Papa Francesco alla sua diocesi di Roma: “Testimoniate Gesù con coraggio e pazienza”

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È un inno alla grazia, quello che Papa Francesco proclama aprendo il Convegno Ecclesiale della diocesi di Roma. Ma è anche un attacco ai cristiani che “non credono in Cristo ma alla dea Lamentela”, una constatazione che il passo del Vangelo in cui il pastore lascia 99 pecore per andare a cercare la pecora che si è perduta oggi è ribaltata, perché “di pecore ne abbiamo una, e ne abbiamo perse 99”; l’invito ad andare a cercare queste pecore, ad uscire nelle periferie esistenziali, ad essere “pastori e non pettinatori di pecorelle”. E ha sottolineato anche il significato dell’espressione “una Chiesa povera per i poveri”. Che non significa “essere pauperisti”, o “barboni spirituali”, significa andare verso la carne di Gesù, che è anche quella del dotto e del sapiente. Il tutto in nome di quella “vera rivoluzione che ha compiuto Gesù Cristo con la Resurrezione”.

L’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma si tiene in aula Paolo VI. Non sarebbe bastata la Basilica di San Giovanni in Laterano per contenere le persone che sono andate al primo convegno ecclesiale inaugurato da Papa Francesco. E in realtà non basta nemmeno l’Aula Paolo VI, tanto che in molti si dispongono dietro una transenna appena fuori dall’Aula Nervi, a fianco all’ingresso del Palazzo dell’ex Sant’Uffizio. In tutto sono 15 mila. Papa Francesco prova a salutare tutti, fa un lungo giro, e poi arriva al suo posto. Prima c’è un saluto del cardinal Vallini, suo vicario per la diocesi di Roma, che Papa Francesco ha voluto significativamente a fianco a sé sul balcone il giorno dell’elezione. Poi, la lettura di un brano della lettera di Paolo ai Romani, in cui c’è il tema che dovrebbe essere il centro della riflessione del Papa: “Io non mi vergogno del Vangelo”.

Ma Papa Francesco parte da un altro brano della lettera ai Romani: “Non siamo più sotto il Vangelo, ma sotto la grazia”. Dice il Papa ai suoi diocesani: “Quest’anno avete lavorato tanto sul battesimo, che è questo passare da sotto la legge a sotto la grazia. E questa è una rivoluzione. Sono stati tanti i rivoluzionari nella storia, ma nessuno ha avuto la forza di questa rivoluzione che ci ha portato Gesù. Una rivoluzione per trasformare la storia, che ha cambiato in profondità il cuore dell’uomo,  mentre le rivoluzioni della storia hanno cambiato i sistemi politici ed economici. La vera rivoluzione l’ha compiuta Gesù, attraverso la sua resurrezione. Benedetto XVI diceva che la Resurrezione di Gesù è ‘il più grande mutamento della storia’. Un cristiano se non è rivoluzionario non è cristiano. Deve essere rivoluzionario per la grazia, quella stessa grazia che il padre ci dà attraverso Gesù Cristo morto e risorto”.

La grazia si incarna nel cuore di Paolo, spiega il Papa, che da feroce persecutore dei cristiani si trasforma in un santo, e in un testimone della fede. “Tutti siamo peccatori – dice il Papa – ma se accogliamo la grazia di Gesù Cristo, lui cambia il nostro cuore e da peccatore ci fa santi”. Ed essere santi “non è guardare là o avere una faccia di immaginetta”. Per essere santi “è necessario solo accogliere la grazia che il padre ci dà in Gesù Cristo”.

E la grazia “non si compra, non si trova in nessun posto. È un dono gratuito di Gesù, e noi dobbiamo darla gratuitamente ai fratelli”. È triste – aggiunge Papa Francesco – quando si incontrano quelli che vendono “la grazia”.

Come non si vende la grazia, non si vende la speranza. “C’è gente – afferma il Papa che vive senza speranza ed è immersa in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcool, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere, del denaro nella sessualità senza regole. Si ritrovano ancora più delusi”. Il Papa pensa ai tanti giovani che “cercano il suicidio”, una cifra alta perché “non hanno trovato tante cose, e la società, che è crudele, non ti può dare speranza”.

Siamo noi – arringa il Papa – che dobbiamo offrire la nostra speranza cristiana, con la nostra libertà, con il nostro sorriso che dice “Io credo che ho un Padre”.

Non si tratta – afferma Papa Francesco – “di fare proseliti. Il Vangelo è come il seme. Si semina, con la parola e con la testimonianza, ma non si fa dopo la statistica. La fa Dio, è lui che fa crescere questa semina. Dobbiamo seminare con quella certezza che l’acqua la dà lui, la crescita la dà lui, e anche che noi non facciamo la raccolta di ciò che seminiamo. La farà un altro prete, un altro laico, un’altra laica”. Ma noi dobbiamo scoprire “la gioia di seminare con la testimonianza, perché la parola sola non basta, la parola senza testimonianza è aria”.

