dirette esecutrici del golpe dell’Euromaidan nel 2014, quando l’allora Presidente ucraino Yanukovich venne rovesciato per instaurare al suo posto un governo fantoccio nelle mani di Washington e della NATO.

La Russia chiede agli Stati Uniti di spiegare i laboratori biologici in Ucraina

La Russia afferma di aver scoperto strutture di armi biologiche collegate agli Stati Uniti in Ucraina, apparentemente destinate esclusivamente all’uso militare. Il Portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che Washington deve una spiegazione a Mosca e al mondo. In primo luogo, poiché l’Ucraina è il vicino della Russia e, in secondo luogo, che potrebbe rendere in qualche modo ipocriti gli sforzi contro le armi di distruzione di massa degli Stati Uniti in tutto il mondo”.

I dipendenti dei laboratori hanno fornito dati sulla distruzione di emergenza della documentazione sullo sviluppo di sostanze pericolose. Il Ministero degli Esteri russo si chiede se i biomateriali siano stati distrutti nei laboratori ucraini e se le sostanze pericolose non siano cadute nelle mani degli estremisti neonazisti.

La Cina inviata gli USA a rivelare i dettagli sui laboratori biologici in Ucraina

Il Portavoce del Ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha affermato ieri, martedì 8 marzo 2022 che Pechino considera i laboratori in Ucraina solo la “punta dell’iceberg” e che il Dipartimento della Difesa statunitense “controlla 336 laboratori biologici in 30 paesi del mondo”. Zhao ha anche affermato che secondo i dati “pubblicati dagli stessi Stati Uniti”, ci sono 26 laboratori statunitensi in Ucraina. Ha invitato “tutte le parti interessate” a mettere in sicurezza i laboratori alla luce dell’offensiva militare russa.

Il ministero degli Esteri cinese ha esortato tutte le parti a garantire la sicurezza dei 26 laboratori biologici in Ucraina e ha chiesto agli Stati Uniti di rivelare tutti i dettagli relativi ad essi. Il Portavoce Zhao Lijian ha fatto queste osservazioni al China Global Television Network, dopo che il Ministero della Difesa russo domenica ha affermato – di cui abbiamo riferito ieri – che ci sono prove di un programma biologico militare finanziato  Secondo Reuters, che si riferisce a comunicazioni dell’azienda, la chiusura degli 850 locali in Russia costerà a McDonald’s 50 milioni di dollari al mese.

Relativamente ai laboratori biotecnologici in Ucraina, scoperti e distrutti dai Russi, a chi pensa di dover commentare – così, a naso – che si tratta di fake news, ecco quanto segue:

Come facilmente prevedibile, le sanzioni e le armi contro la Russia finiranno per colpire soprattutto gli Europei, troppo stupidi per difendere i loro interessi.

Ma anche gli USA incasseranno il colpo. Secondo Reuters, che si riferisce a comunicazioni dell’azienda, la chiusura degli 850 locali in Russia costerà a McDonald’s 50 milioni di dollari al mese.

La decisione di Biden di mettere un bando sulle importazioni petrolifere russe non colpisce né gli Stati Uniti né la Russia. Colpisce l’Unione Europea. I prezzi della benzina in Europa Occidentale saliranno alle stelle (già oggi oltre i 2 euro al litro: prima facevo il pieno con 75 euro, oggi ho speso più di 90 euro).

Putin ha firmato un decreto che prevede la riduzione delle esportazioni di materie prime ai Paesi che sono considerati una minaccia per la sicurezza russa. Tra questi ci sono praticamente tutti i Paesi dell’Unione Europea. La Russia è la riserva globale di materie prime. Nel sottosuolo russo c’è praticamente un enorme bacino di minerali quali rame, stagno, diamanti, zinco, oro e argento. Sono minerali indispensabili per l’intera filiera industriale europea.

