Il Ghana inflessibile contro le rivendicazioni arcobaleno. La Santa Sede cerca un programma condiviso per la promozione della famiglia alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa

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Il Ghana è ad un passo dall’inasprimento della propria legislazione contro chi si presenta come lesbica, gay, bisessuale, transgender, transessuale o sotto qualsiasi altra identità di genere, fuori dal binario maschio-femmina.

Il Ghana è tra i 69 Paesi al mondo e tra i 27 dei 49 dell’Africa subsahariana, in cui i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso sono considerati reato e perseguiti penalmente sulla base delle Sezioni 104 (1b) e 294 del codice penale, che comminano fino a tre anni di carcere alla “conoscenza carnale innaturale” tra maschi di età superiore ai 16 anni.

Si tratta di un provvedimento simile a quelli ungheresi e russi contro la promozione e la propaganda dell’omosessualità.

Contemporaneamente arriva la notizia dalla Santa Sede, che in occasione dell’Anno “Famiglia Amoris Laetitia” indetto da Papa Francesco, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (DLFV) e la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (PASS), con la collaborazione del Centro Internazionale Studi Famiglia (CISF), hanno avviato in queste settimane un percorso di indagine per costruire un Patto Cattolico Globale sulla Famiglia, ossia un programma condiviso di azioni per la promozione della famiglia nel mondo alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Il Patto coinvolgerà i Centri Studi e Ricerche sulla Famiglia presenti nelle Università Cattoliche dei cinque continenti, mediante la raccolta delle informazioni e delle ricerche realizzate sulla rilevanza culturale e antropologica della famiglia, con particolare riguardo per le relazioni familiari, il valore sociale della famiglia e le buone pratiche di politica familiare a livello internazionale. Il Patto Cattolico Globale sulla Famiglia sarà presentato nell’ambito di un evento conclusivo, prima del X Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Roma dal 22 al 26 giugno 2022.

Il testo della proposta di legge bipartisan ghanese a firma di Samuel Nartey George e di altri sette deputati, dal titolo Promotion of Proper Human Sexual Rights and Ghanaian Family Values (Promozione di Appropriati Diritti Umani Sessuali e Valori Familiari Ghanesi), è stato presentato al Presidente del Parlamento, Alban Bagbin. Il Vescovo di Wa, Mons. Richard Kuuia Baawobr, che in passato ha più volte unito la sua voce a quella dell’episcopato ghanese nel condannare le rivendicazioni dell’agenda LGBTQI+, il 7 aprile 2021 ha pubblicamente elogiato il cattolico Bagbin, per l’inflessibilità contro la promozione delle rivendicazioni LGBTQI+ nel Paese e da questi esortato a non cedere ad alcuna pressione esterna: “Grazie per aver risposto con chiara determinazione all’Alto Commissario australiano e ad altri che il nobile matrimonio nel diritto consuetudinario ghanese è tra un uomo e una donna e non quello che viene promosso dalla comunità Lgbt+”. Mons. Kuuia Baawobr, già Superiore generale dei Padri Bianchi, è stato eletto Vescovo di Wa da Papa Francesco il 17 febbraio 2016 ed è stato consacrato dal Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson. Il 4 luglio 2020 Papa Francesco lo ha nominato Membro del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

La proposta di legge Promozione di Appropriati Diritti Umani Sessuali e Valori Familiari Ghanesi, composta da 25 articoli, attualmente all’esame della Commissione parlamentare Costituzione e Affari Legali, prevede il carcere da tre a cinque anni:
– per chi si presenta come lesbica, gay, bisessuale, transgender, transessuale, queer, pansessuale, ally, non binari o sotto qualsiasi altra identità sessuale o di genere contraria alle categorie binarie di maschio e femmina;
– per chi sposa o dichiara di sposare una persona dello stesso sesso;
– per chi effettua o collabora alla realizzazione di interventi chirurgici di riassegnazione del genere tranne che nel caso di correzione di anomalia biologica inclusa l’intersessualità;
– per chi esercita attività pansessuale;
– per  chi ha rapporti sessuali sia tra o con persone dello stesso sesso, compresi quelli orali o effettuati con l’ausilio di sex toy, sia con animali sia di tipo pansessuale.

Inoltre, la proposta di legge prevede il carcere:
– di sei anni nel caso in cui l’attività incriminata è indirizzata a minori;
– di dieci anni per propaganda, promozione e sostegno delle questioni Lgbt+ sotto qualsiasi modalità: da radio, giornali, tv fino a social media e siti internet;
– da sei a dieci anni per chi costituisce, promuove, partecipa o sostiene, direttamente e indirettamente, gruppi, società, associazioni, club e organizzazioni LGBTQI+ (realtà, qualora già in essere prima dell’entrata in vigore della norma, vengono dichiarate sciolte).

