Papa Francesco: Sinodo è mettersi sulla strada di Gesù

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“La Liturgia di oggi ci propone l’incontro tra Gesù e un uomo che ‘possedeva molti beni’ e che è passato alla storia come ‘il giovane ricco’. Non sappiamo il nome. Il Vangelo di Marco, in realtà, parla di lui come di ‘un tale’, senza dirne l’età e il nome, a suggerirci che in quell’uomo possiamo vederci tutti, come in uno specchio. Il suo incontro con Gesù, infatti, ci permette di fare un test sulla fede. Io mi faccio, leggendo questo, un test sulla mia fede”.

Così ha detto papa Francesco nell’angelus della domenica dell’apertura del Sinodo dei vescovi, interrogandosi sulla vita eterna, sottolineando che la fede non è un baratto ‘commerciale’: “Ecco la sua religiosità: un dovere, un fare per avere; ‘faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve’. Ma questo è un rapporto commerciale con Dio, un do ut des”.

La fede non è un rito ‘meccanico’, ma coinvolge la propria libertà: “E’ questione di libertà e di amore. La fede è questione di libertà, è questione di amore. Ecco un primo test: che cos’è per me la fede? Se è principalmente un dovere o una moneta di scambio, siamo fuori strada, perché la salvezza è un dono e non un dovere, è gratuita e non si può comprare.

La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l’immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre. E tante volte nella vita possiamo vivere questo rapporto di fede ‘commerciale’: io faccio questo perché Dio mi dia questo”.

Quindi la fede è dono: “Cari fratelli e sorelle, una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta, è una fede debole, una fede ammalata. Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita più o meno ben giocata ma senza gol: no, non va, manca il ‘sale’.

Una fede senza dono, senza gratuità, senza opere di carità alla fine rende tristi”. Al termine della preghiera ha incontrato un gruppo di persone di strada, ricordando la beatificazione di Maria Lorenzo Longo, che fondò l’ospedale degli incurabili.

Quindi nell’introduzione alla preghiera dell’Angelus papa Francesco ha ripreso ciò che aveva detto nell’omelia della celebrazione eucaristica del Sinodo dei vescovi, invitando la Chiesa a mettersi alla sequela di Cristo:

“Molte volte i Vangeli ci presentano Gesù ‘sulla strada’, mentre si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore. Così, Egli ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita”.

Questo è il Sinodo: “Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme. Guardiamo a Gesù, che sulla strada dapprima incontra l’uomo ricco, poi ascolta le sue domande e infine lo aiuta a discernere che cosa fare per avere la vita eterna. Incontrare, ascoltare, discernere: tre verbi del Sinodo su cui vorrei soffermarmi”.

Nel commentare il brano evangelico il papa ha evidenziato la disponibilità di Gesù al dialogo: “Il Vangelo si apre narrando un incontro… Il Signore, infatti, non è distaccato, non si mostra infastidito o disturbato, anzi, si ferma con lui. E’ disponibile all’incontro. Niente lo lascia indifferente, tutto lo appassiona.

Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco la vicinanza di Gesù. Egli sa che un incontro può cambiare la vita. E il Vangelo è costellato di incontri con Cristo che risollevano e guariscono. Gesù non andava di fretta, non guardava l’orologio per finire presto l’incontro. Era sempre al servizio della persona che incontrava, per ascoltarla”.

Perciò il papa ha invitato all’esercizio dell’incontro: “Anche noi, che iniziamo questo cammino, siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro. Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi.

Un tempo per dare spazio alla preghiera, all’adorazione (questa preghiera che noi trascuriamo tanto: adorare, dare spazio all’adorazione), a quello che lo Spirito vuole dire alla Chiesa; per rivolgersi al volto e alla parola dell’altro, incontrarci a tu per tu, lasciarci toccare dalle domande delle sorelle e dei fratelli, aiutarci affinché la diversità di carismi, vocazioni e ministeri ci arricchisca”.

Però l’incontro nasce dall’incontro: “Gesù infatti si pone in ascolto della domanda di quell’uomo e della sua inquietudine religiosa ed esistenziale. Non dà una risposta di rito, non offre una soluzione preconfezionata, non fa finta di rispondere con gentilezza solo per sbarazzarsene e continuare per la sua strada. Semplicemente lo ascolta. Tutto il tempo che sia necessario, lo ascolta, senza fretta. E, la cosa più importante, non ha paura, Gesù, di ascoltarlo con il cuore e non solo con le orecchie”.

Il Sinodo è porsi in ascolto: “Fare Sinodo è porsi sulla stessa via del Verbo fatto uomo: è seguire le sue tracce, ascoltando la sua Parola insieme alle parole degli altri. E’ scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi…

Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono. Ascoltiamoci”.

Infine l’incontro propone il discernimento: “L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a sé stesso, che lascia le cose come stanno. Al contrario, quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati. Il Vangelo oggi ce lo mostra. Gesù intuisce che l’uomo che ha di fronte è buono e religioso e pratica i comandamenti, ma vuole condurlo oltre la semplice osservanza dei precetti. Nel dialogo, lo aiuta a discernere”.

Questa è una  precisa indicazione: “Il Sinodo è un cammino di discernimento spirituale, di discernimento ecclesiale, che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio… La Parola ci apre al discernimento e lo illumina.

Essa orienta il Sinodo perché non sia una ‘convention’ ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito.

In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci”.

(Foto: Santa Sede)

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