Il magistero volante dei Papi. Quello che è stato e quello che potrebbe essere
Benedetto XVI si è definito un “umile servo nella vigna del Signore”. Ha sostenuto di essere un pellegrino che “inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra”. Ha sottolineato, all’incontro mondiale delle Famiglie, che “il Paradiso dovrebbe essere come la mia famiglia da bambino”. Oggi che Benedetto XVI compie 86 anni, c’è bisogno di ricordarsi di tutto questo, della sua semplicità. Una semplicità che non significava semplificazione. E lo si nota chiaramente dalle parole che Benedetto XVI scambiava in aereo con i giornalisti durante i viaggi internazionali, raccolte e commentate dalla vaticanista Angela Ambrogetti, nel libro Sull’aereo di Papa Benedetto (Libreria Editrice Vaticana). Perché – scrive giustamente Angela Ambrogetti – “il professor Ratzinger chiede di essere ascoltato con calma. I discorsi di Benedetto XVI richiedono attenzione e preparazione”. Ed è per questo che Papa Ratzinger “sembra non essere stato ben capito dai media”. Eppure, Papa Benedetto non si sottrae mai a nessuna domanda, come spiega padre Federico Lombardi nell’introduzione al volume. Però, il direttore della Sala Stampa vaticana preferisce farsi inviare le domande priva, le sceglie, talvolta le riformula “in modo da raccogliere diversi aspetti dello stesso tema” che sono dispersi in più domande. È un modus operandi che aiuta Benedetto XVI.
A Papa Ratzinger piace articolare un discorso, delinearlo in tutte le sue forme. Non è complicato nel parlare, ma ogni periodo è legato all’altro, anche quando parla a braccio. È sempre rimasto, in fondo, un professore che si interroga sulle questioni, e a cui piace andare in profondità. Il lavoro di Angela Ambrogetti ci permette di andare indietro nel tempo, di fare confronti con lo stile, più spontaneo, di Giovanni Paolo II. Perché la vaticanista ha pubblicato un altro volume che raccoglie tutte le conferenze stampa in aereo di Papa Wojtyla, Compagni di viaggio (Libreria Editrice Vaticana). È un confronto che si deve fare, però, tenendo in considerazione che i tempi sono cambiati. Fu Giovanni Paolo II a inaugurare la chiacchierata in aereo con i giornalisti. “L’inizio della nuova era mediatica”, come la definisce Angela Ambrogetti, ha luogo durante il primo volo internazionale di Giovanni Paolo II, verso Puebla. È il 1979. Il Papa scosta la tendina e va nel reparto dei giornalisti per salutarli. È la prima volta che succede. Allora un giornalista americano prende il coraggio a due mani e chiede al Papa se andrà in America. E questi, per nulla intimidito, risponde: “Credo che sarà necessario, resta solo da fissare la data”. Prima che arrivi l’era di Navarro Valls e di una comunicazione strategicamente più definita, funziona così: Giovanni Paolo II si dà alla stampa, parla con i giornalisti che sgomitano per fargli domande. Ma è lui che conduce il gioco, con vecchia sapienza da attore ribalta le domande, fa battute, tiene sotto scacco i giornalisti.
E allo stesso tempo, Perché il Papa, senza paura – e sempre senza censure (mai nessuna conversazione è stata off the records, cioè riservata solo ai giornalisti) parla anche a lungo di libertà religiosa, di teologia della liberazione, dei problemi della Chiesa. Nemmeno Benedetto XVI si tira mai indietro alle domande. Quello tra Papa Ratzinger e la stampa – spiega Georg Gaenswein, segretario particolare del Papa emerito, introducendo Sull’aereo di Papa Benedetto – è un rapporto franco, schietto. Ma non ha alcuna “tendenza populista”. “E’ da sottolineare – scrive Gaenswein – che il Santo Padre non ha mai cancellato una domanda, non ce n’è mai stata una che gli era ‘scomoda’. Accetta le domande, riflette, risponde. Una volta alcuni giornalisti avevano scritto che il Papa era solo ed isolato. Nella conferenza in aereo, c’era stata anche una domanda in proposito, e il Papa aveva risposto. Dopo la conferenza ha commentato: ‘Si vedeva che i giornalisti erano curiosi, forse aspettavano un’altra risposta. Ma io ho risposto semplicemente così com’è. Non so se sono stati più sorpresi della chiarezza o della sincerità della risposta”. Spiega Angela Ambrogetti che Giovanni Paolo II era “storicamente abituato a parlare di diritti umani, giustizia sociale, presenza della Chiesa del mondo”, tutti temi che sono la “naturale conseguenza dell’annuncio del Vangelo”. Ma – soggiunge – “la conseguenza faceva più notizia della motivazione”.
Benedetto XVI “torna a spiegare al mondo perché la Chiesa cattolica parla di diritti umani, pace e giustizia sociale”. Eppure “il mondo mediatico sembra meno preparato a parlarne. Così dalla Notizia si passa alla notiziola e si perde il senso più ampio del Pontificato” Nel giorno dell’86esimo compleanno di Benedetto XVI, è logico cominciare a guardare in retrospettiva il pontificato. E per comprendere bene Ratzinger, per andare oltre l’opinione pubblicata, c’è proprio bisogno di andare alle radici della sua spontaneità: dai discorsi che amava tenere a braccio ad, appunto, i dialoghi con i giornalisti in aereo.
Nel frattempo, è arrivato un nuovo Pontificato, e già un viaggio internazionale da preparare: Papa Francesco andrà a Rio de Janeiro, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Sarà per lui anche la prima conferenza stampa in aereo, e c’è molta curiosità per vedere come questa si svolgerà. Papa Francesco si sottoporrà al fuoco delle domande, come Giovanni Paolo II? Preferirà articolare una spiegazione, come Benedetto XVI? Oppure avrà un modo persino diverso di condurre l’incontro con i giornalisti? Ma la curiosità principale riguarda i temi: Giovanni Paolo II centrava tutto sulla giustizia sociale, Benedetto XVI partiva dalla teologia e dell’annuncio del Vangelo.
Come si delineerà il magistero volante di Papa Francesco? Ad multos annos, Benedetto XVI. E ad majora Papa Francesco!