Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 6

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Prosegue da Parte 5: QUI.

Donbass, la guerra in Europa dal 2014. La memoria cancellata. La lotta tra l’efficacia dei mezzi militari e quella della narrazione:
Parte 1
Parte 2


«È facile fare il tifo, più difficile giocare la partita», scrive questa domenica mattina Giorgio Bianchi Photojournalist in un post Paura del vuoto sul suo canale Telegram, che riportiamo in chiusura di questa rassegna:

  • Contro ogni censuraAsfalto, 5 marzo 2022
  • Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina-di Roberto Buffagni – Italia e il Mondo, 5 marzo 2022
  • Dalla “novax-fobia” alla russofobia di Andrea Zhok – L’AntiDiplomatico, 6 marzo 2022
  • Paura del vuoto di Giorgio Bianchi Photojournalist – Telegram, 6 marzo 2022

«Vorrei che ognuno si fermasse. Che si fermasse un attimo a riflettere, più che a parlare, su quanto sta accadendo. Leggo ovunque opinioni, richieste e non, ma in entrambi i casi restano esclusive riproduzioni di parole stereotipate, frasi fatte prese un po’ qua e un po’ là. Osservo da molto tempo ormai una mancanza totale di sensibilità, che si manifesta nel normale svolgimento quotidiano. La pandemia ha sdoganato la forma più pericolosa di disumanità e ora il conflitto ucraino ha concesso all’individuo di manifestare concretamente di quanta crudeltà è capace. Non mi riferisco ai vari Capi di Stato. Personalmente non divido il mondo in buoni e cattivi, bensì in intelligenti ed obiettivi, versus ignoranti e faziosi» (Valentina Villano).

Da una parte i criminali, responsabili di tante vittime, anche donne e bambini, e di fiumi di profughi, come in ogni epoca in ogni guerra, che è sempre una catastrofe e inutile. Dall’altro parte seduti in poltrona i telespettatori senza memoria, in preda a isteria e deliri psicotici. «Neanche ciò che avete vissuto riuscite più a ricordare, neanche la realtà che avete davanti gli occhi riuscite a decifrare. Ancor più ora capisco perché gli utili idioti si trovino sempre al posto giusto al momento giusto. Ed ancor più oggi mi è chiaro il perché le follie Covid possano tranquillamente restare in vigore in Italia, nonostante l’evidenza che siano del tutto inutili e che siano state abbandonate da quasi tutti i Paesi del mondo» (A.C.P.).

«La guerra, tutte le guerre, sono una sconfitta per l’umanità. Non possiamo dimenticare in questo momento drammatico, quanto avviene anche nello Yemen: dal 2015, le vittime del conflitto sono circa 377.000, tra cui tante donne e bambini. “Da pacem, Domine, in diebus nostris!”» (Don Salvatore Lazzara).

«Bergoglio definisce la crisi in Ucraina una “guerra” e non una operazione militare [QUI]. Mi chiedo dove fosse Bergoglio quando i nazisti ucraini massacravano la popolazione russofona del Donbass oppure dove fosse quando i sauditi, assieme agli Emirati, ammazzavano e ammazzano tuttora donne e bambini nello Yemen» (Cesare Sacchetti).

«La Russia ha ufficialmente confermato che ha rinvenuto agenti patogeni letali nei laboratori di Kharvov e Poltava. La Russia ha pubblicato la lista di tutti i virus e batteri letali che venivano custoditi in queste strutture. La Russia ha distrutto questi laboratori» (Cesare Sacchetti).

Le Figaro: il governo francese ha consigliato alle aziende francesi di «non affrettarsi a lasciare la Russia». «Ci è stato ricordato che ogni azienda ha il diritto di determinare autonomamente la propria strategia nel mercato russo».

«Ero straconvinto che le sanzioni fossero contro la Russia, fino a quando non sono andato dal benzinaio» (Paolo Savona).

«Il pastificio Rummo ha sospeso la produzione perché non arriva più il grano. Ma abbiamo luce verde dagli USA per mandare aerei da guerra in Ucraina. Stiamo muovendo guerra al nostro maggior fornitore energetico, quasi monopolista di molte materie prime e produttore di molte derrate alimentari a noi indispensabili. Siamo dei maledetti geni» (Edoardo Guzzelloni).

