Numeri ufficiali Covid-19 del 17 giugno 2021. Il Generale degli Alpini ci sta riuscendo, spes contra spem, tradotto dal latino: nonostante Speranza… Spes Ultima Dea

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi ha firmato il Dpcm che definisce le modalità di rilascio delle Certificazioni verdi digitali Covid-19 che faciliteranno la partecipazione ad eventi pubblici, l’accesso alle strutture sanitarie assistenziali (RSA) e gli spostamenti sul territorio nazionale. Con la firma del Dpcm si realizzano le condizioni per l’operatività del Regolamento Ue sul “Green Pass”, che a partire dal prossimo 1° luglio garantirà la piena interoperabilità delle certificazioni digitali di tutti i Paesi dell’Unione europea. In tal modo, sarà assicurata la piena libertà di movimento sul territorio dell’Unione a tutti coloro che avranno un certificato nazionale valido [QUI].
Resta ancora il nodo dello stato di emergenza: la maggioranza si divide sulla proroga. E l’opposizione è contraria.
“Lo stato di emergenza perenne esclude l’esistenza di una emergenza. Il solo fatto di parlarne o ipotizzarlo ancora è sintomo che a Roma si sono abituati a fare e disfare a piacimento. Da Medico prendo le distanze. Basta usare la medicina come arma politica!” (barbara balanzoni @barbarab1974 – Twitter, 17 giugno 2021).
“Lo stato di emergenza, se non esiste emergenza, è un’implicita ammissione di inadeguatezza” (Guido Crosetto @GuidoCrosetto – Twitter, 18 giugno 2021).
Ringraziando i nostri lettori e sostenitori, ricordiamo che è possibile inviare comunicazione presso l’indirizzo di posta elettronica del “Blog dell’Editore”: QUI.
I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi giovedì 17 giugno 2021
Ricoverati con sintomi: 2.888 (-176) (-5,74%) [Occupazione al 5%]
In terapia intensiva: 444 (-27) (-5,73%) [con 15 nuovi ingressi del giorno] [*] [Occupazione al 5%]
Deceduti: 127.190 (+37) (+0,03%)
Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose; oppure monodose): 14.814.261 (27,31% di una platea di 53.399.242 persone da vaccinare, gli over 12); vaccinati con la prima dosi: 29.207.780(56,88% di una platea di 53.399.242 persone da vaccinare, gli over 12) [**] [Aggiornato al 17 giugno 2021 ore 16:32]
Secondo il report online del Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 aggiornato alle 16:32 di oggi 17 giugno 2021, sono 44.022.041 le dosi di vaccino contro il Covid-19 somministrate in Italia, l’89,8%% del totale di quelle consegnate, pari finora a 49.027.202, nel dettaglio: 33.603.740 Comirnaty (Pfizer/BioNTech), 4.538.356 Covid-19 Vaccine Moderna (Moderna), 9.143.105 Vaxzevria (AstraZeneca) e 1.742.001 Covid-19 Vaccine Janssen (Johnson&Johnson). Gli italiani vaccinati con entrambe le dosi sono 14.814.261, il 27,31% della popolazione over 12.
[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**] Vaccinazione in tempo reale: QUI.
Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia
Media giornaliera dei decessi: 263 (-1).

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

«A maggior ragione dopo l’ammissione di Ema (“sul mix di vaccini prove limitate”, servono “maggiori informazioni”), appare chiaro che Speranza-Aifa-Cts hanno commesso un grave errore. Rinuncino a imporre OBBLIGATORIAMENTE un cocktail testato su numeri piccolissimi. Stop forzature» (Daniele Capezzone @Capezzone – Twitter, 17 giugno 2021).
“Ma se l’EMA dice che non ha i dati (e ovvio che non li abbia, vi ho detto già dell’insufficienza degli studi sul tema) con che coraggio SPERANZA può imporre il mix?” (Claudio Borghi A. @borghi_claudio – Twitter, 17 giugno 2021).
Speranza deve andarsene.
