Conclusa l’inchiesta diocesana per la beatificazione del cardinale Van Thuan
Venerdì 5 luglio il card. Vallini ha chiuso a Roma la fase diocesana del processo di canonizzazione del card. François Xavier Nguyên Van Thuan, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace: “Nel suo corpo incarnava l’amore di Cristo per tutti gli uomini… Il memoriale eucaristico è uno dei focus fondamentali della santità del Servo di Dio imprigionato per 13 anni a Saigon. Egli credeva fermamente che tutte le volte che celebriamo l’Eucaristia e quando con audacia proclamiamo il mistero della fede, la Chiesa condivide con il suo Signore la via della croce e della salvezza. La Messa era il centro delle sue giornate, la celebrava con fede sincera, specialmente durante la segregazione in isolamento totale, durata nove anni… Nel Servo di Dio abbiamo un autentico campione del Vangelo vissuto, perché la sua fede è stata continuamente rafforzata dalla memoria di coloro che hanno dato la vita per Cristo.
E la fede Francesco Saverio l’aveva respirata fin dall’infanzia nella sua famiglia: sua madre, catechista e formatrice, gli ripeteva costantemente i nomi dei parenti uccisi mentre pregavano nella chiesa parrocchiale di Dai Phong, rasa al suolo dai persecutori, nell’aprile del 1885. Il Servo di Dio non si stancò mai di trasmettere agli altri questa storia familiare gloriosa… Una memoria che restò scolpita nella sua vita quando fu chiamato a rendere testimonianza al Signore dinanzi ai suoi carcerieri. Durante la sua detenzione, l’arcivescovo vietnamita scriveva: In una cella senza finestra, in cui fa caldissimo, soffoco, sento la mia lucidità venir meno pian piano fino all’incoscienza; talvolta la luce rimane accesa giorno e notte, talaltra è sempre buio. C’è tanta umidità che crescono i funghi sul mio letto”.
Le parole pronunciate dal card. Vallini restano ben scolpite nei presenti, anche perché raccontare dell’amore del card. Van Thuan è semplice e nello stesso tempo complicato. Semplice, perché con il sorriso sempre nella bocca raccontava dell’amore di Cristo per l’uomo; complicato, perché quel suo sorriso ti faceva comprendere che se ti affidi a Dio tutta la vita sarà una gioia, anche nelle sofferenze. Ho avuto l’occasione di incontrare due volte questo ‘minuscolo’ vescovo vietnamita, (alla Cittadella di Assisi ed al Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna) ed era sempre una meraviglia sentir raccontare le ‘meraviglie’ compiute da Dio. Eppure aveva tutto il diritto di lamentarsi e di inveire contro i suoi aguzzini, ma dalla sua bocca usciva solo parole di rendimento di grazie a Dio e di preghiera verso chi lo aveva fatto soffrire. E’ stato veramente un beneficio sentir raccontare il modo con cui nelle prigioni celebrava l’Eucarestia, di nascosto dalle guardie: una mollica di pane conservata dalla razione del giorno precedente e due gocce di vino, in questo modo cose di per sé insignificanti si trasformavano nel Corpo e nel Sangue di Cristo; ed il suo volto si illuminava.
Per questa sua docilità alla Parola di Dio papa Benedetto XVI nell’enciclica ‘Spe salvi’ lo ha indicato ‘come esempio da seguire nella preghiera, particolarmente quando ci si trova in uno stato di disperazione’. Il periodo lunghissimo vissuto da prigioniero, dal 1975 al 1988, venne definito dal porporato una ‘lunga avventura’. Una fase difficilissima, sostenuta dalla ‘virtù teologale della speranza’:per Van Thuan solo l’amore cristiano può cambiare i cuori, non le armi, le minacce, i media». L’esperienza della prigionia non lo piegò, anzi “forgiò nel Servo di Dio quella speranza operosa e gioiosa da indurre il Beato Giovanni Paolo II a chiedergli di preparare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa”, come ha precisato il card. Vallini.
Nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam), vescovo di Na Thrang nel 1967, il porporato era da pochi giorni vescovo di Saigon quando la città cadde nel potere dei comunisti del Nord. Nel 1975 Van Thuân fu messo in prigione, perché era il nipote di Ngo Dinh Diem, il presidente del Vietnam. Nonostante fosse lasciato a lungo senza cibo e acqua, dalla cella scrisse una serie di messaggi alla comunità cristiana grazie ai fogli di carta che un bambino di 7 anni gli procurava di nascosto. Così nacque il libro “Il cammino della speranza”. Da Saigon fu trasferito in catene a Nha Trang, quindi al campo di rieducazione di Vihn Quang, e poi in isolamento per 9 anni, con due sole guardie con lui. Non poté portare con sé la Bibbia. Allora raccolse tutti i pezzetti di carta che trovava e compose un minuscolo libro sul quale trascrisse più di 300 frasi del Vangelo che ricordava a memoria. Liberato il 21 novembre 1988, nel 1994 fu chiamato a ricoprire la carica di vice presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace. Quattro anni dopo ne divenne presidente. Fu creato cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001. Morì il 16 settembre 2002.
Il card. Peter K. A. Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nell’omelia per l’apertura del processo di beatificazione nel 2010, ha parlato di un uomo illustre: “E’ certamente un’immensa gioia e un grande onore per il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, non solo celebrare la memoria del Cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuan, ma anche promuovere questa celebrazione nella Chiesa universale con l’intento di trasformarla in una incessante preghiera ed intercessione per la grazia ed il privilegio della sua beatificazione. Pertanto, il Pontificio Consiglio, oltre a celebrare le sue lodi come un famoso antenato nella fede, ne riconosce le virtù e i meriti e vorrebbe, dunque, salvarli dall’oblio e richiamarli alla memoria dell’assemblea dei fedeli di Dio, a lode di Dio e per l’edificazione della sua Chiesa. L’odierna celebrazione per l’Apertura solenne della Causa di Beatificazione è un segno di tutto questo; e noi la raccomandiamo alle vostre preghiere!..
Per volere della divina Provvidenza la celebrazione dell’Assunzione di Maria, in quel fatidico giorno del 15 agosto 1975, segnò anche un cambiamento radicale nella vita e nel ministero dell’arcivescovo Van Thuan. Come nelle Scritture, dove il cambiamento dell’abito delle persone comporta anche un cambiamento del loro status, quando l’arcivescovo dovette cambiare il suo abito, anche se per decisione imposta, questo implicò un cambiamento della sua condizione: un cambiamento nella sua vita e nel suo ministero. Privato di tutti i titoli, denominazioni e insegne episcopali, e rivestito di una semplice tonaca nera, l’Arcivescovo avrebbe avuto d’ora in avanti le celle della prigione come parrocchia e i prigionieri come sua Congregazione…
Ma questa esperienza kenotica, a imitazione del Signore, il quale si spogliò di se stesso ed assunse la condizione di schiavo, in modo da poter vivere in mezzo a noi, divenne per il cardinale la scuola di una fede perseverante e di una speranza duratura. Il Cardinale Van Thuan ne uscirà come testimone eroico della forza sostenitrice dell’Eucaristia, il testimone della presenza confortante di Maria, il testimone di una fede salda in Dio, di un amore che sacrifica se stesso e di una speranza perseverante nelle avversità”.