L’Aquila: un nuovo volto per Celestino V
Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-priority:99;
mso-style-qformat:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:11.0pt;
font-family:”Calibri”,”sans-serif”;
mso-ascii-font-family:Calibri;
mso-ascii-theme-font:minor-latin;
mso-fareast-font-family:”Times New Roman”;
mso-fareast-theme-font:minor-fareast;
mso-hansi-font-family:Calibri;
mso-hansi-theme-font:minor-latin;
mso-bidi-font-family:”Times New Roman”;
mso-bidi-theme-font:minor-bidi;}
Oggi, domenica 5 maggio, ricorre il 7° Centenario della Canonizzazione di San Pietro Celestino V Papa, avvenuta nell’allora sede papale di Avignone il 5 maggio 1313 a soli 17 anni dalla morte del santo poi divenuto compatrono della città. Nell’occasione le Sacre Spoglie di S. Celestino, interessate in questi ultimi mesi dalla Ricognizione Canonica, tornano alle ore 17.30 nella Basilica di Collemaggio, dove era stato incoronato pontefice il 29 agosto del 1294, sebbene ancora fuori dell’artistico mausoleo che le ha contenute fino al disastroso sisma del 2009. Il Corpo del santo papa presenta la nuova maschera in argento, realizzata dallo scultore Marino Di Prospero, che ne riproduce le originali fattezze del volto, ed è rivestito dei ‘Signa pontificalia’ di nuova realizzazione, a cura degli artisti Filippo Sorcinelli per la parte dei paramenti e dell’artista orafa aquilana Laura Caliendo, per l’anello piscatorio e la croce pettorale, ed ha indosso il prezioso Pallio donato dal Papa Emerito Benedetto VXI durante la sua storica visita a poche settimane dal terremoto.
.L’artista Laura Caliendo è riuscita con le sue creazioni a stimolare l’intellezione, cioè il grado più aperto e ampio del conoscere, pensando alla radice antropologica dell’ornamento come ad una totalità aperta e sempre pronta ad interagire col pubblico. La croce pettorale è stata realizzata in oro massiccio e progettata dopo una significativa e accurata ricerca filologica che fa risalire al XIII secolo sia l’iconografia che la realizzazione con la tecnica della cera persa. Ricca la simbologia dalla scelta del granato e delle perle ai dettagli della manifattura. Lungo il ‘bordo’ un ‘cordoncino’ richiama le cornici marcapiano delle chiese aquilane. Un ‘decoro a graticciato’, sul ‘fondo’ dei bracci della croce, simboleggia la difficoltà del cammino, l’oppressione del carcere, il peso della condanna che solo sulla croce si trasformano in messaggio salvifico. I granati sono posizionati nei castoni e le perle sono poggiate su patére, come fossero Eucarestia: “Il granato piropo, di colore rosso rubino cupo, pietra di particolare durezza, vuole simboleggiare la saldezza contro le avversità e al tempo stesso la robustezza della Chiesa che vi affonda le radici e le fondamenta. Il granato per il suo colore rosso è anche simbolo di carità e di penitenza. La perla significa umiltà e timore di Dio, per S. Matteo è simbolo della salute e del Verbo divino… Tra le varie simbologie attribuibili alla perla, però, la più affascinante è sicuramente quella medievale del Cristo-perla. Il Physiologus (un testo capostipite della letteratura della natura ‘moralizzata’ medievale) nel suo messaggio allegorico conclude: l’agata è Giovanni Battista, che ci ha mostrato ‘la perla spirituale’, il Cristo; il mare rappresenta il mondo, i pescatori di perle i profeti, le due valve della conchiglia il Vecchio e il Nuovo Testamento, la luce e la rugiada che penetrano nella conchiglia lo Spirito Santo”.
Invece l’anello del pescatore è una delle insegne solenni che il Papa riceve all’inizio del suo pontificato e che indossa all’anulare della mano destra: “La forma quadrata ci riporta ad un simbolo universale ed archetipico. Il quadrato, infatti, rappresenta la perfezione della sfera su un piano terrestre. Per i Cristiani il Cristo è l’uomo quadrato per eccellenza, con le braccia tese ed i piedi giunti, che indica i quattro punti cardinali in cui troviamo riuniti il significato della croce e delle quattro dimensioni che esso implica. Cristo pone la propria natura umana in seno alla natura divina e l’uomo quadrato, tramite l’Incarnazione, si inserisce nel cerchio, così l’umanità è collegata alla divinità, il tempo all’eternità, il visibile all’invisibile ed il terrestre al celeste. Sul piatto l’immagine del Cristo pescatore di impronta tipicamente bizantineggiante che, coerente al resto della lavorazione, pare solo abbozzata”.
Tre sono le spille che vengono fissate al pallio indossato dal Papa e da tutti i vescovi metropoliti. Il loro numero e la forma allungata ricordano i tre chiodi della Croce. Realizzati in oro, ripropongono la stessa tecnica del ‘non finito’ utilizzata nell’anello, recano ‘in alto’ l’armatura di S. Celestino V papa (scudo, tiara pontificia, chiavi petrine decussate) e alla base della stessa tre piccoli granati: “Anche in questo caso è possibile rintracciare una simbologia numerologica. Il tre, infatti, è il numero della perfezione e del compimento, la chiave dell’universo. Per S. Agostino è il numero dell’anima. Si tratta del più perfetto tra i numeri, essendo la radice degli altri numeri e di tutte le cose. Rappresenta la prima potenza matematica e la virtù generatrice da cui derivano tutte le combinazioni. Emblema del moto e dell’infinito, rappresenta sia il corporeo, il sensibile, che l’incorporeo”.
Infatti il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, mons. Sergio Pagano, nei suoi studi ha affermato che papa Celestino “fu un papa angelico, profetico, provvidenziale, spirituale, potenziale germe di rigenerazione del pontificato romano… Nessuno storico ha nulla da censurare, ovviamente, sulla assoluta moralità di papa Celestino, né sulla sua estraneità ai disegni di potere o di mondano prestigio. I contemporanei di papa Celestino, invece, lo giudicarono con lo sguardo del loro tempo, con l’animus religioso del Duecento, anzi dei decenni finali del XIII secolo, che vedevano i consueti sconvolgimenti politici, guerre, carestie, malattie e povertà, quando più e quando meno; e unito ad esse, quasi per contrasto, un crescente anelito religioso che andava all’essenzialità del vivere e alla più piena fiducia in Dio. Non sarà un caso se proprio il secolo che in pratica si chiudeva con il pontificato di Celestino V aveva visto, al suo sorgere, il grande spirito riformatore di Francesco d’Assisi”.