Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 5

Prosegue da parte 4: QUI.
Oggi iniziamo con tre Tweet e una poesia, che abbiamo letto questa mattina, seguite da una frase che abbiamo risentito suonare di nuovo ieri, tratta dalla Genesis e ricordata nell’Ecclesiaste (e spero che riusciamo a farci capire nello stato di isteria dilagante). Poi, seguono quattro contributi, con nel mezzo alcune “notizie sparse”.
- Il digiuno è un’arma divina di Renato Farina – Libero Quotidiano, 3 marzo 2022: Il senso della rinuncia con il digiuno invocata da Papa Francesco per la pace: la rinuncia al cibo è un’arma spirituale. Mosé, Elia e pure Gesù rifiutarono di nutrirsi, Wojtyła lo chiese contro l’invasione USA in Iraq. La pratica è la più antica forma di preghiera.
- Sinagra scrive a Putin: “Lei è l’ultima speranza di contrasto efficace al globalismo e al NWO” di Prof. Augusto Sinagra – Stopcensura.online, 1° marzo 2022: I mezzi di informazione, i più diffusi quotidiani e le televisioni a diffusione nazionale sono completamente asserviti e diffondono costantemente una informazione consapevolmente falsa. Larghi strati della Magistratura che dovrebbe essere il baluardo delle quotidiane libertà e diritti, agisce fuori dalla legge continuando nella sua tradizione di compiacere il potere governativo. L’opinione pubblica italiana è frastornata e confusa e crede a quel che raccontano le televisioni fino ai limiti del ridicolo.
- La guerra Ucraina-Russia. La pace si raggiunge tutelando gli interessi di Kiev e Mosca di Domenico Benvegna – Imgpress.it, 3 marzo 2022: Papa Francesco preme perché si imbocchi la via della razionalità e della valutazione complessiva degli interessi di tutte le parti. È una posizione difficile, mentre i protagonisti del conflitto dipingono l’evento come uno scontro fra angeli e demoni. Ma è l’unica posizione – ritiene la Santa Sede – che permetta una via d’uscita dalla situazione senza procurare infinite sofferenze.
- Se gli oligarchi abbandonano Putin, il sistema dello zar va in rovina di Gennaro Malgieri – Formiche.net, 3 marzo 2022: Da Abramovich a Kadyrov, gli oligarchi a dir poco sono in imbarazzo quando non apertamente contrariati per il conflitto in Ucraina. Ma temono le reazioni del Cremlino che potrebbe metterli al bando espropriandoli di ciò che posseggono nella Federazione.

Dopo l’appello del nostro amico Padre Jarek Cielecki, per cui curiamo la comunicazione, per iniziare questa Parte 5, alcune punti su cui abbiamo riflettuto questa mattina:
1. «Credo non sbagli Renato Zero, quando canta: “Hai voglia a dire che si vuole pace, noi stessi siamo il campo di battaglia”» (Michelangelo Nasca).
2. «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del #Signore, la sua legge medita giorno e notte. Santa Giornata» (Don Salvatore Lazzara).
3. «… Un invito a respirare una volta di più il profumo di Dio e della carta, a infilare segnalibri tra le pagine, a rinnovare il legame fra noi e la pagina scritta, per respirare insieme» (Simone M. Varisco).
4. Scrive il caro amico e collega Renato Farina oggi su Libero Quotidiano: «C’è una filastrocca di Gianni Rodari che – chissà per quale sortilegio profetico – si intitola “La luna di Kiev”. C’entra con noi, è la nostra luna, siamo connessi, si dice oggi, in comunione, dice il Papa, e magari il nostro digiuno l’ha accarezzata.
“Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”».
5. «Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris»:
«Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
finché tornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere tornerai!» (Genesi 3,19).
«Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere
e tutto ritorna nella polvere» (Ecclesiaste 3,20).
Noi proviamo a ragionare con la nostra testa, guardando diversi punti di vista. E per avere diversi punti di vista non è ammissibile che qualche collettivo di hackers anonimi oscurano siti di informazione.
L’Unione Europea, «che sproloquia da anni sui “70 anni di pace” dopo aver seminato per l’intera Europa povertà e devastazione ha censurato il sito di Russia Today che in questo momento non può essere aperto in alcuni Paesi dell’UE. La ipocrita Unione europea che predica la religione illuminista dei diritti umani non ha avuto alcuna remora a tappare la bocca a chi stava mostrando tutte le menzogne che questo regime racconta agli Italiani e agli Europei. L’UE ha raccolto il testimone morale dei totalitarismi del secolo scorso» (Cesare Sacchetti).
«2002: “In futuro con internet avremo accesso a informazioni diverse da tutto il mondo e ognuno potrà farsi una sua libera opinione; saremo finalmente liberi dalla propaganda a senso unico dei mass media”.
