Nemo potest duobus dominis servire. Sufficit diei malitia sua

Non possiamo essere “neutrali” o “liberi” perché non siamo ancora in Cielo, ma sempre viandanti nella «valle di lacrime» che è la terra, il dominio del Dominatore, il Principe di questo mondo, a cui ogni uomo appartiene per nascita, con la sola eccezione della Madre di Dio, la Beata Vergine Maria, preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. Perciò, il verbo che viene usato per indicare l’opera del Signore nei confronti chi crede in Lui è “strappare”, come leggiamo in Gal 1,4: il Signore Gesù Cristo «ha dato sé stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio». E invece di essere dei galli segnavento o delle banderuole, dispersi dalle burrasche, siamo “liberati per essere liberi” di scegliere: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro». «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

«Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi. Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno? E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri figli in nome di chi li scacciano? Per questo loro stessi saranno i vostri giudici. Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio. Come potrebbe uno penetrare nella casa dell’uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà saccheggiare la casa. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro. Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12, 25-37).
«Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona. Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Matteo 6,24-34).
Cosa avranno pensato le persone riunite sul monte ad ascoltare Gesù sentendo l’avvertimento: «Nessuno può servire a due padroni». Erano Ebrei, gente comune, anche se non si può escludere che era presente qualche fariseo o dottore della legge, che comunque conoscevano i testi sacri (non come gran parte dei cristiani oggi, che non conoscono le Sacre Scritture). Quindi, avranno fatto riferimento agli avvertimenti dettati da Giosuè al popolo a Sichem, dove prima di entrare nella terra promessa terminato l’esodo si rinnovò l’alleanza con il Signore: «Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gios 24, 14-15).
Quel verbo “servire”, nell’avvertimento «sceglietevi oggi chi servire», si riferiva ad una scelta consapevole, dopo aver considerato l’esperienza comune di “servi” dei loro padri, che tutti conoscevano.
Ma perché si debba essere necessariamente obbligata a scegliere tra Dio e ciò che non lo è, perché non si possa essere neutrali e quindi semplicemente liberi? Perché è impossibile in quanto l’essere umano è comunque sottoposto alle sue passioni e a queste reagisce dipendendo da esse, per cui in pratica ne è schiavo: loro sono il suo tesoro e lì è il suo cuore.
Quando l’Evangelista Matteo scrive “nessuno può servire a due padroni”, l’Evangelista Luca definisce più preciso il soggetto – “nessun servitore può servire a due padroni” (cfr Lc 16, 1-13) – qualificando la creatura umano come un servo a prescindere, nonostante la tanta opinione ha di sé stesso, perché constata ogni giorno di essere in grado di pensare e agire in modo libero, apparentemente. Tutti noi esseri umani – con l’eccezione della Madre di Dio, che nella sedicesima apparizione del 25 marzo 1858 a Lourdes rivela il suo nome, rispondendo alla domanda in dialetto guascone, l’unica lingua che Bernadette Soubirous comprende: «Que soy era Immaculada Councepciou» – siamo schiavi, servi delle proprie passioni, aspirazioni, desideri, attitudini, siano esse umanamente positive o negative, a meno che scegliamo di appartenere a Dio e quindi servirlo.
Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 6, 16-18) afferma: “Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite, sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia? Rendiamo grazie a Dio perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia”.
Il peccato è una realtà nella quale tutti possiamo cadere accidentalmente. Oppure, è una condizione che schiavizza, coinvolgendo cuore, mente, occhi che restano chiusi alla luce dello Spirito, l’unica in grado per davvero ad illuminare la nostra vita terrena. Questo peccato porta all’amore per questo mondo, alla ricerca estenuante e continua della sopravvivenza, fisica o psichica poco importa, dimenticando che «a ciascun giorno basta la sua pena». Questo peccato porta al poter contare solo noi stessi in una continua successione di battaglie, che possono essere vinte o perse, ma che conducono alla sconfitta definitiva. Nella Prima lettera di Giovanni leggiamo (1Gv 2,15-17): «Non amate il mondo, né le cose del mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno».
La «superbia della vita», è il naturale riassunto dell’atteggiamento di chi si crede libero, ma in realtà è soltanto un misero che si crede qualcuno. La «superbia della vita» si riassume in tre verbi – «essere, volere e potere», che sono poi i più usati negli spot pubblicitari e che sono quelli su cui fece leva Satana tentando Eva. «Io sono, io posso, io voglio» è tutto in opposizione al concetto dell’essere schiavi e destinato a scontrarsi con l’ammonimento che ogni credente dovrebbe conoscere e contemplare ogni giorno della sua vita: «Tu sei polvere, e ritornerai polvere».
Mamona (la ricchezza) è il concentrato impuro di tutto di cui si nutre colui che non ha fatto proprio l’amore della verità per essere salvato. «A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché possiamo goderne» (1 Tim 6,17). Non è certamente una censura relativa alla condizione di chi possiede dei beni. Il «tutto ci dà in abbondanza perché possiamo goderne» non esorta a desiderare una vita di stenti, ma a considerare ciò che abbiamo (sia materiale che spirituale) come un dono abbondante, da valutare con lo Spirito di Dio, non con il metro di Mammone, il denaro, le ricchezze, un dio fasullo da servire, perché è in grado di impedire il rapporto con il Dio vero.
È falso – nell’occorrenza isolando dei versi di Verità dal contesto in cui sono stati scritti o dargli un’interpretazione sbagliata – dire che il cristiano è liberato dal peccato e quindi non può peccare, perché amico di Dio e nuova creatura, non più servo ma fratello. Al riguardo leggiamo le parole rivolte ai cristiani convertiti in Col 3, 5-11, tese a ricordare loro che hanno scopo e compito in questo mondo, che è di essere «sale della terra», che come stiamo a vedere, facilmente perde il suo sapore: «Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, 6 cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti».
Ricordiamoci di essere “minori”, tutti in tutto, e – essendo cristiani – “di null’altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore” (Gal 6,14).
Foto di copertina: Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio, Cacciata dei mercanti dal Tempio, 1610/15, olio su tela, Gemäldegalerie, Berlino.