Le chiese di Roma, il legame dei cardinali con il Papa
Si trovano nel centro storico come negli angoli più lontani della periferia romana. Alcune sono basiliche antiche, che custodiscono reliquie di santi e di martiri, altre sono espressioni della moderna contemporaneità architettonica: Sono le chiese e le parrocchie di Roma, i “titoli” attribuiti ai cardinali al momento della loro pubblicazione, in cui oggi, liberi dalle Congregazioni Generali e in attesa dell’ingresso in Conclave, i cardinali hanno celebrato Messa e presieduto momenti di preghiera. Nel Concistoro in cui viene creato, ogni porporato riceve dal Papa, insieme alla berretta e all’anello cardinalizio, anche l’assegnazione di una chiesa di Roma, quale segno visibile dell’unità con il Pontefice e partecipazione al governo della Chiesa universale. Da quel momento, egli diventa un “prete romano”, “titolare” di quella chiesa, e stringe con quella comunità un rapporto di vicinanza e di partecipazione. Dopo la consegna della pergamena con l’indicazione del titolo, è previsto che il neo cardinale ‘prenda possesso’ della sua chiesa, celebrando la Messa, quasi sempre festiva, con i fedeli. Generalmente, per gli arcivescovi che risiedono lontano da Roma, ciò avviene pochi giorni dopo il Concistoro. Ma non sono infrequenti ‘prese di possesso’ avvenute dopo, per esempio in occasione di solennità liturgiche e feste patronali di una certa importanza.
Il rito di insediamento è abbastanza semplice. Dopo l’annuncio della cerimonia diramato dall’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie, il cardinale, accompagnato da un cerimoniere papale, viene accolto sulla porta della chiesa dal parroco o dal rettore, che gli presenta un Crocifisso in segno di venerazione. Segue la processione verso l’altare e la celebrazione della Messa. Al termine, il cerimoniere, in funzione di notaio, legge la bolla di assegnazione del “titolo” al cardinale, che incontra poi la comunità per un momento di festa e di conoscenza reciproca. Come segno dell’avvenuta attribuzione, viene apposto sulla facciata della chiesa, accanto a quello del Papa, anche il suo stemma cardinalizio, con il cappello rosso a cinque nappe, l’insegna e il motto scelto. Da quel momento, il cardinale cercherà di partecipare alla vita pastorale della parrocchia. E’ molto frequente che venga invitato a celebrare i solenni Pontificali di Natale e Pasqua, ma anche l’amministrazione dei sacramenti come la Cresima. Spesso partecipa, con un contributo personale o della diocesi di cui è vescovo, anche ai lavori di restauro o di ristrutturazione che dovessero rendersi necessari. Con quale criterio vengono assegnate le chiese ai cardinali? Generalmente, ove possibile, si cerca di mantenere il legame nazionale e territoriale. E così il cardinale Vingt-Troi, arcivescovo di Parigi, ha il titolo di San Luigi dei Francesi, e il cardinale Policarpo, patriarca di Lisbona, è titolare della chiesa di sant’Antonio dei Portoghesi, così come l’arcivescovo di Zagabria, il cardinale Bozanic, e quello di Palermo, il cardinale Romeo, hanno i loro stemmi rispettivamente sulla basilica di san Girolamo degli Schiavoni (o dei Croati) e sulla chiesa di Santa Maria Odigitria dei Siciliani. Secondo le disponibilità, ad alcuni sono assegnate basiliche antichissime, ricche di tesori d’arte, come la Basilica dei Santi Apostoli attribuita al cardinale Scola, o quella di Santa Maria del Popolo, destinata al cardinale di Cracovia Dziwisz. Per tanti altri, invece, sono le nuove chiese sorte in periferia a essere cura delle loro attenzioni pastorali. E’ il caso della parrocchia di Dio Padre Misericordioso a Tor Tre Teste, tra la Prenestina e la Casilina, realizzata per il Vicariato di Roma a ricordo del Grande Giubileo del 2000 dall’architetto americano Richard Meier e assegnata all’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe.
Con alcuni cardinali, il rapporto rimane anche lungo e affettuoso. Tutti ricordano il legame affettivo che il cardinale Ratzinger mantenne con la parrocchia di Santa Maria della Consolazione a Casalbertone, anche dopo il suo passaggio, come cardinale vescovo, alla diocesi suburbicaria di Velletri (i cardinali vescovi assumono il “titolo” delle diocesi accanto alla Capitale e dismettono quello legato alle chiese di Roma, mentre non sono titolari i cardinali patriarchi di rito orientale) e dopo la sua elezione a Pontefice. Tra l’altro, il 18 dicembre 2005, fu la prima parrocchia romana a essere visitate dal nuovo Papa. “Ricordo molto bene di quel 15 ottobre 1977, quando presi possesso di questa mia chiesa titolare” – disse il Papa a inizio dell’omelia. “Parroco era Don Ennio Appignanesi, viceparroci erano Don Enrico Pomili e Don Franco Camaldo. Il cerimoniere che mi era stato assegnato era Mons. Piero Marini. Ecco, tutti siamo di nuovo qui insieme! Per me è realmente una grande gioia. Da allora in poi il nostro reciproco legame è divenuto progressivamente più forte, più profondo. Un legame nel Signore Gesù Cristo, di cui in questa chiesa ho celebrato tante volte il Sacrificio eucaristico e amministrato i Sacramenti. Un legame di affetto e di amicizia, che ha realmente riscaldato il mio cuore e lo riscalda anche oggi. Un legame che mi ha unito a tutti voi, in particolare al vostro parroco e agli altri sacerdoti della parrocchia. E’ un legame che non si è allentato quando sono diventato Cardinale titolare della Diocesi suburbicaria di Velletri e Segni. Un legame cha ha acquisito una dimensione nuova e più profonda per il fatto di essere ormai Vescovo di Roma e vostro Vescovo”.
Per molti cardinali, infine, soprattutto per quelli che lavorano nella Curia Romana, la chiesa assegnata è anche sede della dimora finale. Non è raro vedere, sotto le volte delle chiese, tombe di Principi della Chiesa, passati e moderni, che hanno voluto così eternare il rapporto con la loro chiesa titolare. Non fece questa scelta il cardinale Domenico Tardini, Segretario di Stato di Giovanni XXIII, che nel 1961 volle essere sepolto a Vetralla, alle porte di Viterbo, presso le monache del Carmelo che aveva protetto e sostenuto dopo le rovine della seconda guerra mondiale. “Almeno lì – sottolineò con il suo consueto buonumore il porporato romano – ci sarà sempre qualche anima buona che pregherà per me”.