2022: in tutto l’Occidente è impossibile accedere tramite internet a qualunque canale d’informazione affiliato al “nemico” di turno (oggi la Russia, domani chissà chi). Ecco il mondo nuovo neo-totalitario a cui la pandemia serviva a prepararci. Se non siete terrorizzati da tutto ciò vuol dire che per voi è troppo tardi. (Tra l’altro chi conosce RT.com sa che vi si poteva trovare un’informazione molto più equilibrata e meno sciovinista e razzista di quella di qualunque media occidentale, ma è tutto sommato un dettaglio secondario)» (Thomas Fazi).
«Quando ci si poteva esprimere senza essere aggrediti era bello. Quando si considerava chi non la pensava come te una persona che non la pensava come te e non un nemico da schiacciare era parimenti bello» (Giorgio Bianchi).
Poi, oggi parliamo di digiuno (volontario) ma se domani arriverà la fama, la colpa sarà di Putin? Invece, il portavoce di Erdogan (che è amico dell’Ucraina e della Russia e non intendo bruciare i ponti): non metteremo sanzioni alla Russia. Abbiamo stretti rapporti commerciali: acquistiamo gas, cooperiamo nel turismo e in altri settori. Inoltre, deve esserci qualcuno che può negoziare con la Russia. Chi parlerà alla Russia quando tutti bruceranno i ponti?
Il digiuno è un’arma divina
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 3 marzo 2022
Moltissimi hanno aderito, tra gli altri 270 parlamentari italiani, e tra essi Liliana Segre, ebrea, all’appello di Francesco. Ha proposto al mondo intero di lanciare ieri, 2 marzo, un segno in cielo che piombi vittorioso in terra come una colomba. Il digiuno di un giorno, un solo giorno, nel mercoledì delle ceneri, unica arma ammessa dal pontefice da inviare come un missile, per disinnescare i razzi ipersonici con testata nucleare minacciosamente in allerta. Questi ultimi non sono umanamente intercettabili, vanno cinque volte più veloci del suono, ma è un fatto: questo Papa come i predecessori crede alla “potenza spirituale dei segni” (Giovanni Paolo II) e propone di sganciarli sul teatro tremendo del conflitto nell’Est dell’Europa.
Preghiera e digiuno. È un illuso? Non sappiamo quanti tra coloro che a parole hanno aderito, manterranno la promessa, lo sapranno a mezzanotte Dio e i frigoriferi di casa nostra.
Il fatto è che ha proposto questo gesto a credenti e non credenti. Ma perché costoro dovrebbero aderire al digiuno se Dio non esiste? Esiste, e la fa gridare Alessandro Manzoni all’Innominato, la preghiera dell’ateo: se Dio ci sei, rivelati a me. Rivelati a noi con la pace, fa’ questo miracolo. Tocca il cuore dei potenti e dei popoli.
Dalla preistoria
Non c’è nulla di folkloristico o di scenografico. C’è un presentimento che accompagna l’umanità dal suo sorgere. La sua utilità per vivere in pace. Lo dice l’archeologia che il digiuno, l’offerta delle primizie, è la più antica forma di preghiera davanti all’Ignoto Mistero.
Era praticato in tempi ancestrali. Le incisioni rupestri della Val Camonica attestano che oltre alla caccia per mangiare, oltre al compito di far figli, c’era un’altra attività elementare: ci si inchinava e si sacrificava il proprio cibo, si rinunciava al boccone più buono, per offrirlo al Dio Sconosciuto. Non è pratica certificata solo dalle tre religioni monoteiste, né è consegnata ai riti ancestrali delle caverne: è ad esempio la preghiera più importante del Taoismo. Secondo i padri della Chiesa, il digiuno è il primo comandamento disobbedendo al quale Adamo ed Eva furono cacciati dall’Eden. Lo scrive San Basilio, lo ha ridetto Benedetto XVI nel dicembre del 2008. Rinunciare ai frutti di quell’albero, cos’era se non una richiesta di digiuno per godere il Paradiso e l’amore e la pace? Il digiuno perciò, lungi dall’essere una privazione, è una strada di adesione al vero destino dell’uomo che è di gioia e di pace.
Il digiuno rimedia al peccato di Adamo ed Eva. Per questo fu praticato per 40 giorni da Mosè, da Elia, e poi da Cristo stesso nel deserto, Non è un modo per temprare la volontà, ma per consegnare il proprio pane a un Dio buono che lo moltiplichi per imbandire di pace e prosperità la tavola dei poveri e dei perseguitati.
Il digiuno insomma non è un esercizio che si ferma a terra, e neppure si riduce a una generosa sofferenza che non fa nemmeno il solletico a chi maneggia i bazooka, figuriamoci, va in cielo, è una forma – si scusi il cedimento cinematografico – di guerra stellare. C’è una filastrocca di Gianni Rodari che – chissà per quale sortilegio profetico – si intitola La luna di Kiev. C’entra con noi, è la nostra luna, siamo connessi, si dice oggi, in comunione, dice il Papa, e magari il nostro digiuno l’ha accarezzata.
Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto.
