Silere non possum. Ddl Zan, il Vescovo di Verona: “Sarebbe stato più comodo tacere”, ma “non posso più tacere”. “Può dirsi cattolico chi sostiene la teoria ideologica del gender?”

Dopo il Vescovo di Ventimiglia-San Remo [Vescovo Suetta, il Ddl Zan va fermato: “Si rischia di criminalizzare il dissenso legittimo col rischio di una deriva pericolosissima” – 22 giugno 2021], anche il Vescovo di Verona, Mons. Giuseppe Zenti ha fatto sentire la sua voce forte e chiara in riferimento al Ddl Zan liberticida, inutile, dannoso e pericoloso. Condividiamo di seguito un articolo sulla sua presa di posizione. C’è chi coraggio ne ha e chi non ne ha. Questi vescovi ne hanno tanto, nel difendere il valore assoluto della famiglia naturale e nel richiamare i valori fondamentali della nostra civiltà. “Ho parlato in difesa del sistema democratico, sancito dalla Costituzione – ha sottolineato il Vescovo di Verona -, che autorizza tutti i cittadini a manifestare liberamente il proprio pensiero. Diversamente, saremmo noi i discriminati”.

Dice Mons. Zenti: “Esiste solo un tipo di famiglia: quella composta da un uomo e una donna. Non possiamo tacere quando sono messi a rischio i fondamenti della famiglia e della vita”. “L’aborto è un orrendo delitto, anche se per la legge è un diritto”. “Il cristiano si schiera sempre dalla parte dei possibili discriminati: lo fa considerando l’aborto un orrendo delitto, anche se la legge lo valuta un diritto. Può dirsi veramente cattolico chi sostiene la teoria ideologica del gender?”. “Auspichiamo non resti traccia nel Ddl Zan di bavagli o di possibili carceri. Sarebbero residuati da Gestapo”.
Condividiamo di seguito l’articolo pubblicato dal Corriere di Verona il 30 giugno 2021, seguito dal testo integrale dell’Omelia di Mons. Zenti.
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Il vescovo Zenti: «Il ddl Zan? Bavagli e carcere come la Gestapo»
L’omelia: «Esiste solo un tipo di famiglia, quella tra uomo e donna»
da Corriere di Verona, 30 giugno 2021
Il vescovo Zenti ieri [il 29 giugno 2021] durante un’omelia ha toccato vari temi «caldi»: dal Ddl Zan, aborto, libertà di coscienza. E non sono mancati gli affondi.
«Come cittadino di uno Stato laico ho il dovere di parlare». E il vescovo Giuseppe Zenti parla, con un’omelia che tocca tutti i temi «più caldi» sul fronte del rapporto tra religione e politica. Ddl Zan, aborto, libertà di coscienza. «Esiste solo un tipo di famiglia: quella composta da un uomo e una donna. E i bambini hanno il diritto di chiamare i propri genitori mamma e papà, non “genitori 1” e “genitore 2”». L’occasione è quella della messa solenne, in Cattedrale, nel giorno dei Santi Pietro e Paolo.
Giorno in cui si celebrano anche gli anniversari di sacerdozio: incluso, quest’anno, quello dello stesso monsignor Zenti, ordinato presbitero cinquant’anni fa. Tutto si apre con la citazione della Genesi: «Maschio e femmina, Iddio li creò». «C’è una questione legislativa aperta — afferma — bisognerà trovare linee di saggezza condivise. Nessuno mette in dubbio che i tempi siano maturi per superare la logica delle discriminazioni. Ma vanno superate tutte, in una visione olistica, a cominciare a quelli che colpiscono i disabili. Penso a chi soffre di disturbi dello spettro autistico, per le quali la società e lo Stato danno solo briciole. Fino a quelle legate alle situazioni di povertà, dovute alla disoccupazione o alla mancanza di una pensione dignitosa per i più anziani, alle donne vittime di soprusi e ai cristiani obbligati a celare la propria appartenenza alla chiesa, soprattutto negli ambiti della ricerca scientifica, e sui social. Certo, anche nell’ambito delle differenze sessuali».
Ce n’è anche per l’aborto: «Il cristiano si schiera sempre dalla parte dei possibili discriminati, a cominciare dall’inizio della vita. E lo fa considerando l’aborto un orrendo delitto, anche se lo legge lo valuta diritto, perché tale è agli occhi di Dio». Non si tratta, precisa monsignor Zenti, di «porsi contro alla libertà di coscienza, ma di difenderla per tutti, anche per i cristiani».