Usa: 3,2 miliardi di dollari a ricerche nuovo farmaco
Gli Stati Uniti d’America scommettono sulla ricerca di un nuovo antivirale in grado di sconfiggere il Covid-19 ai primi sintomi: il governo Biden ha annunciato l’investimento di 3,2 miliardi di dollari nella ricerca di un farmaco che funzioni contro il Sars-Cov2 e altri virus con “un potenziale pandemico”. Dopo aver investito 18 miliardi di dollari per lo sviluppo di un vaccino anti-Covid-19, gli Usa stanziano così finanziamenti che serviranno a velocizzare studi su alcuni promettenti farmaci candidati, L’annuncio è arrivato oggi dal Ministero della Sanità statunitense. Il farmaco potrebbe arrivare per la fine dell’anno e verrebbe utilizzato nei primi giorni dopo l’infezione per minimizzarne i sintomi e potenzialmente accorciarne la durata. Oltre a velocizzare test già in atto su farmaci promettenti, i fondi sosterranno la ricerca del settore privato, lo sviluppo e la manifattura del nuovo antivirale. Il progetto è sostenuto fortemente da Anthony Fauci, che auspica il momento in cui chiunque appena contagiato dal Sars-CoV-2 possa semplicemente andare in farmacia e comprare l’antivirale: “Nuovi antivirali che possano prevenire la forma grave del Covid-19 e quindi i decessi a causa della malattia, saranno uno strumento potente contro l’epidemia – ha detto l’immunologo – e ancor più se si tratterà di farmaci orali che possono venire presi a casa ai primi sintomi dell’infezione”. Gli studi indicano infatti che il momento migliore per bloccare il virus è proprio nei primi giorni del contagio [ecco, questo che stiamo a riferire da più di un anno], mentre il Sars-CoV-2 si replica rapidamente, ma il sistema immunitario non ha ancora iniziato a rispondere (Fonte SkyTG24).
Invochiamo da tempi non sospetti l’intervento dell’esercito nella gestione dell’emergenza sanitaria ed è chiaro che le nostre idee non erano strampalate.
Un alpino più testardo di un mulo
Perché Figliuolo riesce dove Arcuri ha fallito
Con il generale abbiamo svoltato nella campagna di immunizzazione: stop alle primule, testa bassa e lavoro sul campo. L’unico obiettivo era portare ciò che occorreva nel posto giusto. Un compito all’apparenza semplice, ma non in Italia
di Renato Farina
Libero, 17 giugno 2021
Com’è possibile che quest’uomo, il generale degli Alpini, Paolo Francesco Figliuolo, 59 anni, fino a centodieci giorni fa sconosciuto a tutti, anche a Mario Draghi che l’ha scelto, sia diventato il militare più popolare e amato d’Italia dai tempi di Armando Diaz? Noi una risposta a pelle la diamo. Somiglia a quella che danno i suoi soldati. Sotto la divisa è un uomo, ma la sua divisa è perfetta per quest’uomo. E pure per l’Italia in quest’epoca storica. Se ci fossero scrittori capaci dei toni epici dei giornalisti di guerre mortali – tipo Vasilij Grossman e Il’ja Eremburg a Stalingrado – emergerebbero come l’eroe della semplicità, poche parole trascurabili, molta presenza nella nostra mente, una specie di inviato della Provvidenza. In questi mesi difficili ha incarnato non solo la propensione degli alpini a fare il bene, ma ci è riuscito pure. L’impossibile campagna della vaccinazione in ambienti riottosi, con dubbi su dubbi, scienziati che si sbudellano, gli sta riuscendo, spes contra spem, che tradurremmo così dal latino: nonostante Speranza.
Nelle stanze dagli alti soffitti affrescati di Palazzo Chigi e di ambienti consimili, si condivide la percezione popolare, ma si prova a spiegare l’essenza della sua qualità di comandante: la capacità di semplificare le questioni difficili non con le parole ma con l’azione, ordini sul tamburo, pochi comandi secchi. Non un teorico ma un pratico. Un Giovanni delle Bande Nere non un Machiavelli. E Dio sa se non ci fosse bisogno di uno così. C’è una pagina di Leonardo Sciascia che spiega bene la questione:
“Nella realtà i generali ci vogliono, anche nelle guerre che sembra facile poter vincere. Generali che abbiano intuito e pratica, perché studio e teoria non bastano: come ci dà esempio Matteo Bandello, quando racconta di una manovra che Machiavelli voleva far fare a una truppa in piazza d’arme; e nacque tale confusione che bisognò Giovanni dalle Bande Nere desse un paio di secchi ordini perché si effettuasse la manovra voluta da Machiavelli e si potesse andare al rancio”.