Il digiuno come arma per tenere lontana la guerra non l’ha introdotta nel terzo millennio questo Papa. San Giovanni Paolo II chiese, esattamente come Bergoglio, “preghiera e digiuno”. Lo fece nel settembre del 2001 dopo le Torri Gemelle, quindi il 3 marzo del 2003, il mercoledì delle ceneri di allora, per scongiurare l’invasione americana dell’Iraq. Non chiedeva la conversione dei guerrafondai: anche. Ma la guerra – non solo per la Chiesa cattolica, ma pure per i grandi tragici greci – è frutto amarissimo di colpe in famiglia, nella propria comunità, ed essa offende l’armonia dell’universo, e ha conseguenze agli antipodi, ma anche lungo i secoli. La responsabilità è sempre personale. Ma le conseguenze del bene e del male rimbalzano tra i continenti e sorpassano la soglia di questo tempo.
I profeti
È il mistero della comunione dei peccatori. Che c’è nei miti precristiani, che hanno trovato il loro compimento nella Croce di Cristo che si è caricato dei peccati presenti e futuri. Ehi, non lo dico io, ma la religione che ha dato forma alla nostra civiltà. Il male può essere riparato offrendo qualcosa di sé a Dio e ai poveri, completando ciò che manca al sacrificio di Cristo. I fioretti che si insegnavano una volta ai bambini hanno questo senso che scavalca con leggerezza le barriere delle galassie e i secoli dei secoli. È il concetto espresso dall’Adelchi di Manzoni: <Soffri e sii grande il tuo destino è questo>. La nostra espiazione liberamente offerta può incidere nella storia come misterioso rimedio all’abominio e iniettare la pace nelle crepe dell’orrore. Puoi non accettare questo, amico, ma accetta per un giorno, come se fosse un “grande forse”, una ragionevole scommessa, la proposta del mercoledì delle ceneri. Dai che lo sappiamo tutti: il male come il bene hanno risonanza cosmica, nella liturgia dell’universo rinunciare alle patate fritte, o alla grigliata, può essere ridicolizzato, e tranquillamente si constaterà che oggi, giovedì 3 marzo, nella pianura armena si ode ancora il cannoneggiamento, e la rotariana luna sopra Kiev è sporca di sangue. Ma il piccolo digiuno di chi si è associato al gesto di Francesco, non so come, ha fatto cadere una goccia sulla pietra.

«Siparietto a Di Martedì, la trasmissione di Giovanni Floris, stasera. L’argomento unico è la crisi ucraina. Tra gli ospiti, il giornalista Marcello Foa, che nella sua brillante carriera è stato anche inviato a Mosca negli anni del crollo dell’Urss e successivi.
Non appena viene interpellato, il giornalista Marco Damilano esordisce con una grossa inesattezza. Dice infatti che il Parlamento ha approvato «all’unanimità» le misure di guerra del governo. No, stellina! Capisco che nell’universo piallato del tuo giornalismo non si concepisce l’opposizione, ma questa nondimeno esiste. Alternativa ha infatti votato contro la risoluzione della maggioranza e ha votato una sua diversa risoluzione. Però Damilano si sente su un “alto terreno” morale e deontologico, non si fa distrarre da un dettaglio come la verità. Con il tono di un vice-Torquemada parte ad azzannare Foa, a freddo. Gli rimprovera di aver rilasciato dichiarazioni a organi di stampa russi come RT e Sputnik. Gioca con le parole, dicendo che “faceva il commentatore”. Come a dire: pagato dai russi e dunque non credibile, nel quadro della nuova russofobia imperante. Foa replica ricordando che quelle erano dichiarazioni rilasciate a testate giornalistiche, non collaborazioni, ma Damilano – l’avete capito – non è tipo che si faccia deconcentrare dai fatti, una volta che concentra la bava nella delazione. E cosa rimprovera a Foa, per aggiunta? Foa aveva dichiarato che le rivolte di piazza che avevano accompagnato il cambio di regime erano “pianificate e guidate dall’Occidente”. Per Damilano è come bestemmiare in chiesa. E si scandalizza fino a piegare le labbra in una smorfia che solo quelli che si sentono superiori assumono. Abituato com’era a fare da grancassa al PD, non si è mai accorto di John McCain e Victoria Nuland nella piazza di Kiev, né delle intercettazioni autentiche (eh sì, divulgate da RT) in cui la Nuland diceva che “abbiamo speso 7 miliardi di dollari per dare all’Ucraina il futuro che si merita!”. Cioè diceva che la nuova situazione era pianificata e guidata dall’Occidente, con buona pace del verginello delatore.
A questo punto mi autodenuncio. Nel maggio 2014, quando nella città ucraina di Odessa un gruppo di squadracce naziste protette dal governo di Kiev scatenò un pogrom che fece strage di russofoni nella Casa dei Sindacati, io non riuscii a trovare un rigo su questo evento tragico su L’Espresso, il giornale di Damilano. Niente. Come non ne trovai su quasi tutti i giornali italiani, che se ne parlarono deformarono pesantemente i fatti. Dovetti ricorre proprio a RT, che diede una copertura completa. Ebbi modo anche di raccontare i fatti in un servizio di Pandora TV [QUI] che rivendico al cento per cento.
