Chiesa perseguitata? L’insegnamento francese

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Archiviate le giornate francesi di Benedetto XVI, è possibile riflettere sul successo del viaggio. Il papa è stato accolto in un Paese secolarizzato, dove tuttavia la minoranza cristiana sa essere vitale, mostrando quel dinamismo che tanto ha colpito gli osservatori. Ancora una volta, si è avuta la prova che la fede non si misura con i numeri, ma mettendo al centro una proposta capace di rispondere alle attese più profonde del cuore umano.

Il successo del viaggio aiuta a chiedersi una volta per tutte: “La Chiesa cattolica in Italia e in Europa è davvero sotto attacco?”. Il tema è di stretta attualità: il laicismo e la secolarizzazione sono dati di fatto, la pratica religiosa è senza dubbio diminuita e un certo atteggiamento sulla difensiva fa capolino anche nelle predicazione dei parroci. Posizioni che nascono da valutazioni di merito, specie per quanto riguarda l’immagine mediatica dell’istituzione. Eppure, lo stile di Benedetto XVI invita a guardare oltre.

La Chiesa, dunque, è sotto attacco? Se si guardano alcune vicende del passato, si può tirare un sospiro di sollievo. Basti pensare ai primi secoli del cristianesimo, sconvolti da eresie di ogni sorta, alle lotte politiche sul papato del X secolo, al furore giacobino post rivoluzione francese, ai totalitarismi del novecento. Ogni epoca fa i conti con le sue persecuzioni. E oggi? La sfida attuale rientra nell’ambito culturale e nasce dall’estrema difficoltà a comunicare l’essenza profonda del cristianesimo. Uno stato di cose che può essere letto nell’ottica della persecuzione (non vengo capito e ancora di più sono volutamente manipolato), oppure in quella del deficit di competenze (mi impegno, ma non riesco).

Di solito, quando si è incapaci di guardarsi dentro, si è portati a puntare il dito contro fattori esterni. Questa però, è una strada che genera vittimismo. Al contrario, il mondo cattolico dovrebbe chiedersi seriamente come rispondere alle spinte che vogliono fare della Chiesa una forza minoritaria. E i nodi da sciogliere sono molto chiari. Come mai i cattolici europei non sono riusciti a costruire un’egemonia culturale effettiva, lasciando che lo facessero altri? Perché non sono riusciti a mostrare il volto di una Chiesa che accoglie e non esclude? Per quale motivo, in numerose occasioni si è privilegiata la linea della difesa piuttosto che quella della proposta? Perché, in tante situazioni si è privilegiato il giudizio morale, rispetto al messaggio profondo del Vangelo?

La predicazione del papa risponde a queste domande. Lo fa presentando i contenuti della fede, prima che i comportamenti morali; ribadendo le posizioni della dottrina (vedi il caso dei divorziati risposati), legate però alla dimensione dell’accoglienza; puntando su credenti motivati, piuttosto che su una religione di facciata. C’è da capire quanto il messaggio del papa trovi terreno fertile nelle singole realtà, dove a volte si deve fare ancora molta strada, soprattutto nel presentare una Chiesa non solo maestra, ma soprattutto madre.

Sono interrogativi dirimenti, nella convinzione che in una società complessa non esistono rendite di posizione e che, come ebbe modo di ripetere il papa, al secolarismo si risponde soltando comunicando “la bellezza di essere cristiani”. È questa la chiave di volta, per affrontare le difficoltà del tempo presente: un compito che spetta ad ogni singolo credente. Con una regola di fondo: per comunicare, è necessario prima vivere, essere credibili, esprimere sul serio la dimensione degli innamorati. Così, la fede tornerà ad essere vista non come una militanza né come un sistema ideologico da combattere, ma come la realtà che nasce da un incontro.

In una prospettiva simile, sarà possibile superare inibizioni e disagi e forse, i cattolici penseranno di meno al fatto di essere perseguitati, aggrappandosi piuttosto all’entusiasmo che nasce dalla loro chiamata: vivere in profondità, testimoniando. Quanto al resto, l’esperienza di 2mila anni insegna: il cristianesimo, se trova disponibilità e credibilità, sa essere molto contagioso.

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