Il Silenzio e la missione nel Giappone di Shusaku Endo

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Il silenzio è assordante. In mezzo allo spasimo della vita che infuria tutt’intorno, il furore degli aguzzini, il ritmo del lavoro duro e senza fine dei contadini, i suoni della natura indifferente, quel silenzio è assordante, perché è il silenzio di Dio. E’ quello che colpisce al cuore del gesuita Sebastian Rodrigues, che nel 1633 è partito, insieme al confratello Francisco Garrpe, è partito alla volta del Giappone come missionario. E anche per verificare la notizia terribile secondo la quale l’indomito padre Ferreira, da anni in terra giapponese per diffondere il cristianesimo, avrebbe abiurato.

Ben presto padre Rodrigues conosce la paura, lo smarrimento, l’isolamento, la fame, la persecuzione. Ma soprattutto il terribile peso del silenzio di Dio. Perché nel momento della sofferenza, della perdita totale di tutto, alla domanda cruciale: Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché non rispondi?, il missionario non sente alcuna risposta. Ascolta, dalla misera prigione in cui langue da mesi, solo i rumori della vita altrui, da cui si sente del tutto escluso, davanti agli occhi solo le immagini della morte del suo confratello Garrpe e dei poveri contadini diventati cristiani e uccisi dalle autorità perché non avevano voluto abiurare la loro nuova fede.  Questa storia viene raccontata in uno splendido romanzo dello scrittore giapponese Shusaku Endo, convertitosi al cattolicesimo e più volte candidato al premio Nobel per la letteratura, scomparso nel 1996. La casa editrice Corbaccio ha ripubblicato uno delle sue opere più commoventi e stilisticamente maturo, ossia <Silenzio>. Un racconto forte e duro, che a tratti fa persino male a leggere, mentre racconta i tormenti della persecuzione e soprattutto quelli dell’anima, sottoposta al dubbio, all’angoscia, al pensiero, peggiore della morte, che tutto sia inutile, che la vita sia inutile, poiché Dio non risponde, Dio non esiste.

Padre Rodrigues sprofonda nel fallimento della sua missione, conosce la pena dell’essere tradito e calpestato, arriva allo sconforto più amaro incontrando il suo antico e venerato maestro padre Ferreira ridotto all’ombra di se stesso, rinunciando alla fede e assumendo persino un altro nome giapponese. Anche lui, il giovane missionario pieno di fervore e di speranza, arriva a calpestare la sacra immagine di Cristo per salvare i poveri prigionieri che saranno uccisi se lui non abiura. Divenuto un rinnegato, al culmine del proprio annientamento, riscopre l’amore di Dio che on era in silenzio, ma <soffrivo accanto a te>, come Gli mormora nel cuore, nell’ultimo struggente dialogo tra il povero prete rinnegato e il suo Signore. Intorno c’è il Giappone del Seicento, ma non ci sono concessioni all’esotismo. Ci sono il sudore e la miseria dei contadini, c’è il mare che diventa anche troppo spesso una tomba, ci sono la luna e le primavere piene di fiori, ma la luce e i profumi si confondono con il lezzo delle ferite dei prigionieri e con il calore soffocante di chi è costretto a percorrere ore di cammino a piedi, trascinando catene. Ci sono solitudine, paura, dolore, ma anche coraggio, tenerezza, aiuto. L’ultima parola non è dettata dalla disperazione: persino dopo l’abiura, Rodrigues rimane prete, <l’ultimo  prete in questa terra. Ma Nostro Signore non ha taciuto. Anche se avesse taciuto, la mia vita fino a questo giorno avrebbe parlato di Lui>.

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