Il Ministro della Difesa Guerini ha informato il Copasir circa i contenuti del materiale bellico inviato in Ucraina. Tale informazione rimane classificata come “segretissima”. “Il comitato, all’unanimità, ha convenuto con il governo anche le modalità di segretazione”. La qualificazione di segretissimo corrisponde al più noto top secret e rappresenta la massima classificazione. Ad essa è associata la qualificazione di sicurezza “Cosmic top secret” per l’ambito NATO (Fonte drb).

Il canale israeliano Channel 13 News ha mandato in onda un servizio sulla guerra in Ucraina in cui spuntano i Stormtrooper di Guerre Stellari.

«”Lo conferma il Battaglione Azov”. Non pensavo si arrivasse a tanto. Leggere sui maggiori quotidiani italiani come fonte di riferimento attendibile sulla mancata evacuazione della popolazione a Mariupol quel manipolo di criminali che persino Wikipedia definisce “neonazista” e che per l’OSCE è autore di “crimini di guerra e tortura”. Qui si sta perdendo l’anima antifascista della nostra repubblica. Nel 2014 raccontavano il Corsera e Il Giornale come fosse composto per la maggior parte da volontari, provenienti da partiti e movimenti politici legati all’estrema destra ucraina e integrati da volontari d’ispirazione nazifascista e neonazista provenienti anche da diversi Paesi europei» (Diego Angelo Bertozzi).

Fonti separatisti del Donbass: “I nazionalisti ucraini hanno sparato sui civili evacuati”. Oggi i neo-nazisti del Battaglione Azov hanno sparato contro una colonna di civili evacuati da Mariupol lungo il corridoio umanitario sull’autostrada M23 in direzione di Novoazovsk.

«In questi giorni, Volodymyr Zelensky (Presidente dell’Ucraina) durante i suoi appelli e nelle sue dichiarazioni ufficiali indossava una maglietta color verde militare, sulla quale ben visibile spicca il simbolo di una croce di ferro tedesca, la stessa usata dalla Prussia durante il primo conflitto mondiale, e poi dalla Germania hitleriana e nazista durante la seconda guerra mondiale. Al centro della croce il simbolo dell’Ucraina. Niente è a caso ed in particolare ogni simbolo ha un suo preciso significato. Non c’è da tifare per nessuno in questo conflitto, tanto meno per chi indossa quel simbolo» (Luca Cellini).

«Mentre siamo sommersi dallo tsunami di notizie false che i media di regime ci propinano sull’Ucraina, il prezzo della benzina alla pompa ha superato i 2 euro al litro. Per anni le menzogne del pensiero neoliberale avevano fatto credere che l’euro, la moneta creata dalla finanza internazionale, avrebbe messo al riparo l’Italia da eventuali schizzi verso l’alto del prezzo della benzina. La benzina ad oggi non è mai costata così tanto da quando esiste l’euro. Tutto ciò che il neoliberismo diceva che non sarebbe accaduto al di fuori dell’euro è accaduto dentro l’euro. La disoccupazione reale, che include sottoccupati e inattivi, è intorno al 30%. Milioni di posti di lavoro sono andati in fumo per via del golpe attuato da Conte e proseguito da Draghi. Adesso l’aumento delle materie prime energetiche porterà all’inevitabile fallimento di altre imprese che già si trovavano ad un passo dalla chiusura. Alla fine dell’operazione militare in Ucraina, Vladimir Putin avrà un prezioso alleato dalla sua parte. Sarà il popolo Italiano ormai saturo della sua tossica e parassitaria classe politica che l’unica cosa che han saputo fare è servire il mostro comunitario e distruggere tutta la ricchezza che l’Italia custodiva» (Cesare Sacchetti).

«Dato il livello abominevole di censura, il pubblico che si nutre di informazione industriale si perde il meglio. I russi hanno proiettato sulla facciata dell’ambasciata USA a Mosca la copertina del Time sulla quale si invitava la Nato a bombardare Belgrado per aprire le porte della pace. Letteralmente: “Mettere i serbi sotto il tacco”. “Un bombardamento massiccio apre le porte della pace”» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

«Nella democraticissima Lettonia, membro della democraticissima UE chi, dopo essersi dotato di VPN per aggirare la censura, viene sorpreso a guardare una TV della Federazione Russa è sanzionabile con una multa di 700 euro» (Laura Ru).

