Un’uniforme che fa paura a terroristi e delinquenti. Nella maxi operazione dell’arresto in Francia dei terroristi italiani impegnato anche un giovane capitano dei carabinieri marsicano

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Apprendiamo dal sito Terremarsicane.it da Avezzano, che nella maxi operazione dei giorni scorsi che ha portato all’arresto, in Francia, degli ex terroristi italiani latitanti, era impegnato anche un giovane capitano dei carabinieri marsicano. Si tratta di Enrico Santurri, Capo della Sezione Catturandi del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Milano.

Nato a Roma 30 anni fa da Adolfo Santurri, funzionario di polizia locale Roma Capitale e dalla Dott.ssa Galassi Italia Dirigente medico di direzione sanitaria presso l’Ospedale SS. Filippo e Nicola, inizia il suo percorso scolastico presso l’istituto Sacro Cuore di Avezzano. Ha frequentato il Liceo Scientifico Vitruvio Pollione, la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, l’Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma. Si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Tor Vergata nell’anno 2015 e successivamente ha conseguito la laurea Magistrale in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna presso la medesima Università nell’anno 2019.

Dopo la fase formativa, con il grado di tenente, è stato destinato presso il Comando Compagnia Carabinieri di Catania “Fontana Rossa” dove era impegnato in diverse operazioni di polizia giudiziaria.

I “carusi” di “Saro U Rossu”, alias Rosario Lombardo di viale Biagio Pecorino a Catania.

Operazione “Km 0” a Catania

Tra altro, a Catania il Capitano Enrico Santurri ha condotto l’operazione “Km 0”, con l’arresto di 36 spacciatori che obbligavano al crimine anche un bambino di soli sei anni. L’indagine traeva origine da servizi di osservazione a distanza, servizi di intercettazione e riscontri su strada che permettevano di accertare la frenetica attività di una florida piazza di spaccio di droga nel popoloso quartiere catanese, all’interno del complesso residenziale del viale Biagio Pecorino 3. Il gruppo criminale faceva capo a Rosario Lombardo, uomo d’onore di Cosa nostra e personaggio di spicco della famiglia mafiosa Santapaola, responsabile di tutte le piazze di spaccio del clan, primaria fonte di reddito per il gruppo malavitoso. Le attività di indagini avevano consentito di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli associati. Il sodalizio era strutturato secondo un’organizzazione di tipo piramidale. Ogni componente aveva un ruolo preciso da rispettare. La droga veniva venduta per 200 volte al giorno e non conosceva sosta, se non nelle prime ore del mattino, garantendo una costante vendita al dettaglio di droga nel corso dell’intera giornata: due turni di lavoro, mattina e poi pomeriggio fino alle 2 di notte. L’acquirente doveva prima contattare un pusher che si recava dal custode dello stupefacente che, con l’ausilio di una corda, forniva la droga richiesta al pusher. Erano tanti i pusher che prestavano i loro servizi tanto che quando uno veniva arrestato, 10 minuti dopo veniva subito sostituito e la piazza di spaccio riprendeva l’attività. Con questa operazione. I “carusi” di Rosario Lombardo – che sta espiando due condanne definitive, di due decenni ciascuna, ai domiciliari per motivi di salute, che nella sua casa al viale Biagio Pecorino teneva summit e riunioni mafiose. Era proprio sotto casa, Saro U Rossu aveva creato una piazza di spaccio: con responsabili, gestori, vedette e pusher. Tutti (tranne Lombardo) finiti in manette nel blitz Km 0 dei carabinieri con la retata che ha scosso l’opinione pubblica per il filmato che ritraeva un bimbo che assisteva alle fasi dello spaccio di droga. Chi “lavorava” nella “piazza” aveva uno stipendio preciso, tutto documentato da alcuni block notes sequestrati dai carabinieri nel corso delle delicate indagini. Tante, innumerevoli, le intercettazioni che hanno permesso di delineare gli affari del gruppo criminale. Diverse le intercettazioni in carcere che sono finite nei faldoni dell’inchiesta. Così come i filmati che non lasciano dubbi sull’attività illecita che si consumava sotto casa del boss, piazza di spaccio a pochi metri dalla famosa “fossa dei leoni”, altra zona di smercio di stupefacenti nella zona tra San Giorgio e Librino. E se non bastassero le indagini, ci sono anche le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia a finire negli atti del processo. I verbali di Angelo Bombace, soldato dei Nizza, e Salvatore Bonanno, esattore del pizzo della cosca Santapaola.