Le industrie italiane stanno chiudendo. Non c’è altro modo di dirlo. In tutti i settori produttivi non si riesce a sopravvivere ai costi energetici e ai rincari delle materie prime. Anche il turismo è in ginocchio. E il governo? Pensa a rapinarci col catasto… o con i prelievi forzati dai conti in banca?

Cartiere, fonderie, pesca e allevamento: interi settori produttivi sono già alla chiusura
di Giulia Burgazzi
Visionetv.it, 9 marzo 2022


Cartiere e fonderie già chiudono. I pescatori scioperano per il caro carburante. I camionisti (di nuovo) faranno altrettanto. Gli allevatori temono di dover abbattere gli animali per mancanza di mangimi zootecnici. Il rincaro di materie prime, energia e cereali legato alla guerra in Ucraina ha già messo in ginocchio interi settori produttivi.

Tuttavia forse è solo l’inizio. In risposta alle crescenti sanzioni dell’Occidente, la Russia sta redigendo l’elenco dei Paesi verso i quali vietare le esportazioni per tutto il 2022. Vuoi che l’Italia, già inserita nella lista dei Paesi ostili per via delle politiche dell’UE e del Governo, non sia ulteriormente colpita dall’embargo?

In risposta, il MISE si prepara ad introdurre dazi e autorizzazioni alle esportazioni di prodotti ritenuti fondamentali, alla faccia dell’Unione Europea e del suo mercato unico interno. Ma è un tentativo di cucire una toppa ormai fuori tempo massimo. La Russia invece si era preparata da tempo alle sanzioni dell’Occidente ed è in grado di attutire il colpo. Nei guai c’è l’Italia, con o senza i dazi del MISE.

Gli scambi commerciali dell’Italia con la Russia riguardavano, nel 2021, esportazioni per 7 miliardi ed importazioni per oltre 12. Fra le importazioni, oltre ai combustibili (cioè all’energia), anche beni impossibili da sostituire su due piedi, come prodotti chimici e metalli.

Se verranno ulteriormente a mancare approvvigionamenti vitali, la situazione attuale di varie attività produttive italiane rischia di somigliare alla coda mozzata di una lucertola. Nonostante tutto si muove ancora, ma la vita è un’altra cosa.

Per ora, i problemi riguardano soprattutto il prezzo dell’energia, carburante compreso. Già in gennaio, prima che cominciasse la guerra, secondo l’Istat la produzione industriale era scesa del 3,4% rispetto a dicembre. Ora si stanno fermando imprese energivore come le cartiere, dalle quali escono fra l’altro gli imballaggi di varie merci in vendita al supermercato.

Si stanno fermando anche le fonderie. Il costo dell’energia è un problema, ma non il solo. L’espulsione della Russia dal sistema bancario internazionale SWIFT rende impossibile pagare e fare arrivare la ghisa.

Il turismo, già messo alle corde dalle restrizioni Covid, è un altro settore colpito. Il prezzo della benzina sconsiglia anche solo la gita fuori porta. E in ogni caso, altro che il ristorante! Gli italiani devono pagare le bollette e la spesa. Gli europei hanno analoghi problemi. L’Italia, fino a nuovo ordine, la vedranno soltanto in cartolina.

In epoca pre Covid, in Italia arrivavano ogni anno 1,7 milioni di turisti russi e spendevano circa 2,5 miliardi. Addio anche a quelli. E non solo. In luoghi come Rimini e Forte dei Marmi, gli operatori turistici e i commercianti davano la caccia al personale in grado di parlare russo per tenere i rapporti con quella pingue fetta di clientela. Adesso parlare russo non serve più. E la crescente desertificazione economica dell’Italia rende superfluo anche il personale.

«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: “Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene”. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. Con le sanzioni e la propaganda stucchevole stanno ottenendo il duplice risultato di distruggere l’Ucraina e i Paesi europei in un colpo solo. Fenomeni» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Dopo l’ossessione della censura pandemica, il logaritmo Feisebukke è stata convertito in censura russofobica.