Ecco, in poche righe, è bene che sia smascherato un episodio fra i tanti che ammorberanno questa stagione: i corifei del potere non vogliono voci dissonanti e usano trucchi estremamente scorretti per ingannare il pubblico. Demoliamoli criticamente per uscire dalla logica della guerra. Perché la guerra non inizia con le bombe, ma con le bugie e la caccia alle streghe di presunti nemici» (On. Pino Cabras).

In una diretta Instagram Paolo Nori ha comunicato che la Bicocca ha annullato un suo corso su Dostoevskij “per evitare ogni forma di polemica in quanto momento di forte tensione”. Ecco, l’effetto della pandemia di isteria.
«La soluzione più stupida del problema stupido… Sovviene… “Civiltà è tutto ciò che l’università non può insegnare” (Nicolas Gomez Davila, Tra poche parole)» (Aldo Rocco Vitale).
«Ampliamo il corso aggiungendo autori ucraini, certo. Ma il corso non era dedicato a Dostoevskij? Sì, ma con autori ucraini, per ampliare il messaggio. E questa aggiunta dell’ultimo minuto come va ad ampliare il corso su Dostoevskij? Eh, sì, così… ampliamo tutto e ci aggiungiamo autori ucraini. Per il messaggio, tipo, sai… Quale messaggio? Quello su Dostoevskij. Ah, ecco» (Gaia Conventi).

«La mia intenzione è inviare una mail per chiarire che, in qualità di iscritta alla Siae, mi vergogno per questo indegno trattamento nei confronti di artisti che niente ci devono: né scuse né spiegazioni. Perché SEMPLICEMENTE niente hanno da spartire con quanto sta succedendo. E se Mogol non ci arriva da solo, se la Siae non ci arriva da sola, un piccolo aiuto può servire: amici iscritti in Siae, scrivete e fatevi sentire» (Gaia Conventi).

«”Stiamo difendendo i nostri valori”… E quindi la federazione internazionale felina (!) esclude i gatti “russi” dalle competizioni internazionali (!!). Giusto così: le colpe dei padri, ricadano sui gatti (era così, no?)» (Gennaro Rossi).


«Il fatto di prendersela con artisti e sportivi per le loro idee o per la loro nazionalità mi sembra una cosa veramente barbara e immonda» (Marco Daniele Clarke).
«Nessun missile russo farà mai tanti danni quanto gli scagnozzi dell’ideologia e della finanza. Il popolo si è abituato ad accettare tutto e i primi sono stati quelli che amavano la “Costituzione più bella del mondo” e puntavano il dito contro l’esportazione della democrazia. Pagheremo carissime tutte le macerie: materiali, sociali e culturali» (Mauro Visigalli).

È passato sotto silenzio, come normale, il fatto che Draghi ha decretato un nuovo stato d’emergenza sino al 31 dicembre 2022.
1. Qualcuno saprebbe fornirci l’elenco aggiornato degli stati europei che hanno dichiarato lo stato di emergenza per la guerra in Ucraina?
2. C’è stato un dibattito parlamentare su quale posizione intende prendere l’Italia nei confronti del conflitto, oppure con lo stato di emergenza si fa semplicemente quello che dice il governo?
3. Quando mai di sono visti due stati di emergenza sovrapposti?
Non si riesce proprio a mantenere almeno una facciata democratica? Giusto per fare finta che esista.

«”L’Unione europea, dal conto proprio, ha stanziato 450 milioni di euro in aiuti militari: anche questo un inedito nella storia comunitaria, che è stato possibile realizzare – spiega ISPI – grazie allo “Strumento europeo per la pace”, un fondo che opera fuori bilancio con i contributi di tutti gli stati membri, in modo da aggirare i Trattati che impediscono la messa a bilancio di spese con “implicazioni nel settore militare o della difesa” (Il Fatto Quotidiano). Una volta quelli che aggiravano i trattati e comperavano armi si chiamavano “stati canaglia”: è bastato creare il nome giusto e ora si può commettere qualsiasi porcheria» (Mauro Visigalli).
Invece, per i Papi (incluso il Papa attualmente regnante) la vera pace arriva con il disarmo, non inviando armi. Solo così si sconfigge il demone della guerra.

«L’Occidente, con tutte le sue verità e non verità, si allontana dalle reazioni alla proposta di un’architettura di sicurezza.
Sono sicuro che il mondo sia in ascolto della Russia, difficile dire se stia comprendendo ciò che ha da dire.
Senza dubbio la delegazione Ucraina riceve segnali da Washington durante i negoziati.
La situazione intorno al Nord Stream 2 ha mostrato il reale peso della UE nell’arena internazionale.
Si parla di una possibile guerra nucleare, ma non ne parla la Russia, ne parlano NATO e Ucraina.
La Russia non formula la propria politica basandosi sul principio dell’escalation per l’escalation. Le condizioni per l’utilizzo di armi nucleari sono indicate dalla dottrina militare della Federazione Russa, non avviene una escalation a favore di una de-escalation.