E veniamo alla proposta di legge Zan: «Quanto al ddl in discussione — ha proseguito il vescovo nell’omelia — deve essere attento a rispettare la dignità della famiglia come sancita dalla nostra Costituzione, senza alterarne la natura buttandola nel calderone delle unioni civili. La famiglia è il gioiello di Dio, il vertice della creazione: il progetto di Dio non prevede altre forme di trasmissione della vita umana. Lasciatecela nella sua bellezza». Ma non è tutto. «Il ddl tocca anche la questione “del gender” e davanti a chi mi chiede luce, confuso, disorientato, non posso tacere.
Me ne prendo la responsabilità senza coinvolgere gli altri confratelli vescovi. Può dirsi veramente cattolico chi sostiene la teoria ideologica del gender, che contrasta radicalmente con la Bibbia e con il magistero? Non intendiamo muovere guerra o fare polemiche, ma non possiamo tacere quando messi a rischio i fondamenti della famiglia e della vita. Lo facciamo democraticamente e laicamente, per il bene della società civile».
Ingerenza? Niente affatto. «Lo Stato è laico — afferma monsignor Zenti — ma questo non significa antireligione e ateismo, ma valenza inclusiva di tutti i valori della cittadinanza. E noi vescovi siamo cittadini e parliamo da laici. Parliamo anche in nome delle decine di milioni cittadini italiani di cui siamo guide spirituali. E se il parlamento è sovrano, saggezza vuole che ascolti la voce dei cittadini. Noi vescovi siamo molto preoccupati delle condizioni in cui versano le nostre famiglie, che vanno messe in condizioni di fare più figli, per non sentirci interpellati da un ddl che ne potrebbe alterare profondamente il senso». Infine, la conclusione, sul rapporto tra omosessualità e dottrina cristiana: «Un omosessuale è una persona da rispettare e da amare. Nessuno è scomunicato per il semplice fatto di esserlo. Tutto il bene che fa è bene agli occhi di Dio. Ma l’omosessualità praticata non è un valore agli occhi di Dio. Auspichiamo che si possa continuare a dire, che non resti traccia nel ddl di bavagli o di possibili carceri. Sarebbero residuati da Gestapo».
Polemiche inevitabili? Il vescovo, nell’omelia, si è augurato di no. In ogni caso, la presa di posizione, pur in linea con quanto detto in passato da monsignor Zenti, arriva in un momento delicato. La settimana scorsa, la notizia della «nota verbale» della Santa Sede, con cui il Vaticano ha chiesto di intervenire sul ddl.
E il vescovo di Verona assicura che c’è piena comunione con il Santo Padre. E proprio Papa Francesco gli ha scritto congratulandosi per l’anniversario, «per l’eccellente attività pastorale e per lo zelo dimostrato», come recita una lettera letta al termine della cerimonia.
Testo integrale dell’Omelia del Vescovo di Verona

Cattedrale, 29 giugno 2021
Solennità dei SS. Pietro e Paolo
Cinquantesimi e sessantesimi di ordinazione presbiterale
La liturgia della solennità dei Santi Pietro e Paolo ci offre l’opportunità di qualche riflessione su tre nuclei del nostro vivere da ordinati, cui in qualche modo ci obbliga a dare eco la circostanza anniversaria dell’ordinazione presbiterale, quella dei 50-60 anni. Tutti ordinati dallo stesso Vescovo: il venerabile Giuseppe Carraro, che ricordiamo con affetto e riconoscenza.
Il grazie a Dio per i 50-60 anni di ministero presbiterale, concentrati in quel ministero della Messa che tutto riassume in sé, al punto che possiamo popolarmente parlare di 50-60 anni di Messa.
La nostra Messa! Le nostre Messe! Quante ne abbiamo presiedute? Sono state fiumi di grazie per l’intera umanità. E quanta Misericordia di Dio trasmessa nelle celebrazioni del Sacramento della Confessione! Quanta Parola di Dio disseminata ovunque! E la vicinanza alla gente, di cui abbiamo raccolto gioie, speranze, lacrime e sofferenze! Ecco il cuore del nostro ministero, che ci ha fatto trepidare, soffrire e gioire nel profondo dell’animo. Questo è il nostro singolare apporto alla civiltà!
La nostra è stata una vita carica di senso, pur se non risparmiata da fatiche e croci. Se tanti giovani potessero scorgere la pace profonda che abita il nostro cuore, dopo 50-60 anni di ministero, probabilmente sentirebbero il fascino di una vita da presbiteri, soprattutto nell’oggi.