«L’elettorato di Putin non conosce nemmeno la parola Netflix, non sta su Facebook, paga con la carta Mir e se va in vacanza va sul Mar Nero. Le sanzioni colpiscono (per ora) l’élite urbana filo occidentale» (Roberto Buffagni).

Anonymous contro la censura, aperto un portale per mandare Sms ai numeri russi: «Scriviamo a tutti cosa succede in Ucraina»
di Valerio Berra
Open, 6 marzo 2022


Negli ultimi giorni il Cremlino ha impedito l’accesso nel Paese a Facebook e Twitter e ha limitato le attività di diversi media stranieri

Non ci sono media liberi in Russia e internet è sotto censura. È possibile però inviare un messaggio diretto a chi abita questa nazione resa schiava.

La nuova strategia di Anonymous per diffondere informazioni sull’invasione della Russia in Ucraina passa attraverso i messaggi di testo. Il collettivo hacker ha lanciato il portale 1920.in che permette di mandare messaggi a numeri di telefono russi. Nei messaggi si chiede di scrivere cosa sta succedendo in Ucraina. Vengono anche riportati dei testi di esempio come: «Cari russi, i vostri media sono stati censurati. Il Cremlino sta mentendo. Migliaia di vostri soldati e fratelli ucraini stanno morendo in Ucraina. Scopri la verità sul web libero e sull’app Telegram. È ora di rovesciare il dittatore Putin!». Il testo viene anche riportato in russo per essere sicuri che venga compreso dal destinatario del messaggio. La campagna è partita dall’account Twitter @YourAnonNews, il profilo in cui in questi giorni vengono riportate tutte le attività dei gruppi hacker.

Per chi non vuole diffondere i suoi contatti, Anonymous ha pubblicato anche una guida per mandare Sms con numeri di telefono fittizi. L’unico difetto della campagna è che il portale 1920.in è spesso in down per le troppe richieste. La campagna è stata ripresa anche dall’account @Doemela_X, un account che in questi giorni si era già fatto notare nella galassia Anonymous per aver diffuso 40 mila documenti attribuiti all’Istituto di Sicurezza Nucleare di Mosca. @Doemela_X ha pubblicato un video in cui viene spiegato agli utenti come muoversi per questa campagna. Da notare un particolare: a differenza dalla solita maschera di Guy Fawkes diventata il simbolo di questo movimento, questa volta gli hacker hanno scelto una maschera ispirata a Squid Game.

Guerra Ucraina, “Russia prepara disconnessione da internet globale”
L’uscita dalla rete entro l’11 marzo. Mosca lavora per trasferire trasmissioni e connessioni sulla intranet nazionale Rucom
Adnkronos 7 marzo 2022


Fra 4 giorni, esattamente il prossimo 11 marzo, la Russia potrebbe essere ufficialmente “fuori” dalla rete Internet, completando l’isolamento dalle comunicazioni globale in atto sin dal primo giorno dell’attacco all’Ucraina. Fonti esperte in cyber-security confermano che Mosca ha iniziato i preparativi per trasferire tutte le trasmissioni, le connessioni ai server e la gestione dei domini interni su una rete parallela, la intranet nazionale Rucom.

Il Primo Ministro dei Paesi Bassi a Londra: “Facciamo di tutto, ma l’intervento militare è un rischio troppo grande”
Il Primo Ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte ha escluso l’intervento militare in Ucraina dopo le consultazioni con il Primo Ministro britannico Boris Johnson e il Primo MInistro canadese Justin Trudeau. “Questo finirebbe con la terza guerra mondiale”
di Geert Langendorff
Ad.nl, 7 marzo 2022

(nostra traduzione italiana dal neerlandese)