Non può essere l’Occidente a definire cosa serva alla Russia per la propria sicurezza» (dall’intervista con il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov).

Nel comunicato rilasciato dall’Ambasciata della Federazione Russa in Canada viene spiegato come la Russia stia portando avanti una campagna di de-nazificazione e de-militarizzazione dei settori di chiaro stampo neonazista e spiega come l’occidente abbia messo in moto una ingiusta e criminale macchina del fango contro la Russia, degna di Goebbels, da riversare sui cittadini occidentali in modo da aizzarli a trovare un capro espiatorio alle sofferenze inferte dalle proprie élite, soprattutto da 2 anni a questa parte… e forse non è un caso che sia stata l’Ambasciata russa in Canada a rilasciarlo, dopo aver visto la protesta partita dai camionisti (ma che ha coinvolto tutto il popolo canadese) contro il proprio governo, la Russia sa che i cittadini occidentali covano parecchio malcontento nei confronti delle rispettive classi dominanti. A fine comunicato si fa notare che la Russia ha sempre finito le guerre, non le ha mai iniziate.
«L’Ambasciata russa in Canada ha emesso un comunicato stampa nel quale spiega perfettamente come si sia messa in moto una mostruosa e criminale macchina della propaganda Occidentale per riversare sul pubblico Europeo e Nord-Americano un fiume di menzogne senza precedenti. La Russia sta portando avanti una operazione militare millimetrica per bonificare l’Ucraina dalla presenza della feccia nazista reclutata da Soros, Victoria Nuland e Barack Obama. Alla fine la Russia fa una chiosa perfetta affermando che loro le guerre le finiscono non le iniziano, a differenza di qualcun altro che ha occupato le stanze di Washington, Londra e Tel Aviv.
Credo che non sia un caso che il fatto che la Russia abbia rilasciato questo comunicato stampa in Canada, laddove è sorto il movimento dei camionisti canadesi che ha protestato contro il regime di Trudeau. La Russia sa che i popoli dei Paesi Occidentali sono saturi della tirannia dei loro governi e sta facendo leva esattamente nel punto debole dell’ordine liberale. Nessuno vuole più mantenere in vita il regime liberale, salvo la parassitaria élite che ancora ne beneficia. Questa élite oggi è debole perché non ha più lo scudo e la protezione del vero potere finanziario transazionale» (Cesare Sacchetti).
Sinagra scrive a Putin: “Lei è l’ultima speranza di contrasto efficace al globalismo e al NWO”
di Prof. Augusto Sinagra
Stopcensura.online, 1° marzo 2022
Signor Presidente, a lei è ben noto che il Parlamento italiano non riflette più la reale volontà popolare. Così pure in Italia si sono succeduti in questi ultimi anni Governi presieduti da persone mai elette e dunque anche il governo in carica non riflette la volontà e i sentimenti del Popolo italiano. I vertici militari non garantiscono l’indipendenza delle libere istituzioni come la Costituzione impone. La Costituzione italiana viene sistematicamente violata nel silenzio di chi dovrebbe garantirne il più assoluto rispetto, ed è così che ora si viola anche il suo articolo 11 che preclude all’Italia la partecipazione a guerre di aggressione o comunque a guerre altrui, dovendo essere la politica militare italiana esercitata solamente per scopi difensivi.
I mezzi di informazione, i più diffusi quotidiani e le televisioni a diffusione nazionale sono completamente asserviti e diffondono costantemente una informazione consapevolmente falsa. Larghi strati della Magistratura che dovrebbe essere il baluardo delle quotidiane libertà e diritti, agisce fuori dalla legge continuando nella sua tradizione di compiacere il potere governativo. L’opinione pubblica italiana è frastornata e confusa e crede a quel che raccontano le televisioni fino ai limiti del ridicolo. Giornalisti italiani in Ucraina con l’elmetto in testa ovvero filmati di guerra cinematografici o immagini di esplosioni avvenute anni prima in luoghi molto distanti dalla Ucraina.
Il messaggio che viene diffuso è che lei è un autocrate e che la Russia persegue una politica aggressiva espansionistica. Non tutti gli italiani pensano questo e sono moltissimi gli italiani di ogni ceto sociale e di ogni esperienza culturale che condividono la sua iniziativa militare ucraina consapevoli delle finalità provocatorie degli USA attraverso la NATO. Questa è una vecchia storia che purtroppo si ripete, se c’è un Paese guerrafondaio, questi sono gli USA: nei loro tre secoli di vita hanno avuto solo 12 anni di pace. Questi sono numeri, non opinioni.