Per la Patria
L’avventura del generale degli alpini Paolo Francesco Figliuolo nella sua prima campagna d’Italia da comandante supremo ha esattamente questi connotati. Cominciò alla fine del febbraio scorso. Rispose alla chiamata di Mario Draghi con il signorsì tipico dei militari come piace immaginarli a noi del popolo: «Lavorerò per la nostra patria e per i nostri connazionali». Un tocco di retorica, non a petto in fuori, ma già essendo balzato a cavallo. Prima di patria ha detto: lavorerò. In fondo è il primo articolo della Costituzione.
La sorte del generale a tre stelle fu segnata a fine febbraio. Mario Draghi voleva sapere e capire tre cose dal Maresciallo in capo dell’esercito contro il Covid: a che punto precisamente fosse la guerra contro il nemico assassino; se fosse condotta con la dovuta cattiveria; se la battaglia delle vaccinazioni stesse piegando la Bestia. Il Commissario straordinario Domenico Arcuri, con la consueta bonomia, e l’aria di chi da solo doveva affrontare il Mostro, dispiegò sul tavolo quello che credeva il suo capolavoro: il piano delle primule, i padiglioni elegantissimi disegnati dall’archistar del grattacielo detto giardino verticale, Stefano Boeri. Stiamo morendo e questo qui propone la Bella Epoque. Osiamo dire interpretando quel che Draghi non disse: cazzarola! Salutò Arcuri e pose una questione urgente al suo staff: ditemi chi in Italia è il migliore nel settore della logistica che lo prendo. La risposta fu unanime: è Figliuolo, ma c’è un problema, è un generale. Meglio, se è una guerra ci vuole uno che se ne intenda. Di teorici bastano e avanzano quelli che ronzano con le loro ricette mirabolanti ma non sanno spostare una scrivania da qui a là. Uno che come Napoleone sa che non basta avere in mano il piano perfetto, dove la fanteria attacca sul fianco sinistro e la cavalleria a sorpresa esce dalla boscaglia; ma che sappia spostare i carri, trovare il fieno per i cavalli, muovere l’intendenza. Ecco cosa voleva dire la sua richiesta.
Poche storie
Cos’è la logistica? Procurare ciò che occorre, a chi occorre, quando occorre. Servono le vaccinazioni? Farle. Materiale, luogo, tempo, modi, risultati da segnare su un foglietto. Tutto lì. Poche storie. Siccome è semplice, in Italia è impossibile. Perché Figliuolo? A proposito di Covid, senza che nessuno lo abbia mai sentito nominare, era già stato uno dei protagonisti silenziosi di alcune delle battaglie vinte e di quelle dove amaramente avevamo dovuto raccogliere i caduti sul campo sin dal febbraio del 2020. Aveva risolto lui, in quattro e quattr’otto, il complicato trasferimento in Italia dei nostri concittadini imbottigliati a Wuhan portandolo a termine in sicurezza; era riuscito a trasformare l’ospedale militare del Celio in un avamposto scientifico contro il Covid; allestito una ventina di infermerie da campo. Soprattutto, e scusate l’emozione, è stato lui ad aver preso su di sé e sui suoi soldati, amaramente ma con il decoro del lutto e della mestizia dell’onore militare, il trasferimento delle bare da Bergamo ai luoghi deputati alla cremazione.
Da quel momento del 1° di marzo ogni sera ha fatto sapere a Draghi e a Speranza i numeri, e dove trovava muri da buttar giù o da aggirare, senza attendersi ordini al riguardo, semmai lo sostituissero. Prima dell’aritmetica dei contagiati, e dei morti, la cifra dei vaccinati. Tra Draghi e Figliuolo l’intesa è stata perciò immediata. La scelta della priorità su a chi toccasse il siero, spettava alla politica, le indicazioni sulle categorie da sottoporre per prime o per seconde all’inoculazione pure, a lui toccava muovere i suoi anfibi nel fango e nella polvere bruciando i veti locali, adoperando uno strumento docile qual è un esercito che ha il morale alto perché il comandante è bravo e lo vedi che sta lì in piedi, non si chiude in ufficio a telefonare a strani mediatori di mascherine scassate, ma sta un giorno a nord, e lo stesso giorno a sud, davanti ai padiglioni, nelle fabbriche trasformate in dispensari pinti e lindi della salute, senza paura di esporsi ai colpi, si arrampica sulle difficoltà com’è buona pratica degli alpini.