Poi, la proposta di legge prevede di punire con il carcere da sei mesi a un anno, vietata come grave indecenza:
– qualsiasi manifestazione pubblica di relazioni amorose tra o con persone dello stesso sesso oppure tra o con persone di cui una o più si sono sottoposte a riassegnazione di genere o di sesso;
– il cross-dressing, ossia l’indossare abiti del genere opposto al proprio.

Infine, la proposta di legge prevede di introdurre:
– l’obbligo civico di denuncia delle attività vietate dalla legge;
– l’invalidità di certificati esteri di matrimonio tra persone dello stesso sesso;
– l’istituzione di servizi pubblici per terapie di conversione e interventi chirurgici correttivi su genitali di bambini intersex;
– la richiesta d’estradizione di ghanesi LGBTQI+.

L’iniziativa legislativa è da inquadrare nella realtà di un Paese di oltre 30 milioni di abitanti a maggioranza cristiana (poco meno dell’80%). I cattolici ghanesi, che sono la terza confessione dopo pentecostali e luterani, esercitano un notevole influsso soprattutto a livello gerarchico. Infatti, il rilancio delle misure pro-famiglia in Ghana è iniziata con la Conferenza regionale africana del Congresso Mondiale delle Famiglie (CMF) svoltasi ad Accra dal 31 ottobre al 1° novembre 2019. Poi, il 24 febbraio 2020 è stato chiuso ad Accra il Centro di Lgbt+ Rights Ghana e il 20 maggio 2020 sono stati arrestati 21 attivisti impegnati in un corso di formazione della comunità arcobaleno, il mese dopo rilasciati su cauzione.

Tra i relatori alla Conferenza del CMF ci furono il Presidente dell’International Organization of Families (IOF), Brian Brown; il Presidente della Foundation for African Cultural Heritage (Fondazione per il Patrimonio Culturale Africano), Theresa Okafor, promotrice della legge nigeriana del 2014 che proibisce le relazioni tra persone dello stesso sesso, lo scambio di effusioni in pubblico e la frequentazione di locali e associazioni LGBTQI+; e il giurista Moses Foh-Amoaning, Segretario esecutivo della National Coalition for Proper Human Sexual Rights and Family Values (Coalizione Nazionale per Appropriati Diritti Umani Sessuali e Valori Familiari), da cui prende il nome il progetto di legge attualmente in discussione al Parlamento ghanese. Questa coalizione nazionale è un’organizzazione mista di istituzioni, governanti, leader cristiani, musulmani e di altre religioni. Fu istituita il 18 dicembre 2013 “con l’unico scopo di fornire una risposta intellettuale mirata e precisa alla crescente minaccia delle attività per i diritti LGBT nel mondo”. Ne fa parte anche la Conferenza Episcopale Ghanese, che il 10 febbraio 2021 ha condannato con un comunicato tutti coloro che supportano la pratica dell’omosessualità in Ghana e sostenuto la posizione del giurista Moses Foh-Amoaning e della Coalizione, che da anni sta combattendo la contro la promozione e la propaganda dell’omosessualità.

Anche il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, già Presidente della Conferenza Episcopale Ghanese (dal 1997 al 2005) e Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (2009-2016), in passato si è espresso sulla omosessualità in relazione con la pedofilia: “Se la Chiesa in Africa è stata risparmiata dai casi di molestie sessuali che altrove hanno visto coinvolti membri del clero, il motivo è da cercare nei tabù della cultura tradizionale di quel continente”, ha detto il 12 febbraio 2013 alla CNN, intervistato da Christiane Amanpour. “La cultura africana condanna l’omosessualità”, ha sottolineato, facendo riferimento al tabù culturale nella tradizione ancestrale: “Il sistema tradizionale africano tende a proteggere o ha protetto la popolazione contro questa tendenza. In molte culture in Africa, l’omosessualità o certi rapporti tra persone dello stesso sesso non sono tollerati”.

Fonti: Linkiesta.it, Sala Stampa della Santa Sede.

Postscriptum

Le proteste virulenti della galassia LGBTQI+ contro la proposta di legge in discussione nel Parlamento del Ghana sovrano, non rappresentano una “ingerenza esterna” negli affari dello Stato ghanese e una mancanza di rispetto per l’autonomia del Parlamento ghanese? Non rappresentano una mancanza di rispetto per i valori degli africani, volendo imporre la colonizzazione occidentale con gli “errori della mente umana” dell’ideologia gender”?

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