La parte sana dell’Italia e degli italiani sa che la difesa dei diritti dell’uomo è un volgare pretesto come è un pretesto più ridicolo che delittuoso, quello di esportare la democrazia. L’opinione pubblica sana dell’Italia è perfettamente consapevole che la sua iniziativa in Ucraina è un atto di legittima difesa e di risposta alle provocazioni e alle minacce nordamericane e degli Stati che servilmente appoggiano gli USA. Vede, Signor Presidente, l’Italia ha perso la Seconda guerra mondiale ma non è questo quel che conta. Le guerre si vincono e si perdono. Questo è nel gioco della storia. La tragedia dell’Italia è che essa ha perso la guerra e ha perso anche la pace. L’Italia oggi è un territorio asservito alle esigenze militari imperialistiche degli USA e della NATO. Non c’è altra spiegazione per la presenza in Italia di 115/centoquindici basi militari USA o NATO, che poi è la stessa cosa.
La mia Regione, la Sicilia, è oggi una grande caserma americana. In vari punti del territorio nazionale gli USA dispongono di depositi di armi nucleari di potenzialità devastante. Io sono un vecchio Professore e non voglio continuare ad insegnare niente a nessuno, ma desidero dirle che lei in Italia rappresenta l’ultima speranza di contrasto efficace al globalismo o mondialismo e al capitalismo di speculazione monetaria che non ha volto ma del quale si conoscono i nomi.
Colgo l’occasione, Signor Presidente, per manifestarle assieme a milioni di italiani, la mia ammirazione per la sua onestà intellettuale e politica, per il suo coraggio e per il contributo che lei dà alla vera pace, contrastando le mire aggressive di quella che io chiamo la North Atlantic Terroristic Organization. Non ce l’abbia con l’Italia che, avendo perduto pure il senso del ridicolo, ha mandato un piccolo contingente militare ai confini occidentali dell’Ucraina. È stata una decisione patetica del Governo in carica che avendo esaurito il pretesto del Covid per governare contro la Costituzione, ora coglie il pretesto della crisi in Ucraina per continuare in uno stato di emergenza finalizzato all’annientamento della identità e della dignità del Popolo italiano.
[*] Prof. Avv. Augusto Sinagra è nato a Catania il 18 agosto 1941. Laureato in giurisprudenza il 20 giugno 1962 presso l’Università di Palermo in diritto internazionale su “Le raccomandazioni internazionali con particolare riguardo alle Nazioni Unite”. Conosce francese, inglese e spagnolo. Magistrato ordinario dal 1965, lascia la Magistratura con la qualifica di Consigliere di Corte di Appello nel 1980. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma dal 27 novembre1980 e dal 26 gennaio 1985 è abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori nazionali ed internazionali (la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo e la Corte di Giustizia delle Comunità Europee a Lussemburgo). Dal 1980 fino al 2013 è stato professore ordinario di diritto internazionale, prima, e diritto dell’Unione Europea, dopo, presso l’università “Sapienza” di Roma. Ha tenuto corsi in molte università straniere. Dal 1999 è direttore della rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale. È autore di 201 pubblicazioni, tra cui diverse monografie tra le quali si segnalano “Sovranità contesa” (Giuffré, Milano, 1999), “Diritto e Giustizia, Ragione e Sentimento” (Aracne, Roma, 2004) e la seconda edizione del manuale “Lezioni di diritto internazionale” (Giuffré, Milano, 2016) di cui è coautore con il Prof. Paolo Bargiacchi.
La guerra Ucraina-Russia. La pace si raggiunge tutelando gli interessi di Kiev e Mosca
di Domenico Benvegna
Imgpress.it, 3 marzo 2022
D’obbligo alcuni punti fermi sulla guerra in Ucraina: Nessuno si vuole girare dall’altra parte di fronte all’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Certamente non siamo per la follia dell’armiamoci e partite. Intanto con la fornitura di ordigni letali all’Ucraina siamo di fatto entrati in conflitto con la Russia.
Siamo passati da una situazione di neutralità a una fase di cobelligeranza. Ma noi non combattiamo: lo facciamo fare a donne e ragazzini contro un esercito potente. Sarà un massacro che dobbiamo assolutamente scongiurare, come trattando, per evitare una inutile strage. Non dobbiamo mandare gli ucraini a morire, dicendo loro che siamo pronti ad aiutarli. Nel Blog de Il Fatto quotidiano Marco Politi dà spazio alla tesi diplomatiche del Vaticano (Ucraina, il Vaticano insiste: la pace si raggiunge tutelando gli interessi di Kiev e di Mosca, 1.3.22, Blog Il Fatto quotidiano).
Papa Francesco domenica ha dichiarato: “Chi fa la guerra mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace”. Parole durissime. Il Mercoledì delle Ceneri sarà una “giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino… e implorare da Dio la fine della guerra”. Non si tratta di una implorazione generica secondo Politi, ma Il Vaticano preme per trattative vere. E chiede che Putin si fermi, come il pontefice ha chiesto durante il suo incontro con l’ambasciatore russo Avdeev.