Medaglia di benemerenza dell’Ordine Costantiniano

Nel 2016 S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa delle Due Sicilie, Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, ha insignito Enrico Santurri dell’onorificenza Medaglia di benemerenza giubilare in argento. La Medaglia di benemerenza costantiniana fu istituita a Roma nel 1918 per volere di S.A.R. il Principe Don Alfonso di Borbone delle Due Sicilie. Due recenti e temporanee varianti della Medaglia di benemerenza costantiniana sono state istituite nel 2016 e nel 2018 da parte del Duca di Calabria: la prima per commemorare la partecipazione al Pellegrinaggio Costantiniano in Roma per il Giubileo straordinario della Misericordia; la seconda per commemorare il tricentenario dalla promulgazione della bolla pontificia Militantis Ecclesiae. Le Medaglie di benemerenza costantiniane sono concesse ai benemerenti dell’Ordine Costantiniano, Cavalieri e non, ed anche alla memoria o per enti.

Promosso Capitano nel settembre 2019, Enrico Santurri fu assegnato al Nucleo Investigativo ‘Sezione Catturandi’ di Milano dove è stato protagonista, con i suoi collaboratori, anche dell’arresto di una latitante, la “preside regina”, una vicenda molto seguita per aver riscosso grande interesse mediatico dopo un servizio de Le Iene.

La cattura della “preside regina” a Milano

Il 18 dicembre 2019 Andrea Agresti raccontò per Le Iene [QUI] del buco finanziario fatto dalla preside dell’Istituto Queen in via Stilicone a Milano, che avrebbe dovuto far recuperare agli studenti in difficoltà anni scolastici. I genitori degli studenti, che raccontano di programmi inesistenti e di molte “ore buca”, si erano indebitati per pagare le carissime rette annuali. Per poi vedersi chiudere la scuola per affitti non pagati.
Sulle sue tracce, oltre alle forze dell’ordine, si erano messe anche Le Iene, che erano riusciti a rintracciare la “preside regina” a Ferrara, dove in quel momento stava aprendo un centro estetico. Da una decina di giorni la preside Gabriella D’Agostino, sessantanovenne pescarese ma residente a Milano, viveva sostanzialmente da latitante. Doveva scontare una pena definitiva a 5 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, per aver sottratto nel 2012 i fondi all’Istituto privato, un comportamento che a quanto pare avrebbe ripetuto a maggio 2018 con una storia praticamente fotocopia con un altro istituto scolastico. Nel suo servizio Andrea Agresti che aveva raccolto le testimonianze dei genitori degli studenti della “preside regina”, costretti a pagare rette annuali anche oltre i 6mila euro per quella che si preannunciava “tutta un’altra scuola”, forte di un metodo di insegnamento innovativo, per “studenti vincenti”. L’istituto Queen si poneva l’obiettivo – come si legge sulla pagina LinkedIn ufficiale – di “diventare il punto di riferimento di giovani e adulti che intendono conseguire un diploma”. E ancora: la scuola della “preside regina”, “oltre a curare molto l’aspetto didattico” prometteva “di favorire la crescita culturale, professionale e personale di ogni studente, attraverso l’offerta formativa, i laboratori didattici e le attività extra scolastiche”. Offerta, laboratori e attività che ai genitori di trentuno studenti erano costate rette tra i 6mila e i 9mila euro ciascuno. Ma gli stessi studenti raccontavano tutta un’altra storia: ”Facevamo quattro ore, verifiche non se ne facevano, c’erano molte ore buche”. A fine 2017, però, il castello era crollato: la scuola aveva improvvisamente chiuso i battenti, gli arredi e tutti i materiali erano spariti – probabilmente per essere poi rivenduti – e la stessa sorte era toccata ai soldi investiti dai genitori, alcuni dei quali avevano fatto finanziamenti per sostenere le spese. “Fino a dicembre 2019 devo pagare un servizio per cui mio figlio non ha assolutamente usufruito”, raccontava una mamma costretta a chiedere un finanziamento per ripagare i buchi fatti dalla preside. E neanche molti professori riuscivano a farsi pagare per le ore di insegnamento. Dopo il danno economico anche la beffa, perché l’istituto aveva chiuso a causa di affitti non pagati. La Iena aveva beccato la “preside regina” a Ferrara, mentre era intenta ad aprire un suo centro estetico, ma la donna si era detta del tutto estranea ai fatti. “Io facevo la preside, non devo nulla a nessuno, non c’entro niente”. E alla fine aveva anche dato degli “stronzi” alle Iene.

Dal 4 dicembre 2019 – giorno della condanna definitiva – a cercarla ci hanno pensato i carabinieri, che si sono concentrati proprio tra Ferrara e Milano. Poi, la svolta, con gli investigatori che sono riusciti a localizzarla in zona quartiere Adriano e hanno cominciato a tenerla d’occhio per essere certi che era proprio lei la donna giusta.
La mattina di lunedì 16 dicembre 2019 sono scattati il blitz e le manette. E questa volta, quando i carabinieri della sezione Catturandi di Milano, guidati dal Capitano Enrico Santurri, hanno arrestato Gabriella D’Agostino, la “preside regina” non ha tentato neanche una difesa estrema.

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