Dove si fa il Papa. La Cappella Sistina nelle parole dei Pontefici

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Con la sua chiusura ai pellegrini e ai visitatori, disposta a partire da martedì 5 marzo, iniziano i lavori di adattamento della Cappella Sistina a sede dello scrutinio elettorale che condurrà alla proclamazione del successore di Benedetto XVI. Una straordinaria custodia di arte e di fede, un tempio santo di grande valenza simbolica ed ecclesiale. Con i suoi celebri cicli di affreschi alle parete laterali, che ripercorrono le storie della Salvezza da Mosè a Gesù Cristo; la volta, opera del giovane Michelangelo, con la creazione dell’uomo e il peccato originale; il Giudizio Universale, capolavoro michelangiolesco della maturità, la Cappella è un luogo fondativo della Chiesa Cattolica e del suo messaggio universale. Spazio sacro di esclusivo uso liturgico dei Pontefici, di recente, con il pontificato di Giovanni Paolo II, è stata usata per amministrare, a inizio gennaio, il sacramento battesimale ai figli dei dipendenti vaticani in occasione della Festa del Battesimo di Gesù, mentre con Benedetto XVI è stata anche aula per un buon numero di concerti ed esibizioni corali, in richiamo alla tradizione musicale dell’omonimo Coro pontificio. Ha ospitato, finora, 24 conclavi. Può sembrare strano, ma è solo con la Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis” di Giovanni Paolo II del 22 febbraio 1996 che la Cappella Sistina è ufficialmente divenuta la sede stabile della creazione del successore di Pietro.

Fu lo stesso Papa Wojtyla, infatti, a disporre nell’introduzione “che l’elezione continui a svolgersi nella Cappella Sistina, ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato”. Prima e dopo questo accenno, inserito in una norma canonica, Giovanni Paolo II è intervenuto diverse volte (e dopo di lui anche Benedetto XVI) a sottolineare il peculiare rapporto che lega la Cappella al momento solenne del raduno dei cardinali in Conclave. Il primo intervento risale al 1994, nell’omelia pronunciata in occasione della Messa per l’inaugurazione dei restauri degli affreschi di Michelangelo, celebrata l’8 aprile. “Entriamo oggi nella Cappella Sistina per ammirarne gli affreschi meravigliosamente restaurati” – dice il Papa all’inizio della sua riflessione. “Sono opere dei più grandi maestri del Rinascimento: di Michelangelo innanzitutto, ma poi anche del Perugino, del Botticelli, del Ghirlandaio, del Pinturicchio e di altri. Si tratta di un bene culturale di inestimabile valore, di un bene avente carattere universale. Di ciò rendono testimonianza gli innumerevoli pellegrini che, provenendo da ogni nazione del mondo, visitano questo luogo per ammirare l’opera di sommi maestri e riconoscere in questa Cappella una sorta di mirabile sintesi dell’arte pittorica”. Dopo aver ripercorso il lungo e travagliato percorso tra la fede e l’arte sacra, Papa Wojtyla concludeva la sua omelia con un ricordo personalissimo: “La Cappella Sistina è il luogo che, per ogni Papa, racchiude il ricordo di un giorno particolare della sua vita. Per me, si tratta del 16 ottobre 1978. Proprio qui, in questo spazio sacro, si raccolgono i Cardinali, aspettando la manifestazione della volontà di Cristo riguardo alla persona del Successore di san Pietro. Qui ho udito dalla bocca del mio rettore di un tempo Maximilien de Furstenberg le significative parole: “Magister adest et vocat te”.