Per quanto tristi e dolorose siano le immagini dell’invasione russa dell’Ucraina, le truppe della NATO non interverranno direttamente nella guerra in nessuna circostanza. Lo ha affermato il Primo Ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte dopo un vertice con il suo omologo britannico Boris Johnson e il capo del governo canadese Justin Trudeau. “Quello che l’Occidente può fare, lo faremo”, ha detto. “Quello che non faremo è intervenire militarmente in Ucraina”.
Rutte si è consultato sia con Johnson che con Trudeau all’aeroporto militare di Northolt, dove i tre hanno anche incontrato i soldati britannici che aiutano a spedire rifornimenti di emergenza in Ucraina. Paesi Bassi, Regno Unito e Canada hanno sostenuto congiuntamente che il Presidente russo Vladimir Putin e i suoi complici dovrebbero essere processati presso la Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia.
I leader hanno respinto l’invito a smettere di acquistare energia russa. “La realtà è che dipendiamo in gran parte dal loro petrolio”, ha detto Rutte. “Vogliamo ridurre drasticamente la nostra dipendenza da esso, ma ci vuole tempo”. Rutte ha lamentato che le sanzioni economiche “non hanno ancora avuto l’effetto sperato” su Putin e sul Cremlino, ma ha espresso l’aspettativa che alla fine lo faranno.
Mentre i Paesi Bassi si sono aperti gli occhi dopo l’abbattimento del volo MH17 nel 2014, anche Johnson e Trudeau ora dicono di rendersi conto che la Russia è un partner “inaffidabile”. Secondo loro, la crisi in Ucraina ha fornito una nuova prospettiva sulla necessità di restaurare la NATO. Rutte ha indicato che il già aumentato budget per la difesa potrebbe aver bisogno di un’iniezione finanziaria extra a causa delle “cambiate circostanze”.
Il Regno Unito, uno dei maggiori donatori della NATO, pensa che il pensiero globale dovrebbe essere rivolto al futuro una volta che la guerra in Ucraina sarà finita. Johnson: “Non possiamo presumere, come abbiamo fatto dopo l’invasione russa della Crimea e del Donbass, che lo status quo sarà ripristinato immediatamente. Dobbiamo concentrarci collettivamente sulla conservazione della sicurezza”.
Rutte ha ribadito che in nessun caso avrebbe sostenuto un intervento della NATO. “C’è stato un consenso su questo fin dall’inizio. Forniamo aiuti umanitari, inviamo risorse per la difesa e forniamo assistenza logistica, ma non interverremo militarmente. È un rischio troppo grande per i Paesi Bassi e il resto del mondo. Sfortunatamente, in pratica ciò significa che vedremo quelle terribili immagini per qualche tempo a venire”.

In questa situazione ci sono evidenze sul terreno su cui ci si dovrebbe interrogare

«Io ho visto tante guerre ma non ho mai visto una guerra in cui dopo quattro giorni da un attacco funzionano ancora rete elettrica e telefonini. Dovete chiedere il perché, nessuno se lo chiede», dice Alberto Negri a Tagadà di La7. Probabilmente fa parte della tattica di Putin. Negri, che i fatti li conosce, risponde che se Putin avesse voluto, avrebbe potuto distruggere Kiev in un giorno ma il suo obiettivo non è né la distruzione né la morte civile. Ha puntato ad obiettivi militari per portare l’Ucraina a trattare. «Chiedetevi poi, perché reti e telefonini funzionano ma allo stesso tempo le immagini che arrivano sono assai limitate e sempre le stesse», dice Negri. «È la propaganda di Putin!», afferma la Panella. «Non solo sulla propaganda di Putin, non solo sulla propaganda di Putin, signori!», si infervora Negri.

L’impianto nucleare di Zaporizhzhia, nell’Ucraina Sud-Orientale, l’avrebbero dovuto difenderlo 240 soldati della guardia ucraina, ma hanno preferito unirsi ai Russi. Adesso l’impianto è sorvegliato congiuntamente dagli Ucraini e dai Russi.

False flag. Secondo il Ministero della Difesa russo gli Ucraini hanno commesso una provocazione estremamente pericolosa. Hanno colpito gli impianti che forniscono energia alla centrale nucleare di Chernobyl.