Cari presbiteri, siamo stati dentro la storia, l’abbiamo vissuta interamente, l’abbiamo sofferta e portata sulle spalle: dalla Cristianità all’evento del secolo, qual è stato il Concilio Vaticano II. E il travaglio del post Concilio, della modernità, del consumismo, della contestazione, delle crisi economiche, fino alla postmodernità, al sopravvento sempre più invadente e indiscusso dei social, al post umanesimo, al transumanesimo, al post Cristianesimo. Noi tutto questo non lo abbiamo letto sui libri. L’abbiamo vissuto e sofferto assieme alla nostra gente. Ognuno al suo posto, secondo il mandato dell’obbedienza.
Abbiamo vissuto il ministero di presbiteri in un arco di tempo, che non ha eguali nella storia, drammatico e meraviglioso, con cambiamenti radicali, travolgenti come torrenti in piena. Ed ora, dopo una lunga e rapidissima corsa, trovandoci più vicini all’incontro definitivo con il Signore, al quale non pochi dei nostri compagni di cordata già ci hanno preceduto, con lo sguardo retrospettivo riconoscente possiamo dire con tutta umiltà, con l’apostolo Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia; ho conservato la fede” e l’ho evangelizzata, con la parresia degli Apostoli, di Pietro e di Paolo in particolare: la genuina e integra fede in Cristo, Figlio del Dio vivente, nel Mistero trinitario. Come pure, ci sentiamo di dire: ho amato la Chiesa, con le sue luci e le sue ombre. E, sempre a sguardo retrospettivo, riconosciamo: quante grazie ricevute! Quanti salvataggi acrobatici dello Spirito: davvero tutto è stato grazia e misericordia! Mi faccio voce del cuore di tutti i compagni di cordata e di quelli del 60°: tornassimo indietro di 50-60 anni, ma carichi dell’esperienza fatta, riprenderemmo la stessa strada e la ripercorreremmo con ancor maggior entusiasmo, e con fede ancor più matura.
Chiamati ad essere evangelizzatori della famiglia in qualità di pastori
Certo, il nostro ministero non è stato esentato da sofferenze. E non lo è a tutt’oggi. Soprattutto in riferimento alle famiglie, entrate in una profonda crisi di fedeltà, in crisi educativa, in crisi economica. Eppure proprio la famiglia, che è il gioiello di Dio, il vertice della Creazione, è sempre stata la vera destinataria del nostro ministero pastorale. Su di essa sempre potevamo contare.
Purtroppo, con accentuazione crescente dal referendum sul divorzio fino alla ideologia del gender, la famiglia, cellula viva e sana di una società civile, senza la quale la società è destinata a disfarsi e a tramutarsi in un agglomerato di individui, è in grave pericolo di dissoluzione e di alterazione genetica, come precisa l’Esortazione post sinodale di papa Francesco “Amoris laetitia” (par 56).
L’attuale discussione a dimensione europea sul rispetto dei soggetti con differente indirizzo sessuale pare muoversi sulla linea del gender, su cui non ci è lecito non porre alcune serie questioni di civiltà. Anzitutto, imporne l’educazione fin dai primi anni, fin dalla fanciullezza, è una iniquità che sconvolge la coscienza dei bambini e dei ragazzi, e richiama i tempi degli stati etici e delle dittature.
In secondo luogo, l’educazione sessuale è di competenza dei genitori. Infine, stabilire una indeterminatezza sessuale contraddice il progetto della Creazione dell’uomo: “Maschio e femmina Dio li creò”. Per quanto riguarda la questione legislativa che riconosce la differenza di orientamento sessuale affidato ai singoli, si dovranno trovare linee di saggezza condivise. Nessuno mette in dubbio che sono maturi i tempi per superare la logica delle discriminazioni. Tutte, però, in una visione olistica, da quelle che si concentrano sulle persone disabili, a cominciare dalle disabilità da spettro autistico, per le quali la società e lo stato stanno consegnando le briciole; a quelle legate alle condizioni di povertà dovute alla disoccupazione o alla mancanza di una adeguata e dignitosa pensione per anziani soli; alle donne vittime di soprusi e di disparità di trattamento; ai Cristiani costretti a celare la propria appartenenza alla Chiesa, soprattutto nell’ambito della ricerca scientifica e, in parte, anche nella Scuola e nei social; certo anche alle persone con differente indirizzo sessuale. E che dire delle discriminazioni tra ricchissimi e poverissimi? A quali di queste realtà va riservata la priorità?