In questo luogo il Cardinale Primate di Polonia Stefan Wyszynski mi ha detto: “Se ti eleggeranno, ti prego di non rifiutare”. E qui, in spirito di obbedienza a Cristo e affidandomi alla sua Madre, ho accettato l’elezione scaturita dal Conclave, dichiarando al Cardinale Camerlengo Jean Villot la mia disponibilità a servire la Chiesa. Così dunque la Cappella Sistina ancora una volta è diventata davanti a tutta la Comunità cattolica il luogo dell’azione dello Spirito Santo che costituisce nella Chiesa i Vescovi, costituisce in modo particolare colui che deve essere il Vescovo di Roma e il Successore di Pietro”. Cinque anni dopo, nel dicembre del 1999, alla vigilia dell’apertura del Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II ritornò alla Sistina per tenervi il discorso celebrativo in occasione della cerimonia di conclusione dei restauri degli affreschi. “Questo luogo è caro non soltanto per i capolavori che custodisce, ma anche per il ruolo che riveste nella vita della Chiesa. Qui infatti avviene – lo ricordo con emozione – l’elezione del Successore di Pietro”. Proprio sul significato del primato petrino, espresso in affresco del Perugino, il Papa si soffermò specificamente.”In esso, attraverso il simbolo della vistosa chiave, l’artista sottolinea l’ampiezza dell’autorità conferita al primo degli Apostoli. D’altra parte, come a bilanciarla, è delineata sul volto di Pietro la toccante espressione di umiltà con cui egli riceve l’insegna del suo ministero, stando in ginocchio e quasi indietreggiando davanti al Maestro. Si direbbe un Pietro rannicchiato nella sua pochezza, trepidante, sorpreso da così immensa fiducia e desideroso, per così dire, di scomparire, perché solo il Maestro resti visibile nella sua persona. E’ il volto di chi è ben consapevole di essere peccatore (cfr Lc 5,8) e di aver bisogno di continuo ravvedimento per poter confermare i suoi fratelli (cfr Lc 22,31). E’ un volto che dice assoluta dipendenza dagli occhi e dalle labbra del Salvatore, esprimendo così mirabilmente il senso del servizio universale di Pietro, posto nella Chiesa, con gli apostoli di cui è capo, a rappresentare visibilmente il Cristo, il “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), sempre presente in mezzo al suo popolo”.

L’ultimo ricordo, formulato dal Papa due anni prima della morte, nel 2003, è espresso in forma poetica nel II capitolo di “Trittico Romano”, la raccolta di poesie e meditazioni pubblicata a fine pontificato. “E proprio qui, ai piedi di questa stupenda policromia sistina, si riuniscono i cardinali – una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno. Giunge proprio qui. La stirpe, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi, si riunisce qui. Era così nell’agosto e poi nell’ottobre, del memorabile anno dei due conclavi, e così sarà ancora, quando se ne presenterà l’esigenza dopo la mia morte”. L’introduzione a “Trittico Romano” fu composta dal cardinale Joseph Ratzinger che così scriveva: “Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo del Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978. Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti alle immagini del Giudizio Universale nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità”. Eletto al soglio pontificio, anche Benedetto XVI ha rievocato a sua volta il momento della sua elezione.

E’ avvenuto nel 2009, in occasione dell’udienza agli artisti tenuta nella Sistina a ricordo di quella del maggio 1964 concessa da Paolo VI. “Quello storico incontro avvenne qui, in questo santuario di fede e di creatività umana. Non è dunque casuale il nostro ritrovarci proprio in questo luogo, prezioso per la sua architettura e per le sue simboliche dimensioni, ma ancora di più per gli affreschi che lo rendono inconfondibile, ad iniziare dai capolavori di Perugino e Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, Luca Signorelli ed altri, per giungere alle Storie della Genesi e al Giudizio Universale, opere eccelse di Michelangelo Buonarroti, che qui ha lasciato una delle creazioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte. Qui è anche risuonato spesso il linguaggio universale della musica, grazie al genio di grandi musicisti, che hanno posto la loro arte al servizio della liturgia, aiutando l’anima ad elevarsi a Dio. Al tempo stesso, la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché costituisce lo scenario, solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della Chiesa e dell’umanità. Qui, come sapete, il Collegio dei Cardinali elegge il Papa; qui ho vissuto anch’io, con trepidazione e assoluta fiducia nel Signore, il momento indimenticabile della mia elezione a Successore dell’apostolo Pietro”.

L’ultimo elogio della Cappella e dei suoi capolavori risale a pochi mesi fa, il 31 ottobre 2012, ai Primi Vespri della Festa di Ognissanti, in occasione della commemorazione del V centenario dell’inaugurazione dell’affresco della volta da parte di Giulio II. “Perché ricordare tale evento storico-artistico in una celebrazione liturgica?” si domandava Papa Benedetto in una omelia ricca di significato artistico e teologico. “Anzitutto perché la Sistina è, per sua natura, un’aula liturgica, è la Cappella magna del Palazzo Apostolico Vaticano. Inoltre, perché le opere artistiche che la decorano, in particolare i cicli di affreschi, trovano nella liturgia, per così dire, il loro ambiente vitale, il contesto in cui esprimono al meglio tutta la loro bellezza, tutta la ricchezza e la pregnanza del loro significato. E’ come se, durante l’azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perché la percezione della forma artistica è un atto tipicamente umano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito. In poche parole: la Cappella Sistina, contemplata in preghiera, è ancora più bella, più autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza”.

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