Vicino a Kharkiv si prepara una provocazione con 80 tonnellate di ammoniaca, per accusare la Russia di aver usato armi chimiche.

Che questa è una guerra di immagini, oltre che sul campo, è evidente. A Mariupol gli Ucraini mostrano le immagini di un ospedale bombardato e i Russi mostrano le immagini di militari ucraini appostati sul tetto dell’edificio, sostenendo che lo stesso fosse già stato evacuato.

Ripudio guerra, invio armi in Ucraina: legittimo per Stefano Ceccanti
di Giuseppe Rusconi
Rossoporpora.org, 2 marzo 2022


Ieri, martedì 1° marzo, Senato e Camera dei deputati hanno approvato a grande maggioranza il decreto Ucraina, che contiene nell’articolo 1 l’autorizzazione a fornire armi letali al governo di Kiev così da contribuire alla difesa del Paese. La decisione è comunque controversa, specie se si considera l’art. 11 della Costituzione italiana. Ne parliamo con Stefano Ceccanti, costituzionalista cattolico piddino.

Oggi 2 marzo è il Mercoledì delle Ceneri, che per i cattolici è giorno di preghiera, penitenza, magro e digiuno: Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris. Quest’anno poi papa Francesco ha invitato tutti, anche i non cattolici e i non credenti (al termine dell’udienza generale del 23 febbraio), alla preghiera e al digiuno per la pace in Ucraina.

E poco fa, durante la consueta e settimanale udienza generale, il Papa ha ricordato la sua iniziativa ai pellegrini di lingua francese e inglese. Ai polacchi ha invece detto: “Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le porte delle vostre case agli ucraini che scappano dalla guerra. State offrendo generosamente loro tutto il necessario perché possano vivere dignitosamente, nonostante la drammaticità del momento. Vi sono profondamente grato e vi benedico di cuore!”

All’iniziativa papale ha aderito anche un folto gruppo di parlamentari italiani (circa duecento): dopo la santa messa delle 8.30, la chiesa di San Gregorio Nazianzeno (che fa parte del complesso della Camera) è restata aperta per preghiera e confessioni. Alle 13.30 l’arcivescovo Edgar Peña Parra (Sostituto della Segreteria di Stato) presiede un momento di preghiera.

Molti tra i partecipanti hanno sicuramente approvato ieri al Senato e alla Camera (contrari a Palazzo Madama solo 13 senatori e a Montecitorio 25 deputati) l’invio di armi letali al governo ucraino. La lista dei tipi di armi è ufficialmente secretata. Pare però a tale proposito che non si tratti dei carrarmatini del Risiko, ma di ben più micidiali lanciarazzi, mitragliatrici, blindati leggeri, missili terra-terra e probabilmente terra-aria (Stinger). Il fatto è che il nostro paracarro del Monteceneri (che divide Bellinzona da Lugano e che ragiona terre à terre), ha colto un’apparente contraddizione tra il ‘sì’ alla fornitura di armi letali a un Paese in guerra e il ‘sì’ alla preghiera e al digiuno per la pace.

Abbiamo allora chiesto lumi al giurista cattolico piddino Stefano Ceccanti, Capogruppo Pd nella Commissione Affari costituzionali della Camera nonché, tra l’altro, ordinario di diritto pubblico comparato. Ecco allora di seguito l’intervista al sessantunenne, attivissimo costituzionalista che espone dettagliatamente la sua interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana in relazione al voto di ieri in sede parlamentare. Dando così la possibilità di un’ulteriore riflessione a chi ci legge. La ‘versione di Ceccanti’ alla fine avrà dissipato le forti perplessità di tanti nostri lettori su quanto accaduto ieri? Forse sì… o forse no. Chissà…

