I Papi e gli artisti, croce e delizia del post Concliio

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Il rapporto tra papato e artisti, fecondissimo anche se travagliato, è passato dal mecenatismo dei secoli scorsi alla ricerca di un dialogo comune nel Novecento, il secolo che più di tutti sembra aver portato non solo ad un allontanamento degli artisti dalla Chiesa, ma anche al tentativo di eliminazione di qualsiasi simbologia cristiana dalla vita quotidiana e, di conseguenza, anche dall’espressione artistica. Dopo una prima Messa degli artisti voluta da Pio XII, Papa Montini inizia ad occuparsi degli artisti e delle forme dell’arte sacra durante il Concilio Vaticano II, nella costituzione “Sacrosantum Concilium” del 4 dicembre 1963. In questa Costituzione, in cui si rivedono i parametri per la liturgia, due capitoli vengono dedicati proprio alla musica (capitolo VI) e all’arte sacra (capitolo VII). A questo documento ufficiale papa Paolo VI affianca alcuni discorsi e lettere, come quello che pronuncia nell’ottobre 1964 alla presenza di tanti intellettuali ed artisti all’interno della cappella sistina, e il messaggio dell’8 dicembre 1965, alla fine del Concilio Vaticano II. Sono anni particolari, che precedono appena il periodo del ’68 e della rivoluzione studentesca.

Papa Montini sa che il mondo degli artisti, a cui nel Novecento si sono aggiunti anche coloro che fanno cinema, è sempre più lontano dalla Chiesa. Facendo un iniziale mea culpa per i rapporti non sempre idilliaci con il mondo dell’arte, dice: «Bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti. Non è che l’amicizia sia stata mai rotta, in verità; […] Ci permettete una parola franca? Voi Ci avete un po’ abbandonato, siete andati lontani, a bere ad altre fontane, alla ricerca sia pure legittima di esprimere altre cose; ma non più le nostre. […]». Vicino alle richieste di Paolo VI è Giovanni Paolo II, che nella sua Lettera agli artisti del 1999, non manca di citare il suo predecessore. La lettera di papa Wojtyla è lunga e articolata in più punti. Artista egli stesso, conosce le tensioni spirituali del fare arte e punta quindi sul significato della bellezza e dell’arte come di un’espressione di questa bellezza divina.

Nella lettera, Giovanni Paolo II, proprio come Paolo VI, riconosce la necessità degli artisti nella Chiesa, ma si domanda anche se gli artisti sentano bisogno della Chiesa. Siamo alle soglie del 2000, in un mondo totalmente diverso rispetto a quello a cui si rivolge papa Montini e che per tanto tempo lo stesso Wojtyla ha combattuto. L’occidente del nuovo millennio è alla deriva, ma alla ricerca febbrile di un ideale estetico. Ci prova ancora papa Benedetto XVI dieci anni dopo, nel 2009, durante un incontro con gli artisti.

Papa Benedetto è forse il più fine conoscitore d’arte tra i papi dell’ultimo secolo, in particolare per quanto riguarda la musica. Oltre a citare sia Paolo VI che Giovanni Paolo II, papa Ratzinger dice chiaramente cosa sta accadendo nel mondo: «Il momento attuale è purtroppo segnato, oltre che da fenomeni negativi a livello sociale ed economico, anche da un affievolirsi della speranza, da una certa sfiducia nelle relazioni umane […] Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare una vita degna della sua vocazione se non la bellezza? […]». L’artista, dunque, è colui che può dare un senso alla vita quotidiana attraverso la trasfigurazione di essa nell’arte, nella bellezza. Si nota quindi una grande continuità tra questi tre papi, che mettono in pratica lo spirito del Concilio e cercano un ritorno alla bellezza attraverso le anime e la sensibilità degli artisti, alla cui missione riconoscono una grande importanza.

È un dialogo che siamo sicuri che papa Francesco non romperà, nonostante le polemiche sorte dopo la sua assenza al concerto in suo onore in occasione dell’Anno della Fede. Andando oltre quel gesto, che non deve essere inteso come di spregio verso i musicisti presenti né tantomeno verso gli artisti in genere, papa Francesco saprà sicuramente rinsaldare quel rapporto di amicizia che i suoi predecessori hanno tanto cercato e appoggiato.

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