In una situazione che dopo l’aggressione di Putin rischia di avvitarsi in uno scontro senza fine, dai costi incalcolabili, il Vaticano di papa Francesco preme perché si imbocchi la via della razionalità e della valutazione complessiva degli interessi di tutte le parti. È una posizione difficile, mentre i protagonisti del conflitto dipingono l’evento come uno scontro fra angeli e demoni. Ma è l’unica posizione – ritiene la Santa Sede – che permetta una via d’uscita dalla situazione senza procurare infinite sofferenze. Non ha senso restare prigionieri di slogan, che raffigurano una guerra fra democrazie e autocrazie: “una visione ideologica”, ha commentato seccamente Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes.
Preoccupa la Santa Sede la militarizzazione del pensiero quale trend prevalente nei mass media, dove si tende a etichettare ogni diversa valutazione come “filo-Putin”. E invece il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il collaboratore più stretto di papa Francesco, ha sottolineato da subito in un comunicato ufficiale la necessità di un atteggiamento di “saggezza che tuteli le legittime aspirazioni di ognuno”. Di Kiev, di Mosca e dell’Europa.
La Santa Sede è chiara, occorre evitare una drammatica escalation del conflitto soltanto attraverso una seria comprensione delle ragioni altrui. La sordità reciproca alimenta il conflitto. “Le aspirazioni di ogni paese e la loro legittimità devono essere oggetto di una riflessione comune, in un contesto più ampio”, insiste il cardinale Parolin. Già il 23 febbraio sull’Osservatore Romano una nota di Andrea Tornielli ricordava che nel 2008 Francia e Germania si opposero all’inclusione dell’Ucraina nella Nato perché “avrebbe rappresentato un atto ostile verso la Russia”. Si chiedeva l’Osservatore Romano se una soluzione pacifica va ricercata “dentro gli schemi bellici delle alleanze militari”, che si espandono e si restringono, oppure lavorando per una diversa architettura di convivenza.
Quelli della Santa Sede sono richiami scomodi, come lo furono nel 1917 di Benedetto XV per scongiurare la Prima Guerra mondiale.
“In Vaticano – scrive Politi – sanno che la Nato da tempo non è più una mera organizzazione difensiva come quando nacque per fronteggiare l’Unione sovietica. La Nato ha attaccato la Serbia nel 1999 al di fuori di qualsiasi compito statutario, ha svolto missioni di supporto alla presenza degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq […] Insomma la Nato è un blocco militare-politico ben attivo sulla scena mondiale. Sembra persino ridicolo ricordarlo. Ecco perché la Santa Sede ritiene che non ci sia spazio per atteggiamenti fintamente ingenui”.
Gli Stati Uniti non hanno mai permesso che ai loro confini venissero collocate basi militari di potenze avverse. La crisi di Cuba del 1962 è lì a testimoniarlo. La controprova si ebbe nel 1983 allorché il presidente Reagan ordinò l’attacco contro la piccola isola caraibica di Grenada (dove aveva preso il potere una fazione ultra-comunista) per il solo fatto che la costruzione di un aeroporto sarebbe potuta servire a forze nemiche degli Stati Uniti.
Quando il Vaticano chiede pace “adesso” è anche perché suscita allarme lo scivolamento politico e psicologico di massa verso uno stato di “guerra totale”. Parlare di “mettere in ginocchio la Russia”, come sostiene il segretario del Pd Letta, o annunciare “provocheremo il collasso dell’economia russa” (ministro francese Le Maire) significa lanciarsi in un’avventura cieca senza curarsi dei contraccolpi planetari.
L’intervento di Politi finisce con una interessante citazione di Henry Kissinger, fatta nel 2014, campione della realpolitik statunitense: “Se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere l’avamposto di nessuna delle due parti contro l’altra”. Né della Russia né dell’Occidente. Frasi che potrebbero essere state scritte ieri mattina. Essere una nazione non allineata non è un disvalore.
Se gli oligarchi abbandonano Putin, il sistema dello zar va in rovina
di Gennaro Malgieri
Formiche.net, 3 marzo 2022
Mentre Vladimir Putin e i suoi generali scatenano il terrore su Kiev e l’Ucraina, nei palazzi più impenetrabili della Federazione Russa, laddove il potere combatte la sua guerra nascosta, il potente club degli oligarchi, spina dorsale del sistema politico-economico dello zar allevato alla crudeltà dalla impareggiabile scuola del Kgb, si chiede quanto potranno i loro forzieri restare chiusi e le loro fortune relegate ai margini della finanza internazionale.
Putin, nella sua lucida follia, ha immaginato che blindandosi fino al 2036, grazie al varo della nuova Costituzione, si sarebbe garantito la benevolenza di coloro i quali sulle rovine dell’Unione sovietica hanno costruito patrimoni ingenti in grado di acquistare qualsiasi cosa, perfino di finanziare terrorismo e arditi giochi di Borsa, acquisire squadre di calcio e soprattutto governare gas, petrolio e materie prime, intervenire nelle crisi sociali e politiche nei Paesi del Terzo Mondo, promettendo al Signore del Cremlino, Guardiano delle loro ricchezze, fedeltà eterna.
