Luigi Campiglio: più sostegno alla famiglia
L’attività parlamentare ha ripreso i propri lavori e si è incominciato a riparlare di tutto: dall’affidamento dei figli ai single alle coppie di fatto, lasciando fuori dall’impegno politico la famiglia. Eppure, come ha avuto modo di dire più volte Savino Pezzotta, “un fisco ingiusto determina famiglie povere e figli che non nascono”. Ma come affrontare una realtà così delicata? Ne abbiamo parlato con il prof. Luigi Campiglio, pro-rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e docente di Politica economica.
Professore, come mai la famiglia non arriva più a fine mese?
“La famiglia non arriva più a fine mese, perché rispetto a quanto avviene negli altri Paesi europei, in Italia è un soggetto sociale fondamentalmente trascurato. Nei miei vari interventi, ho sottolineato come l’efficacia delle misure distributive in termini di riduzione delle persone con un rischio economico sia tanto maggiore, quanto più un Paese destina risorse alla famiglia ed alle persone con disabilità”.
Perché?
“Sono due categorie, che, per ragioni che andrebbero indagate meglio, hanno un forte impatto nel determinare la qualità della spesa sociale. Su questo la famiglia italiana è purtroppo trascurata”.
Si parla da alcuni anni di quoziente familiare…
“Sostengo da tempo l’utilità di introdurre il quoziente familiare, perché rappresenta niente altro che una elementare misura di equità orizzontale. Nulla di più, nulla di meno. Aggiungo che non è una vera misura a favore della famiglia; è una misura di equità orizzontale, non diversa dal drenaggio fiscale, di cui tanto si parla”.
Perché non lo si introduce?
“Se devo dire, in tutta onestà, la mia percezione: intorno al quoziente familiare la modalità di sostegno alla famiglia c’è una sorta di valutazione politico-ideologica. Cosa che non avviene in Francia: il quoziente familiare non è né di destra, né di sinistra; è uno strumento. Sottolineo uno, tra molti elementi. Servirebbero almeno venti o trenta politiche, indirizzate a specifici bisogni familiari”.
La Chiesa lancia sempre più spesso l’allarme sull’emergenza educativa. In gioco, soprattutto l’educazione alla sobrietà. Oggi, la famiglia non educa più?
“Ascoltando i docenti delle scuole superiori, mi viene detto con grande fermezza che le famiglie sono meno preparate ad indirizzare i figli su sistemi di valore. Quello che manca ai giovani di oggi, anche se la parola può sembrare un po’ generica e forse anche vuota (ma vuota non è, anzi è pienissima), sono i valori forti, saldi, rocciosi. E purtroppo, la famiglia italiana riesce a comunicarli con meno efficacia”.