L’Europa e l’Italia stiano comunque certe che i Cristiani veri sempre saranno schierati dalla parte dei possibili discriminati e lo testimoniano in mille modi mettendo a disposizione istituzioni e iniziative: fa parte del loro DNA. Li rispetta, li protegge e si dimostrano solidali con loro fin dal grembo materno, al punto che giustamente ritengono orrendo delitto l’aborto che la legge valuta diritto, perché tale è agli occhi di Dio. E stiano certe che mai i Cristiani veri si permetteranno di impedire a chiunque l’esercizio della libertà di coscienza, che esigono anche per se stessi, nella consapevolezza che, come precisa Dante. “Lo maggior don che Dio per sua larghezza – fesse creando ed alla sua bontate – più conformato e quel che più apprezza -, fu della volontà la libertate” (Par V,19-22).
La libertà di coscienza è dono di Dio, è sacra! Ogni libertà ha diritto ad esercitarsi, entro i confini imposti dalle libertà delle altre libertà sacre. Sicché anche il ddl in discussione deve essere attento a rispettare la libertà dell’identità della famiglia, come è sancita pure dalla nostra Costituzione, senza alterarne la natura, buttandola nel calderone di ogni altra, pur lecita, unione civile.
L’Europa e l’Italia mai devono, infatti, dimenticare che i Cristiani e, a monte, ancor più chi è investito di autorità nella Chiesa, come sono i Vescovi successori degli Apostoli, devono rispondere con la propria coscienza prima di tutto davanti a Dio, a cui essere fedeli fino al martirio, come precisò Pietro davanti al Sinedrio. Lui, con la sua Parola, è la nostra legge suprema. Alla Chiesa, per mandato divino, compete annunciare l’intero patrimonio della Parola di Dio, proprio a partire dalla dignità di ogni persona umana, riconosciuta tale dal concepimento all’ultimo respiro naturale; a tale riguardo va affermato il diritto naturale di nascere da un papà e da una mamma; e a partire dal valore assoluto della famiglia, il gioiello di Dio, il vertice della sua Creazione, ripeto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine. Maschio e femmina Dio creò l’uomo e disse: crescete e moltiplicatevi!”. Il progetto di Dio non prevede altre forme di famiglia e altre forme di trasmissione della vita umana. Lasciateci la famiglia in questa sua bellezza, in questa armonia e in questa carica di virtualità originarie! La Chiesa questo proclamerà sempre, per il bene che vuole all’umanità, nella sua storia di civiltà. Questo i Vescovi non possono non evangelizzare. E io Vescovo sento in me una forza incoercibile, che mi sospinge ad evangelizzare con parresia per la mia Diocesi questo bene assoluto. Il popolo di Dio a me affidato esattamente 14 anni fa, avvolto dalla nebulosità di ciò che circola culturalmente sulle questioni del gender, riprese nel ddl, confuso, disorientato e sconvolto, mi chiede luce. E io non posso tacere. Me ne prendo personalmente la responsabilità, senza coinvolgere gli altri confratelli Vescovi.
D’altra parte, mi domando se può dirsi davvero cattolico chi sostiene apertamente la teoria ideologica del gender, che contrasta radicalmente con la Bibbia (Cfr Gn 18,16-33. 19,1-28; Lv 18,22.20,13; Rm 1, 18-32; 1 Cor 6, 9-10, dove l’omosessualità fa parte dell’elenco dei tanti altri peccati che escludono dal regno di Dio) e con il Magistero! Non intendiamo muovere guerra contro nessuno. Non abbiamo nessuna voglia di fare polemiche, con il corredo di ingiurie e di meschini sarcasmi, ma non siamo disposti a lasciar correre quando il cardine del vivere sociale civile, qual è la famiglia nella sua identità primordiale, maschio e femmina aperta alla trasmissione della vita, è messo in grave pericolo. Lo facciamo democraticamente, laicamente, solo per il bene della società civile. Si obietta che la Chiesa non deve intromettersi nelle questioni dello stato, che è laico: sarebbe ingerenza. Di certo lo stato è laico. Ma che valore attribuiamo al termine laico? Se è quello originario, laicità non significa antireligione, ateismo. Esso non ha valenza esclusiva, nel qual caso si tratterebbe di laicismo, ma solo valenza inclusiva di tutti i valori della cittadinanza. Stato laico, infatti, è quella istituzione politica che riconosce, tutela e sostiene con il suo quadro legislativo tutti i valori che concernono i cittadini nella loro identità, convinzioni personali, orientamenti sessuali ed espressioni di religiosità compresi. Noi Vescovi siamo cittadini. Come tali siamo laici. E parliamo da laici nei riguardi dei valori laici. Parliamo anche a nome delle decine di milioni di cittadini italiani, di cui siamo le guide spirituali. Ed è certo che, se il Parlamento è sovrano nelle sue decisioni, saggezza vuole che esso ascolti la voce dei cittadini e di chi li rappresenta. Il nostro intervento non interferisce dunque con la libertà di decisione, ma offre ulteriore opportunità di motivarla razionalmente in vista del reale bene comune, a partire dal nucleo essenziale qual è la famiglia istituzione naturale. Esigiamo il rispetto anche per le nostre convinzioni che riteniamo abbiano ampio consenso nella cittadinanza e che hanno ricadute estremamente positive nei confronti della nostra gente, per la quale viviamo. Lo diciamo apertamente: siamo molto preoccupati della situazione delle nostre famiglie, lasciate troppo alla deriva. Quanto di fatto contano le famiglie per il nostro stato, chiamato a metterle almeno nella condizione concreta di generare più figli? Chi disattende la legge di Dio sul creato, in particolare sulla famiglia che dell’ecologia del creato è l’ambito prioritario e la cellula primordiale, il principio genetico, prepara un boomerang alla storia della civiltà.
