I cattolici nella Resistenza italiana: sotto la neve pane
Durante il biennio immediatamente successivo alla cessazione delle ostilità del secondo conflitto mondiale in Italia, tra le numerose uccisioni che videro coinvolte (come attori o vittime) nel centro-nord del Paese persone di differenti (e avversi) schieramenti ideologici, vi furono alcuni episodi delittuosi le cui vittime appartenevano al clero cattolico. Il sacerdote e storico imolese Mino Martelli ha calcolato in 110 il numero complessivo di delitti. Le uccisioni avvennero nel centro-nord Italia, con particolare preminenza in Emilia-Romagna. Per il perimetro compreso tra le zone di Bologna, Modena e Reggio Emilia fu coniato il termine di ‘Triangolo della morte’, vista la concentrazione di omicidi (non tutti e non solo di sacerdoti, comunque) in quell’ambito territoriale. Ed intanto papa Francesco ha promulgato il decreto per la beatificazione del seminarista quattordicenne Rolando Rivi, assassinato il 13 aprile 1945 da una pattuglia di partigiani rossi.
In questo periodo l’Azione Cattolica italiana vide cadere nella guerra di liberazione 1279 soci e 202 assistenti; dirigenti, destinati a diventare famosi, vennero deportati in Germania, come Lazzati. Una figura della Resistenza italiana, immortalato dal cinema rosselliniano, è certamente quella di don Giuseppe Morosini, di cui il 19 marzo è ricorso il centenario della nascita, barbaramente trucidato dai nazi-fascisti presso il Forte Bravetta, dopo la condanna a morte spiccata ai suoi danni dal Tribunale di guerra tedesco. Ma sono molte le lettere di giovani cattolici, provenienti dall’Azione Cattolica, che furono torturati e, dopo un sommario processo, trucidati, come Mario Bartizzoli di Brescia, che così scrive ai propri familiari: “Miei carissimi genitori, sorelle, fratello, nonna, zii e cugini, il Signore ha deciso con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia.. Sia fatta la sua volontà santa. Non disperatevi, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga presto e per voi affinché possiate sopportare il distacco. Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l’esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono: ma almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un grande conforto. Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso: ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro. Domattina prima dell’esecuzione della condanna farò la Santa Comunione e poi. Ricordatemi ai Rev.Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me. Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio: che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di conforto per sempre. Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate che dalle vostre labbra anziché singhiozzi escano preghiere che mi daranno la salute eterna. Del resto io dall’alto pregherà per voi. Ora, carissimi, vi saluto per l’ultima volta tutti, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale è superiore alla morte e ci unisce tutti nel Signore. Pregate!”
Ma anche di giovani donne, che non imbracciano le armi ma fanno da ‘staffetta’ o da ‘infermiera’ come Irma Marchiani di Firenze: “Carissimo Piero, mio adorato fratello, la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe. Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l’ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me. Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori. Non ti meraviglia questa mia decisione, vero?… Nel mio cuore si è fatta l’idea (purtroppo non da troppi sentita) che tutti più o meno è doveroso dare il suo contributo. Questo richiamo è così forte che lo sento tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta. Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascerà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi. Pensami, caro Piero, e benedicimi. Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un pò dappertutto. Dunque ti saluto e ti bacio tanto tanto e ti abbraccio forte”.
E per ricordare la ricorrenza le Acli ed i partigiani cristiani scrivono un appello ai giovani, invitandoli a non dimenticare: “I Partigiani Cristiani e le ACLI si rivolgono ai giovani italiani, a tutti i giovani italiani, per spronarli a non perdere la speranza, ad operare con coraggio, non solo in difesa dei valori sui quali i nostri Padri hanno ricostruito il volto e la dignità della nostra Patria, ma anche per lottare contro il declino, prima civile, poi anche politico ed infine economico e sociale.Questo è un anno pieno di significati e di presagi. E’ l’anno dossettiano, nel centenario della nascita, di un testimone che fu un capo della Resistenza, un fondatore della Costituzione, la più bella del mondo, un maestro del pensiero cristiano, ispiratore di libertà e di fraternità.
E’ l’anno del 70° anniversario del Codice di Camaldoli, il programma che, studiato e preparato clandestinamente nella Università e nelle Associazioni cattoliche, avrebbe ricostruito il nostro paese. Ed è soprattutto il 70° anniversario di quell’anno in cui gli italiani si ribellarono alla ingiusta sopraffazione che offendeva la nostra coscienza civile e cristiana. L’anno dei ribelli per amore. Non per vendetta, non per una volontà di guerra, non per settarismo, ma per amore… Diciamo ai giovani le parole con cui Luigi Sturzo, dall’esilio incoraggiava i suoi amici sconfortati e delusi: ‘Sotto la neve pane’ . La prova, affrontata con coraggio, ci renderà forti”.