Una preghiera per Betlemme
Da quando Israele ha iniziato a costruire il muro della divisione Pax Christi organizza il 1 marzo una veglia di preghiera per la pace e un pellegrinaggio, che è iniziato il 25 febbraio e termina il 4 marzo, nella preghiera scritta da don Ibrahim Shomali, parroco di Beit Jala, parrocchia divisa in due dalla costruzione del muro: “Signore, Tu ci hai detto: ‘Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato’. Tu sei il cuore della nostra vita e dal tuo mistero traiamo la forza e la pazienza per discernere come è meglio agire per il nostro popolo e per i cittadini di Betlemme e Beit Jala. Tu ci ascolti sempre, anche quando nessuno ci ascolta, tu ci rispondi sempre, quando nessuno vuole aiutarci. Ma noi, Signore, siamo stanchi. Gli abitanti di Beit Jala e di tutta la Palestina sono sfiniti. Ci vengono rubate nostre terre, sradicati i nostri ulivi. Il muro ci spoglia di tutti i nostri diritti. I nostri giovani non hanno lavoro, non hanno futuro. Basta Padre buono: Ascoltaci! Tu che sei morto in solidarietà con tutti gli uomini, ti sei consegnato alla morte per amore sei resuscitato per me, per ogni cristiano, per ogni uomo. Accogli la vita e il morire di tutti noi e facci risorgere ad una vita nuova donandoci la tua pace quella vera, fatta di verità e giustizia. Tu sei rimasto l’unico che può fare qualcosa per salvare le nostre terre. Un tempo, nell’orto del Getsemani, furono le olive a vivere l’agonia con te. Ora sei tu che vieni nei nostri oliveti agonizzanti, nei nostri terreni imprigionati. Tu ora vieni a vivere la nostra stessa agonia. Tu sei risorto e per questo crediamo nella vita nuova che viene da te. Crediamo profondamente che con te saremo salvati noi, i nostri terreni e i nostri diritti. Grazie Padre buono. Grazie Gesù”.
E dalla Terra Santa sono arrivati anche i ringraziamenti per le azioni del papa in favore della pace, come la testimonianza di mons. Pierre Melki, esarca patriarcale siro-cattolico a Gerusalemme: “Quel che mi viene subito in mente è la convocazione del Sinodo per il Medio Oriente. Un fatto che ha messo in luce la sollecitudine del Papa per le Chiese orientali. Aveva a cuore la loro testimonianza spirituale e non voleva vederle subire le conseguenze di quell’instabilità politica che comporta anche l’emigrazione dei cristiani che cercano di sottrarsi alle pressioni che sono costretti a subire”. Riflessioni ribadite da mons. Joseph Kelekian, esarca patriarcale armeno cattolico a Gerusalemme: “Si può dire che Benedetto XVI abbia messo in opera una vera riflessione sull’operato delle Chiese orientali, sulle loro tradizioni, sul loro ruolo oggi. Ha anche voluto, per quanto possibile, aiutarle a restare in Medio Oriente non solo resistendo alle agitazioni in corso, ma anche attraversandole testimoniando la fede”. Ed infine il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, ha sottolineato: “Nei 33 discorsi fatti durante il suo viaggio in Terra Santa, ciascuno, sia che fosse palestinese o israeliano, ha potuto trovare motivo di riflessione e stimolo. A Gerusalemme è venuto prima di tutto come pellegrino, in uno spirito di umiltà e per raccogliersi in preghiera sui Luoghi Santi. E’ venuto come pastore per confortarci, fortificarci e chiamarci alla conversione. E’ venuto come artigiano di pace, mettendosi dalla parte della pace e della giustizia”.
Quindi la Chiesa ha ben presente la situazione nella Terra Santa ed è molto preoccupata per la situazione dei cristiani, anche perché l’Ufficio palestinese di statistica stima che il numero degli arabi in Terra Santa uguaglierà quello degli ebrei nel 2016 e lo supererà nel 2020. L’Ufficio calcola che, a fronte di poco più di 6 milioni di ebrei, i palestinesi siano 5,8 milioni, così distribuiti: 2,7 milioni in Cisgiordania, 1,7 nella Striscia di Gaza e 1,4 in Israele (a cui si aggiungono 5,5 milioni di palestinesi residenti nei Paesi arabi e altri 655 mila sparsi nel resto del mondo). Il Centro di statistica palestinese spiega che, in base agli attuali tassi di natalità, la popolazione ebraica e quella palestinese si uguaglieranno nel 2016, mentre gli arabi sopravanzeranno gli ebrei nel 2020, quando saranno 7,2 milioni contro 6,9. i dati non sono basati unicamente sulle stime dell’Ufficio palestinese, ma anche su estrapolazioni dal compendio delle statistiche israeliane al 2012. Nello specifico, annota che il tasso di fertilità dei palestinesi residenti in Israele nel 2011 è stato in media di 3,3 parti per donna, superiore a quello delle donne israeliane che si è attestato al 3.