Contro ogni censura
Asfalto, 5 marzo 2022


Quanto accade in questi giorni va contro la libertà d’informazione ed espressione, e costituisce un’ondata censoria senza precedenti. È questione politica e culturale opporsi a questo atteggiamento. Perché alimenta l’incendio di un’emotività rabbiosa che va al di là di ogni giusta condanna della invasione russa dell’Ucraina. Si moltiplicano iniziative che nella loro sguaiata violenza censoria mostrano invece e soprattutto la pericolosità di una politica culturale interamente asservita al registro infantile delle emozioni, fatta di parole d’ordine che ha nefasti precedenti.

Il sindaco di Milano, Sala, ed il sovrintendente della Scala, Meyer, dopo aver preteso dal Maestro Valery Gergiev, direttore d’orchestra di fama mondiale, di prendere le distanze da Putin (pretesa estranea a qualsiasi contenuto artistico) non ricevendo risposta, lo hanno liquidato. Anche cavillando fra le tristi fattispecie dell’odioso reato d’opinione, nessuna di esse contempla l’atteggiamento tenuto dal Maestro Gergiev. Ad insinuare il dubbio sull’opportunità di affidare a Gergiev la direzione de “La dama di Picche” di Tchaikovsky, era stata la Cisl-Milano. In un comunicato sindacale gli aveva chiesto «una presa di posizione sull’invasione dell’Ucraina e sulla violazione dei diritti civili in Russia». Se la Scala e la Cisl hanno almeno emesso un comunicato stampa in merito, il comune di Milano, sul suo sito, non ha pubblicato nulla, né l’ufficio stampa, contattato, ha fornito un comunicato ufficiale. Una politica fatta di processi pubblici ed ukaz, insomma, in puro stile sovietico e zarista.

La rettrice della Bicocca, Giovanna Iannantuoni, venuta a conoscenza di un corso del prof. Paolo Nori dal titolo “Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fedor M. Dostoevskij”, in un’email gli comunicava la decisione di rimandarlo. «Lo scopo è quello di evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione». Testuali parole. Alle rimostranze pubbliche del docente, rispondeva il prorettore Maurizio Casiraghi: il corso si sarebbe potuto fare, ma parlando anche di un autore ucraino – una pezza peggiore del buco, nel metodo ispirato al politicamente corretto (che mai come in queste occasioni mostra tutta la sua pericolosità). A quel punto il docente decideva di svolgere il corso altrove. Una beffa soprattutto alla memoria di Dostoevskij, a suo tempo inviato in Siberia proprio per le sue idee.

Due vicende che uniscono la meschinità al ridicolo, in un momento che richiederebbe ben altro spessore politico e culturale, oltre che etico. Ma il peggio è venuto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che in una circolare inviata ai docenti ha chiesto loro «di censire e comunicare entro lunedì prossimo 28 febbraio, eventuali progetti attivi in corso o in fase di attivazione con la Russia. Vi chiederei di rispondere con urgenza (possibilmente entro le ore 12:00 di lunedì 28 febbraio)». Le prime truppe russe sono entrate in Ucraina il 24 febbraio. Mai vista tanta rapida sollecitudine da parte del MIUR! Quale lo scopo di questa esortazione a farsi delatori da parte di docenti e ricercatori?

A questi fatti si sono aggiunti il bando per gli atleti russi alle Paraolimpiadi di Pechino (alla faccia di ogni inclusione!), il bando di editori russi ufficiali alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna, la cancellazione da parte del Festival della Fotografia Europea di Alexander Gronsky (poi arrestato a Mosca per aver dimostrato contro la guerra), e molte altre iniziative di questo tono, inedite e mai applicate prima verso nessun altro paese macchiatosi di guerre sotto svariati pretesti.

Giunge infine notizia che anche la stessa Federazione internazionale felina ha bandito i gatti russi dai concorsi. E non è una boutade.

Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina
di Roberto Buffagni
Italia e il Mondo, 5 marzo 2022


Consultando varie analisi e seguendo le fonti d’agenzia che mi sono parse più equilibrate, mi sono fatto un’idea abbastanza verisimile, per quanto congetturale, della situazione sul campo. Lo schema operativo russo è un esempio da manuale di guerra di manovra, molto somigliante alla campagna sovietica in Manciuria contro il Giappone (1945). L’iniziativa è saldamente in mano dei russi. Il controllo russo dei cieli è quasi completo. Le operazioni principali hanno lo scopo di bloccare le forze ucraine nelle città, aggirarle, e circondarle in una vasta manovra aggirante a tenaglia, che richiederà ancora diverse settimane per concludersi (ovviamente, salvo imprevisti).

