Messaggio per la Giornata dei migranti: la vera accoglienza si basa sul Vangelo

fame in Africa
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Parte da San Paolo il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante. “La predicazione e l’opera di mediazione fra le diverse culture e il Vangelo, operata da Paolo “migrante per vocazione”, – scrive il papa nel testo presentato oggi alla stampa – costituiscono in effetti un significativo punto di riferimento anche per chi si trova coinvolto nel movimento migratorio contemporaneo”. La missione della Chiesa è chiara: far diventare tutti un solo popolo grazie all’amore di Gesù.

Un aspetto che “con attenta sollecitudine pastorale si dirige pure al variegato universo dei migranti – studenti fuori sede, immigrati, rifugiati, profughi, sfollati – includendo coloro che sono vittime delle schiavitù moderne, come ad esempio nella tratta degli esseri umani”.

Per il papa, il messaggio della salvezza va posto con lo stesso atteggiamento di Paolo: “Il suo esempio sia anche per noi di stimolo a farci solidali con questi nostri fratelli e sorelle e a promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza fra etnie, culture e religioni diverse”. Zelo apostolico e foga del lottatore, questi i segreti del’Apostolo delle genti, ma soprattutto l’intima unione a Cristo. “E nessuna difficoltà gli impedì di proseguire nella sua coraggiosa azione evangelizzatrice in città cosmopolite come Roma e Corinto che, in quel tempo, erano popolate da un mosaico di etnie e di culture”.

Insomma, un “modello di Chiesa non esclusiva, bensì aperta a tutti, formata da credenti senza distinzioni di cultura e di razza: ogni battezzato è, in effetti, membro vivo dell’unico Corpo di Cristo. In tale ottica, la solidarietà fraterna, che si traduce in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine gioiosa verso gli altri, acquista un rilievo singolare”.

Un atteggiamento che, spiega il papa, richiede “la disponibilità all’ascolto e all’accoglienza della Parola predicata e praticata”. E’ per questo che “più la comunità è unita a Cristo, più diviene sollecita nei confronti del prossimo, rifuggendo il giudizio, il disprezzo e lo scandalo, e aprendosi all’accoglienza reciproca”. Da qui, l’appello di Benedetto XVI: “Come non farci carico di quanti, in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società?”.

Così l’amore fraterno va vissuto “senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni, nella convinzione che è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e noi possiamo aiutarlo.” La premessa per i cristiani è quel comandamento dell’ amore che “si alimenta quando i discepoli di Cristo partecipano uniti alla mensa dell’Eucaristia che è, per eccellenza, il Sacramento della fraternità e dell’amore”.

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