Non avevano tenuto conto che l’Occidente, per quanto frastornato, debole e incapace di organizzarsi come una potenza capace di contrastare quelle emergenti, come la Cina, con gli strumenti a lungo aborriti dal comunismo sovietico e giudicati oppressivi dalle sinistre mondiali, insomma con gli arnesi di quel capitalismo “nemico principale” sarebbe stato in grado di instillare quanto meno incubi orrendi su chi davvero governa la Russia e parte del mondo. L’adesione al sistema finanziario, la partecipazione ai giochi mondialisti (per quanto ipocritamente negati) da Putin e dalla sua corte, nel nome di una identità nazionale finta animata da burattini cosiddetti nazional-bolscevichi, hanno arricchito gli oligarchi e lo stesso capo che come un gangster degli anni Trenta riteneva il resto del mondo soltanto “chiacchiere e distintivo”.
Ora chi è stato, o lo è ancora, tra i protetti del patetico zar, comincia a fare i conti e, sommessamente si chiede, se gli effetti delle sanzioni scateneranno davvero l’apocalisse nei loro conti bancari, nelle partecipazioni finanziarie, nelle spericolate compravendite di beni materiali lussuosissimi ai quattro angoli del mondo, anche in casa nostra, in particolare in Sardegna e Toscana dove in esclusive contrade che ospitano ville faraoniche si parla russo e si scrive in cirillico.
È probabile che tra non molto – dipende dai tempi della guerra – si manifesterà fra gli oligarchi un malumore che, per una sorta di eterogenesi dei fini, si sposerà con ogni probabilità, con la povertà crescente in Russia. Tra ricchi e miserabili c’è chi incomincia a non poterne più della guerra in Ucraina. E non è un caso che i bombardamenti su Kiev e l’invasione del Paese non abbiano destato quegli entusiasmi che ci si sarebbero aspettati se solo i russi avessero riconosciuto la bontà dell’operazione militare o avessero visto i loro confini davvero minacciati.
Gli oligarchi, comunque, a dir poco sono in imbarazzo quando non apertamente contrariati. Ma temono le reazioni del Cremlino che potrebbe metterli al bando espropriandoli di ciò che posseggono nella Federazione. Del resto il “fantasma” dell’ex patron dell’ormai defunto colosso petrolifero Yukos, Mikhail Khodorkovski, è ancora ben presente a coloro che covano velleità di rivolta. Nonostante tutto, comunque, critiche esplicite a Putin e ai suoi uomini che controllano servizi segreti e forze armate, non sono di secondo piano. Nomi sonanti come quelli dei plurimiliardari Oleg Deripaska e Mikhail Fridman sembra che stiano dietro alle proteste di piazza di questi giorni e siano tenuti d’occhio dalla polizia. Non si registrano minacce esplicite, ma tutto lascia pensare che se s’infittisce la rete, in patria e all’estero, degli oligarchi contestatori, Putin dovrà aprire un altro fronte per tutelare innanzitutto se stesso.
È stato detto che la posizione di Roman Abramovich, trincerato a Londra dopo aver abbandonato la sua squadra che gli ha dato notorietà, il Chelsea, è sempre più in pericolo e nel circolo putiniano viene già visto come un traditore. Abramovich, che gode di un passaporto israeliano, ha fatto sapere di aver accettato l’invito del produttore cinematografico ucraino Alexander Rodnyansky (attivo come lui in seno alle comunità ebraiche dell’ex Urss) a “dare sostegno alla ricerca di una soluzione pacifica”, e ha reso noto che i ricavi della vendita saranno devoluti ad una sua fondazione a beneficio delle vittime della guerra. Un modo per “defilarsi” dal gruppo dei falchi oligarchi.
Come ha rivelato l’Ansa, nei giorni scorsi, fra i personaggi dell’elite moscovita, c’è chi lascia esprimere il malumore ai propri rampolli annidati in Occidente. Come nel caso di una delle figlie dello stesso Abramovich, la ventisettenne Sofia che nei giorni scorsi da Londra ha postato un messaggio di denuncia “della guerra di Putin” e “della propaganda del Cremlino”. Ma c’è anche Ayshat Kadyrova, primogenita dell’uomo forte e crudele della repubblica autonoma russa della Cecenia, Ramzan Kadyrov, finora plenipotenziario di Mosca nel Caucaso, al quale deve molto, massacri compresi, che da Parigi ha diffuso un appello di pace via Instagram: “Nessuno vuole la guerra!”.
Gli oligarchi tremano per le loro ricchezze in pericolo e per le possibili ritorsioni di Putin, immancabili se dovessero uscire allo scoperto. Ma quando non saranno più in grado di servire lo zar questi si accorgerà finalmente della sua solitudine. E probabilmente comincerà a pensare che il tempo che manca al 2036 è troppo lungo per reggere una corona traballante che non solo il mondo gli contesta, ma anche coloro che hanno accumulato leggendarie fortune, con le quali lo hanno sostenuto, sulla pelle della più colossale catastrofe politica dei tempi recenti, il crollo dell’Unione sovietica.
Segue la parte 6: QUI.