L’analisi più informata, equilibrata e persuasiva che ho letto si deve a un analista militare statunitense, Bill Roggio, Senior Fellow di FDD (Foundation for the Defense of Democracies) e direttore del “Long War Journal”. Apparsa il 2 marzo sul sito di FDD, è stata ripubblicata dal Daily Mail britannico [QUI e QUI].

Non è vero che i russi siano in difficoltà, che dessero per scontata una conclusione rapidissima delle operazioni, che l’attacco sia pianificato male.

Si confronti infatti la Blitzkrieg della Wehrmacht contro la Polonia nel 1939, altro esempio da manuale di guerra di manovra. I tedeschi impegnarono due gruppi d’armata, per un totale di 1.5000.000 uomini (in Ucraina, i russi ne impegnano circa 70.000). Bombardarono dal cielo e con l’artiglieria le città polacche, senza riguardo per le vittime civili, che si contarono a migliaia. Uccisi dalla popolazione circa 300 civili tedeschi, i tedeschi risposero fucilando 3.000 civili polacchi (“domenica di sangue di Bromberg”) e deportandone 15.000. Le operazioni durarono cinque settimane, dal 1° settembre al 6 ottobre 1939. Rifugiatosi in esilio il governo polacco, la campagna di Polonia si concluse con la resa incondizionata di Varsavia, firmata dal generale polacco Blaskowitz.

L’ONU ha stimato 136 vittime civili nei primi sei giorni di combattimenti. La Russia ha sferrato offensive su cinque fronti, i combattimenti sono durati ininterrottamente per sei giorni. Il numero di caduti civili sarebbe molto basso anche se fosse il triplo della stima ONU. La Russia, evidentemente, si impegna per evitare vittime civili, in vista di una stabilizzazione/riconciliazione dell’Ucraina: l’ucraina e la russa sono popolazioni sorelle, e moltissimi russi hanno parenti in Ucraina. La Russia dispone dei mezzi per effettuare un pesantissimo martellamento delle città ucraine, dal cielo e con l’artiglieria: se li usasse, il numero dei caduti civili si conterebbe a migliaia. Se in futuro il governo russo deciderà di spezzare con il terrore la volontà di combattere della popolazione ucraina, gli basterà ordinarlo ai comandi militari, e ce ne accorgeremo immediatamente: i satelliti registreranno intensi bombardamenti sulle città, con panorami urbani lunari e migliaia di vittime civili, e le immagini delle stragi appariranno su tutte le televisioni occidentali.

In sintesi: l’esito delle operazioni militari è predeterminato. In tempi non lunghi, le FFAA ucraine saranno definitivamente sconfitte. La fornitura di armi agli ucraini non basterà a rovesciare le sorti sul campo; al massimo, prolungherà di un poco le operazioni e costerà altri caduti ai russi. Un’eventuale guerriglia partigiana non può cambiare il risultato del conflitto, anche se può certo aggravare la situazione per i civili ucraini, costare altri caduti ai russi, e indurli a ritorsioni per loro politicamente nocive.

A quanto risulta sinora, non è verosimile che l’Ucraina diventerà “un nuovo Afghanistan” per la Russia, che così vi si impaluderebbe in un conflitto interminabile.

L’obiettivo russo, infatti, non è l’occupazione e la conquista dell’Ucraina, ma la sua neutralizzazione e smilitarizzazione, più il riconoscimento dell’annessione russa della Crimea e dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass.

Se la Russia non riuscisse a raggiungere questi obiettivi de jure perché nessun governo ucraino è disposto a concludere un trattato di armistizio, potrebbe raggiungerli de facto, senza occupare e annettere l’Ucraina.

L’annessione della Crimea è già un fatto. L’indipendenza delle Repubbliche del Donbass è garantita dalla potenza confinante russa. La smilitarizzazione dell’Ucraina potrebbe essere assicurata, al termine della campagna, sbandando le FFAA ucraine, e distruggendo sistematicamente infrastrutture militari, depositi di armi, etc.

Anche la neutralità dell’Ucraina può essere assicurata de facto. Ai russi è sufficiente:
a) rivolgere un monito agli USA e alla NATO, che considereranno un casus belli l’ingresso dell’Ucraina nella NATO
b) che considereranno un casus belli la violazione dello spazio aereo e delle frontiere ucraine da parte di qualsiasi paese NATO, anche per inviare armamenti
c) monitorare, con presidi militari e sorveglianza elettronica, le frontiere ucraine.

