Nel giorno mondiale della Terra, la Parola chiave è custodire
“Custodire” è stata la parola chiave dell’omelia di Papa Francesco nella messa di inizio pontificato lo scorso 19 marzo. L’ha usata 33 volte, e l’ha collegata a creato. Perché il creato rimanda al creatore, cioè a Dio. Custodire la terra è anche l’appello che volevano fare le Nazioni Unite quando, nel 1970, hanno istituito la giornata mondiale della Terra. Una giornata che si celebra il 22 aprile, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera. Quest’anno, le immagini provenienti dallo spazio sono le principali protagoniste. La Nasa le ha riunite in un unico sguardo sullo stato di salute del pianeta. Ognuna delle immagini è legata ad una scoperta o ad una nuova misura, grazie alla quale è stato possibile conoscere più in dettaglio fenomeni cruciali.
Lo spazio ha dato questo contributo alla tutela della Terra. Quello che non si pensa mai è come l’osservazione dello spazio rappresenti anche il limite ultimo in cui l’uomo si sente creato, più che creatore. Ce lo dicono le ricerche della Specola Vaticana, l’osservatorio astronomico dei padri gesuiti. Situata a Castelgandolfo, oggi la Specola è poco più di un museo, perché le luci sulla città di Roma e sull’Europa Occidentale sono così forti che ormai è praticamente impossibile vedere le stelle. Quando Joseph Ratzinger visitò la Specola prima di diventare Papa, rimase colpito dal dato di fatto. E sottolineò nell’omelia di Natale come “la luce degli uomini, la luce prodotta da noi, nasconde alla vista le luci del cielo. Le nostre luci nascondono le stelle di Dio. È quasi una metafora: a causa delle troppe cose che abbiamo creato riusciamo a malapena a riconoscere la creazione di Dio e le sue tracce”.
E invece è proprio nella creazione di Dio che si radica la sollecitudine per il creato dei Papi. Papa Francesco ha sottolineato più volte di aver preso il nome del poverello di Assisi anche per fare della sua custodia del creato uno dei programmi principali del suo ministero petrino. Lo ha sottolineato nel discorso al corpo dei diplomatici accreditati presso la Santa Sede. E lo ha ripetuto in varie altre occasioni. Come aveva fatto Benedetto XVI prima di lui. Ma c’è da comprendere un principio importantissimo: il Papa ha cura del creato, non del clima, non dell’ambiente, non della terra. Avere cura del creato presuppone che ci sia un rapporto tra creato e creatore. È un approccio prudente: si abbia cura del creato, ma senza considerare né l’uomo come un intruso.
Un approccio molto chiaro in Benedetto XVI. Il quale, alla Gmg di Sydney – in un’Australia messa a dura prova dalla desertificazione – sostenne già in aereo con i giornalisti che “la creazione è affidata a noi e tocca a noi trovare la capacità etica per un nuovo stile di vita, se vogliamo davvero svegliare le coscienze e arrivare a soluzioni positive”. “La creazione è già una rivelazione e già una salvezza”, disse poi ai giovani. A vedere le immagini dei satelliti, questa rivelazione e salvezza è comunque messa a dura prova. Negli ultimi 30 anni i satelliti hanno osservato un declino nello spessore dei ghiacci pari al 13% ogni decennio e il fenomeno sembra avanzare costantemente. Negli ultimi 20 anni lo strato di ozono che fa da scudo ai raggi ultravioletti ha raggiunto lo spessore minimo per ben due volte sull’Antartide. E in Italia – denuncia la Coldiretti – si sono persi negli ultimi 20 anni il 15% della terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono provocato da un modello di sviluppo sbagliato. La Chiesa ha chiesto più volte un nuovo modello di sviluppo.
Nella Pacem in Terris, cinquanta anni fa, Giovanni XXIII già parlava della presenza di “terreni coltivabili dove scarseggiano gli uomini” e viceversa, e chiedeva una mutua collaborazione. La collaborazione sembra essere fallita. Tanto che – aveva sostenuto Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – ”le monocolture Ogm non solo contribuiscono a diminuire la biodiversità, ma possono rendere i contadini che le praticano dipendenti dalle multinazionali”. “L’introduzione di una nuova tecnica agricola – aveva aggiunto Toso – non deve in nessun modo rendere maggiormente difficile, dipendente e vulnerabile la vita dei più poveri”. Parole che sono state fatte proprie anche dai teologi della liberazione più duri e puri, come Leonardo Boff, che negli ultimi anni ha cambiato prospettiva: il povero non è l’uomo, ma la terra, e il centro di tutte le cose è l’ecologia, perché la cura della terra è la cura dell’uomo. Si celebra, dunque, la Giornata Mondiale della Terra. Ma per la Santa Sede è una giornata che non finisce mai, tanti sono gli appelli e le negoziazioni internazionali di cui si è resa protagonista perché non fosse “la terra” o l’ “ambiente” la misura di tutte le cose, ma l’uomo. Una linea seguita con forza da Papa Francesco, che nell’omelia dell’inizio del ministero petrino ha usato solo 2 volte la parola ambiente e una sola la parola mondo, declinata però in un contesto negativo (“non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!”).