Testo dell’articolo 11 della Costituzione italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Professor Ceccanti, il decreto Ucraina approvato ieri, martedì primo marzo da Senato e Camera dei deputati, autorizza all’art. 1, “la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari favore delle autorità governative dell’Ucraina”. Ma l’Ucraina è un Paese in guerra, sotto invasione russa: l’art. 11 della Costituzione non statuisce prioritariamente che l’Italia ripudia la guerra?
L’articolo 11 della nostra Costituzione collega in modo indissolubile due elementi: il primo è il ripudio della guerra e il secondo l’apertura ad una logica multilaterale, a limitazioni di sovranità, perché era il sistema delle sovranità nazionali chiuse che aveva portato alle guerre mondiali. Cosa vuole dire concretamente questo? Che si esclude la guerra di aggressione per se stessi e che contro le guerre di aggressione altrui ci si impegna attivamente e ci si affida al multilateralismo, in particolare all’Onu. all’Onu. C’era alla Costituente un filone molto minoritario di pacifismo radicale che si espresse in un emendamento del deputato socialista Cairo all’articolo 52 contro il servizio militare, riecheggiando una soluzione adottata dalla Costituzione giapponese, ma fu nettamente bocciato. L’articolo 11, che va letto in combinato con altri come il 52 sulla difesa della Patria e col 78 sulla delibera dello stato di guerra difensiva, era pensato in vista dell’adesione all’Onu. Cosa si fa però se l’Onu non è in grado di operare come in questo caso, dato che la Russia ha un diritto di veto?  Si cerca dentro una logica multilaterale di aiutare chi viene aggredito, esattamente come in questo caso, anche con armi. Altrimenti si arriverebbe a una concezione paradossale, di tipo isolazionista: noi ripudieremmo per noi stessi la guerra di aggressione, ammetteremmo di poter difendere noi stessi con una guerra difensiva, ma accetteremmo qualsiasi aggressione ad altri senza reagire. Non saremmo in una situazione di pace, ma di resa a un’aggressione, a quello spirito di Monaco 1938 che Emmanuel Mounier condannò come grave errore delle democrazie che avrebbe provocato drammi ulteriori e che non le avrebbe lasciate alla fine indenni.

È vero che un’azione coordinata internazionalmente di guerra difensiva è ammessa dalla seconda parte un po’ arzigogolata dell’art. 11, ma nel nostro caso si configurano un attacco russo e una difesa ucraina. In che senso l’Ue e la Nato si sentono aggredite e dunque chiamate a difendersi?
La legittima autorità a cui spetta aiutare aggrediti contro aggressori è senza dubbio l’Onu, ma il nodo è appunto cosa si deve fare se l’Onu non è in grado di operare. Dobbiamo forse accettare passivamente un’aggressione ad altri perché il Paese che aggredisce ha un diritto di veto all’Onu? Dobbiamo quindi ammettere che in via sussidiaria possano intervenire altre realtà multilaterali come la Ue e la Nato, che è un’alleanza difensiva liberamente scelta dai suoi contraenti. È un tema che già si pose nel caso dell’intervento in Kossovo…

Quello degli sciagurati bombardamenti su Belgrado nel 1999 nel quadro di un intervento che è apparso a non pochi come inaccettabile…
Però tale intervento venne dai più ritenuto legittimo perché vi erano le condizioni di legittimità previste dalla Carta dell’Onu e intervenne appunto la Nato in chiave sussidiaria: meglio un diritto imperfetto assicurato dalla Nato che nessun diritto.
Si può pensare che fu un intervento che ha fatto strame della sovranità di uno Stato sovrano…
Infatti il caso del Kossovo era più problematico di quello odierno perché si trattava di intervenire dentro uno Stato sovrano a difesa di una minoranza i cui diritti erano oppressi.  Il caso ucraino è invece più classico, di uno Stato che ne aggredisce un altro, come si è verificato nel conflitto Irak-Kuwait del 1991. E’ pertanto logico che i Paesi confinanti siano i primi abilitati a intervenire. Ovviamente vale sempre non solo il principio della legittima autorità, e quindi del ricorso al multilateralismo, ma anche quello della proporzionalità, dell’equilibrio da tenere tra il bene che si vuole proteggere e il male che si fa difendendosi. Per questo non si è scelto l’intervento diretto ma un aiuto indiretto.