Dopo di che, il grosso delle FFAA russe potrebbe rientrare in patria e abbandonare l’Ucraina a se stessa. Questa soluzione, evidentemente, avrebbe gravi costi umani ed economici per l’Ucraina, che sarebbe consegnata all’anarchia: endemici conflitti politico-militari intestini, criminalità dilagante, economia che va a rotoli, emigrazione di massa. Per intenderci, una situazione simile a quella della Libia odierna, dopo l’intervento franco-britannico-americano che ha rovesciato Gheddafi senza insediare un nuovo governo stabile.

Insomma: potrebbe rovesciare le sorti militari del conflitto in Ucraina soltanto l’intervento diretto della NATO. Come ripetutamente chiarito da fonti ufficiali USA, però, esso NON avverrà MAI, per la semplice ragione che un intervento diretto di truppe NATO in Ucraina potrebbe innescare una guerra nucleare con la Russia, la quale è in grado di distruggere Stati Uniti (per tacere delle nazioni europee).

È dunque possibile un coinvolgimento della NATO solo in seguito a incidenti, equivoci, colpi di testa e di mano di singoli paesi NATO: per esempio, se la Polonia decidesse di occupare i territori nell’ovest ucraino, che tra le due guerre furono polacchi e ospitano l’importante città di Lemberg (oggi, Lviv).

È invece impossibile un coinvolgimento diretto della NATO a seguito di una decisione formale dei suoi membri (ossia, in pratica, degli USA).

L’unica altra possibilità di rovesciamento, stavolta politico, delle sorti del conflitto, è il “regime change” in Russia.

È questa, infatti, la strategia che l’Occidente sta perseguendo. Sanzioni economiche, Russia definita “Stato canaglia” e lebbroso morale, messa al bando di tutto ciò che è russo da Dostoevskij ai gatti alle betulle, incoraggiamento di manifestazioni d’opposizione in Russia, apertura di un fascicolo penale presso il Tribunale Internazionale dell’Aja a carico del governo russo, con imputazione per “crimini contro l’umanità”. Tutto ciò, per alimentare disordini tra la popolazione, malcontento delle élites economiche, forze centrifughe negli Stati della Federazione russa, fino a provocare l’implosione del governo federale, e la sostituzione del Presidente V. Putin con un uomo politico gradito all’Occidente. A conclusione, imputazione di Putin davanti alla Corte dell’Aja.

È una replica fedele dello schema operativo adottato con pieno successo contro la Jugoslavia. La differenza è che
a) i russi lo hanno studiato con la massima attenzione, e certo hanno predisposto adeguate contromisure
b) ma soprattutto, che è impossibile dare l’ultima, decisiva spinta al programma di destabilizzazione mediante la forza militare.
Non è possibile bombardare Mosca come fu bombardata Belgrado; né è possibile armare milizie pro-occidentali all’interno della Federazione russa, perché la Russia sta impegnando in Ucraina circa il 15% dei suoi effettivi, e avrebbe risorse più che sufficienti per schiacciarle rapidamente.

In conclusione: l’Ucraina è in trappola. Ad attirarla in questa trappola mortale sono stati, in ordine di responsabilità decrescente: gli USA, la NATO, i paesi UE che hanno collaborato all’operazione Euromaidan del 2014, i dirigenti ucraini insediati dal 2014 in poi.

Il Presidente Zelensky e i suoi sostenitori ucraini rifiutano di prendere in considerazione le richieste russe, armano i civili, chiedono l’istituzione di una “no-fly zone” sull’Ucraina, chiamano alla guerra a oltranza, invocano l’aiuto della NATO e della UE.

Non lo avranno.

Glielo dicono ufficialmente, con la massima chiarezza, i dirigenti politici USA: ma il Presidente Zelensky e i suoi sostenitori ancora non ci credono, di essere rimasti soli.

Tutto il mondo occidentale rivendica a gran voce la sua totale solidarietà con l’Ucraina in guerra, e tappa la bocca a chiunque s’azzardi a dire una briciola di verità: che questa solidarietà è puramente verbale, e NON PUÒ non esserlo.

Infatti, l’unica solidarietà che conterebbe per l’Ucraina – la solidarietà militare – l’Occidente non soltanto non vuole, ma NON PUÒ darla, perché condurrebbe non soltanto l’Ucraina, ma l’intero mondo sull’orlo del precipizio della completa distruzione.

