Una riflessione nella notte, pensando a tre post Facebook di ieri. E a Qoèlet

Mi sia concesso di fregarmene ampiamente di quelli che starnazzano. Non ho tempo da perdere e non posso dare retta alla furia di rottamazione, che è il marchio di fabbrica della “classe dirigente” nei tempi che corrono, di TUTTE le società. Lo ripeto già da tempo, se non mi erro, dal 1969: mala tempora currunt sed peiora parantur. E, infatti, è sempre andato peggio e il peggio non è ancora arrivato. Statene certi.
È la generazione di rottamatori ex-sessantottini, diventati “adulti” e arrivati già da anni arrivati e saldamente bullonati nelle stanze dei bottoni (finanziarie, politiche, economiche, mediche, ecclesiastiche, ecc., nessun ambiente escluso). Era questo lo scopo della “rivoluzione” sessantottina, come spiegò in un’intervista del 1969. Citavo Ludo Martens, l’ideologo maoista all’Università Statale di Gent, che me lo illustrò in poche parole tra una birra e l’altra in un locale studentesco all’Università Cattolica di Leuven: non cerchiamo la rivoluzione adesso contro il potere delle banche, ma quando la generazione di studenti di oggi saranno de-formati e quando avranno il comando in mano, penseranno veramente di fare il bene comune, degli “operai”. È allora che faranno la nostra rivoluzione – a scoppio ritardato – dai posti di comando dove per forza arriveranno.
Osservando la furia distruttiva delle società, per me resta sempre valido: “Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto” (Papa Benedetto XVI).
Pazienza se delle masse di pecore bianche non concordano. Me ne faccio una ragione e vado avanti per la mia strada, come ho sempre fatto, finché il Signore me lo concede. Sempre pensando al Qoèlet, l’uomo di fronte ai suoi limiti (1, 2-11; 13-18): «Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa. Il sole sorge, il sole tramonta e si affretta a tornare là dove rinasce. Il vento va verso sud e piega verso nord. Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento. Tutti i fiumi scorrono verso il mare, eppure il mare non è mai pieno: al luogo dove i fiumi scorrono, continuano a scorrere. Tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo. Non si sazia l’occhio di guardare né l’orecchio è mai sazio di udire. Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: “Ecco, questa è una novità”? Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto. Nessun ricordo resta degli antichi, ma neppure di coloro che saranno si conserverà memoria presso quelli che verranno in seguito. Mi sono proposto di ricercare ed esplorare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. Questa è un’occupazione gravosa che Dio ha dato agli uomini, perché vi si affatichino. 14Ho visto tutte le opere che si fanno sotto il sole, ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento. Ciò che è storto non si può raddrizzare e quel che manca non si può contare. Pensavo e dicevo fra me: “Ecco, io sono cresciuto e avanzato in sapienza più di quanti regnarono prima di me a Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza”. Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento. Infatti: molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere aumenta il dolore».
Ecco, me ne farò una ragione e andrò per la mia strada. Che anche loro – che pensano di essere saggi – se ne facessero una ragione. È un reato bastonare un cane, figuriamoci una pecora nera. Beeee Beeee Beeee
Ecco i tre post Facebook di ieri, che mi hanno portato alla riflessione.
Post numero uno
Il quadro
«Riguardo ai magistrati e dove siano, per far rispettare le leggi e la costituzione, mi sembra che con il covid si siano azzerate le coscienze: medici che si chinano di fronte a decisioni scellerate, che non si oppongono a false dichiarazioni, giornalisti che non diffondono notizie vere ma fanno da cassa di risonanza per i proclami di regime falsi e terrorizzanti, politici che distruggono vite e carriere di professionisti facendosi scudo della loro immunità, prelati di ogni ordine e grado che assoggettano le chiese e i cristiani ai decreti legge anziché al Vangelo, forze dell’ordine che si impegnano con foga nella caccia alle streghe per chi esercita un diritto sancito dalla costituzione, magistrati inesistenti per far rispettare il diritto e la legge, ma che ci sono per punire chi difende la propria casa e la propria famiglia…
Per favore, ditemi che qualcuno ha usato la macchina del tempo ed ha riscritto la storia, non riesco a comprendere come siamo arrivati a tanto proseguendo sul sentiero della civiltà e del progresso, in teoria andavamo verso un bene sempre migliore, invece ad ogni crocicchio torniamo indietro ai tempi delle persecuzioni e delle dittature…» (Francesco de Zen).