Aiuto indiretto… non sembra tanto indiretto… Sarà d’accordo anche Lei che una mitragliatrice o un missile Stinger sono un’arma letale. Come può essere che contribuiscano agli sforzi di pace? Ognuna di queste armi accresce il numero dei morti, delle distruzioni, degli sfollati, dei profughi, oltre a deteriorare la psiche di chi è coinvolto nella guerra. Insomma: la fornitura di tali armi non alimenta forse la tensione?
Il punto non è isolare la valutazione su questo o quel sistema d’armi, ma la congruenza tra mezzi e fini. Qui il fine è quello di evitare una vittoria totale e rapida degli aggressori, la cui forza è incomparabilmente maggiore, per ricondurre tutti a una trattativa che poggi su un equilibrio decente. Questo deve essere il criterio guida sulla scelta dei mezzi, ispirata appunto alla proporzionalità.

Inviando armi letali al governo ucraino l’Italia non entra de facto in guerra con la Russia? Mi sembra questo un aspetto su cui il dibattito alla Camera è stato assai carente, salvo eccezioni…
Nessuno entra in guerra con la Russia per il fatto che si aiuta indirettamente un aggredito, ma ci si assume un compito di doverosa resistenza al male, ad un’aggressione del tutto unilaterale ed evidente, collaborando ad uno sforzo difensivo e tenendo quindi aperta una trattativa diplomatica altrimenti priva di basi materiali. La resistenza al male è un dovere morale, sia pure esercitata con la necessaria prudenza e razionalità.

Nel dibattito di ieri lo stesso presidente del Consiglio è parso svicolare sull’argomento ed ad esempio nella replica prima delle dichiarazioni di voto non ha mai accennato all’invio di armi (sebbene alcuni deputati nei loro interventi abbiano evidenziato questo aspetto fondamentale)… argomento troppo scottante? Meglio passarlo sotto silenzio, tanto poi le armi saranno inviate senza troppi clamori?

Il ricorso ad un aiuto anche tramite armi era del tutto evidente. Già ieri, martedì 1° marzo, era entrato in vigore il decreto da Lei segnalato. Esso è strutturato in tre passaggi: la sua entrata in vigore come fondamento, un necessario voto del Parlamento come autorizzazione, un successivo decreto interministeriale, il quale prevedesse appunto il concreto aiuto con armamenti. Non si può quindi obiettivamente dire che il senso della votazione fosse non conosciuto o non evidente ai parlamentari.

Comunque resta l’impressione che si sia voluto in qualche modo far passare sottotraccia il tema. Veniamo alla Sua distinzione spesso evidenziata tra legale e legittimo. Magari certe azioni militari internazionali non sono del tutto legali, ma legittime sì? Ci vuol chiarire il concetto?
L’intervento in Kossovo era extra-legale, nel senso che il quadro legale perfetto sarebbe stato quello dell’Onu, ma era legittimo perché vi erano le cause previste dalla Carta dell’Onu e vi era comunque un quadro multilaterale assicurato in via sussidiaria dalla Nato. Non è comparabile a quello che fu giustamente considerato illegittimo dal Presidente Ciampi, impedendo al Governo Berlusconi di parteciparvi, ossia la guerra all’Irak, perché in quel caso vi fu un’iniziativa Usa con qualche alleato compiacente contro un voto dell’Onu e in obiettiva assenza delle motivazioni richieste dalla Carta Onu. Anche se la situazione nei Balcani resta delicatissima non si può certo dire che l’intervento in Kossovo non abbia evitato una pulizia etnica ai danni dei kossovari, a differenza di quanto era accaduto in Bosnia