Il Papa parla dei poveri, a quali “è annunciato il lieto messaggio” dell’amore che Dio ha per loro. Ma – ammonisce Francesco – “alcuni pensano che il messaggio di Gesù sia destinato a chi non abbia preparazione culturale. Ma il Vangelo è per tutti, anche per i dotti. La sapienza di Dio non si oppone a quella umana, ma al contrario la purifica e la eleva. La Chiesa è sempre stata presente dove si eleva la cultura. Dobbiamo andare nelle frontiere dell’intelletto e della cultura, del dialogo intellettuale e del dialogo ragionevole”.

Spiega, Papa Francesco, l’espressione “Chiesa povera per i poveri”: “Non significa che dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di diventare barboni spirituali, dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre, ma anche la carne di colui che Gesù non lo conosce con il suo studio, la sua intelligenza. A me piace usare l’espressione di andare verso le periferie esistenziale, tutti quelli della povertà fisica e reale, ma anche intellettuale. Dobbiamo andare in tutte le periferie, andare là e là seminare il seme del Vangelo con la parola e con la testimonianza”.

Non si può essere cristiani scoraggiati, afferma il Papa. “Ci sono questi cristiani tristi ansiosi, questi cristiani dei quali viene da pensare se credono in Cristo o nella dea Lamentela. Voi conoscete cristiani così?”. “Sììì”, risponde sulla folla. Riprende il Papa: “Il cristiano deve essere coraggioso. E quando, davanti a un problema, a una crisi, non si può fare niente, con pazienza sopportare. Il coraggio è andare avanti, fare le cose, dare una testimonianza forte. Sopportare è portare sulle spalle le cose che non si possono cambiare ancora, ma andare avanti con pazienza”.

Il Papa chiede di evangelizzare: “Dobbiamo uscire da noi stessi, dalle comunità dove viviamo e annunciare la misericordia del Padre. Siate ovunque portatori della Parola di Vita, nei vostri quartieri, nei luoghi di lavoro e dovunque le persone si incontrano”. Papa Francesco non “capisce le comunità cristiane che sono chiuse in parrocchia”. Perché – aggiunge – “la verità è che ormai siamo una minoranza. Il Vangelo parla di quel pastore che va a cercare la pecorella che gli manca, e lascia così le altre 99. Ma a noi mancano 99 pecore, dobbiamo andarle a cercare. È una responsabilità grande, quella di trovare la grazia, la generosità e il coraggio e la pazienza per uscire e annunciare Vangelo. E’ difficile. Preferiamo stare a casa con quella unica pecorella, e accarezzarla e pettinarla. Ma il Signore vuole noi preti, e anche voi cristiani, pastori, e non pettinatori di pecore”.

Ma evangelizzare non è facile, perché c’è “un avversario, un nemico che vuole tenere gli uomini separati da Dio e per questo instilla nei cuori la delusione, quando noi non vediamo confermato il nostro impegno apostolico. Il diavolo getta nei nostri cuori semi di pessimismo e di amarezza, e noi ci scoraggiamo”. Ma non dobbiamo lasciarci tentare dai numeri, dai proseliti che fanno le altre religioni, dice il Papa. “Dobbiamo prepararci alla lotta spirituale. Non si può predicare il Vangelo senza questa lotta spirituale”

È questo il “martirio”. “Ad alcuni – dice il papa – il Signore chiede il martirio della vita. Ma c’è un martirio tutti i giorni, tutte le ore…”

E Papa Francesco conclude il suo intervento invitando ancora una volta ad evangelizzare. “Noi annunciamo un Dio – dice – che per essere nostro amico non chiede nulla se non di essere accolto. Pensiamo a quanti vivono nella disperazione perché non hanno incontrato nessuno che li abbia fatti sentire importanti! E allora, possiamo rifiutarci nei luoghi dove nessuno vuole andare? La gratuità! Noi abbiamo ricevuto questa grazia gratuitamente e la dobbiamo dare gratuitamente. Non dobbiamo avere paura dell’amore di Dio! La grazia non chiede niente, e chiede soltanto di essere ricevuta!”

Inizia con queste parole il Convegno Eccesiale della Diocesi di Roma. E poi il momento delle preghiere, con passi del Vangelo e delle scritture, lettura dei testi di Benedetto XVI. Papa Francesco resta lì, quasi piegato in due sulla sua sedia, a partecipare silenzioso.

E alla fine della celebrazione, dopo aver salutato una rappresentanza di sacerdoti, seminaristi, studenti della diocesi di Roma, pronuncia la benedizione. E poi prende il microfono: “Domani sarà il secondo giorno a san Giovanni, e dovete essere tutti là! Tutti! Tutti!”

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