Tutto quadra
«Perché in tutte le sciagure c’è chi perde e c’è chi vince, arricchendosi in maniera inverosimile» (Valentina Villano).
Il proverbio napoletano
«O Padreterno nun è mercante ca pava ‘o sabbato».
La postilla
“Dio non paga solo il sabato” (Claudio Mantovani).
Post numero due
Una citazione tratto dal Messaggio di S.A.R. il Duca di Calabria per la Solennità dell’Immacolata [QUI] che ho condiviso nel pomeriggio
«Partecipare costituisce un’opportunità unica di vivere la condivisione e di essere un esempio per gli altri, maggiormente per chi aspira a vestire con onore il mantello di un ordine cavalleresco o di appartenere ad un sodalizio nobiliare. Oggi essere vicino a chi soffre, a chi ha bisogno rappresenta l’interpretazione esatta dello spirito cavalleresco, la rinuncia a possedere, a donare al prossimo senza che la nostra vita ne soffra. Io e la mia famiglia ci stringiamo idealmente a voi, (…) alle vostre preghiere a Maria Immacolata, affinché il suo sguardo benevolo sia rivolto verso i sofferenti e i bisognosi e doni a noi tutti pace e la fede per affrontare le difficoltà della vita» (S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans).

Post numero tre
Suggerito in serata dalla Dottoressa Valentina Villano
«È troppo triste rendersi conto che la Vita assomiglia al gioco degli scacchi, in cui basta una mossa falsa a farci perdere la partita, con l’aggravante che, nella Vita, non possiamo nemmeno contare su di una possibilità di rivincita» (Sigmund Freud).
Postscriptum
Poi, inevitabilmente mi sono venute in mente le Sacre Scritture, pensando a questo mondo, che è una valle di lacrime, leggendo il Qoèlet, l’Ecclesiaste al Capitolo 2 [QUI], che tratta della vanità e del dolore dell’allegria, del piacere sensuale, della ricchezza e dello sfarzo (Versetti 1-11); dell’insufficienza della sapienza umana, il sapere di non sapere (Versetti 12-17); del vivere in questo mondo che è una valle di lacrime secondo la volontà di Dio (Versetti 18-26).
Leggendo questo si capisce perché i sessantottini diventati grandi odiano Dio di cui negano l’esistenza; la fede che li ha fatte nascere e chi ha la fede conservata; il Cristianesimo che ha plasmato la Civiltà in cui vivono e che stanno rottamando e i Cristiani che sono l’ostacolo per finire l’opera.
Versetti 1-11: Il Re scoprì molto presto che l’allegria e il piacere non sono che insoddisfazioni. Forse rende veramente felici la rumorosa e caduca allegria? I diversi atteggiamenti del cuore degli uomini per cercare la soddisfazione nelle cose del mondo e il loro dedicarsi a una cosa e poi all’altra, sono come l’inquietudine di un uomo in uno stato febbrile. Goderne è come darsi al vino perché poi se ne proveranno le dolorose conseguenze. I poveretti, quando si sentono interpellati, subito si rattristano. Ma il rimedio a tutto ciò è nel fermarsi a riflettere su essi. Tutto è vanità e un inseguire il vento: e così alla fine anche noi la penseremmo come il Re. Avendo di che cibarci e vestirci, accontentiamoci di questo. La saggezza umana è una grande sapienza e una provata conoscenza umana, ma ogni piacere terreno, quando non condiviso con le migliori benedizioni, non fa altro che lasciare la mente in uno stato ansioso e insoddisfatto. La felicità non deriva dalla situazione in cui crogioliamo: solo attraverso Gesù Cristo la beatitudine finale può essere raggiunta.