La Comunità di Sant’Egidio ha promosso il 25 febbraio 2022 un’iniziativa per Kiev città aperta [QUI]: è ancora possibile che questo accada? E per quanto riguarda l’allestimento di corridoi umanitari per i profughi ucraini?
Iniziative come l’idea di Kiev città aperta e/o di corridoi umanitari sono giuste in linea di principio, ma credo che possano diventare praticabili solo se sul terreno la situazione non precipita a vantaggio degli aggressori, che al momento si prefiggono una vittoria totale. Bisogna peraltro distinguere bene i ruoli reciproci della Santa Sede – o delle realtà comunque ad essa riconducibili – e dei cattolici impegnati in politica. La Santa Sede ha una proiezione internazionale, una sua attività diplomatica e ha una giusta preoccupazione ecumenica e prudenziale verso i fedeli presenti in tutto il mondo; i secondi si muovono dentro responsabilità diverse dentro i loro Stati e dentro i loro sistemi di alleanze. A differenza del singolo, che può decidere anche di non opporsi al male, chi ha responsabilità politiche ha invece il dovere di proteggere gli altri dal male.
I cattolici democratici italiani sono stati in prima fila nel promuovere le giuste scelte della Nato e dell’Unione europea e si impegnano quindi, anche in questo caso, a partire da questa preziosa eredità politica degasperiana di convergenza tra democrazie. Le democrazie, in quanto più sensibili al rilievo delle opinioni pubbliche, sono i sistemi meno aggressivi e più preziosi da preservare. Forse, se c’è stato un errore, non è stato quello di voler espandere la Nato, alleanza difensiva a cui nuovi Stati hanno dato la loro adesione per evitare che si ripetesse una subordinazione non voluta all’ex Urss. E’ stato quello di illudersi su un effettivo cambiamento interno ed esterno della Russia o, forse, di illudersi passivamente, senza sviluppare un’iniziativa attiva capace di offrire alla Russia un’alternativa realistica alla anacronistica nostalgia imperiale. In fondo Mosca e Pietroburgo sono grandi metropoli europee, non asiatiche. In ogni caso oggi la Russia ha aggredito perché si sente minacciata non militarmente dalla Nato ma dagli Stati costituzionali, dal diffondersi dell’idea di un potere limitato dal diritto e dai diritti quale è quella che trasmettono, pur con tutti i loro limiti, le democrazie occidentali.

Lei è un cattolico… non si è sentito a disagio nel votare per la fornitura di armi letali a uno Stato in guerra?
A tale proposito inviterei a una rilettura attenta del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa cattolica, in particolare dei paragrafi 500 (condizioni della legittima difesa), 504 (dovere di protezione dell’innocente), 506 (di minoranze oppresse) e 507 (legittimità di sanzioni contro gli aggressori). Per di più la nota dottrinale della Congregazione della Dottrina della Fede del 2002 rigettava puntualmente sulla pace “una visione irenica e ideologica… dimenticando la complessità delle ragioni in questione” e le opponeva “un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica”.

In ogni caso non è che la decisione di fornire armi letali all’Ucraina faccia in primo luogo la gioia dei fabbricanti di armi, il cui cinismo è sempre e poi sempre deprecato anche da papa Francesco?
Nella vicenda di cui stiamo parlando a guidare è la politica, non gli interessi economici: sia nel caso degli aggressori (la Russia) sia nel caso di chi aiuta gli aggrediti, sia nel male che nel bene. Gli interessi economici ci sono, ma eviterei di utilizzare schemi veteromarxisti ed economicisti. È un conflitto politico, politicissimo, tra i principi e valori delle democrazie e quelli di regimi autocratici.

Qui concludiamo, anche se ci sarebbe ancora tanto da dire, pure in relazione a quest’ultima risposta. Dunque grazie all’on. Ceccanti, che ha indubbiamente posto all’attenzione di chi ci legge aspetti importanti, anche molto controversi, di una situazione i cui sviluppi nefasti addolorano profondamente. Come persone. Come cristiani.

Missione umanitaria in Polonia.

Segue la Parte 9: QUI.

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