Noi Vescovi vogliamo troppo bene alle nostre famiglie, da cui abbiamo ricevuto vita, amore ed educazione, per non sentirci provocati e interpellati da un ddl che potrebbe alterare il senso stesso della famiglia.
Siamo tutti d’accordo che un omosessuale è una persona da rispettare e da amare, a cominciare dalla stessa famiglia di origine, perché Dio la ama e la rispetta come valore assoluto, e nessuno perché omosessuale è uno scomunicato; anzi, tutto il bene che fa in ogni ambito e soprattutto la sua carità verso i poveri è bene agli occhi di Dio, ma l’omosessualità praticata non è un valore agli occhi di Dio.
Auspichiamo che non resti traccia nel ddl di bavagli, di sanzioni e di possibile carcere per chi rifiuta la teoria ideologica del gender; sarebbero residuati di sistemi da Ghestapo, di persecuzione culturale che contraddice il principio democratico.
Prevalga il buon senso, nel dialogo, nel confronto valoriale e prospettico, ragionato e pacato senza scontri ideologici. Ci sia di esempio il comportamento dei Padri della Costituzione, che, magari lontani anni luce sul piano ideologico e partitico, hanno saputo trovare convergenze impensabili, persino nel riconoscere nella famiglia il fondamento della società. Se è stato possibile a loro, sarebbe assurdo che non riusciamo noi su un argomento assai meno onnicomprensivo.
Nel frattempo, facciamo in modo che, finita la pandemia, siano debellate tutte le malattie sociali: l’indifferenza, l’insensibilità, l’intolleranza, gli insulti, le aggressività, le discriminazioni, la propensione allo scontro, per un futuro degno dell’Italia faro di civiltà, di cui ogni persona che la abita, Italiano o Straniero che sia, si senta fiero.
Carissimi, mi sarebbe stato più comodo tacere. Ma la mia coscienza di Vescovo, cioè di sentinella, me lo impedisce. Spero che non ne conseguano polemiche. Immotivate. Ho parlato in difesa del sistema democratico, sancito dalla Costituzione, che autorizza tutti i cittadini a manifestare liberamente il proprio pensiero. Diversamente, saremmo noi i discriminati.
L’assoluta fedeltà comunionale con il Papa che la Provvidenza ci ha affidato. Oggi poi, solennità dei santi Pietro e Paolo, è una occasione d’oro: con il successore di Pietro siamo in comunione di fede e di affetti. Del resto, per un cultore di Sant’Agostino come me, la comunione di fede e di affetti con il Papa di turno è un dato scontato. Proprio di Lui, ad un anno dalla sua morte, papa Celestino I ebbe a scrivere: “Abbiamo sempre avuto Agostino in comunione con noi”. La Provvidenza ha riservato a questi decenni Papi di altissimo valore, tutti Papi giusti al tempo giusto: da San Giovanni XXIII, a San Paolo VI, al beato Giovanni Paolo I, a San Giovanni Paolo II, a papa Benedetto XVI, a papa Francesco. Personalmente, lo sono sempre stato con tutti i Papi, non selezionati per simpatia, ma accolti per senso di fede ecclesiale. E con me, ne sono convinto, tutta la mia Diocesi. Affidiamo a Maria gli anni che il Signore ci regalerà in vista del Paradiso. A Lei affidiamo pure il travaglio del momento presente delle nostre famiglie.
+ Giuseppe Zenti
Vescovo di Verona