Versetti 12-17: il Re scoprì che la saggezza e la prudenza sono da preferirsi all’ignoranza e alla follia, perché la saggezza e la conoscenza umana non rendono un uomo felice. Il più dotto degli uomini, estraneo a Cristo Gesù, perirà allo stesso modo del più ignorante e che bene porteranno gli elogi terreni al corpo nella tomba, o all’anima all’inferno? Così se è tutto qui, non possiamo che essere indotti a odiare la nostra vita, perché tutto è vanità e tormento di spirito.
Versetti 18-26: I nostri cuori sono molto restii a capire che non c’è da aspettarsi molto dalle creature, ma il Re lo comprese. Il mondo è una valle di lacrime, anche per quelli che sperano tanto in esso. Guardate come sono sciocchi coloro che si fanno servi del mondo, perché non otterranno altro che una migliore esistenza del corpo. E il massimo che possono raggiungere in questo mondo è quello di concedersi una più sobria ed allegra esistenza, secondo la condizione e il rango. Ma dobbiamo pure godere del nostro lavoro, usando ogni cosa per essere diligenti e allegri nelle attività giornaliere: questo è un dono di Dio. Le ricchezze possono essere una benedizione o una maledizione per un uomo, secondo come egli le userà. A coloro che sono accetti al Signore, Egli dà gioia e soddisfazione nella sua conoscenza e nell’amore per lui, ma al peccatore Egli dà lavoro, dolore, insoddisfazione e difficoltà, cose che l’uomo mondano ricerca nel suo sforzo giornaliero, anche se poi quel che otterrà comunque passerà in altre mani migliori. Che il peccatore mediti seriamente il suo fine ultimo! Cercare la benedizione nell’amore di Cristo e in quel che Lui ci dà è il solo modo per godere veramente ed essere soddisfatti anche in questo mondo (Fonte: Laparola.net).
Sono le 00.56 di sabato 11 dicembre 2021, memoria di San Damaso I, Papa.
Nelle difficoltà dei suoi tempi, Papa Damaso I convocò molti sinodi per difendere la fede nicena contro gli scismi e le eresie, incaricò san Girolamo di tradurre in latino i libri sacri e onorò i sepolcri dei martiri adornandoli di versi. Quella del IV secolo era una Chiesa impegnata in un enorme sforzo di definizione della propria identità, sia per quanto riguarda il contenuto autentico del Credo che nella determinazione del suo ruolo pubblico sociale. Dopo la pace costantiniana, infatti, la fede cristiana non era più una realtà da nascondere e il culto poteva avvenire alla luce del sole. In questo contesto si inserisce l’opera di Papa Damaso I, eletto nel 366 dopo un duro scontro tra fazioni opposte. Il nuovo Pontefice era di origini spagnole, ma nato a Roma, e si dedicò a consolidare il primato della sede petrina, oltre che a ridurre la portata delle eresie. La sua opera più preziosa fu la conservazione delle catacombe e la promozione della memoria dei martiri romani.
Niente di nuovo sotto il sole. Una serena e santa notte. Fra poche ore sorgerà il solo e ci alzeremo. A Dio piacente. Sia lodato il Signore, sempre sia lodato.
Ore 01.15: «L’ho letto di un fiato nel silenzio e nel freddo della notte e mi ha scaldato il cuor: grazie!» (G.G.).
Alle ore 09.10, l’amico e collega Renato Farina mi ha scritto: «In continuità e risposta alla mia meditazione. ”Quos redemisti, tu conserva, Christe: quelli che tu hai redenti – quelli che tu hai voluto, progettati per te –, tu salvali, tu conservali, Cristo. Salvali in qualunque circostanza tu li faccia permanere. È con sicurezza che noi gridiamo a Dio la nostra riconoscenza. Quelli che tu hai redenti, conservali, Cristo. Quelli che tu hai chiamati. Ognuno di noi è stato chiamato, toccato dal dito del Signore, investito della fiamma del cuore. La risposta a questa elezione sta tutta quanta nella preghiera di cui siamo capaci. La nostra risposta è una preghiera, non è una capacità particolare; è solo l’impeto della preghiera” (Don Giussani). Guardiamo a queste parole con abbandono impetuoso».
Foto di copertina: “Corrono tempi cattivi ma si preparano tempi peggiori” è la traduzione della frase latina “Mala tempora currunt sed peiora parantur” pronunciata secondi gli storici da Marco Tullio Cicerone.