Ancora in guerra
Insomma a differenza dello stato maggiore del precedente governo, la chiarezza, la ponderatezza, persino il buon umore e il bicchiere di vino accompagnato da un salutare sigaro serale. Con la precisa distinzione degli ambiti tra politica che espone al popolo il disegno e i risultati, e la “logistica”, chiamiamola così, che avanza sul terreno. L’esatto opposto dei metodi di Arcuri, che era una sola cosa con Conte e Speranza, in un impasto tragicamente confusionario di politica-scienza-mascherine-primule-soldi buttati dalla finestra, ma poi raccolte da manine abbastanza avide.
La guerra non è ancora finita, per carità. Ma salvo colpi di coda della variabile Delta, l’immunità di gregge dovrebbe essere raggiunta a fine settembre, e le dosi di vaccino per raggiungere il risultato ci sono. E c’è chi spiritosamente gli toccherà davvero la sorte di Armando Diaz. Definire il predecessore di Figliuolo, il gran commissario Domenico Arcuri come un general Cadorna nella sua Caporetto pare ingeneroso (verso quale dei due non lo diciamo), ma di certo ha raddrizzato le nostre sorti, e bisognerebbe pensare a un titolo per lui del tipo di quello che il Re assegnò all’Armando dopo Vittorio Veneto: Duca della Vittoria.
Qualche simpatico burlone ha proposto, e sui social ci sono manipoli di combattenti alla tastiera che si stanno spendendo allo scopo, di fare di Figliuolo il sindaco di Roma. Ma per Roma non ci vuole un generale, servirebbe Nerone.

Mascherine, il nuovo feticcio demolito da Zangrillo
di Claudio Romiti
Nicolaporro.it, 17 giugno 2021
Sul tema infinito dell’obbligo delle mascherine all’aperto, il professore Alberto Zangrillo si sta distinguendo per una offensiva a 360 gradi nei confronti di questa misura di stampo talebano. “Quando sono in montagna su un sentiero in mezzo ai boschi e vedo una persona in lontananza con la mascherina penso che stia sviluppando una patologia psichiatrica. Mettiamo la mascherina quando entriamo in farmacia, in banca, al lavoro. Altrimenti, no. È la differenza tra essere un popolo di beoti e un popolo di persone responsabili. Probabilmente facciamo più presa se pensiamo di controllare un gregge di beoti, io mi aspetto molto di più dai miei concittadini”.
Così si è espresso, con la sua ben nota franchezza, il primario del reparto di rianimazione del San Raffaele di Milano, facendosi in seguito un selfie all’aperto, senza mascherina e con tanto di bandana, con un titolo assolutamente esplicativo: “Outdoor mode for sane people”, ovvero “modalità all’aperto per persone assennate”. In tal senso, a nome della minoranza di aperturisti di questo disgraziato Paese, mi verrebbe da dire: meno male che Zangrillo c’è! Anzi, ci vorrebbero tanti altri di questi autorevoli personaggi per scuoterci da una condizione di regressione di massa, con il preoccupante sviluppo di una sorta di feticismo primitivo nei riguardi della mascherina medesima e di altre misure dall’efficacia piuttosto dubbia.
Sta di fatto che, a dimostrazione di ciò, in queste giornate di caldo torrido osserviamo molte persone le quali, pur di non togliersi di dosso un tale feticcio, hanno trovato il ridicolo compromesso di indossarle con il naso scoperto. In tal senso, spiace tantissimo doverlo sottolineare, il grado di idiozia – o di covidiozia per meglio dire – che esprimono questi poveretti manipolati da una pessima informazione appare superiore a quella degli altri disgraziati che indossano la mascherina quando guidano l’auto in solitaria.