La Salette, piccola porta verso il cielo

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«Salivamo per la strada scoscesa che si dice molto pericolosa; era ancora assai difficile in quell’epoca. Evidentemente è stretta come la porta del cielo. Una muraglia immensa a sinistra, l’abisso a destra. Il tempo era tiepido e delizioso, l’aria di una purezza meravigliosa; ci sembrava di essere pellegrini del paradiso terrestre nascosto là in alto, vicino al cielo». Con queste parole Raissa Maritain, moglie del filosofo Jacques, raccontava la prima impressione al loro arrivo al santuario di Notre Dame de La Salette, nei primi anni del Novecento. L’impressione che se ne ha, arrivando ancora oggi, non si discosta di molto da quella appena citata. Situato a 1800 metri d’altezza sul monte Planeau, nelle Alpi francesi (diocesi di Grenoble), questo santuario continua ad essere circondato solo da montagne verdeggianti, ancora inviolate da mano umana. I pellegrini che arrivano a visitare il luogo dove la Madonna apparve ai due pastorelli Mélanie Calvat e Maximin Giraud, nel 1846, sono obbligati a dormire nella foresteria, perché il paese più vicino è a 15 km e la strada è piuttosto ripida e non certo delle migliori. Non ci sono bancarelle, ristoranti, nessun commercio selvaggio e nessuna speculazione sull’apparizione se non una mensa, un bar e una libreria. Nello spazio antistante la basilica, tre statue ricordano il luogo esatto delle apparizioni.

La Madonna de La Salette può essere ricordata come la prima Madonna piangente della storia, e i suoi messaggi non sono certo dei più edificanti. La Vergine, addolorata con l’umanità, previde grandi sventure che, secondo il parere di molti, si sarebbero avverate durante il Ventesimo secolo. Purtroppo, la scarsa diffusione di questa apparizione, rispetto ad altre, si deve anche alla controversa storia dei suoi veggenti, che hanno avuto vite molto travagliate, rispetto alla santità di una Bernadette o di una Caterina Labouré, e che quindi per diverso tempo hanno fatto vacillare la credibilità di queste apparizioni.

Anche il santuario, così come la vicenda delle sue apparizioni, resta poco conosciuto. Ancor di meno è conosciuto dagli italiani, che sono in netta minoranza rispetto alla totalità dei visitatori, per lo più francesi e polacchi. La varietà di popoli non disturba però il visitatore, anzi: si fa facilmente amicizia con gli altri pellegrini, anche se non si parla la stessa lingua e si fa fatica a capirsi. Si prega e si canta tutti insieme, durante la fiaccolata del sabato sera, lungo uno dei sentieri intorno al santuario, e poi si partecipa tutti insieme alla messa internazionale. Se qualcuno poi ha voglia di fare un’ultima preghiera davanti alla statua della Vergine, una volta calata la notte, resterà stupito dalla luce che emanano le stelle, che in montagna sembrano essere vicinissime.

La cosa che stupisce, in un luogo così solitario, è la grandissima presenza di ragazzi e bambini. I ragazzi, per lo più adolescenti, lavorano tutta l’estate come benevoles, cioè come volontari: servono alla mensa, puliscono le camere, stanno alla reception. La sera poi si riuniscono per la Messa, e quando ci sono loro sembra davvero di avere un anticipo della Giornata mondiale della gioventù: canti, battiti di mani, tanta allegria, a cui fa da supporto il giovane sacerdote brasiliano, che mischia alla sua lingua un po’ di francese e un po’ di italiano. I bambini, invece, sono attivi fin dal primo mattino, quando li trovi, incredulo, a dire le lodi e poi, un paio di ore più tardi, a servire diligentemente la Messa.

Lasciare la pace de La Salette non è facile, perché è molto probabile che assalga la voglia di rimanere qualche giorno in più tra quei monti. Ma è stupefacente come ciò che entra nel cuore a La Salette, possa accompagnare anche il pellegrino che torna a casa e riprende la sua vita quotidiana. Con la sensazione, questa volta, di non essere più solo.

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