Paralimpiadi di Pechino, il rimpianto di uno spettacolo nascosto
Si sono conclusi a Pechino i Giochi paralimpici estivi riservati alle persone con disabilità: diciotto medaglie per gli azzurri, che hanno messo in valigia quattro ori, sette argenti e sette bronzi: una prestazione che ricalca sostanzialmente quella di quattro anni fa, quando sotto l’Olimpo di Atene arrivò una medaglia in più, con quattro ori, otto argenti e sette bronzi. Per l’intero movimento dello sport per disabili, un risultato soddisfacente, sebbene resti vero che, fra i paesi europei paragonabili all’Italia, il nostro è quello che ha fatto segnare i peggiori risultati: Spagna, Germania e Francia superano tutte le 50 medaglie, e anche Ucraina, Repubblica Ceca, Polonia e Grecia ci sopravanzano più o meno nettamente.
A ben vedere si tratta di una conferma del fatto che nel nostro paese la pratica sportiva delle persone disabili ha notevoli spazi di crescita, e i risultati agonistici ricalcano la difficoltà più generale di inserimento dei disabili negli spazi della nostra società. Autonomia, vita indipendente, piena integrazione a scuola, proficuo inserimento nel mondo del lavoro sono traguardi ancora lontani per un gran numero di persone disabili, nonostante i principi generali sanciti dalle leggi e dai regolamenti, poi però troppo spesso negati nel concreto della vita quotidiana.
Una difficoltà che si rispecchia anche nella copertura mediatica che a questi Giochi paralimpici è stata data: un buon servizio da parte della Rai sul web e sui canali del digitale terrestre o satellitare, ma che ancora una volta non è riuscito a sfondare nella programmazione generalista, dove neppure i telegiornali si sono sforzati granché per dare conto di quanto accadeva a Pechino una manciata di giorni dopo il grande spettacolo delle Olimpiadi. Un vero peccato, perché a valorizzarlo e a saperci fare, lo sport paralimpico è capace di affascinare. Provate voi a giocare a basket su una carrozzina, o a giocare a tennis o a rugby da seduti. Provate voi a nuotare senza vedere nulla, come gli atleti non vedenti, o a cercare un goal con gli occhi completamente bendati orientandovi solamente con il suono di un pallone con i sonagli. Le Paralimpiadi di Pechino sono state uno spettacolo: peccato che non sia stato offerto, come pure meritava, anche al grande pubblico.