Fondazione Oasis: in dialogo contro gli estremismi

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Voluta fortemente dall’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, quando era ancora Patriarca di Venezia, Oasis ha da pochi mesi inaugurato la seconda sede proprio a Milano. Nell’incontro di quest’anno, dal nome Sul crinale: cristiani e musulmani tra secolarismo e ideologia, si è cercato di far luce sulla situazione delle due grandi religioni attraverso l’analisi dei due estremi, cioè l’eccessiva secolarizzazione, che attanaglia ormai l’Europa e il tutti i Paesi di cultura occidentale, e la caduta verso l’estremismo, che sempre di più avanza non solo in alcuni Paesi del Medioriente, ma anche dell’Asia e dell’Africa.

Oltre all’intervento di Scola, si possono ricordare anche quelli di studiosi importanti, come Rémi Brague e Francesco Botturi, e la presenza di religiosi cristiani e musulmani, tra cui il cardinale John Onayekan, vescovo di Abuja (Nigeria) e monsignor Bader Ghaleb Moussa, arcivescovo di Algeri.

Come testimonianza della situazione dell’Africa, il cardinale Onayekan ha parlato della sua Nigeria, che da anni è tenuta sotto scacco da parte degli integralisti islamici: «Anche se sono stato invitato come rappresentante di una minoranza religiosa, in Nigeria i cristiani sono il 50% della popolazione. Non è la stessa situazione del Medioriente: mentre lì è diventata una questione di razza, qui in Nigeria siamo tutti convertiti da non più di cento anni, sia che si tratti di cristiani che di musulmani. Io sono cristiano, ma ho diversi cugini, nella mia famiglia, che sono islamici. Ma le cose devono cambiare, non si può andare avanti con questo atteggiamento di ostilità».

Il cardinale Scola invece ha puntato tutto sul ruolo dell’Europa nella questione del dialogo interreligioso. È vero che l’Europa può chiedere, secondo il suo esempio, che certi Paesi abbandonino la violenza e l’estremismo, fino a chiedere che vengano abbattuti i procedimenti penali per le persone che si convertono ad un’altra religione o bestemmiano; d’altro canto, non si deve trascendere dal lato opposto, cioè nell’eccessiva secolarizzazione che opprime la libertà religiosa in nome della laicità selvaggia. Una posizione condivisa anche da Carl Anderson, dagli Stati Uniti: «Negli Usa c’è ancora una maggioranza cristiana, ma si sta iniziando ad affrontare anche lì il dibattito tra islamizzazione e secolarizzazione. Questo dibattito diventerà ancora più importante quando finirà l’impegno militare degli Stati Uniti nei paesi del Medioriente».

Il cardinale, nella sua esposizione chiara e rispettosa nei termini, non la manda certo a dire all’Europa, alla quale si rivolge, riferendosi soprattutto al tentativo di annullare, soprattutto in alcune nazioni, le peculiarità religiose del singolo: «L’Europa deve mettere da parte questa logica in cui dominano gli indistinti, deve invece far vivere ogni singola espressione in modo che queste possano dialogare per trovare una strada comune».

Un linguaggio, quello di Scola, che in questi due anni come vescovo di Milano abbiamo imparato a conoscere. Come non ricollegare queste ultime parole con il tema del suo ultimo libro, intitolato appunto Non dimentichiamoci di Dio, e con quelle che il cardinale disse lo scorso aprile in occasione della presentazione proprio di questo libro, in cui in (un Auditorium Verdi gremito) si trovò a dibattere con alcuni famosi giornalisti, come Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera e Ezio Mauro, direttore di Repubblica. Anche in quel caso, Scola difese la sua posizione contro chi rivendicava una libertà di espressione incondizionata in nome di una presunta laicità. Che portata all’estremo diventa laicismo, cioè una vera e propria ideologia.

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