Nomine ed ecumenismo. I primi passi di Francesco

A chi, poco prima del conclave, gli chiedeva come sarebbe dovuto essere il nuovo Papa, José Rodriguez Carballo, ministro superiore generale dei Frati Minori e dallo scorso anno presidente dell’Unione dei superiori generali rispondeva: “Prima di tutto, vorrei che fosse un uomo di Dio e che ami la Chiesa come la ama Benedetto XVI. Che sia attento alle problematiche dell’uomo di oggi e che proponga con valore i valori evangelici”. Ma Carballo non pensava che presto sarebbe stato chiamato a collaborare da vicino con il nuovo Papa: lo scorso sabato, Francesco lo ha nominato segretario della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata.
È stata, quella di Carballo, la prima nomina “curiale” di Papa Francesco. I due sono amici, e lo stesso Carballo ha raccontato come Bergoglio volle personalmente andare a trovarlo qualche anno fa, e lo andò a cercare nonostante la pioggia. “Fu un incontro di totale fraternità, come quello di due persone che si conoscevano da sempre”, dice Carballo.
La prima nomina di Francesco segnala una maggiore attenzione verso il mondo dei religiosi, inserendo una persona di dialogo e fiducia all’interno di un dicastero che deve affrontare alcune “patate bollenti”, come il difficile dialogo (con tanto di visita apostolica) presso alcuni istituti religiosi di suore negli Stati Uniti. Ma è anche vero che – secondo alcune indiscrezioni, riportate sul sito del vaticanista Sandro Magister – l’istruttoria per la successione di Joseph William Tobin come numero due della Congregazione (Tobin è stato nominato vescovo di Indianapolis) puntava più a un domenicano, che a un francescano.
C’è anche da dire, però, che queste istruttorie prevedono tempi lunghi, e in generale sul tavolo del Papa si assesta una terna di candidati. Possibile che Carballo fosse uno dei candidati, e che Francesco abbia preferito lui ad altri nomi a lui meno conosciuti.
Non si sa nemmeno se la nomina del nuovo arcivescovo di Vilinius, un’altra delle prime nomine siglate Francesco, venga da lontano. Il prescelto di Francesco è stato mons. Gintaras Grušas, fino ad ora ordinario militare lituano. È un lituano della diaspora, è nato a Washington appena un anno dopo il ricongiungimento della famiglia, divisa per ben 16 anni dalla “cortina di ferro”, si è laureato alla UCLA di Los Angeles in matematica e informatica e ha fatto in tempo a diventare consulente della IBM per cinque anni prima di diventare sacerdote. Il suo predecessore, Audrys Bačkis – che lascia per raggiunti limiti di età – lo aveva chiamato in Lituania per preparare la visita di Giovanni Paolo II nel 1993: non è più partito. A 51 anni, si trova a guidare la “diocesi della memoria”, perché a Vilnius c’è la famosa collina delle croci, a ricordare il calvario dei cattolici lituani negli anni durissimi della repressione comunista.
Una nomina che invece non è di certo passata per la normale trafila è stata quella – arrivata quasi subito – del successore di Francesco alla guida della diocesi di Buenos Aires. Per quel posto, Francesco ha designato Mario Aurelio Poli, 65, dal 2008 vescovo di Santa Rosa ed ausiliare dello stesso Bergoglio dal 2002 al 2006.
Una scelta che rappresenta – secondo fonti argentine – la volontà di Papa Francesco di dare un segnale a quanti aveva nel passato speranza di occupare il posto ambito di arcivescovo di Buenos Aires, per succedere a Bergoglio che aveva già raggiunto i limiti di età. Tra questi, l’arcivescovo di La Plata, Héctor Rubén Aguer, definito “un uomo ultra conservatore, alla testa di una archidiocesi disastrata, dove la metà dei sacerdoti se non ha una donna, ha un uomo come compagno”, considerato un pupillo di Angelo Sodano, segretario di Stato emerito e decano del Collegio Cardinalizio. Un altro che stava già puntando alla successione di Bergoglio, era Alfredo Zecca, catapultato da rettore dell’Università Cattolica dell’Argentina all’arcivescovato di Tucuman, nel Nord, città di un milione di abitanti, una delle più grandi del Paese. Entrambi, raccontano dall’Argentina, avevano anche avuto un peso nelle recenti decisioni di inserire temi morali in tutti i documenti, spostando l’episcopato argentino verso posizioni ultraconservatrici.
Héctor Rubén Auger è stato tra l’altro ricevuto questa mattina in udienza da Papa Francesco, e alcuni già pronosticano l’ingresso in una zona d’ombra per l’arcivescovo di La Plata.
Tanto più se si considera che prima di lui, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinal Mauro Piacenza, prefetto per la Congregazione per il Clero. Nella tabella delle udienze, anche quella di Charles Daniel Balvo, nunzio apostolico in Kenya.
Ma l’incontro più importante è stato quello con Nikolaus Schneider, presidente della Chiesa Evangelica di Germania. Jorge Mario Bergoglio, in Argentina, si è molto impegnato per il dialogo ecumenico. Secondo quanto riferito alla Radio Vaticana dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, l’incontro di stamane “è stato veramente molto cordiale, e il ‘Präses’ Schneider ha fatto al Santo Padre le sue felicitazioni per l’inizio così felice ed entusiasmante del nuovo Pontificato”, manifestando anche il suo apprezzamento per la scelta del nome ‘Francesco’, “perché è un nome di un Santo che parla veramente a tutti i cristiani in un modo estremamente efficace”.
Tra loro si è parlato anche dell’ecumenismo dei martiri, un tema che sta particolarmente a cuore a Papa Francesco, ma che è anche al centro del lavoro del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: in un incontro presso l’Università Lateranense della fine dello scorso anno, il cardinale Kurt Koch, presidente del dicastero, ha sottolineato l’importanza del tema, criticando però anche il fatto che “l’unità della Chiesa risulta essere una somma delle realtà ecclesiali e per rappresentarla mi viene in mente l’immagine di tante case mono-familiari, in cui famiglie fanno vita indipendente e si invitano a pranzo di tanto in tanto”. Quale sarà la linea del dialogo ecumenico di Papa Francesco? Per ora, due appaiono le linee: o continuare a puntare all’unità visibile, o piuttosto accettare lo status quo, che ha portato – denunciava Koch – ad “abbandonare l’obiettivo originario dell’unità visibile nella fede comune, dei sacramenti, a favore del postulato delle diverse comunità ecclesiali come chiese e come parti dell’unica chiesa di Gesù”.
Sono temi importanti, in vista del Settecentenario della Riforma, nel 2017. Un appuntamento ricordato da Scheider, e per il quale sembra sia in preparazione un grande incontro ecumenico tra cattolici e protestanti. Avrà luogo sul modello dei discorsi di Benedetto XVI ad Erfurt, ricordati dallo stesso Schneider, oppure Francesco darà un suo particolare impulso al dialogo ecumenico?
Oggi, altra informata di nomine, anche queste però in qualche modo di routine: Michael O. Jackels è stato nominato arcivescovo di Dubuque (Usa): John T. Folda vescovo di Fargo (Usa); Reynaldo Gonda Evangelista, vescovo di Imus (Filippine). Ha anche nominato il cardinal Paolo Romeo, arcivescovo metropolita di Palermo, come amministratore apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, dopo la rinuncia presentata dal vescovo Sotir Ferrara.