Sinodo dei vescovi. No alle omelie soporifere e attenzione alla superficialità nei media

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Iniziano i lavori e gli interventi dei padri sinodali e il tema diventa più dettagliato. Dopo le relazioni continentali di lunedì pomeriggio, stamani sono interveuti ben 23 tra vescovi e cardinali. Tra i temi più discussi, quello delle omelie, a volte soporifere, dice qualcuno, chiedendo, come l’arcivescovo di Camberra, un direttorio di omiletica che venga dalla Santa Sede.

Prendete esempio da San Paolo e da Bendetto XVI, sottolinea il vescovo Kikanas di Tucson in Arizona. Le prediche, dice, a volte sono vuote e lasciano altrettanto vuoto in chi le ascolta. Questa mattina è intervenuto anche il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio Cardinalizio, che ha ricordato come la Parola di Dio si componga delle Sacre Scritture, ma anche del magistero e della tradizione della Chiesa. La necessità più sentita è poi quella di trovare nuovi strumenti per la diffusione e la valorizzazione delle Sacre Scritture.

Perfettamente legata ai problemi più comuni della conoscenza stessa delle Scritture la relazione del cardinale Peter Erdo. Il presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa ha richiamato l’attenzione sui pericoli creati dalle pubblicazioni più sensazionali che scientifiche, come l’apocrifo Vangelo di Giuda. Scritti che, ha detto, portano a confondere fonti credibili e non credibili sulla storia di Gesù Cristo. Non solo, i media spesso presentano le storie bibliche in modo superficiale, ed è davvero difficile poter spiegare i Misteri della fede in brevissime interviste in tv. I programmi di approfondimento poi sono dedicati ad archeologia e storia ma trattano le verità di fede solo come “fondamentaliste”.

Laurent Mosengwo Pasinya, segretario speciale del Sinodo, ha ricordato il pericolo delle sette, con una dottrina generalmente basata su “un’interpretazione fondamentalista delle Sacre Scritture”. Anche dall’America Latina, in particolare dal Perù, arriva l’allarme sul fenomeno che “erode” la maggioranza cattolica. Negli ultimi tempi, la Chiesa ha perso nel continente il 15 per cento dei fedeli.

Si è parlato anche della “teologia visiva” e dell’utilità dell’ immagine, dell’arte per insegnare e far conoscere la Parola di Dio. Nell’intervallo dei lavori è stata presentata al papa una edizione speciale della Bibbia multilingue stampata, in soli mille esemplari, dalla American bible society. Il volume è stato donato al pontefice in una versione con copertina di colore bianco, mentre ai padri sinodali sarà distribuita una copia in rosso. L’opera rappresenta lo sforzo dell’organizzazione, che in collaborazione con altre società bibliche sparse per il mondo, si occupa di garantire l’accesso al maggior numero possibile di persone delle Sacre scritture, favorendone la traduzione in ogni lingua e distribuendola a prezzi accessibili, o in qualche caso gratuitamente.

La Bibbia multilingue, realizzata appositamente per il Sinodo, presenta l’Antico testamento in cinque lingue: ebraico, greco, latino, inglese e spagnolo e il Nuovo nelle stesse lingue, tranne l’ebraico. E pensare che ad esempio in Africa, dove la parola di Dio è più che mai viva il problema è proprio la mancanza di testi, dato che una Bibbia può costare come lo stipendio di un mese. C’è poi il problema delle traduzioni, ”molto importanti in Africa, perché non si tratta di trasporre in un’altra lingua la Parola di Dio, ma anche di diffondere la parola scritta in un continente in cui l’analfabetismo è ancora largamente diffuso”, dando spazio a letture collettive nei diversi idiomi. Sulla diffusione delle Bibbia nel mondo e sulla sua lettura l’arcivescovo di Terni Paglia presenterà la sua relazione il prossimo 14 ottobre.

La sintesi degli interventi più significativi

CARDINALE FRANC RODÈ, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata
“La vita consacrata è ‘profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore…’, e al Vangelo ‘ha continuato ad ispirarsi lungo i secoli e adesso è chiamata a tornare costantemente per mantenersi viva e feconda portando frutto per la salvezza delle anime'” (Benedetto XVI, 2 febbraio 2008). Una famiglia religiosa, ha ricordato Benedetto XVI, ‘con la sua stessa presenza, diventa (…) ‘esegesi’ vivente della Parola di Dio. (…) Il rinnovamento a cui costantemente sono invitate le persone consacrate trova la sua modalità più adeguata nel riandare alle radici evangeliche dei carismi così da trovarvi sempre nuove ispirazioni. Se ogni carisma costituisce una ‘parola evangelica’ dell’unica ‘Parola’, aspetti particolari della totalità del Vangelo, vivendo appieno il Vangelo le persone consacrate troveranno la luce per cogliere la particolare dimensione evangelica su cui si è innestato il proprio istituto. É un cammino che le persone consacrate dovranno percorrere in comunione con tutte le altre vocazioni nella Chiesa”.

