35 nuove reclute della Guardia svizzera giurano fedeltà al Papa

Aria di festa al quartier generale degli “Svizzeri”. È il 6 maggio, e come ogni anno in questo giorno giurano le reclute che negli ultimi 12 mesi si sono unite alla guardia d’onore del Pontefice. La data è significativa, in quanto il 6 maggio 1527 morirono 147 soldati elvetici in difesa del Papa nel sacco di Roma. Sono 35 gli alabardieri che quest’anno giurano sulla bandiera del comandante, che in questi giorni è stata rinnovata con lo stemma di Francesco nel campo in alto a sinistra (al centro lo stemma del capitano, e in basso a destra quello di Papa Giulio II Della Rovere, fondatore del Corpo). E proprio il cambiamento del Pontefice è l’evento principale che ha coinvolto in questi mesi la Guardia Svizzera, chiamata a servire il Papa e a vegliare sulle sue residenze. Francesco ha un carattere diverso dal predecessore, e questo – come sempre quando cambia il Pontificato – comporta un lavoro di adattamento allo stile del nuovo Papa, sia in termini di sicurezza, sia in termini di servizio. La scelta di Francesco di abitare – almeno per ora – nella Domus Sanctae Marthae ha aumentato il carico di lavoro dei soldati elvetici, forse creando qualche mugugno, ma pian piano le cose stanno andando a regime. Le guardie, anche quelle più giovani, hanno potuto salutare più volte il nuovo Papa, e si narra di alcuni scambi di battute scherzosi, su cui però la riservatezza (svizzera) è totale.
Patrick Sonderegger ha preso servizio l’1 febbraio scorso: “È stato un momento speciale” racconta. Dopo 11 giorni l’annuncio di dimissioni di Benedetto XVI, e poi il conclave e l’elezione di Francesco. “È un bel Papa, che va verso le persone, i disabili, i bambini”. Quando l’ha incontrato “mi ha detto ‘buon pranzo’ e ‘buon pomeriggio’”. Quando è venuto per la prima volta a Roma aveva dieci anni, ed era con una ex guardia. Ha visitato la caserma e ha visto le Guardie. E quando è stato il momento di fare il servizio militare.. “ho detto: vado a fare la Guardia Svizzera, così ho mandato una lettera di presentazione al comando e adesso sono qui”. Nicolas Chervaz è a Roma da quasi un anno. Tra i momenti più significativi ricorda il 25 dicembre: “dopo la benedizione Urbi et Orbi di Benedetto XVI, sono stato nell’Aula delle Benedizioni con lui e ho potuto fare un baciamano e incontrarlo”. Ha incontrato un paio di volta Papa Francesco: “Mi piace molto perché è vicino al suo popolo, è molto spontaneo”. È arrivato a Roma “attratto dall’aspetto militare e anche per approfondire la mia fede, perché abitiamo qui, nel centro della Chiesa, in Vaticano, ed è un posto ottimo per avvicinarsi alla fede”.
Parole che trovano conferma nel racconto del cappellano, monsignor Alain De Raemy: “Non è un seminario, non è un monastero, è una caserma, sono militari, giovani che hanno una apertura grande per le cose della fede ma sono molto diversi”. Sebbene siano reclutati in quanto cattolici, “qualcuno già a casa aveva una grande vita di fede, altri no. Ma hanno questo interesse e si aiutano a vicenda: chi è più impegnato vivendo accanto agli altri dà una testimonianza… è interessante, è una sfida perché sono molto diversi”. L’offerta religiosa è “normale”: la Messa della domenica – in quattro turni, per esigenze di servizio e di riposo -, ma anche catechesi, pellegrinaggi e gite culturali sia in Vaticano, sia a Roma, sia fuori città. Monsignor De Raemy vive a stretto contatto con i soldati, cosa che gli permette di entrare in dialogo con loro, accompagnandoli nella loro vita spirituale. E a volte nascono anche vocazioni inaspettate. “Una volta – racconta – ho avuto la convinzione profonda e certa che uno di questi ragazzi con il quale parlavo molto, perché aveva tante domande… gli ho detto un giorno: tu sei monaco. Mi ha guardato con deli occhi… adesso farà i voti perpetui a Pentecoste in un monastero cistercense in Svizzera”.
Altri “diventano buoni padri di famiglia, si impegnano in parrocchia” anche quando tornano in Svizzera, dove pure la condizione non è semplice. Quest’anno il Cantone “ospite” è quello di Zugo, uno dei più piccoli della Confederazione. Ma anche uno dei più ricchi e produttivi dal punto di vista economico, considerato un paradiso fiscale. A renderlo famoso è anche il kirsch, tipica bevanda alcolica a base di ciliegie. Fin dalla vigilia del giuramento c’è fermento. Arrivano amici e parenti, che visitano il quartier generale della Guardia e i luoghi adiacenti. Il 6 maggio il programma è intenso e comincia di buon mattino con la Messa alle 7.30 all’altare della Cattedra in San Pietro. Il coro di Zugo “Cantori contenti” anima la celebrazione, presieduta dal Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Alle 9.30 la commemorazione dei caduti nel piazzale dei Protomartiri Romani, con la deposizione della corona di alloro. La giornata prosegue in un clima intimo e familiare, fino alle 17, quando si tiene la cerimonia del giuramento nel cortile di San Damaso o, se piove, nell’Aula Paolo VI
Come tradizione – confermata anche per quest’anno – è il sostituto della Segretaria di Stato a rappresentare il Papa. Dunque le 35 reclute giureranno fedeltà al Pontefice (e ai suoi successori) davanti a monsignor Giovanni Angelo Becciu. Saranno presenti cardinali, vescovi e membri della Curia romana e – per parte elvetica – il presidente del Cantone Zugo, Beat Villiger, il presidente della Confederazione, Ueli Maurer, e l’ambasciatore presso la Santa Sede, Paul Widmer. Dopo la cerimonia, le Guardie festeggeranno con amici e parenti nell’Aula Paolo VI.