Cento anni dopo, l’attualità di Guareschi
Con una periodicità pressoché stagionale, specialmente in estate, le televisioni pubbliche e private ripropongono da anni i film del ciclo di Don Camillo, liberamente ispirati ai racconti di Giovannino Guareschi. Il favore presso il pubblico è sempre di grado elevato, e ciò ha consentito da una parte il perpetuarsi della popolarità delle ‘maschere’ di Don Camillo e Peppone a più generazioni, ma non sempre ha reso pienamente merito al loro creatore, autore italiano tra i più letti e conosciuti anche fuori dal nostro Paese.
Il doppio anniversario di Giovannino Guareschi, della nascita (1 maggio 1908) e della morte (Cervia, luglio 1968), può essere l’occasione per riscoprire l’autore e il suo mondo letterario, un universo capace di mostrare agli uomini quanto siano belli e quanto grande sia il loro destino: basta solo che abbiano l’umiltà di aprire la loro anima al soffio eterno del Creatore. Lontano sia dal pessimismo cupo che dall’ottimismo stolido, la posizione di Guareschi era quella del realismo cristiano, conscio del dramma che scaturisce dalla presenza del male e del peccato nel mondo, ma certo della speranza che Cristo ha vinto, che non è morto, poiché è risorto.
Con una semplicità assolutamente priva di retorica, che gli faceva scrivere, sul settimanale ‘Candido’ di cui era direttore negli anni ’50: “No, non termino dicendo: Dio è con me. Concludo esprimendo l’ardente speranza di essere io con Dio!”. Senza Gesù Cristo non si va nessuna parte: questo è il Vangelo dei semplici, il Vangelo di don Camillo. Guareschi è certamente un grande scrittore, e nonostante la peculiarità dell’ambientazione delle sue storie, ricche degli umori e dei sapori della sua terra, è scrittore di respiro europeo, apprezzato e compreso come pochissimi altri nostri autori.
C’è un ulteriore Guareschi, infine, da riscoprire: è lo scrittore che, forse più di ogni altro, ha rivolto la propria attenzione alla famiglia, tanto che si può parlare di Giovanni Guareschi sia come di uno scrittore per la famiglia, ma anche di scrittore della famiglia: in tutta la sua opera c’è grande attenzione, rispetto, amore, per il rapporto tra genitori e figli, tra uomo e donna innamorati, persino tra nonni e nipoti. La casa, la terra, l’amore per la propria storia, il ricordo dei propri morti e la speranza per i propri figli sono la spina dorsale di una civiltà che Guareschi amava, cui apparteneva, che ci ha descritto con realismo e con tenerezza, e che suscita nei lettori il desiderio di preservarne il senso.
Allo scrittore Paolo Gulisano, autore del libro ‘Quel cristiano di Guareschi – un profilo del creatore di Don Camillo’, chiediamo se dopo cento anni resti qualcosa di Guareschi. “Resta un grande scrittore che mette al centro di tutta la sua opera l’uomo; il rapporto dell’uomo con Dio. Uno scrittore dalla religiosità semplice che ci racconta, quasi con parabole, la storia dell’uomo e la vita quotidiana”.
In che modo?
“Lo ha narrato con due grandi cicli letterari: quello con don Camillo e Peppone e quello con il Corrierino delle Famiglie, in cui racconta la vita quotidiana. Questi racconti scritti cinquanta/sessanta anni fa oggi sono ancora veri e affascinanti. Guareschi non passa mai di moda: questa è sicuramente la connotazione di un grande scrittore. Un grande scrittore è colui che sa parlare all’uomo di epoche diverse; quindi ancora oggi Guareschi parla al nostro cuore: ci commuove, ci diverte e ci fa pensare”.
Quindi uno scrittore cristiano, però strano…
“Sì, uno scrittore cristiano fuori forse dagli schemi, ma assolutamente impregnato di religiosità. Cristiano non solo perché ha come protagonista nelle sue storie un prete, don Cammillo. Ma cristiano fino in fondo, perché Guareschi ci dice che l’uomo senza Dio è destinato a perdersi. La religiosità di Guareschi è presente in tutte le sue opere; è presente nel fondo delle cose, dove si vede che all’uomo è necessario un rapporto con Dio. Quindi un uomo che era assolutamente certo della sua coscienza cristiana ed in base a questa faceva parlare il Crocifisso, che è un altro dei grandi protagonisti della saga di don Camillo e Peppone. Non c’è solamente il contrasto tra questi due personaggi; il grande protagonista, sullo sfondo, è appunto il Crocifisso, è Cristo che ci si fa incontro e ci parla”.
A proposito del Crocifisso, papa Giovanni XXIII lo aveva invitato a scrivere un catechismo…
“Esatto! Papa Giovanni XXIII aveva avviato contatti, tramite un cardinale di curia, con Guareschi per chiedergli di scrivere un catechismo dei semplici, un catechismo per tutti. Guareschi non accettò per umiltà, perché si riteneva non altezza di un compito di questo genere. In realtà potremo dire con un sorriso che Guareschi ha scritto questo catechismo, perché sfogliando le pagine dei suoi libri troviamo davvero una specie di catechesi; troviamo la saggezza cristiana che ci parla della vita quotidiana, della famiglia, del lavoro, del rapporto con Dio, delle virtù. Guareschi era veramente un uomo che praticava le virtù… e sotto questo punto di vista era veramente cristiano. Non c’è stato il catechismo che papa Giovanni XXIII avrebbe voluto, ma c’è una catechesi disseminata in tutte le pagine di Guareschi”.