ARCIVESCOVO MARK BENEDICT COLERIDGE, DI CANBERRA-GOULBURN (AUSTRALIA). “Il Concilio Vaticano II ha invitato ad un rinnovamento della predicazione che comporta la trasformazione del sermone inteso essenzialmente come esposizione della dottrina cattolica, della devozione e della disciplina, in una omelia essenzialmente intesa come esposizione e applicazione della Scrittura. Tale trasformazione è stata solo in parte compiuta. Una delle ragioni risiede nel fatto che troppo spesso la predicazione tende a considerare il kerygma scontato, e ciò in un memento in cui il kerygma non può essere ritenuto tale nelle culture occidentali. Se viene così ritenuto, insorge il rischio di una riduzione moralistica della predicazione che può suscitare interesse o ammirazione, ma non la fede che salva. La predicazione non sarà esperienza della potenza di Dio. La nuova evangelizzazione comporta una nuova formulazione e proclamazione del kerygma nell’interesse di una predicazione missionaria più incisiva. Al fine di promuovere tale predicazione occorrerebbe stilare un Direttorio Generale dell’Omiletica sul modello dell’Istruzione Generale per la catechesi e dell’Istruzione Generale del Messale Romano. Tale Direttorio si fonderebbe sulla esperienza della Chiesa universale nel fornire una struttura senza soffocare il genio delle Chiese particolari o dei singoli predicatori”.

CARDINALE FRANCIS EUGENE GEORGE, O.M.I., ARCIVESCOVO DI CHICAGO (STATI UNITI D’AMERICA)
“Parlare della Parola di Dio nella Chiesa è parlare della Parola di Dio nella vita dei credenti. I Pastori devono prestare attenzione alla conversione dell’immaginazione, dell’intelletto e della volontà di coloro ai quali annunciano la Parola di Dio e per i quali interpretano le Scritture. Troppo spesso l’immaginazione contemporanea ha smarrito l’immagine di Dio quale Attore della storia. L’intelletto contemporaneo trova poca coerenza nei Testi Biblici e non è formato nella ‘regula fidei’. Il cuore contemporaneo non è stato modellato dal culto e dall’obbedienza alla Parola di Dio nell’anno liturgico. Per far sì che la potenza della Parola di Dio nella Sacra Scrittura risuoni nella vita e nella missione della Chiesa, i Pastori devono prestare attenzione al contesto personale e al testo ispirato”.

CARDINALE ANDRÈ VINGT-TROIS, ARCIVESCOVO DI PARIGI (FRANCIA)
“Nel ricercare il significato del testo biblico, l’interprete deve essere attento – ribadisce il Concilio – al genere letterario e alle circostanze storiche in cui è stato redatto. Ciò vuol dire che la Bibbia è una letteratura umana. Il Concilio aggiunge che l’interprete fedele non sarà meno attento all’armonia delle Scritture dell’antica e della nuova Alleanza, all’unità delle Scritture e della Tradizione e all’analogia della fede. (…) L’esegeta e il teologo, se non sono la stessa persona, sono chiamati ad analizzare insieme il testo. Il significato delle Scritture è teologico; la teologia è la ricerca del significato della Scritture. In ragione di una ‘lacuna filosofica’ l’esegesi si limita alla determinazione della dimensione storica e letteraria del testo o la teologia viene esposta al di fuori del vivo contesto nelle Scritture”.

CARDINALE PETER ËRDO, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST (UNGHERIA)
“La giusta interpretazione fatta dalla Chiesa risulta assolutamente necessaria già al primo incontro con la Parola di Dio. I rischi di una interpretazione arbitraria sono particolarmente gravi in un ambiente culturale come il nostro, dove le categorie elementari della ricerca della verità storica stessa sembrano venir meno. Le pubblicazioni più sensazionaliste che scientifiche possono creare una notevole confusione anche nel pensiero dei fedeli e a volte persino dei sacerdoti. Il rischio più grande non è rappresentato dal fatto che alcuni non sappiano quale credito assegnare ad uno scritto apocrifo come, ad esempio, il Vangelo di Giuda, ma che molti non hanno alcuna idea su come distinguere fra le fonti credibili e le non credibili della storia di Gesù Cristo. Anzi, sembra proprio che non pochi ritengano importante cercare la vera storia, perché ragionano in modo soggettivo e soggettivistico persino sulla storia”.

Il Sinodo dei vescovi su Korazym.org

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