L’appello ecumenico di Papa Francesco: “Come può esserci l’unità tra noi cristiani se non c’è unità tra noi cattolici?”
“Prima di uscire da casa questa mattina ero con un pastore evangelico. Siamo stati insieme per quaranta minuti… mezzora, insieme a pregare. A pregare per l’unità. Dobbiamo pregare per l’unità. Ma come possiamo volere l’unità tra i cristiani se non c’è l’unità tra noi cattolici?” Nell’udienza generale del mercoledì, davanti a una piazza San Pietro gremita, Papa Francesco parte dalla conversione di Paolo per lanciare il suo appello per l’unità. L’unità tra i cristiani, ma prima di tutto l’unità tra i cattolici, l’unità del corpo vivo che è la Chiesa, la quale non può essere separata dal capo, che è Gesù.
Il racconto dell’incontro con il pastore evangelico è un fuoriprogramma. Come di consueto, Papa Francesco parte da un testo scritto, ma poi si lascia trasportare dalle parole, ne sottolinea alcune, ne ripete altre, a volte inserisce racconti all’interno. Batte sempre sugli stessi tasti: il male che fanno le “chiacchiere”, la necessità di “lasciarsi prendere” dallo Spirito Santo, la Chiesa che “non è un organizzazione benefico-culturale, l’impossibilità di “staccarsi da Cristo”.
Papa Francesco usa l’immagine del corpo nella lettera di Paolo ai Corinzi per raccontare questo “profondo legame tra la Chiesa e Cristo”. “Il corpo – dice Francesco – ci richiama ad una realtà viva. La Chiesa non è un’associazione politica o culturale. È un corpo vivente, e questo corpo ha un capo, Gesù, che lo guida e lo sorregge”. E “se si separa il capo dal resto del corpo, l’intera persona non può sopravvivere. Così è nella Chiesa, dobbiamo rimanere legati in modo sempre più intenso a Gesù. Dobbiamo permettere a Gesù di operare in noi”, fare in modo che “il suo amore ci dia forza di amare”. E questo – afferma il Papa – “sempre sempre sempre! Rimaniamo uniti a Gesù, fidiamoci di lui, orientiamo la nostra vita secondo il suo Vangelo”.
Non ci si può separare dal capo, ma nemmeno le membra del corpo possono andare ognuna per conto loro. Perché – dice il Papa – “come le membra del corpo umano, pur differenti e numerose formano un solo corpo, così noi siamo stati realizzati mediante un solo spirito in un solo corpo. Nella Chiesa c’è una varietà, non c’è una piatta uniformità. Però c’è la comunione, l’unità. Tutti sono in relazione l’uno con l’altro. Essere parte della Chiesa vuol dire essere uniti a Cristo, vuol dire rimanere uniti al Papa”.
Per questo, dice Francesco, “dobbiamo superare il personalismo”. E per farlo, la ricetta è semplice: comprendersi maggiormente, che significa “voler più bene a Dio e alle persono che ci sono accanto, in parrocchia, in famiglia, nelle associazioni”. Perché “corpo e membra devono essere uniti. L’unità deve essere superiore ai conflitti. Se i conflitti non si sciolgono bene ci separano da Dio”. E allora, dobbiamo essere “tutti uniti! Uniti, con le nostre debolezze, ma uniti sempre! È quella la strada di Gesù”.
Un primo passo è “chiedere una grazia al Signore perché ci liberi dalle chiacchiere. Quanto male fanno le chiacchiere, quanto danno arrecano alla Chiesa le divisioni tra i cristiani, le divisioni tra noi, ma anche le divisioni tra le comunità cristiane evangeliche, cristiane ortodosse, cristiane cattoliche. Perché dividersi?”
Ma l’unità delle Chiese sorelle nasce prima di tutto dall’unità tra i cattolici stessi. E Papa Francesco conclude la catechesi dell’udienza generale con una preghiera: “Aiutaci ad essere membra del corpo della Chiesa sempre profondamente uniti a Cristo. Aiutaci a non far soffrire il corpo della Chiesa con le nostre divisioni, i nostri conflitti, aiutaci ad essere membra vive legate le une le altre dalla forza dell’amore che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori”.