Tutto ciò, l’Occidente lo sapeva benissimo. Lo sapevano gli USA, lo sapevano i paesi UE, lo sapevano anche il Presidente Zelensky e i suoi sostenitori.

Lo sapevano, ma hanno creduto che bastasse il timore reverenziale al cospetto della superpotenza nordamericana per dissuadere la Russia da un intervento militare. Hanno creduto che la Russia avrebbe continuato a fare quel che ha fatto per quattordici anni, dal Summit NATO 2008 di Bucarest: avanzare proteste diplomatiche, e cercare sempre più affannosamente un’intesa con gli USA.

Hanno creduto possibile integrare de facto l’Ucraina nella NATO, per poi associarvela, al momento politicamente più opportuno, anche de jure.

Integrata de jure nella NATO, l’Ucraina, protetta dall’articolo 5 del trattato, sarebbe stata perfettamente al sicuro: perché certo la Russia non avrebbe rischiato un conflitto diretto con la NATO, con conseguenze incalcolabili.

Si sono sbagliati.

La Russia li ha anticipati, è intervenuta militarmente in Ucraina, sta vincendo la campagna, e verisimilmente non avrà successo, perlomeno prima della conclusione delle operazioni militari, la strategia occidentale di “regime change”.

A questo punto, l’unica mossa politicamente ed eticamente decente che resterebbe ai paesi occidentali, e al Presidente Zelensky che conta su di essi, sarebbe prendere atto della realtà, riconoscere la sconfitta, e condurre una trattativa volta a concludere rapidamente le ostilità e minimizzare i danni per la popolazione ucraina.

Questo purtroppo non avverrà presto, a mio avviso, perché implicherebbe riconoscere che l’ordine internazionale unipolare liberal-progressista a guida USA è finito; e sono compromesse anche le fondamenta ideologiche del liberal-progressismo che strutturano l’intero pensiero dominante nel mondo, in tutte le sue manifestazioni, high-brow, middle-brow e low-brow, per esprimersi con la fortunata formula di Dwight MacDonald.

Se l’UE volesse giustificare la sua esistenza, e riparare ai suoi errori, dovrebbe prendere l’iniziativa di una mediazione efficace e realistica tra gli USA, l’Ucraina e la Russia. Speriamo che lo faccia.

Dalla “novax-fobia” alla russofobia
di Andrea Zhok
L’AntiDiplomatico, 6 marzo 2022


Che siano libri per bambini esclusi dalle fiere, cocktail ribattezzati, lezioni universitarie annullate, direttori d’orchestra banditi, musicisti esclusi dai concorsi, ecc. ecc. la russofobia si è scatenata con la stessa furia con cui nell’ultimo anno si era scatenata la “Novax-fobia”.

Niente unisce queste due tematiche nel merito, ma molto le unisce nel metodo.

Qui si vede in piena luce la degenerazione terminale e rapidissima della cultura liberale in occidente, che vive da sempre una intima contraddizione: essa si vende sul mercato politico come sostenitrice della libertà e del rispetto individuale, ma di fatto favorisce e rispetta solo quelle libertà e quelle individualità che non disturbano il manovratore economico (e che consentono la differenziazione dei mercati), mentre è assolutamente impietosa verso le libertà che toccano o vogliono cambiare la forma di vita mercificata che il liberalismo ha imposto.

La libertà liberale è la libertà dei beni posizionali (di status) e delle forme di svago, dei circenses (che a differenza di quelli romani sono però da acquistare sul mercato privato).

Se le circostanze scrostano via la verniciatura del “mondo libero” sotto rimane una visione autoritaria e manichea della società e del mondo, una visione che non riesce neanche ad immaginare che altri possano vedere le cose altrimenti, che si possa cercare altro nella propria esistenza rispetto all’intrattenimento e alla competizione per accedere a paradisi artificiali con un cartellino del prezzo.

E d’altro canto le pressioni di un sistema che abitua alla sottomissione ipocrita e alla competizione senza limiti generano elevatissimi tassi di frustrazione, e con ciò un bisogno primario di intrattenimento e paradisi artificiali, senza la cui prospettiva l’esistenza apparirebbe intollerabile.

Perciò, verso chi minaccia questo fragile equilibrio tra stress insensato e riacquisizione delle forze per tollerare ulteriore stress, si può scatenare immediatamente e senza remore tutto l’odio rimosso, tutta la frustrazione repressa.

