Papa Francesco a Lampedusa: l’uomo peccatore perde il suo posto nella creazione e vede l’altro come un fastidio
La corona di fiori bianchi e gialli, la corona di barche di ogni colore, la corona di volti neri attorno alla veste bianca, la corona di lampedusani attorno all’altare. La vera “incoronazione” del pontificato di Francesco sembra essere quella di un lunedì di luglio nell’isola che collega l’Africa all’ Europa. migliaia di turisti, curiosi e giornalisti hanno affollato alberghi e ristoranti in attesa dell’arrivo di Papa Francesco, da lontano tutti hanno seguito la breve navigazione del Papa sulla motovedetta della Guardia Costiera che tanto ha lavorato per salvare centinaia di migranti. Alcuni di loro stringono la mano al Papa. Solo sorrisi, pochissime parole, poi un breve saluto del Papa che chiede sia letta una lettera dei ragazzi che ha incontrato.”Siamo qui – dicono-perché siamo fiuggiti dai nostri paesi per ragioni politiche o economiche. Per arrivare qua abbiamo superato molti ostacoli tra cui quello dei trafficanti di persone. Abbiamo sofferto tantissimo e vogliamo il suo aiuto Santo Padre.” Il Papa risponde con la preghiera “ per chi non c’è più” e il sorriso. Diversamente da quando è in Piazza San Pietro il Papa a Punta Favarolo non si lancia in abbracci vistosi. La commozione lo rende riservato. Ancora emozionato sale sulla jeep aperta e va tra la gente a celebrare la messa. Una celebrazione di suffragio “per piangere i morti”, i paramenti sono viola, lo spiazzo invaso da gente che è venuta per lui. E le parole del Papa sono un esame di coscienza per tutti.
La corona di fiori bianchi e gialli, la corona di barche di ogni colore, la corona di volti neri attorno alla veste bianca, la corona di lampedusani attorno all’altare.
La vera “incoronazione” del pontificato di Francesco sembra essere quella di un lunedì di luglio nell’isola che collega l’Africa all’ Europa.
migliaia di turisti, curiosi e giornalisti hanno affollato alberghi e ristoranti in attesa dell’arrivo di Papa Francesco, da lontano tutti hanno seguito la breve navigazione del Papa sulla motovedetta della Guardia Costiera che tanto ha lavorato per salvare centinaia di migranti.
Alcuni di loro stringono la mano al Papa. Solo sorrisi, pochissime parole, poi un breve saluto del Papa che chiede sia letta una lettera dei ragazzi che ha incontrato.”Siamo qui – dicono-perché siamo fiuggiti dai nostri paesi per ragioni politiche o economiche. Per arrivare qua abbiamo superato molti ostacoli tra cui quello dei trafficanti di persone. Abbiamo sofferto tantissimo e vogliamo il suo aiuto Santo Padre.”
Il Papa risponde con la preghiera “ per chi non c’è più” e il sorriso. Diversamente da quando è in Piazza San Pietro il Papa a Punta Favarolo non si lancia in abbracci vistosi. La commozione lo rende riservato.
Ancora emozionato sale sulla jeep aperta e va tra la gente a celebrare la messa. Una celebrazione di suffragio “per piangere i morti”, i paramenti sono viola, lo spiazzo invaso da gente che è venuta per lui.
E le parole del Papa sono un esame di coscienza per tutti. Con la Bibbia in mano rilegge la domanda che Dio ha fatto ad Adamo dopo il peccato originale e a Caino dopo l’omicidio di Abele. Richiama tutti alle proprie responsabilità. Spiega il perché del suo essere a Lampedusa: “Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta.”
Ringrazia la generosità della gente di Lampedusa. “Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà!”, saluta i musulmani, la maggioranza assoluta degli immigrati, “che stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie.”
Poi commenta le letture della messa. L’uomo dopo il peccato è disorientato “ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere.” E ancora: “Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!”
Poi parla all’uomo di oggi: “siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.”
le domande di Dio sono rivolte a ciascuno di noi e allarga il discorso : “Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, accoglienza, solidarietà!”
Cita Lope de Vega e poi chiede: “ Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io.” E prosegue: “Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”
Parla di globalizzazione dell’indifferenza e aggiunge una terza domanda: “Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza!” e allora dice, “domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo.” Una Liturgia di penitenza quella di Lampedusa, dice il Papa e conclude: “chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi.”
In effetti la messa e la vista è più una festa, una grande festa per l’isola e per i volontari che lavorano da anni, una opportunità per tutti di vedere il Papa che al termine della messa recita una preghiera a Maria.
L’altare è una barca da pesca, il pastorale e il calice di legno ricavati dalle imbarcazioni dei migranti sono i segni della volontà del Papa di fare penitenza.
Il pastorale e il calice sono stati costruiti dal falegname lampedusano Franco Tuccio. I colori sono quelli della barca da cui sono stati tratti. Tuccio aveva realizzato anche una croce che nell’aprile del 2011 gli abitanti di Lampedusa, accompagnati dal parroco, don Stefano Nastasi, presenti all’udienza generale in piazza San Pietro, donarono a Benedetto XVI. Un crocifisso pettorale in legno, proveniente anche questo da una barca dei migranti, venne consegnato al Papa nel maggio scorso dall’arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro – presidente anche della Fondazione Migrantes – durante la visita ad Limina. L’attenzione sul dramma degli immigrati, che del resto occupa sempre le prime pagine dei giornali, è riproposta dal Papa in modo profondamente cristiano, con un invito alla corresponsabilità. Il Papa non indica soluzioni, non è il suo compito, ma chiede al mondo di non essere indifferente, di non abituarsi alla sofferenza e di tenere viva la coscienza e la solidarietà.
Ora c’è da attendere la risposta delle istituzioni, italiane, europee e di tutto il mondo. Intanto questa mattina un barcone con 165 migranti a bordo, tra cui quattro donne, stato soccorso a poche miglia dal porto. L’imbarcazione è arrivata al Molo Favaloro alle 7.45, lo stesso molo in cui Papa Francesco ha incontrato poco dopo 50 migranti ospiti del centro d’accoglienza. Nello stesso centro sono stati trasferiti i nuovi migranti arrivati.
Al termine della Santa Messa, il Papa si è soffermato in parrocchia a salutare i volontari e gli organizzatori della visita.