Comunicare la Parola. Quando Bibbia e Messa non vanno d’accordo

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Una volta l’effetto eco era riservato solamente al papa: arrivavi in piazza San Pietro e la sua voce si poteva sentire provenire da numerosi altoparlanti direzionati verso gli ascoltatori. “Cari fratelli –elli -elli…, care sorelle –elle –elle…”. Ora non più. Ora l’effetto eco (e non solo quello) lo trovi ovunque, nelle migliaia di chiese e parrocchie del nostro paese. Non per una scelta liturgica, ma per ben più prosaici motivi: microfoni vecchi, impianti di amplificazione mal funzionanti, altoparlanti che cigolano, gracchiano, fischiano e chi più ne ha più ne metta. Un vero e proprio inquinamento acustico che fa il paio con un’altra caratteristica diffusissima nelle nostre parrocchie.

Stiamo parlando della lettura “fai-da-te”, il dilettante allo sbaraglio inviato a proclamare la prima lettura, il salmo, la seconda lettura, e che troppo spesso non solo non aiutano ma anche impediscono una vera comprensione della liturgia della Parola. Una delle emergenze liturgiche più diffuse e meno considerate dell’universo cattolico. A volte c’è (solamente) un problema tecnico: la posizione degli altoparlanti e la loro direzionalità, l’architettura della chiesa, la presenza di colonne o di cappelle che rende più difficile una diffusione uniforme del suono. Questione di acustica, con un ronzio sempre in sottofondo e l’impressione di non capire praticamente nulla di quanto viene detto. Altre volte però non si tratta di una questione tecnica, ma umana, e ha a che fare con il dilettantismo dei lettori e la loro approssimazione.

Quante volte il microfono resta troppo lontano dalla bocca di chi legge, con il risultato di intuire solo in lontananza ciò che si sta “proclamando”? E quante altre invece il microfono è posto a distanza millimetrica dalle labbra, con il risultato di rimbombi, stridolii e di seri danni ai timpani dei fedeli a causa dei troppi decibel in uscita? Non si tratta qui di criticare per il gusto di farlo. Si tratta di sottolineare l’importanza assoluta, nella celebrazione eucaristica, della Liturgia della Parola, e il dovere – che pende anzitutto sul capo dei parroci – di consentire ai fedeli di poter gustare, comprendere, assaporare quella che – fino a prova contraria così viene detto – è “Parola di Dio”. Il ruolo dei lettori è dunque importante, fondamentale, e la qualità della loro performance deve essere considerata. Con tutto il rispetto, leggere una lettura non può essere visto come una ricompensa data ad alcune pie donne per l’impegno profuso in parrocchia, né come risarcimento dato alle suore dopo essersi viste negare altri ruoli liturgici: proclamare la Parola è un compito essenziale che deve essere dato solamente a chi ne ha le qualità.

Non che non si possa sbagliare, sia chiaro, non che occorra essere esperti in doppiaggio o laureati all’Accademia della recitazione. Semplicemente, però, bisogna fare in modo che chi legge ascolti e comprenda, ne abbia il tempo e le possibilità. Servono lettori dunque che non pensino di essere in autostrada inseguiti da chissà quale banda di malviventi (andare di fretta, della serie “leviamoci il prima possibile il dente”, è uno degli atteggiamenti più diffusi), e che non pensino neppure di essere ad un provino teatrale (soprattutto fra le religiose sono molte quelle che declamano la Parola, generalmente con voce acutissima, condendola di così tanti sospiri e intonazioni pseudo-spirituali da far sperare che si fermino alla fine del secondo versetto). Lettori che sappiano darsi “una regolata”, dunque, ma che ci mettano anche un po’ di tono e di anima, senza quel tono monocorde e sonnolento che non verrebbe utilizzato altrove neppure per la lettura integrale di un elenco telefonico.

Non si tratta allora di fare la “casta” dei lettori, né di emettere giudizi e lanciarsi in promozioni e bocciature, anche perché di un servizio al popolo si tratta, e non di una gara a chi si mostra migliore. Umiltà e chiarezza restano le caratteristiche fondamentali del buon lettore, che non può però essere scelto né sempre fra le stesse due o tre persone (un po’ di ricambio, please, non sono poche le persone che sanno leggere bene!) né sempre all’ultimo minuto prima dell’inizio della messa, con il sacerdote o chi per lui a girare per i primi banchi chiedendo la disponibilità a prestare la propria voce. Preparazione dunque anche per le Letture: del resto, buona regola per chi legge in pubblico è sempre quello di conoscere e aver compreso il testo che si porgerà alle altrui orecchie. E una preparazione, per definizione, deve durare più di una rapida occhiata di trenta secondi prima del canto d’ingresso.

Se dunque la Messa è un momento fondamentale per la vita del cristiano, è doveroso e giusto che i parroci facciano tutto ciò che è in loro potere perché uno dei momenti più importanti, quello della Liturgia della Parola, non si trasformi nella sagra dell’incomprensibile. Anche perché, spesso, una buona lettura dei passi dell’antico e del nuovo Testamento rende molto ma molto più facile l’omelia. Talvolta non bisogna davvero aggiungere nulla. Insomma, leggere bene e poter ascoltare bene alla fin fine conviene. Davvero a tutti.

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