E questa frustrazione può esercitarsi verso le parti eterodosse della propria società demonizzando il “nemico interno” e creando capri espiatori, così come può esercitarsi all’esterno verso ogni forma di vita diversa dalla propria, percepita come assurda e impossibile, da ignorare se insignificante o sradicare se ingombrante.

È perciò che la situazione presente è così pericolosa: sotto la vernice buonista l’occidente è pervaso da un ribollire di frustrazione aggressiva che preme per sfogarsi, che brama di mettere l’elmetto o meglio, di farlo mettere a qualcun altro a nome suo, sfogando le proprie nevrosi per procura. La guerra per procura è stata la grande soluzione del liberalismo occidentale, che lungi dall’aver vissuto 70 anni di pace, ha fomentato o condotto guerre ovunque nel mondo, ma con lo stile distaccato di un videogioco, qualcosa che si può mollare in ogni momento per ritornare al proprio ingranaggio produttivo.

Paura del vuoto
di Giorgio Bianchi Photojournalist
Telegram, 6 marzo 2022


Ho affrontato la pandemia senza titubanze, senza mai un ripensamento.

Il clima era pesante, soprattutto all’inizio, le critiche continue, gli insulti gratuiti, ingiusti e pesanti, anche da parte di amici e persone che ritenevi dallo stesso lato della barricata.

Cercare di mantenere gli eventi all’interno di un quadro unitario e coerente è un’impresa titanica, il rischio di defezioni e coltellate alla schiena è continuo, ma soprattutto, si è continuamente esposti al fuoco nemico, senza un attimo di tregua.

Molti pensano che la posizione dell’uomo solo contro il Sistema, del personaggio sempre in direzione ostinata e contraria sia profittevole, assicuri sempre una buona fetta di “mercato del dissenso”.

Sicuramente è un’immagine romantica, almeno lo era, convoglia un discreto consenso, ma una cosa è certa, di sicuro non paga, ma soprattutto, non è una posizione comoda.

Il fuoco di fila delle critiche in certi momenti è asfissiante: arrivano via mail, via Messenger, via commento su Facebook, Instagram, YouTube, Telegram.

È un continuo.

Le persone amiche si allontanano, cominciano ad evitare di incontrarti per non dover toccare certi argomenti.

La famiglia dubita della tua sanità mentale e pone continui dubbi sull’opportunità di proseguire su un percorso suicida dal punto di vista professionale e reputazionale.

Per coerenza, ma soprattutto per convinzione, scegli di andare avanti, ma ad ogni passo senti il terreno sotto i tuoi piedi meno solido, hai sempre l’impressione di camminare su un filo, la paura del vuoto si fa sempre di più concreta.

Il tutto perché non esiste una rete, non hai un paracadute, manca una struttura attorno che ti dia certezze, un minimo di protezione e conforto.

Credetemi, il mio non è pietismo, è la realtà.

La macchina infernale che stiamo combattendo, ovvero la Nato, è quella della strategia della tensione, delle bombe, delle stragi di Stato, della Loggia P2, che ha protetto per decenni le mafie, che ha guidato la stagione di Mani Pulite e degli omicidi dei magistrati, delle menti raffinatissime, dei colpi di stato, degli omicidi eccellenti, delle guerre umanitarie, delle bombe intelligenti.

Oggi noi abbiamo a che fare con questa roba qui.

Una struttura che controlla istituzioni, media, industria culturale, che dispone di fondi illimitati e che può comperare tutto e tutti.
Se ogni tanto qualcuno cede alla tentazione di allentare la tensione su di sé, va compreso.

È facile fare il tifo, più difficile giocare la partita.

Talvolta mi capita di vedere le dirette di colleghi che si muovono dall’altro lato della barricata: la cosa che più mi sconvolge, al di là del fatto che si trovano a documentare situazioni pazzesche, è il fatto che loro siedono dalla parte giusta della narrazione.

Le loro storie vengono veicolate, il loro punto di vista è rafforzato dalla convergenza totale delle opinioni, la loro verità è più vera di quanto potrà mai esserlo la mia.

Come si può andare avanti in queste condizioni, senza una struttura alle spalle di sostegno?

Quanto potrà durare?

Nel frattempo i marchi dell’infamia si accumulano: novax, filoputin, antimoderno, negazionista del clima…

Segue la Parte 7: QUI.

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