Polemica negli USA: i vescovi sosterrebbero associazioni pro-aborto

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Un nuovo caso “Caritas Internationalis” potrebbe presto scoppiare negli Stati Uniti? Lì, il Catholic Relief Service (CRS) – l’agenzia di sviluppo internazionale dei vescovi USA – finanzia, secondo le rivelazioni del LifeSiteNews, al minimo due organizzazioni in Messico che si oppongono agli emendamenti costituzionali pro-life e che supportano l’accesso all’aborto promosso dal governo. Un po’ come successe a Caritas Internationalis, che finì nell’occhio del ciclone perché nel suo “ombrello” c’era una associazione nel mirino delle organizzazioni pro-life per aver supportato iniziative in favore dell’aborto.

I due centri pro-aborto che hanno ricevuto l’appoggio del  CRS in Messico sono il Fray Bartolome de las Casas Human Rights Center (FRAYBA) e il Centro per la riflessione e l’azione sulle tematiche del lavoro (Center for Reflection and Action on Labor Issues, CEREAL).

Entrambe queste organizzazioni hanno firmato una dichiarazione che difendeva la legalizzazione dell’aborto in Messico. Eppure, il CRS ha continuato a inviare loro fondi, perché le due associazioni hanno rivendicato che “non hanno mai supportato né giustificato l’aborto in qualunque modo”.

Ma FRAYBA si è, per diversi anni, impegnato in un attivismo pro-aborto sia a livello individuale che come un membro del network pro-aborto TDT. Non solo: il gruppo ha anche ammesso che favorisce sia la legalizzazione dell’aborto sia il fatto che il governo se ne faccia carico. Nel 2008, per esempio, il gruppo ha firmato una dichiarazione che si opponeva a un emendamento a favore della vita nello Stato di Jalisco, in Messico, nonostante questo sia definitivamente passato due anni dopo. E il nome del gruppo appare in numerose altre dichiarazioni pro-aborto e report (nel 2006, 2009, 2010, e 2011), in cui si denunciano ripetutamente gli emendamenti pro-life alla costituzione messicana e si chiede la legalizzazione e il supporto dell’aborto da parte del governo.

Un esempio: la dichiarazione del 2010 si lamenta che gli emendamenti che proteggono la vita di tutti dal momento del concepimento “ignorano il diritto delle donne a una vita dignitosa, all’integrità personale, alla protezione della loro salute, al rispetto della loro dignità, all’uguale protezione della legge senza alcuna discriminazione, al ricorso effettivo, nelle loro vite private, alla libertà di coscienza, alla libertà di pensiero, alla libera scelta riguardo il corso della loro vita”. E nel 2012, la FRAYBA ha ricevuto ringraziamenti speciali per il suo personale contributo a un report pro-aborto divulgato dall’ All Rights for Everyone Network. Interrogato sulla questione da LifeSiteNews, il portavoce della FRAYBA ha dichiarato che “siamo in favore della depenalizzazione dell’aborto perché siamo contro la criminalizzazione delle donne che decidono di farlo. In questo senso diciamo che il governo dovrebbe garantire il diritto alla salute, perché molto spesso in Messico si abortisce in condizioni non salubri o in ospedali dove alle donne non viene garantito un buon servizio”.

D’altro canto anche la CEREAL – un gruppo di difesa dei diritti del lavoro con base a Città del Messico e condotta da membri dei Gesuiti – ha legato il suo nome a diverse dichiarazioni pro-aborto, e alcune attività (come la protesta del 2006 contro un emendamento in favore del diritto alla vita da inserire nella Costituzione Messicana) le ha fatte insieme alla FRAYBA.

La CRS si è difesa spiegando che, quando nel 2009 decise di sostenere le due associazioni, aveva, sì, saputo che questi due partner avevano firmato un report delle Nazioni Unite su una serie di questioni di diritti umani che includevano dichiarazioni a supporto della nuova legge Messicana sull’aborto”. Ma allo stesso tempo, “lo staff della CRS che aveva fatto gli accertamenti sulla situazione aveva ricevuto assicurazioni scritte da entrambe le organizzazioni che non avrebbero né difeso né giustificato l’aborto in qualunque modo”.

Una situazione a quella che successe nella Caritas Internationalis, una “organizzazione ombrello” che unisce 165 organizzazioni cattoliche nel mondo. Tra queste, la Canadian Catholic Organization for Development and Peace, che è stata sotto il tiro delle organizzazioni pro-life per aver sostenuto organizzazioni che difendono la legalizzazione dell’aborto, distribuiscono contraccettivi e supportano politiche omosessuali. Il precedente segretario Knight aveva vigorosamente difeso la CCODP in una lettera diffusa aivari donatori. Ma ci sono problemi simili anche con altre organizzazioni internazionali di aiuti di stampo cattolico sponsorizzate a vario titolo delle Conferenze Episcopali nel mondo, che sono state accusate di non aver condotto una seria indagine a riguardo. Il rischio è di trovarsi a coordinare una serie di organizzazioni che mettono in atto politiche in contrasto con la dottrina cattolica.

Per questo, nel 2012, sono stati pubblicati i nuovi statuti della Caritas Internationalis (che rafforzano la collaborazione con Santa Sede) e il motu proprio del Papa De caritati ministranda (che ha messo ordine nelle molteplici raccolte fondi per attività caritatevoli). Ovvero, per superare un problema di fondo: che senza un quadro normativo ben definito prendevano il nome di “cattoliche” raccolte fondi che non seguivano i principi della dottrina, e rientravano nell’ombrello della Caritas Internationalis anche enti caritativi che finanziavano indirettamente proprio iniziative pro- abortiste. Anche questa regolamentazione è stata il frutto della rivoluzione tranquilla di Benedetto XVI. Il quale ha detto all’ultima Plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum che “il cristiano, in particolare chi opera negli organismi di carità, deve lasciarsi orientare dai principi della fede”, e “questo nuovo sguardo sul mondo e sull’uomo offerto dalla fede fornisce anche il corretto criterio di valutazione delle espressioni di carità, nel contesto attuale”.

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